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L’euro-ascesa di Gozi, Signor Nessuno e politico senza voti
«Nella Prima Repubblica, quelli come Sandro Gozi erano detti polli in batteria. Allora, i partiti formavano uomini politici identici, per idee e comportamenti. Poi, arrivò il caos della Seconda Repubblica e il suo esercito starnazzante di sprovveduti. Con il quarantanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio si è tornati all’ordine». Con queste parole assai poco lusinghiere, a fine 2017, Giancarlo Perna presentava, su “La Verità”, quel Signor Nessuno che rispondeva al nome di Sadro Gozi, oggi nella bufera come ministro francese, italiano a Parigi arruolato dal nemico numero uno dell’Italia, Emmanuel Macron. «Come i politici del passato, il renziano Gozi è un individuo a orologeria, costruito a tavolino, perfetto in ogni sua parte», scrive Perna. «Ma la fucina che lo ha prodotto non sono i partiti, ormai inesistenti. Bensì le scuole internazionali, l’ideologia europea, l’elitarismo mondialista». In altre parole, «Gozi è un euroclone. Un ayatollah dell’Ue, come lo definiscono diversi suoi colleghi, infiltrato nel Parlamento italiano.Dopo la laurea in legge a Bologna, Gozi ha frequentato a Parigi scienze politiche, seguito corsi di amministrazione qua e là nell’ Ue, superato il concorso diplomatico alla Farnesina, soggiornato a Bruxelles e Strasburgo. François Hollande lo ha insignito nel 2014 della Legion d’Onore. Con la moglie e i figli parla più francese che italiano. Si esprime altrettanto bene in tedesco, inglese e spagnolo. «Se pensa a un amico, non ne ha uno che disti meno di 1.000 chilometri, appartenendo tutti al mondo esclusivo delle caste globaliste», sostiene Perna. Per riassumere: «Sandro è sideralmente diverso dal comune mortale. Nell’ambito però della sua cerchia elegante, è lo stampino dei suoi simili. Il solito fanatico Ue licenziato dalle grandi scuole, dove i corsi sono in inglese, i libri in tedesco e le idee confuse: il pollo in batteria dei tempi nostri. L’unica anomalia di questo classico esemplare di funzionario europeo è che abbia scelto la politica». Deputato per tre legislature, dal 2014 è stato anche al governo: prima con Matteo Renzi, poi con Paolo Gentiloni. «In tutti i casi, è un cavolo a merenda. Volenteroso e piacione ma impantanato nella carriera».Celebre il fiasco dell’Agenzia Europea del Farmaco, che Milano ha perso per un soffio. La pratica era stata affidata proprio a Gozi, che aveva la delega agli affari europei. Nonostante le credenziali meneghine, l’Ema è finita ad Amsterdam, per estrazione a sorte, dopo un voto segreto a parità. Tra parentesi: con la sua legislazione fiscale super-agevolata, proprio l’Olanda è il paese che ha inferto più danni economici all’Italia, di recente, attraendo grandi aziende italiane grazie al dumping fiscale (stranamente tollerato dall’Ue). «Fatta la frittata, tutti se la sono presa con il povero Gozi, incapace di imporre Milano prima di arrivare ai bussolotti, ma lui non si è scomposto», scrive sempre Perna. «L’uomo si piace molto e ha una solida autostima. Pare che contro di noi abbiano votato Spagna, Francia e Germania. La sola certa è la Spagna, cui Gozi ha dedicato l’unico commento: “Era forse memore della sua antica dominazione dei Paesi Bassi”. Una elegante citazione storica come sola espressione di rammarico. Fa molto feluca e dice tanto dell’uomo».Sandro Gozi? E’ uno che sta benissimo nella sua pelle: «Fiero dei suoi studi alla crème, non si mette mai in discussione. Ha l’acriticità dei robot che escono dalle scuole costose e occupano le poltrone Ue. Stessa testa degli Emmanuel Macron, Ena & co. Considerandosi il migliore prodotto nel migliore dei mondi possibili, ne adotta senza riserve idee e repulsioni. È per i ponti contro i muri, la green economy contro il nucleare, la dieta invece dei cenoni, il moto contro l’ozio». Non a caso, «lo sport sta in cima ai suoi valori: è un provetto corridore del Montecitorio Running Club, fondato dall’alfaniano Maurizio Lupi, che riunisce gli onorevoli patiti della maratona di New York. Gozi ne detiene il record parlamentare, sottratto al medesimo Lupi, col tempo di 3h 38′ 53″. È anche provetto nello squash, di cui nel 2003 è stato campione nazionale». Il gioco consiste nel lanciare con la racchetta una palla contro il muro: l’abilità sta nello schivare la palla di ritorno evitando il tramortimento. «Per riuscire nella disciplina, Sandro consiglia su YouTube questa dieta: a colazione cereali, biscotti secchi, caffè e spremuta; pasta o riso a pranzo; carni bianche e verdura bollita a cena. Per tali meriti, è responsabile delle relazioni internazionali per la federazione squash».Atleta è anche la moglie, Emanuela Mafrolla, amante dei cavalli e consigliera federale degli sport equestri. I figli, Federica e Giulio, ancora in età scolastica, si limitano per ora a frequentare lo Chateaubriand, il liceo francese di Roma, di cui la più illustre ex alunna è Marianna Madia, già ministra renziana. «Apparentemente paradossale è che questo snob sia nato (marzo 1968) a Sogliano al Rubicone, culla del formaggio di fossa, sperduto paesotto della Romagna profonda», continua Perna. «Come ha potuto un provinciale per destino, farsi così integralmente cittadino del mondo? Fatale fu Cesena, il capoluogo, dove seguì gli studi e dove ha tuttora residenza. La città era, tradizionalmente, regno – per così dire – dei repubblicani. E al Pri – ahimè, dissolto – aderì il giovanottello preso a benvolere dal suo personaggio più illustre, Oddo Biasini, segretario del partito negli anni Settanta del Novecento. Costui – preside anche delle scuole locali – lo seguì passo passo finché, una volta laureato, raccomandò il pupillo al corregionale Romano Prodi». Gozi e Biasini: «La simbiosi tra il ragazzo e l’anziano protettore repubblicano fu tale da essere somatizzata nelle sopracciglia folte e scure, eguali nell’uno e nell’altro».Dunque, finiti i suoi studi, i giri in Europa per approfondirli e concorsi vari, Gozi si accasò da Prodi, diventato nel frattempo presidente della commissione Ue (1999-2004). Il giovane Sandro ne fu il consigliere per l’intero mandato e, alla scadenza, passò un altro anno a Bruxelles con il successore, José Manuel Barroso. «Fu un bel farsi le ossa nella cuccagna Ue. A quel punto, dimenticate le origini repubblicane, Sandro era ormai stabilmente piazzato a sinistra in quota Prodi. Tornato in Italia, si fece ancora un annetto in Puglia accanto al governatore Nichi Vendola, con la carica di consigliere diplomatico per la vendita di cozze e mitili nei mercati Ue». Nel 2006, finalmente, entrò a Montecitorio con l’Ulivo mettendo fine al suo errare. «Ci arrivò per il rotto della cuffia come deputato del Veneto, solo perché Prodi, eletto anche altrove, gli cedette il seggio». E qui arriviamo al punto cruciale, scrive Perna: «Gozi è un politico senza base elettorale e senza un voto suo che sia uno». Il Pd di Cesena, che sarebbe il suo luogo naturale, «lo considera un estraneo, per formazione e mentalità».Per uscire dall’anonimato, Gozi ha cercato di candidarsi nel 2012 alle primarie Pd per Palazzo Chigi. «Ha dovuto però rinunciare perché non ha trovato le 95 firme necessarie per la presentazione». Fermo a 70, si è così commiserato: «Continuerò a credere che si possa fare politica con pochi soldi, pochi apparati e molte idee». Con sé è sempre benevolo: «Sono di rara onestà, pulizia e trasparenza», si compiacque in altra occasione. «Ma, ripeto – chiosa Perna – non ha un chiodo di estimatore che gli metta la scheda nell’urna». Se la prima volta grazie a Prodi fu eletto in Veneto, regione «di cui aveva sentito parlare dalla nonna», passato con Renzi non è andata meglio. «È stato sempre imposto a elettori ignari anche del suo nome. Nel 2008 in Umbria, nel 2013 in Lombardia. Un felice caso di incasso d’indennità senza avere un datore di lavoro». O meglio: il vero datore di lavoro, probabilmente, stava lassù, nell’Olimpo dell’oligarchia supermassonica europea che ora infatti l’ha fatto ascendere nei palazzi di Parigi grazie all’Eliseo, dove impera (per modo di dire) il Gozi francese, cioè Macron, fedelissimo esecutore del potere-ombra che l’ha fabbricato e candidato, per poi manovrarlo a piacimento. Fino alla massima perversione possibile: reclutare un italiano nel governo francese per far imbestialire il governo italiano.«Nella Prima Repubblica, quelli come Sandro Gozi erano detti polli in batteria. Allora, i partiti formavano uomini politici identici, per idee e comportamenti. Poi, arrivò il caos della Seconda Repubblica e il suo esercito starnazzante di sprovveduti. Con il quarantanovenne sottosegretario alla presidenza del Consiglio si è tornati all’ordine». Con queste parole assai poco lusinghiere, a fine 2017, Giancarlo Perna presentava, su “La Verità”, quel Signor Nessuno che rispondeva al nome di Sadro Gozi, oggi nella bufera come ministro francese, italiano a Parigi arruolato dal nemico numero uno dell’Italia, Emmanuel Macron. «Come i politici del passato, il renziano Gozi è un individuo a orologeria, costruito a tavolino, perfetto in ogni sua parte», scrive Perna. «Ma la fucina che lo ha prodotto non sono i partiti, ormai inesistenti. Bensì le scuole internazionali, l’ideologia europea, l’elitarismo mondialista». In altre parole, «Gozi è un euroclone. Un ayatollah dell’Ue, come lo definiscono diversi suoi colleghi, infiltrato nel Parlamento italiano.
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Dalla Russia coi servizi (deviati) per agitare gli italiani idioti
Un recente sondaggio dice che il 58% degli italiani ritiene grave la storia dei soldi promessi dai russi alla Lega per la campagna elettorale europea di quest’anno. Ciò dimostra ulteriormente che l’inconsapevolezza è la regina della democrazia come oggi praticata. Infatti, posto che il problema di questo ipotetico e non avvenuto finanziamento è quello dell’interferenza straniera nella politica italiana, cioè della tutela dell’indipendenza politica italiana, allora ogni non-idiota sa che questa indipendenza non esiste dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia dal 1945 è militarmente occupata dagli Usa con oltre 100 basi sottratte al controllo italiano. Gli Usa hanno allestito, armato e finanziato in Italia la Gladio, un’organizzazione paramilitare illecita con fini di condizionamento politico. La Dc e il Pci hanno sempre preso miliardi rispettivamente dagli Usa e dall’Urss, dati per condizionare la politica italiana; in particolare l’Urss assicurava al Pci percentuali su determinati commerci. Il Pci riceveva questi soldi mentre l’Urss teneva puntati contro l’Italia i missili nucleari. Il Pci, in cui allora militava il futuro bipresidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accettava la guida del Pcus di Stalin.Diversi leader politici italiani hanno sistematicamente svenduto a capitali stranieri i migliori asset nazionali. Moltissimi leader politici e statisti italiani hanno sistematicamente e proditoriamente ceduto agli interessi franco-tedeschi e della grande finanza in fatto di euro, fisco, bilancio, immigrazione; in cambio hanno ricevuto sostegno alle loro carriere. L’Italia ormai riceve da organismi esterni, diretti da interessi stranieri, l’80% della sua legislazione e della sua politica finanziaria. Essa è indebitata in una moneta che non controlla e che è controllata ultimamente da banchieri privati; la Banca d’Italia è controllata pure da banchieri prevalentemente stranieri. Ciliegina sulla torta: notoriamente, nel 2011, su disposizione di Bce e Berlino, il Palazzo italiano ha eseguito un golpe per sostituire il governo Berlusconi con uno funzionale agli interessi della finanza franco-germanica. E su tutto questo nessun Pm ha mai aperto un fascicolo per corruzione internazionale: andava tutto bene!Nel confronto con questi fatti, il problema dei soldi russi alla Lega, peraltro mai dati, è insignificante, e solo un idiota può considerarlo diversamente; mentre chi ha un minimo di buon senso nota che il problema grave è un altro, ossia che i servizi segreti – sottoposti al premier Conte – abbiano eseguito un anno fa, e tirato fuori proprio ora, le intercettazioni in questione, e che le tirino fuori ora per mettere in difficoltà la Lega in un momento critico per il M5S. Si ventila pure che possa essere stata, invece, la Cia, per colpire il legame Salvini-Russia. In ambo i casi, questa è la vera interferenza, questo è lo scandalo.(Marco Della Luna, “Dalla Russia coi servizi, deviati”, dal blog di Della Luna del 14 luglio 2019).Un recente sondaggio dice che il 58% degli italiani ritiene grave la storia dei soldi promessi dai russi alla Lega per la campagna elettorale europea di quest’anno. Ciò dimostra ulteriormente che l’inconsapevolezza è la regina della democrazia come oggi praticata. Infatti, posto che il problema di questo ipotetico e non avvenuto finanziamento è quello dell’interferenza straniera nella politica italiana, cioè della tutela dell’indipendenza politica italiana, allora ogni non-idiota sa che questa indipendenza non esiste dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia dal 1945 è militarmente occupata dagli Usa con oltre 100 basi sottratte al controllo italiano. Gli Usa hanno allestito, armato e finanziato in Italia la Gladio, un’organizzazione paramilitare illecita con fini di condizionamento politico. La Dc e il Pci hanno sempre preso miliardi rispettivamente dagli Usa e dall’Urss, dati per condizionare la politica italiana; in particolare l’Urss assicurava al Pci percentuali su determinati commerci. Il Pci riceveva questi soldi mentre l’Urss teneva puntati contro l’Italia i missili nucleari. Il Pci, in cui allora militava il futuro bipresidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accettava la guida del Pcus di Stalin.
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Ieri Borrelli e Craxi, oggi paga Salvini: farà posto a Draghi?
Fu Christine Lagarde a organizzare la caduta di Dominique Strauss-Kahn, travolto dallo scandalo per uno stupro (mai avvenuto): Strauss-Kahn ha fatto la fine di ogni vero socialista, liquidato per via giudiziaria. La Lagarde voleva semplicemente prendergli il posto, alla guida del Fmi: spero che mi quereli, la signora, perché posso dimostrare quello che dico. Ora guiderà la Bce, con l’incarico di “normalizzare” ulteriormente l’Europa. Lavorerà in tandem con la tedesca Ursula von der Leyen, una nazistella che fino a ieri faceva la yes-girl della Merkel. E’ stata messa a capo della Commissione Europea con il contributo determinante dei grillini, che non sanno che sarà proprio lei a decretare la loro morte. E questo conferma che c’è qualcosa di strano, dietro alla gestione dei 5 Stelle, che ora contestano a Salvini il caso delle presunte promesse di finanziamento da Mosca. L’avevo anticipato settimane fa, che contro Salvini si sarebbe scatenata una grossa tempesta giudiziaria. Rinaldi e Borghi gridano al golpe, denunciando le manovre per un governo tecnico presieduto da Draghi, con Pd e 5 Stelle, e Conte commissario europeo? Avevo previsto in anticipo anche il piano per un governo Draghi – che ora va avanti, visto che Draghi ha rifiutato di prendere il posto della Lagarde al Fmi. L’innesco è sempre la magistratura, oggi per eliminare Savini? Giustizia a orologeria? Ne sapeva qualcosa Francesco Saverio Borrelli, appena scomparso.Borrelli è una figura che si è prestata a una manovra non legittima, nel modo in cui è stata condotta, benché l’indagine fosse di per sé legittima. E’ stata una trappola, in cui Craxi è caduto: si era fidato di personaggi che lo attorniavano, da Paolo Pillitteri al magistrato Livia Pomodoro, che lo avevano rassicurato sulla linearità di Borrelli, che poi invece non c’è stata. D’altro canto, lo stesso Borrelli era stato nominato alla guida della Procura di Milano con una manovra simil-Palamara: corsi e ricorsi storici. Quel periodo ha fatto danni che tuttora perdurano, sia nell’ambito della giustizia che in quelli della società e della politica. E se c’è gente che ancora oggi queste cose non le vede, e quando sente parlare di Craxi e di Mani Pulite gli salta il sangue agli occhi, aspettiamo: perché poi magari in un bel tritacarne giudiziario ci capitano pure queste persone, così mi sapranno dire cosa significa e come si sta. In Italia è diminuita, la corruzione, dopo Tangentopoli? Per certi aspetti, Tangentopoli non c’entra niente con la corruzione, intesa come fenomeno sociale. Tangentopoli si rivolse innanzitutto nella direzione del finanziamento illecito dei partiti, nel cui alveo era rifiorita la corruzione: perché quando tu consenti qualcosa di illecito, dall’illecito derivano altri illeciti. Se non fai una normativa di trasparenza, sul finanziamento dei partiti, prima o poi dal finanziamento illecito si passa al vendersi l’appalto (che è cosa diversa).Un conto è il finanziamento illecito: qualcuno ti dà dei fondi, che poi non risultano a bilancio. Altra cosa è il fatto che tu ti sei venduto un appalto per averli, quei fondi. In Italia c’era un sistema di spartizione, per arrivare al finanziamento: se l’erano inventato i partiti più piccoli, per cercare di bilanciare i finanziamenti illeciti provenienti dall’estero, e precisamente dall’America (diretti alla Dc) e dalla Russia (destinati al Pci). Era un finanziamento necessariamente illecito: con che voce mettere a bilancio soldi che venivano dagli Usa e dall’Urss? Questo ha provocato il fatto che i partiti non sono stati trasparenti nei bilanci. E non essendo trasparenti nei bilanci, ne sono discese una serie di cose: era una situazione a catena. Poi, ovviamente, nei partiti, quelli più corrotti facevano carriera: perché al partito portavano finanziamenti che, magari, quelli meno corrotti non riuscivano a portare. In altre parole, il problema era sistemico. Nel momento in cui si doveva dare un giro di vite, dopo l’amnistia dell’89, i partiti hanno rifiutato il “dimagrimento”: erano così grossi, da non saper ridurre le strutture – ormai elefantiache – di cui si erano dotati.Peraltro, l’avvento della televisione commerciale aveva resto costosa la pubblicità elettorale, che prima – con le varie Tribune Politiche – era gratuita. Questo ha provocato un aumento dei costi della politica. E non essendoci più i soldi dell’America e della Russia, quei costi hanno gravato sul sistema degli appalti, anche da parte dei partiti maggiori, e quindi il sistema è esploso. Per questo dico che l’inchiesta Tangentopoli era inevitabile. Quello che era evitabile è che venisse strumentalmemte diretta solo contro Craxi e contro i democristiani. E invece, con la copertura di Borrelli – che pure, comunista non era – il Pci è stato completamente graziato. Il motivo? I comunisti (come s’è visto anche dalle ultime vicende) si erano infiltrati in modo talmente capillare, nella magistratura – istituzionalmente, oserei dire – per cui, tramite personaggi come D’Ambrosio e Caselli, il dialogo era continuo. Perdura anche oggi, questa coltre pseudo-comunista? Sembra evidente, se si pensa all’incrocio tra Palamara, Pd e Csm. Aveva ragione Berlusconi, quando parlava di toghe rosse? Non diceva una bugia. Ma siccome in Italia il più pulito ha la rogna, questa cosa Berlusconi la diceva mescolata a talmente tante bugie, da non essere credibile. Devi poterle dire, certe cose: Berlusconi invece è sempe sceso a patti, sottobanco, con tutti i poteri di cui aveva denunciato l’illegittimità. L’ha fatto per tutelare i suoi interessi, il suo patrimonio, e non c’è nemmeno riuscito fino in fondo – però ci ha provato, certo.Sbagliato considerare la corruzione una piaga italiana? Niente affatto: l’Italia ce l’ha nel Dna, la corruzione. Da noi, se hai bisogno di un certificato non vai al Comune: cerchi un amico, specialmente nel Meridione. E questo deriva da un’atavica assenza di senso dello Stato, e dall’assenza dello Stato stesso. Sicché, non funzionando le cose, le gente si arrangia. Se si arrangia un povero diavolo qualsiasi di un paesino del Sud, poi chi può ci piglia gusto, e magari cerca anche di farci dei soldi. La gente, insomma, si accorge che lo Stato non funziona. Quelli più semplici si limitano a fare in modo che funzioni per loro, ricorrendo a vie traverse. Poi ci sono quelli che dicono: ma visto che il sistema non funziona, perché non ci guadagno sopra? Bisogna ristabilire il senso dello Stato, e quindi innanzitutto la presenza dello Stato: a quel punto sarà facile distinguere gli onesti dai disonesti, mentre ora non lo è. E’ come il mondo degli evasori fiscali: ci sarà pure una percentuale di contribuenti che proprio non ce la fanno, a pagare quelle tasse, ma sono mescolati con delinquenti che le tasse non le pagano perché non le vogliono pagare. Come fai a distinguerli? Devi rendere diverso il sistema fiscale, se vuoi che la differenza risulti evidente. A quel punto diventa facile fare un’agevolazione solo per chi non ce la fa. Invece oggi le agevolazioni si chiamano condoni, e favoriscono pure gli evasori veri, quelli che i soldi per pagare le tasse li avevano, ma se li sono messi via.Ora siamo all’attesissima lapidazione giudiziaria di Salvini? Tanto per cominciare, nell’Eni – che è stata privatizzata – lo Stato ha ormai solo una “golden share”. Tecnicamente, l’Eni non è più una società pubblica. Quindi come si giustifica l’ipotetico reato di corruzione? Senza contare che, a quel tavolo, dell’Eni non c’era seduto nessuno. A Mosca non è stata nemmeno nominata, l’Eni. A quel tavolo semmai c’era qualcuno che rappresentava la Gazprom, che però è russa: quindi dove li stanno ravvisando, i reati? Certo, si sta gonfiando il caso lo stesso: perché l’Italia è fatta così. Ci sono una serie di giornali, di media, che sono sempre pronti a montare meccanismi mediatico-giudiziari. Lo specialista direi che è Marco Travaglio. Ma ci sono altri fior di specialisti, come Peter Gomez, che fanno un giornalismo molto simile alla macelleria. Sono macellai del giornalismo, e quindi vendono coratelle: smembrano manzi e vendono frattaglie, quinto quarto, mezzene. Questo modo di fare, che ha anche delle regie, comporta il fatto che, se una cosa si profila anche solo lontanamente utile per un piano che serva a incastrare qualcuno, il caso viene montato: sottacendo le cose che non fanno comodo e sottolineando gli aspetti che invece fanno comodo per quel progetto.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Carpeoro Racconta” dei 21 luglio 2019).Fu Christine Lagarde a organizzare la caduta di Dominique Strauss-Kahn, travolto dallo scandalo per uno stupro (mai avvenuto): Strauss-Kahn ha fatto la fine di ogni vero socialista, liquidato per via giudiziaria. La Lagarde voleva semplicemente prendergli il posto, alla guida del Fmi: spero che mi quereli, la signora, perché posso dimostrare quello che dico. Ora guiderà la Bce, con l’incarico di “normalizzare” ulteriormente l’Europa. Lavorerà in tandem con la tedesca Ursula von der Leyen, una nazistella che fino a ieri faceva la yes-girl della Merkel. E’ stata messa a capo della Commissione Europea con il contributo determinante dei grillini, che non sanno che sarà proprio lei a decretare la loro morte. E questo conferma che c’è qualcosa di strano, dietro alla gestione dei 5 Stelle, che ora contestano a Salvini il caso delle presunte promesse di finanziamento da Mosca. L’avevo anticipato settimane fa, che contro Salvini si sarebbe scatenata una grossa tempesta giudiziaria. Rinaldi e Borghi gridano al golpe, denunciando le manovre per un governo tecnico presieduto da Draghi, con Pd e 5 Stelle, e Conte commissario europeo? Avevo previsto in anticipo anche il piano per un governo Draghi – che ora va avanti, visto che Draghi ha rifiutato di prendere il posto della Lagarde al Fmi. L’innesco è sempre la magistratura, oggi per eliminare Savini? Giustizia a orologeria? Ne sapeva qualcosa Francesco Saverio Borrelli, appena scomparso.
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‘Banche illegali: ogni anno creano 1.000 miliardi, esentasse’
Il privilegio di emettere moneta “scritturale”, al di fuori di ogni legge che lo consenta (e anzi, contro l’articolo 128 del Trattato di Lisbona, che riserva la creazione dell’euro alla sola banca centrale) è stato di fatto preso dai banchieri privati, che godono della copertura delle autorità monetarie, e che in Italia ogni anno emettono mediamente 1.000 miliardi di moneta “scritturale”, denominandola “euro” – e non potrebbero farlo, perché violano il monopolio della Bce. La copertura, la protezione di questo privilegio (che in fondo è l’infrastruttura fondamentale del nostro sistema socio-economico) viene assicurata dalla Banca d’Italia. Ma se solo la Bce ha la potestà di creare l’euro, perché si tollera che l’euro venga creato (mediante i prestiti, ndr) dalle normali banche di credito? E’ una situazione di totale illegalità, contraria al diritto. Viene tollerata perché proprio il privilegio è il fondamento del potere politico-economico. I cittadini che si mettono a loro volta a creare moneta “scritturale”, contro cui di scaglia la Banca d’Italia, in realtà fanno esattamente quello che fa il sistema bancario privato.Solo che i cittadini, essendo il popolo (che deve essere sfruttato, spremuto e represso) non hanno la copertura delle autorità monetarie. Mentre il cartello bancario privato, che possiede le banche centrali – ne possiede le quote e ne nomina i dirigenti – quella copertura ce l’ha: ha la “legittimazione illegittima” delle autorità monetarie. Se anche venisse legittimata la creazione di euro “scritturali” da parte delle banche private, si avrebbe un grande beneficio: emergerebbe infatti un reddito, ora sommerso, di circa 1.000 miliardi all’anno, in Italia. Il che vorrebbe dire un gettito fiscale di circa 220 miliardi all’anno in più, per lo Stato, e il risanamento di tutti i bilanci bancari – quindi il pagamento di tutte le azioni e le obbligazioni convertibili, il recupero dei risparmi (e naturalmente, anche più soldi per gli investimenti produttivi e per le famiglie). Però non ne parlano, i nostri economisti mezzo-eretici, antisistema solo a metà. Penso a Borghi, Bagnai, Rinaldi e altri: non parlano mai, di questo. Raccontano solo una parte della storia: quella meno pericolosa, meno destabilizzante.Non dicono nulla di questo, che ormai è un dato di fatto ammesso dalla Banca d’Italia (che pubblica le tabelle, relative alla creazione della moneta “scritturale” da parte delle banche private). Forse, dire questo sarebbe politicamente insostenibile, per il governo: l’esecutivo verrebbe fatto fuori, se qualche suo esponente ne parlasse. Non parlandone, però, si rimane in una situazione di sudditanza, che condanna l’Italia a una morte economica certa e abbastanza lenta. Beninteso: io apprezzo Rinaldi, Bagnai e Borghi. Li ascolto molto volentieri, però questa cosa non la dicono, ed è la cosa più importante: silenzio, sull’essenziale. Certo, l’essenziale può essere troppo forte: svelare questa realtà pubblicamente, attraverso i mass media, significa destabilizzare il sistema. Se queste cose venissero spiegate alla popolazione, o anche solo agli imprenditori, apparirebbe l’illegittimità profonda e irrimediabile di questo sistema monetario (e anche socio-politico, perché l’economia monetaria determina le condizioni di tutta la politica economica).E poi: da un lato c’è il monopolio privato della creazione della moneta, dall’altro c’è il “monopsonio” di 8 banche, relativo all’acquisto dei titoli del debito pubblico, alle aste marginali. Cioè: alla fine, a tutti gli acquisti viene applicato il rendimento più alto della giornata. Quindi, chi ha acquistato titoli a un rendimento più basso, poi non fa altro che aspettare l’ultimo acquisto, per beneficiare del rendimento più alto: il che vuol dire che queste 8 banche possono mettersi d’accordo tra loro per fare manovre al rialzo, sui tassi di rendimento, e quindi far pagare di più ai contribuenti e guadagnare di più esse stesse. Bisognerebbe che qualcuno spiegasse, almeno ai soggetti impenditorialmente attivi, che cos’è questa tenaglia: il monopolio dell’offerta dei rating monetari e il “monopsonio” dell’acquisto alle aste. E’ una tenaglia che spezza qualsiasi residuo di “cosa pubblica”, perché mette tutto il potere in un numero ristretto di grandi banchieri: tutta la politica viene stretta in questa tenaglia.L’Italia, come altri paesi, soffre di una carenza artificiale di liquidità, alla quale si ovvierebbe sia col “reddito universale”, cioè creando più moneta per sostenere la capacità di spesa e quindi la domanda interna, sia con una creazione monetaria mirata ad investimenti che aumentino la produzione e la produttività (a patto che l’aumento dei consumi e delle emissioni non comprometta in modo definitivo la salute dell’ecosistema terrestre). Dovrebbe sorgere una rete bancaria parallela, praticamente gratuita, che tolga di mezzo l’attuale sistema bancario, interamente privatizzato. E’ un sistema sostanzialmente vampiresco, che drena risorse dall’economia e le riduce, artificiosamente, per mantenere alto il proprio potere di condizionamento della moneta. Noi viviamo in un sistema al quale viene tolta moneta. Sapete che l’Italia ha a disposizione una quantità di liquidità pro capite che è la metà di quella della Francia e della Germania? Mettete un paese indebitato e in recessione, come l’Italia, accanto a paesi molto meno indebitati e molto meno in recessione, e con il doppio della liquidità, e avrete l’inevitabile: e cioè che i paesi più forti (e con più soldi) si comprano tutto quel che c’è da comprare, dell’Italia. Sono cose di cui non si parla mai. E sono quell’essenza, sottaciuta, dell’economia monetaria.In qualsiasi società, abbiamo soggetti che da un lato hanno capacità di dare beni e servizi, e dall’altro hanno bisogno di beni e di servizi. Quindi la società richiede lo scambio. E lo scambio, a sua volta, richiede la moneta, come mezzo di regolazione dello scambio. Se però io mi pongo in una condizione di monopolista della creazione e della distribuzione della moneta (che è un simbolo: non è coperto da oro, e non ha un costo di produzione) e impongo a tutti di servirsi, per legge, della moneta da me prodotta, e gliela faccio pagare in termini di interessi, io gradualmente mi impadronisco di tutto il potenziale economico: costringo tutti a pagare con una moneta che prendono in prestito, versandomi gli interessi, per eseguire le loro transazioni. E accumulandosi gli interessi nel tempo, alla fine il mio potere diventa totale: assorbe quello dello Stato. Così io divento padrone dell’intera economia, ed è questo che è avvenuto. A quel punto io faccio scarseggiare la moneta, per mantenerne alta la domanda e alto il prezzo – e per tenere per il collo, al guinzaglio, le istiuzioni pubbliche, le imprese e i popoli.E attenzione: io non do nulla. Ottengo tutto questo senza dare alcun bene reale, alcun servizio reale: semplicemente, approfitto della posizione di monopolio che ho comperato, che ho conquistato in altri modi. Questa è l’economia politica, in essenza. Se prenderà piede Libra, la criptomoneta di Facebook, i giovani capiranno cos’è davvero la moneta: un semplice simbolo, il cui valore dipende unicamente dalla sua accettazione. E quindi capiranno che non ha bisogno di avere alle spalle una garanzia, una copertura in oro. Capiranno anche che la storia del capitale sociale delle banche centrali è una cosa assurda. Le banche centrali, che creano ed emettono la moneta, non hanno bisogno di capitale sociale, perché la moneta la creano. Il capitale sociale è una scorta di moneta, di credito, per far funzionare una normale impresa commerciale, che ha bisogno di prendere moneta dall’esterno: ma le banche centrali non hanno bisogno prendere moneta dall’esterno. E allora perché la Banca d’Italia ha un capitale sociale?Risposta: per creare il pretesto, lo specchietto per le allodole che giustifichi il fatto di avere dei proprietari, che sono società private e per lo più estere, che controllano la banca centrale italiana attraverso dei prestanome. Questa è la realtà: è tutta una costruzione fatta per ingannare. I giovani che useranno la moneta di Facebook impareranno che la moneta non ha bisogno di riserve e non ha costi di produzione. E capiranno quindi che tutta la narrazione, lo storytelling delle autorità monetarie (europee, italiane e internazionali, incluso il Fmi) è una panzana. E’ un inganno, una truffa, per spremere il prodotto del lavoro e del risparmio della gente e delle imprese. In tanti cominceranno a chiedersi: come mai Zuckerberg può produrre molti miliardi di Libra, se non ha una banca centrale? A cosa serve la banca centrale? A cosa servono le banche?Mi aspetto che si cominci a dubitare della narrazione monetaria e bancaria, prodotta dalle istituzioni per ingannarli. E poi, la Libra sarebbe davvero una criptovaluta? In greco, “cryptos” vuol dire nascosto. Se è evidente quello che hai nel portafoglio, bisognerebbe chiamarla “fanerovaluta”, moneta palese. C’è da fidarsi, di Facebook? Durante la campagna elettorale per le europee, il social network ha oscurato i miei post: sicuramente manifesta la volontà di tutelare certi segreti. Mi ha tenuto sotto censura per circa un mese, poi mi ha riammesso una volta avuti i risultati elettorali. A parte questo, io credo che ai livelli altissimi – in cui si trovano Mark Zuckerberg e le somme autorità monetarie – ci si preoccupi di trovare una via d’uscita dal vero problema di fondo: qualora l’economia mondiale ripartisse (consumi, investimenti, produzione), ripartirebbero anche i processi di esaurimento delle risorse ambientali planetarie, insieme al processo dell’inquinamento. Quindi è probabile che vi sia la volontà di mantenere soffocate le economie e le società, producendo anche depressione diffusa nelle popolazioni, per preparare una soluzione al problema ecologico e demografico.Facebook si metterà in una posizione tale da scatenare panico e sfiducia monetaria, nel mondo. Potrà fare disastri, volendo: l’economia, le monete e la finanza vivono di aspettative, e Facebook a un certo punto potrebbe anche scatenare un collasso globale delle monete. Ma forse arriverà prima la guerra, magari la guerra nucleare con l’Iran: Teheran ha appena detto che completerà il suo programma, e Trump ha replicato sostenendo di non avere bisogno dell’approvazione congressuale, per attaccare. Sono solo parole? Vedremo. Se ci sarà una guerra avremo scarsità di petrolio e prezzi fuori controllo. Ma è difficile prevedere il futuro – anzi, è impossibile. Molti economisti prevedono una nuova, grossa crisi ormai imminente? Era attesa, è vero, però gli ultimi segnali prevalenti sono diversi. In base alle informazioni che ricevo per vie interne, so che alla fine dell’anno prossimo inizierà una campagna di investimenti molto massiccia. Soprattutto nel Sud Europa ci sarà una forte espansione delle attività di costruzioni infrastrutturali. Apprendo che, in certi uffici molto importanti, ci si aspetta questo: una ripresa, nel 2020.La moneta diventerà solo elettronica? Non credo si possa elminare il cash, anche se la quantità di contante utilizzata, nel mondo, è già molto modesta. In realtà, eliminare il denaro materiale (che esiste già, senza quindi il bisogno che la banca lo mantenga in essere) è un modo per spiare capillarmente la vita dei cittadini e portargli via quello che hanno, senza che possano opporsi. Serve anche a espropriare il denaro a fini fiscali e di sostegno al sistema bancario. E serve a colpire le singole persone, quelle non sottomesse, ribelli – le persone dissenzienti, che disturbano – attraverso il blocco dei conti correnti e altre forme di persecuzione discriminatoria. Pensiamo a cosa può fare, la banca, con una segnalazione (anche falsa) di inadempienza: se ti stai comprando casa, può rovinarti la vita. Vale per tutti: la banca potrebbe fermare le capacità di acquisto, di spesa e di pagamento. E a questo si può certamente arrivare. Morte civile: non puoi più pagarti nemmeno un avvocato che ti difenda.E’ un modo per schiavizzare i cittadini – mentre la grande evasione e la grande elusione fiscale avvengono per altri canali: non certamente attraverso il contante, ma attraverso i falsi bilanci bancari che citavo prima (l’omissione della contabilizzazione dei ricavi della creazione monetaria). Evasione ed elusione avvengono anche attraverso manovre al rialzo o al ribasso dei mercati finanziari, e poi attraverso le reti bancarie occulte, che consentono l’occultamento di grandi quantità di denaro (che poi riaffiora nei paradisi fiscali). La moneta è una forma di controllo sociale, penetrante e immediato: repressione e intimidazione dei cittadini. In Cina vieni schedato, a punteggio, in base a come ti comporti su Internet e alle opinioni che esprimi. Alla fine la gente arriverà ad auto-inibirsi, a escludersi dalle comunicazioni: sarà indotta al conformismo, all’acquiescenza, per il timore di incorrere nel blocco del conto corrente e della carta di credito.(Marco Della Luna, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti e Tom Bosco nella puntata 318 di “Border Nights”, trasmessa il 25 giugno 2018 e poi ripresa su YouTube. Avvocato e saggista, Della Luna – riguardo alla creazione monetaria impropria, la moneta “scritturale” – allude al normale credito bancario: la banca possiede solo la riserva frazionaria, cioè appena l’1% del denaro che presta; di fatto il 99% lo “crea dal nulla”, emettendo il credito, e lo fa in regime di esclusivo monopolio, in questo caso privato. Della Luna ha pubblicato svariati saggi, sul tema, tra cui “Cimiteuro, uscirne e risorgere: signoraggio, golpe bancario, debito infinito”, “Euroschiavi: chi si arricchisce davvero con le nostre tasse”, “Oligarchia per popoli superflui: l’ingegneria sociale della decrescita infelice”, “Oltre l’agonia: come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” e “Tecnoschiavi”, uscito nel 2019).Il privilegio di emettere moneta “scritturale”, al di fuori di ogni legge che lo consenta (e anzi, contro l’articolo 128 del Trattato di Lisbona, che riserva la creazione dell’euro alla sola banca centrale) è stato di fatto preso dai banchieri privati, che godono della copertura delle autorità monetarie, e che in Italia ogni anno emettono mediamente 1.000 miliardi di moneta “scritturale”, denominandola “euro” – e non potrebbero farlo, perché violano il monopolio della Bce. La copertura, la protezione di questo privilegio (che in fondo è l’infrastruttura fondamentale del nostro sistema socio-economico) viene assicurata dalla Banca d’Italia. Ma se solo la Bce ha la potestà di creare l’euro, perché si tollera che l’euro venga creato (mediante i prestiti, ndr) dalle normali banche di credito? E’ una situazione di totale illegalità, contraria al diritto. Viene tollerata perché proprio il privilegio è il fondamento del potere politico-economico. I cittadini che si mettono a loro volta a creare moneta “scritturale”, contro cui di scaglia la Banca d’Italia, in realtà fanno esattamente quello che fa il sistema bancario privato.
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L’Italia è meglio di quanto si dice: 10 prove lo dimostrano
“Dieci falsi miti sull’economia italiana” è il titolo del paragrafo iniziale di un volumetto che la Fondazione Edison ha realizzato in occasione dei suoi vent’anni di vita. Si tratta di sfatare alcuni luoghi comuni che vorrebbero il paese in ginocchio e incapace di rialzarsi. Può darsi che il testo sia viziato da un eccesso di ottimismo, ma non c’è dubbio che se l’Italia resta la seconda manifattura d’Europa e una delle prime potenze industriali al mondo qualcosa di vero ci sarà. Per prima cosa, dunque, non siamo il malato d’Europa che molti credono: non solo per il secondo posto nella manifattura dopo la Germania, ma anche per esibire il più alto valore aggiunto nel settore agricolo. Nell’ambito del G7 (2° punto) il Pil pro capite degli italiani è cresciuto più della media del gruppo e per quanto riguarda la competitività (3° punto) l’Italia se la batte con i concorrenti più virtuosi generando il quinto maggior surplus commerciale al mondo. Gli investimenti in macchinari e in mezzi di trasporto (4° punto) non sono la Cenerentola che la vulgata accredita, tutt’altro. E con riferimento alle spese per ricerca e sviluppo nei campi del tessile e dell’abbigliamento, delle calzature e dei mobili, (5° punto) siamo addirittura primi in tutta l’Unione.Abbiamo inoltre la capacità di sfidare i mercati internazionali (6° punto) nonostante la piccola dimensione delle nostre imprese (il che non vuol dire che non si debba crescere). Il Made in Italy è uno dei marchi più famosi al mondo ed esprime una serie di valori – design, innovazione, tecnologia – decisamente distanti dall’idea (7° punto) di essere appiattiti sulle produzioni a basso costo del lavoro. E bisogna anche respingere l’affermazione che il paese sia caratterizzato (8° punto) da una grande disuguaglianza economica, facendo molto meglio di Francia, Regno Unito e Spagna. È da demolire, poi, il convincimento che gli italiani non paghino le tasse (9° punto) dal momento che la pressione fiscale è in linea con quella europea (forse è vero, però, che a pagare siano sempre gli stessi). Infine, dobbiamo liberarci dalla credenza di essere troppo indebitati (10° punto). Messi insieme il debito pubblico e il debito privato, l’Italia risulta tra le più virtuose nel consesso dei paesi avanzati. È vero che il debito pubblico è molto alto se raffrontato al Pil, ma è anche vero che diventa sostenibile se si tiene conto dell’avanzo primario e della ricchezza finanziaria delle famiglie.A tutto questo si aggiungono le suggestioni dell’ultimo “Quaderno di Symbola” che rilancia le tesi della Fondazione Edison e allarga il campo dei primati nazionali all’economia sostenibile e circolare, all’attrattività turistica, alla roboetica (il lato umano dei robot), al design, alla qualità della ricerca scientifica, all’avanzare incessante delle consultazioni su Google delle espressioni del Made in Italy. Tutto questo dovrebbe indurci a modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi. Troppo concentrati sulle nostre debolezze, trascuriamo le potenzialità di un paese che conserva un’energia tanto straordinaria quanto compressa, mentre dovrebbe essere riconosciuta e liberata. Senza cadere nell’eccesso opposto di sentirci forti e invincibili – la tentazione di esagerare è sempre viva – le lezioni della Fondazione Edison e di Symbola andrebbero apprese e divulgate.(Alfonso Ruffo, “10 prove che l’Italia è meglio di quanto si dice e si pensa”, dal “Sussidiario” del 7 luglio 2019).“Dieci falsi miti sull’economia italiana” è il titolo del paragrafo iniziale di un volumetto che la Fondazione Edison ha realizzato in occasione dei suoi vent’anni di vita. Si tratta di sfatare alcuni luoghi comuni che vorrebbero il paese in ginocchio e incapace di rialzarsi. Può darsi che il testo sia viziato da un eccesso di ottimismo, ma non c’è dubbio che se l’Italia resta la seconda manifattura d’Europa e una delle prime potenze industriali al mondo qualcosa di vero ci sarà. Per prima cosa, dunque, non siamo il malato d’Europa che molti credono: non solo per il secondo posto nella manifattura dopo la Germania, ma anche per esibire il più alto valore aggiunto nel settore agricolo. Nell’ambito del G7 (2° punto) il Pil pro capite degli italiani è cresciuto più della media del gruppo e per quanto riguarda la competitività (3° punto) l’Italia se la batte con i concorrenti più virtuosi generando il quinto maggior surplus commerciale al mondo. Gli investimenti in macchinari e in mezzi di trasporto (4° punto) non sono la Cenerentola che la vulgata accredita, tutt’altro. E con riferimento alle spese per ricerca e sviluppo nei campi del tessile e dell’abbigliamento, delle calzature e dei mobili, (5° punto) siamo addirittura primi in tutta l’Unione.
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Christine Lagarde: la macellaia della Grecia a capo della Bce
«Usami per il tempo che ti serve». E ancora: «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». La lettera era senza data, ma riconducibile agli anni fra il 2007 e il 2011 quando Christine Lagarde, dal 2 luglio governatore in pectore della Bce, siedeva sulla poltrona di ministro dell’economia della Francia. Così si rivolgeva all’allora presidente Nicolas Sarkozy, dando di sé un’immagine che sottomessa è dir poco. Non sorprenderà, allora, che nel valzer delle nomine che contano in Ue, a spuntarla sia stata proprio Parigi. Classe 1956, è – al pari di Ursula von der Leyen, destinata alla presidenza della Commissione Ue – la prima donna che guiderà la Bce. Si tratta anche della prima personalità senza studi di economia: figlia dell’altissima borghesia parigina, la Lagarde è infatti laureata in giurisprudenza. Esponente dell’Ump, ha iniziato la sua carriera “istituzionale” nel 2005. Senza soluzione di continuità, è stata prima ministro delegato al commercio estero, poi dell’agricoltura e della pesca, successivamente titolare delle finanze e dell’industria. Christine Lagarde diviene nota alle cronache per prendere possesso, nel 2011, dello scranno più alto al Fondo Monetario Internazionale. Succede al suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, esautorato a causa di uno scandalo di natura sessuale poi rivelatosi una montatura.Non è invece una montatura il ruolo che l’Fmi ebbe nella crisi della Grecia. Pur avendo preso avvio prima del suo insediamento, l’intervento si è concretizzato sotto la presidenza Lagarde. Con i risultati che tutti conosciamo. La Troika era sì composta, oltre che dal Fondo, anche da Unione Europea e Bce. Marchiani furono però gli errori commessi in sede di analisi da parte del primo, che sottostimò clamorosamente i moltiplicatori fiscali (a livello 0,5: erano fra tre e cinque volte più alti), imponendo misure draconiane che riuscirono persino a peggiorare una già drammatica situazione. Il Pil si è così contratto di oltre il 20% in più rispetto alle previsioni e la disoccupazione, che non doveva superare il 15%, è schizzata al 25%. L’Fmi ha scontato, scrisse l’editorialista economico del “Daily Telegraph”, Ambrose Evans-Pritchars, un “pregiudizio pro-euro” che l’ha portato di fatto a «sacrificare la Grecia per salvare l’euro e le banche del Nord Europa». Un curriculum di tutto rispetto, non c’è che dire. Al quale dobbiamo aggiungere il tentativo esperito nel 2011 per tentare di costringere l’Italia ad accettare un intervento finanziario. In cambio ovviamente delle solite “riforme”. Berlusconi e Tremonti si opposero, ma il commissariamento arrivò comunque a novembre di quell’anno con la crisi speculativa sui nostri titoli di Stato e l’insediamento di Mario Monti alla presidenza del Consiglio.Con la piena benedizione di Emmanuel Macron, Christine Lagarde arriva così fino al vertice dell’Eurotower. Non un fulmine a ciel sereno, dato che il suo nome era fra quelli papabili. Ma che dice molto sui nuovi equilibri che regneranno in Europa: a questo giro l’ha spuntata la Francia, riuscendo in qualche modo a ridimensionare una Merkel (la quale ha comunque un’ottima stima della Lagarde) sempre meno leader indiscusso. Tandem Christine Lagarde – Ursula von der Leyen? Se le nomine dovessero essere confermate dal Parlamento Ue, ai vertici delle istituzioni comunitarie siederanno così due donne. Detto delle esperienze della Lagarde, non va meglio con quelle di Ursula von der Leyen. Tedesca, classe 1958, ininterrottamente dal 2005 ha rivestito per tre volte la carica di ministro nel governo federale tedesco. Torniamo di nuovo all’annus horribilis 2011. Proprio mentre Lagarde premeva per il nostro commissariamento, la von der Leyen si spingeva oltre, proponendo di legare eventuali aiuti ai membri in crisi dell’Eurozona in crisi con la richiesta di depositare beni in garanzia. Nello specifico, il nostro oro o le nostre aziende strategiche. L’unione di intenti fra le due nuove “teste” dell’Ue condurrà al disastro? Nonostante i “precedenti”, infatti, già da qualche anno l’Fmi ha iniziato, sia pur timidamente, a ripensare i propri modelli.Se prima l’austerità e le riforme strutturali erano l’unica via da percorrere, oggi la musica sembra in minima parte cambiata. E’ quindi estremamente probabile che, seguendo la nuova trama, che Christine Lagarde possa riprendere in mano il “bazooka” lanciato da Draghi con il nome di Quantitative Easing. Modificandolo, dandogli forse una diversa taratura. Ma certo non riponendolo in soffitta. Altro ossigeno, insomma, per un’Eurozona che è e rimane disastrata e preda delle contraddizioni intrinseche di una moneta unica architettata male e realizzata peggio. Un effetto placebo che, come già dimostrato fino ad oggi (nonostante l’invasione di liquidità l’inflazione, zavorrata da una crescita che resta asfittica, di salire non ne vuol proprio sapere) rischia solo di procrastinare la nostra agonia. Evitando forse manovre lacrime e sangue. Ma non per questo affrontando qui problemi talmente connaturati all’euro dal non poter essere in alcun modo risolti. A meno di non voler dare una nuova forma all’unione monetaria, magari iniziando a discutere di trasferimenti monetari dalle zone più ricche a quelle più in difficoltà. Scelta di politica economica standard in condizioni “normali”, ma che la Germania non accetterà mai. E anche qualora si dimostrasse aperta all’ipotesi, chiederebbe in cambio di scrivere – insieme a Bruxelles e alla Bce stessa – direttamente le nostre finanziarie. Sarebbe desiderabile?(Filippo Burla, “La macellaia della Grecia a capo della Bce: ecco chi è Christine Lagarde”, da “Il Primato Nazionale” del 3 luglio 2019. Laureato in scienze politiche ed economia aziendale, Burla è un analista economico del giornale, indipendente, ascrivibile all’area culturale della nuova destra sovranista italiana. Quanto alla Lagarde, nel saggio “Massoni” edito da Chiarelettere, Gioele Magaldi svela che la presidente uscente del Fmi milita stabilmente in svariate Ur-Lodges, come le superlogge “Three Eyes” e “Pan-Europa”, espressione dell’ala reazionaria e oligarchica del supremo potere massonico mondiale).«Usami per il tempo che ti serve». E ancora: «Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». La lettera era senza data, ma riconducibile agli anni fra il 2007 e il 2011 quando Christine Lagarde, dal 2 luglio governatore in pectore della Bce, siedeva sulla poltrona di ministro dell’economia della Francia. Così si rivolgeva all’allora presidente Nicolas Sarkozy, dando di sé un’immagine che sottomessa è dir poco. Non sorprenderà, allora, che nel valzer delle nomine che contano in Ue, a spuntarla sia stata proprio Parigi. Classe 1956, è – al pari di Ursula von der Leyen, destinata alla presidenza della Commissione Ue – la prima donna che guiderà la Bce. Si tratta anche della prima personalità senza studi di economia: figlia dell’altissima borghesia parigina, la Lagarde è infatti laureata in giurisprudenza. Esponente dell’Ump, ha iniziato la sua carriera “istituzionale” nel 2005. Senza soluzione di continuità, è stata prima ministro delegato al commercio estero, poi dell’agricoltura e della pesca, successivamente titolare delle finanze e dell’industria. Christine Lagarde diviene nota alle cronache per prendere possesso, nel 2011, dello scranno più alto al Fondo Monetario Internazionale. Succede al suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, esautorato a causa di uno scandalo di natura sessuale poi rivelatosi una montatura.
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Ladri di tasse: dumping, Olanda e complici rapinano l’Italia
Meravigliosa Unione Europea: da un lato costringe paesi come l’Italia a sudare sangue per spuntare misere percentuali di deficit – con Conte che ora esulta, per aver evitato la procedura d’infrazione introducendo 7 miliardi di tagli – e dall’altro permette che alcuni paesi continuino a fare allegramente il loro piratesco dumping fiscale, “rubando” contribuenti ricchissimi che provengono dai paesi vicini. Guai se il governo gialloverde prova a tagliare le tasse, magari anche varando i minibot. Va benissimo, invece, se – proprio per sfuggire all’iper-tassazione – le imprese scappano in Olanda e in Lussemburgo, in Irlanda e in Gran Bretagna. Caso classico, quello dell’ex Fiat, ora Fca: «Il trasferimento della sede fiscale a Londra di quella che era la principale azienda automobilistica italiana, nonché il trasferimento della sede legale e fiscale in Olanda della sua società sua controllante ha causato all’Italia un rilevante danno economico», dice Roberto Rustichelli, presidente dell’Antitrust, nella sua relazione annuale presentata in Parlamento, infrangendo quello che fino a ieri era una specie di tabù.Vietato soffermarsi su questo sgradevolissimo aspetto della vita europea: il presidente uscente della Commissione, Jean-Claude Juncker, vero e proprio guardiano dell’austerity (a casa degli altri), ha trasformato il Lussemburgo in un paradiso fiscale. Idem l’Olanda, che poi è la prima a premere perché all’Italia venga imposto il massimo rigore. Ovvio: più le aziende italiane soffrono a causa della pressione fiscale indotta dall’Eurozona, e più trovano conveniente trovare rifugio ad Amsterdam. «La concorrenza fiscale – dice oggi Rustichelli – genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l’anno, con un danno per l’Italia tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno». Per Rustichelli siamo di fronte a una «malsana competizione, frutto di egoismi nazionali», rappresentata proprio dal dumping fiscale. «Una concorrenza di cui beneficiano le più astute multinazionali», che pone le imprese italiane «in una situazione di grave svantaggio competitivo».Rustichelli, che ricopre la carica da maggio, critica in particolare il comportamento «realizzato da alcuni paesi membri, divenuti oramai veri e propri paradisi fiscali». La “concorrenza sleale” praticata da Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito, afferma Rustichelli, «è utilizzata dalle imprese multinazionali per porre in essere forme di pianificazione fiscale aggressiva». I gruppi multinazionali, aggiunge Rustichelli, «reagiscono alla concorrenza fiscale localizzando le loro imprese più profittevoli proprio nei paesi europei con una tassazione più favorevole». Se alcuni paesi ci guadagnano, è l’Europa nel suo insieme a perderci. «Ciò non solo drena risorse dalle economie in cui il valore è effettivamente prodotto, ma riduce nel complesso la capacità della collettività di raccogliere risorse, in tal modo impedendo una più equa tassazione dei profitti delle imprese». Un bell’applauso, ancora una volta, all’Unione Europea: Bruxelles non muove un dito per metter fine all’abuso, che si traduce in drastici tagli per l’economia italiana.Meravigliosa Unione Europea: da un lato costringe paesi come l’Italia a sudare sangue per spuntare misere percentuali di deficit – con Conte che ora esulta, per aver evitato la procedura d’infrazione introducendo 7 miliardi di tagli – e dall’altro permette che alcuni paesi continuino a fare allegramente il loro piratesco dumping fiscale, “rubando” contribuenti ricchissimi che provengono dai paesi vicini. Guai se il governo gialloverde prova a tagliare le tasse, magari anche varando i minibot. Va benissimo, invece, se – proprio per sfuggire all’iper-tassazione – le imprese scappano in Olanda e in Lussemburgo, in Irlanda e in Gran Bretagna. Caso classico, quello dell’ex Fiat, ora Fca: «Il trasferimento della sede fiscale a Londra di quella che era la principale azienda automobilistica italiana, nonché il trasferimento della sede legale e fiscale in Olanda della sua società sua controllante ha causato all’Italia un rilevante danno economico», dice Roberto Rustichelli, presidente dell’Antitrust, nella sua relazione annuale presentata in Parlamento, infrangendo quello che fino a ieri era una specie di tabù.
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Della Luna: l’Eurolager è una banda di ladri, denunciamoli
«Il governo Conte fa bene a piegarsi alle richieste di Bruxelles e ad evitare la procedura di infrazione (che comporterebbe un esproprio delle funzioni politico-economiche in favore degli eurocrati). E’ il male minore, oggi». Lo sostiene l’avvocato Marco Della Luna, acuto saggista euroscettico. «L’euro ha un effetto tecnico inevitabile: deindustrializzare l’Italia trasferendone le risorse e gli assets migliori a paesi più efficienti e dominanti entro la Ue: lo scopo fondativo dell’Ue è esattamente questo, e non solo nei confronti dell’Italia», scrive Della Luna nel suo blog. «Se l’Italia resta nell’euro e nell’Ue è destinata a una fine certa e miseranda, ma non a un tracollo immediato, perché – mentre è in corso il suo svuotamento – viene mantenuta in vita finanziariamente». Psicologia: «La gente non si ribella perché ha paura dei tracolli e dei sacrifici immediati e non pensa al lungo termine. Ed è per questo che la si può portare dove si vuole, quindi le si concede la “democrazia”». Aggiunge Della Luna: «Rompere la gabbia dell’euro e dell’Ue sarebbe pertanto un obiettivo da perseguire anche a costo di sacrifici, ma può farlo soltanto un governo unito, guidato da grandi economisti, sostenuto dal consenso popolare. Un governo capace di resistere alle pressioni, ai ricatti e alle ritorsioni dell’Ue, e al contempo di rimpiazzare l’euro e di ricollegare l’economia nazionale ai fornitori e clienti esteri di cui necessita, essendo la nostra un’economia di trasformazione molto dipendente dagli scambi internazionali».Oggi, al contrario, abbiamo «un governo disunito, balordo e demagogico in economia, privo di veri statisti soprattutto economici, sostenuto dalla maggioranza di un popolo che però non vuole uscire dall’euro». Soprattutto, l’esecutivo gialloverde «è tenuto sotto la spada di Damocle da un Quirinale che è garante della Ue, che vieta di nominare ministri dell’economia eurocritici imponendo invece l’europeista Tria, e che – a detta delle malelingue – avrebbe precedenti di golpe su ordine germanico». Ovviamente, con siffatte premesse, «non si può andare allo scontro con gli interessi europeisti, per quanto siano rovinosi per l’Italia». Quindi, propone Della Luna, «cerchiamo di archiviare il reddito di cittadinanza, la Quota 100, il salario minimo, le chiusure domenicali, lo shock fiscale». Il taglio delle tasse «fa ripartire la domanda e gli investimenti solo in un quadro di stabilità, di sicurezza, di futuro ragionevolmente buono e di umore diffusamente positivo», mentre oggi «il quadro è di instabilità, di debolezza e divisione del governo, di futuro preoccupante, e l’umore generale è negativo». Non funzionerebbe nemmeno una distribuzione di denaro alla popolazione: per tornare a consumare, gli italiani avrebbero bisogno di prospettive rassicuranti, viceversa metterebbero da parte il denaro in più, come scorta di sicurezza per ripararsi dagli scossoni in arrivo.Infatti, sostiene Della Luna, «oggi sta aumentando la propensione al risparmio perché le aspettative sono giustamente fosche». Meglio quindi usare le risorse disponibili per fare investimenti pubblici infrastrutturali, nell’immediato. Ma nel medio-lungo periodo? Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: il rapporto con l’Ue. «L’Italia attuale, a causa anche delle regole finanziarie europee e dell’euro (oltre che dell’incompetenza economica dei suoi governi), ha una cattiva tendenza in quanto a Pil, rapporto deficit/Pil, rapporto debito/Pil, andamento della produttività (competitività)». Dal canto suo, «l’Ue reagisce e continuerà a reagire imponendo misure recessive e proibendo il ricorso a rimedi come i minibot». La combinazione di questi due fattori farà sì che il contrasto con Bruxelles «continuerà ad aggravarsi, a farsi sempre meno gestibile e ricomponibile». Della Luna ipotizza esiti preccupanti. Il peggiore? «Colpo di Stato europeista del Quirinale, sottomissione dell’Italia, sua grecizzazione, sua spoliazione totale (se si riuscirà a inibire la protesta popolare e a reprimere le forze che la esprimeranno) e africanizzazione (colonia franco-tedesca)».Oppure: «Uscita dall’Italia dall’euro e dell’Ue, verso un futuro incerto ma condizionato dall’essere un sistema-paese inefficiente, con una classe politica scadente, e molto dipendente da fornitori e clienti – quindi un futuro tendente al Terzo Mondo». Terza ipotesi: «Una riforma organica della Ue che sostituisca le regole finanziarie errate e infondate con regole aderenti alla realtà, limitando lo strapotere e l’approfittamento franco-tedesco, e consentendo l’introduzione dei minibot o di altre misure per rimonetizzare l’economia reale italiana che oggi ristagna anche per carenza di liquidità e la diffusa insolvenza». Della Luna vede anche in teoria l’uscita dall’euro e dalla Ue da parte della Germania e di altri paesi, se non addirittura lo scioglimento della stessa Ue. Cosa conviene all’Italia? Per evitare l’ipotesi più pericolosa – il commissariamento – occorre «cercare un forte alleato esterno», cioè gli Usa o l’Eurasia russo-cinese, cercando di «riformare l’istituto della Presidenza della Repubblica per limitare i suoi poteri di ingerenza». Se possibile, aggiunge Della Luna, bisognerebbe eleggere al Colle, appena possibile, «un personaggio non di parte euro-bancaria». Mattarella? «Potrebbe essere costretto a dimettersi dallo scandalo della magistratura, dato che per ben cinque anni è stato presidente del Csm, quindi conosceva bene e non denunciava ciò che ora, costretto dalle rivelazioni pubbliche, denuncia con enfatica prosopopea».Lo sbocco numero due sarebbe l’Italexit. «Dato che la struttura e gli effetti tecnici pianificati di euro e Ue sono di sottomettere e spogliare l’Italia, bisogna uscire». Sennonché, rileva Della Luna, per uscire dall’euro e dall’Ue «bisogna avere un governo coeso, con ministri competenti, indipendente dal Quirinale, in grado di sostenere lo scontro contemporaneo con questo, con la Ue e con la Bce». E anche capaci di gestire «la fase di transizione verso un nuovo assetto», risolvendo enormi problemi. Esempio: con che valuta pagare le materie prime? Come convertire la produzione industriale oggi integrata nella Ue? Come difendersi dalle ritorsioni? «Dato che queste condizioni allo stato mancano, non bisogna cercare di uscire ora, né andare ora allo scontro, che probabilmente finirebbe con un nuovo golpe», come quello che nel 2011 portò il “macellaio” Monti a Palazzo Chigi. Quanto al terzo ipotetico sbocco, cioè la riforma democratica dell’euro-sistema, per Della Luna sarebbe di gran lunga l’esito più desiderabile. Ma è anche assai difficile da attuare, «perché l’attuale assetto euro-comunitario è conforme ai piani e agli interessi dei potentati bancari che controllano l’Ue». Per Della Luna «vale la pena in ogni caso di tentare», anche perché il tentativo può portare alla “fuga” della Germania o al suicidio dell’Ue.Per tentare di costringere l’Ue ad adottare finalmente regole democratiche, secondo Della Luna «bisogna guadagnare qualche mese», periodo in cui «sostituire Mattarella e dotarsi di un governo coeso e competente con un idoneo ministro dell’economia», nonché «revocare i provvedimenti costosi e improduttivi in termini di Pil, emettendo invece provvedimenti sani e intelligenti (in modo che Bruxelles non possa imputare il malandare dell’economia italiana a misure economiche sbagliate e demagogiche». Bisognerebbe anche «smascherare e criticare a fondo le falsità, le aberrazioni, le iniquità e i conflitti di interesse nell’Ue, nella Bce e nei rapporti tra grande finanza e governi, insistendo fino a ottenere la messa in comune del debito pubblico, l’approvazione degli eurobot e dei minibot, il livellamento dell’extra-surplus commerciale tedesco, l’eguaglianza di tutti i paesi comunitari rispetto alle regole comuni». Quelle falsità, iniquità, aberrazioni e incompatibilità di interessi «sono tanto gravi, strutturali e oscene, che una campagna di informazione e denuncia ben fatta potrebbe avere effetti delegittimanti e devastanti per eurocrati ed eurobanchieri, perciò costituirebbe uno strumento forte per negoziare l’uscita dall’Eurolager».«Il governo Conte fa bene a piegarsi alle richieste di Bruxelles e ad evitare la procedura di infrazione (che comporterebbe un esproprio delle funzioni politico-economiche in favore degli eurocrati). E’ il male minore, oggi». Lo sostiene l’avvocato Marco Della Luna, acuto saggista euroscettico. «L’euro ha un effetto tecnico inevitabile: deindustrializzare l’Italia trasferendone le risorse e gli assets migliori a paesi più efficienti e dominanti entro la Ue: lo scopo fondativo dell’Ue è esattamente questo, e non solo nei confronti dell’Italia», scrive Della Luna nel suo blog. «Se l’Italia resta nell’euro e nell’Ue è destinata a una fine certa e miseranda, ma non a un tracollo immediato, perché – mentre è in corso il suo svuotamento – viene mantenuta in vita finanziariamente». Psicologia: «La gente non si ribella perché ha paura dei tracolli e dei sacrifici immediati e non pensa al lungo termine. Ed è per questo che la si può portare dove si vuole, quindi le si concede la “democrazia”». Aggiunge Della Luna: «Rompere la gabbia dell’euro e dell’Ue sarebbe pertanto un obiettivo da perseguire anche a costo di sacrifici, ma può farlo soltanto un governo unito, guidato da grandi economisti, sostenuto dal consenso popolare. Un governo capace di resistere alle pressioni, ai ricatti e alle ritorsioni dell’Ue, e al contempo di rimpiazzare l’euro e di ricollegare l’economia nazionale ai fornitori e clienti esteri di cui necessita, essendo la nostra un’economia di trasformazione molto dipendente dagli scambi internazionali».
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Carpeoro: Salvini e Rackete giocano nella stessa squadra
«Tra un po’ gli africani saranno un miliardo, milioni di loro alle prese col dramma della fame: secondo voi l’esodo lo si arresta chiudendo qualche porto? E secondo voi è una soluzione salvare 40 naufraghi imponendo all’Italia di accoglierli?». Domande che Gianfranco Carpeoro propone al pubblico del meeting annuale di “Border Nights”, ospitato il 30 giugno dall’associazione culturale veneta Salux Bellatrix, guidata da Francesca Salvador. Argomento bollente, su tutte le prime pagine, il derby tra il Capitano e la Capitana: da una parte Matteo Savini, dall’altra Carola Rackete, tedesca, figlia di un mercante d’armi e comandante della nave “Sea Watch” che ha forzato il blocco navale disposto a Lampedusa, scatenando il caso a livello europeo proprio mentre l’Ue ricatta l’Italia con la minaccia della procedura d’infrazione per eccesso di debito. Attenzione ai dettagli, raccomanda Carpeoro: «La Sea Watch è olandese, e l’Olanda è il paese che più preme per le sanzioni Ue contro l’Italia. L’Olanda – aggiunge Carpeoro – è la anche la fogna d’Europa, insieme a Lussemburgo e Liechtenstein: la legislazione fiscale olandese ha sottratto all’Italia fiumi di denaro, attirando grandi aziende italiane. E se l’Olanda è la fogna, Francia e Germania sono il pulsante dello sciacquone. Capite, adesso, che non c’è niente di casuale nella tempistica del caso?».Può sembrare paradossale, aggiunge Carpeoro, ma Salvini e la Capitana sono due facce della stessa medaglia: forse non se ne rendono conto, ma è come se giocassero nella stessa squadra. «Nessuno dei due propone una soluzione seria per il problema dei migranti, che è di portata enorme». Chiudere i porti e accogliere naufraghi «sono due non-soluzioni», assolutamente identiche nel risultato che ottengono, pari a zero. Di più: «Polarizzare lo scontro attorno a questi due personaggi mediatici serve a continuare così, cioè a non pensare». Conta chi la spunta, a prescindere dal risultato che servirebbe (una vera soluzione per l’Africa, depredata dal colonialismo neoliberista). Salvini e la Rackete, sostiene quindi Carpeoro, sono maschere utilissime al potere che sfrutta il continente nero. Il ministro arcigno, che vede solo la necessità di ridurre gli sbarchi (senza curarsi dell’origine del problema) è contrapposto solo in apparenza alla rivale di oggi, la comandante della “Sea Watch”, che pensa che per ripulire la cattiva coscienza dell’Europa basti salvare qualche decina di naufraghi (a spese dell’Italia, però: e in questo fa benissimo, Salvini, a far valere la sovranità della Penisola, specie se i maggiori azionisti dell’Ue continuano a scaricare solo su Roma il costo dell’assistenza dei disperati che sbarcano a Lampedusa).Salvini e la Capitana, aggiunge Carpeoro, ricordano “i capponi di Renzo”, di manzoniana memoria: si beccano come se fossero nemici mortali, ignorando che li aspetta la stessa pentola. Pedine di un gioco più grande, quello della politica “usa e getta”, destinata a durare lo spazio di un mattino. E’ legittimo contingentare gli ingressi degli stranieri e porre un freno all’immigrazione irregolare, «a patto però che la politica – nel frattempo – pensi anche a come progettare la società». Secondo Carpeoro, «un bravo governante dovrebbe avere un’idea precisa di come sarà l’Italia tra vent’anni, quindi anche mettendo in campo strategie per intervenire in modo costruttivo in Africa». Obiettivo: fare in modo che nessuno debba più imbarcarsi per i precari viaggi della speranza, gestiti da una filiera composta da opache finanziarie europee, scafisti e mafiosi africani, trafficanti di uomini e Ong tutt’altro che trasparenti, generosamente sovvenzionate dai campioni della stessa élite finanziaria che, razziando l’Africa, ha creato le premesse per l’esodo. Litigiare sui porti «serve essenzialmente a continuare a non pensare», premiando la politica-spot fatta solo di slogan contrapposti, «perfettamente funzionale al potere che ha inventato il consumismo e cancellato dall’Occidente la politica vera, capace di pensare e quindi di progettare soluzioni di ampio respiro, che ovviamente richiedono anni di impegno».«Tra un po’ gli africani saranno un miliardo, milioni di loro alle prese col dramma della fame: secondo voi l’esodo lo si arresta chiudendo qualche porto? E secondo voi è una soluzione salvare 40 naufraghi imponendo all’Italia di accoglierli?». Domande che il saggista Gianfranco Carpeoro propone al pubblico del meeting annuale di “Border Nights”, ospitato il 30 giugno dall’associazione culturale veneta Salux Bellatrix, guidata da Francesca Salvador. Argomento bollente, su tutte le prime pagine, il derby tra il Capitano e la Capitana: da una parte Matteo Savini, dall’altra Carola Rackete, tedesca, figlia di un mercante d’armi e comandante della nave “Sea Watch” che ha forzato il blocco navale disposto a Lampedusa, scatenando il caso a livello europeo proprio mentre l’Ue ricatta l’Italia con la minaccia della procedura d’infrazione per eccesso di debito. Attenzione ai dettagli, raccomanda Carpeoro: «La Sea Watch è olandese, e l’Olanda è il paese che più preme per le sanzioni Ue contro l’Italia. L’Olanda – aggiunge Carpeoro – è anche la fogna d’Europa, insieme a Lussemburgo e Liechtenstein: la legislazione fiscale olandese ha sottratto all’Italia fiumi di denaro, attirando grandi aziende italiane. E se l’Olanda è la fogna, Francia e Germania sono il pulsante dello sciacquone. Capite, adesso, che non c’è niente di casuale nella tempistica del caso?».
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Moneta illimitata solo per loro: così ci stanno impoverendo
Sappiamo che la sostenibilità del debito esiste a due condizioni. Il debitore deve essere messo in condizione di pagare il debito: il che accade quando il suo reddito cresce (e non diminuisce) e quando il tasso d’interesse è più basso del tasso di crescita dell’economia. Nessuna di queste due condizioni è rispettata, da decenni. Per questo motivo la gente si è impoverita e la classe media è scomparsa. Siamo tutti indebitati: anche gente come me, alto funzionario dello Stato. Non dico che dovrei navigare nell’oro, perché – se uno fa il suo lavoro onestamente – nella pubblica amministrazione non può e non deve navigare nell’oro. Però mi pesa da morire un mutuo, perché a quei tempi i valori immobiliari erano diversi, così come la prospettiva di reddito – tutte cose che non si sono confermate, anche per la semplicissima ragione che il tasso di crescita dell’economia è insufficiente (il Pil non cresce, perché in queste condizioni non può crescere). Gli italiani cosa stanno facendo, per sopravvivere? Stiamo intaccando i nostri risparmi, mentre il nostro reddito è in diminuzione. Pensiamo anche ai nostri figli e nipoti, disoccupati o sottopagati. Io a vent’anni campavo benissimo con 147.000 lire al mese: ne pagavo solo 45.000 di affitto. Le mie figlie hanno stipendi da 500 euro al mese, che ovviamente non bastano.Per fare una politica di bassi salari bisognava avere bassi affitti, niente assicurazioni, welfare funzionante a livello di sanità, formazione e trasporti pubblici. Allora potevi anche dire: paghiamo poco i lavoratori. Ma come si fa se gli affitti sono cari, i mutui sono cari, e nel conto bisogna aggiungere le assicurazioni, le spese condominiali e le bollette? Per non parlare delle tasse: quelle fisse le pagano tutti. Insieme alla fatturazione elettronica, la mazzata finale sarebbe l’aumento dell’Iva al 23%. Una follia: il sogno di ogni tributarista è quello di veder aumentare il gettito diminuendo la pressione fiscale; qui invece si rischia non solo di aumentare la pressione fiscale, cioè di finire di ammazzare quelli che le tasse le pagano, ma veder diminuire il gettito, avendo quindi sul collo il fiato dei vari criminali dell’Unione Europea. Il punto è: cosa vogliamo proporre? Sicuramente c’è una ricetta macroeconomica: il Pil deve crescere più dei tassi d’interesse. Invece il tasso d’interesse sui titoli del debito pubblico (che sono più del Pil) è più elevato della crescita del Pil. Dovremmo cioè avere un Pil che cresce del 4-6% all’anno, in media, per sostenere questa situazione debitoria. Ma vale pure per le famiglie: la gente non riesce ad arrivare alla fine del mese. Molti alla fine del mese ci arrivano, ma non ce la fanno a pagare il mutuo. Molti vedono che, per pagare il mutuo, i debiti e le bollette, hanno sempre meno risorse a disposizione.Tranne una piccola parte di “ricchi”, il resto della popolazione è estremamente povera, o si sta impoverendo in modo drammatico. Senza contare la situazione dei protestati. Dieci anni fa io scrissi un libro, “Il grande mutuo”. In quel libro spiegavo che, proprio in base ai parametri che ho appena citato, ci sarebbe stata una grande crisi finanziaria. Pochi mesi dopo, la crisi è effettivamente esplosa: e così è cresciuta la mia notorietà, però le banche me l’hanno giurata. Hanno detto: ma questo stronzo come faceva a sapere che ci sarebbe stata la crisi finanziaria, mentre noi – che gestiamo il mondo – non ce n’eravamo accorti? E invece di dirmi “professor Galloni, collabori con noi per raddrizzare il sistema”, m’hanno messo nel librone nero, con tutte le conseguenze del caso. E ci può stare. Ma il punto è che, in quel libro, io dimostravo – oltre ogni ragionevole dubbio – che un abbattimento del 40% dei debiti (motivato anche dal recupero della mancata crescita di reddito e di Pil, di cui dicevo prima) non avrebbe danneggiato le banche. Anzi, paradossalmente le avrebbe aiutate. Infatti, le avrebbe aiutate a non accumulare i “non performing loans”, cioè le sofferenze.Ovviamente sappiamo che la banca, quando fa un prestito, crea moneta. Ed è finta: sei tu che la rendi vera quando paghi le rate con la vita, col lavoro e con i tuoi beni, e quindi arricchisci le banche. Tutto questo, senza dimenticare la storia delle banche, che nel 1300 ha comportato grandi progressi per l’umanità: senza la partita doppia, senza la creazione monetaria da parte delle banche, se fossimo stati legati all’emissione di moneta in base all’oro e non in base al credito moderno, forse non avremmo fatto neanche la rivoluzione industriale e saremmo ancora a mangiare una patata a famiglia. Invece oggi ci siamo liberati della scarsità. Dopo gli anni ‘60 ci siamo liberati della scarsità anche grazie al capitalismo – che ne ha fatte di tutti i colori (cose terribili e violente, anche a livello militare) – però in effetti ci siamo trovati, per la prima volta nella nostra storia, liberi dalla scarsità. Ma se siamo liberi dalla scarsità materiale, dato che produciamo più di quello che serve, visto che la produzione di moneta è a costo zero, perché si arricchiscono solo le banche, e invece la gente non ha di che sfamarsi?Secoli fa, la crisi economica dipendeva dal raccolto del grano: se mancavano il pane e la farina, la gente assaltata i forni. Oggi invece buttiamo via il 43% di quello che produciamo, e poi la gente non ha i soldi per fare la spesa. Quindi è una crisi di soldi. Ma è una crisi artificiosa: perché fosse rispettato per tutti – popolo, lavoratori, pensionati – lo stesso principio che viene rispettato per la grande finanza (e cioè: rifornirla di liquidità e mezzi monetari illimitatamente, come fanno le banche centrali con la moneta elettronica pigiando col ditino i tasti del computer) è chiaro che tutti staremmo meglio, perché probabilmente avremmo la possibilità di domandare quei beni e quei servizi che oggi non vengono prodotti, creando così la piena occupazione. Ma cosa succederebbe? Non saremmo più dipendenti dalla creazione monetaria delle banche, non saremmo più dipendenti dalle banche centrali. Dipenderemmo solo dalla nostra voglia di fare e dalla nostra creatività. Cioè: saremmo esseri umani finalmente liberi. E’ questo che non si vuole. Ed è questo che invece noi vogliamo realizzare. L’obiettivo è essere liberi, facendo in modo che il superamento della scarsità sia vero per tutti, non solo per la grande finanza.(Nino Galloni, dichiarazioni rilasciare alla conferenza “Spiritualità e finanzam, un’eresia?”, promossa da “Sdebitalia” e pubblicata su YouTube da “ByoBlu” il 19 giugno 2019. Galloni, economista post-keynesiano e vicepresidente del Movimento Roosevelt, in conclusione ricorda che – oltre alla sua proposta dell’abbattimento del 40% del debito bancario – storicamente esiste la soluzione macroeconomica della super-emissione, che però svaluta la moneta provocando iper-inflazione. Terza via: l’emissione di moneta sovrana parallela, solo nazionale: «Con quella moneta, gli Stati potrebbero pagare tutto il debito che è in mano ai concittadini, i quali non si impoverirebbero, perché riceverebbero il capitale e gli interessi senza gravare sulle generazioni future»).Sappiamo che la sostenibilità del debito esiste a due condizioni. Il debitore deve essere messo in condizione di pagare il debito: il che accade quando il suo reddito cresce (e non diminuisce) e quando il tasso d’interesse è più basso del tasso di crescita dell’economia. Nessuna di queste due condizioni è rispettata, da decenni. Per questo motivo la gente si è impoverita e la classe media è scomparsa. Siamo tutti indebitati: anche gente come me, alto funzionario dello Stato. Non dico che dovrei navigare nell’oro, perché – se uno fa il suo lavoro onestamente – nella pubblica amministrazione non può e non deve navigare nell’oro. Però mi pesa da morire un mutuo, perché a quei tempi i valori immobiliari erano diversi, così come la prospettiva di reddito – tutte cose che non si sono confermate, anche per la semplicissima ragione che il tasso di crescita dell’economia è insufficiente (il Pil non cresce, perché in queste condizioni non può crescere). Gli italiani cosa stanno facendo, per sopravvivere? Stiamo intaccando i nostri risparmi, mentre il nostro reddito è in diminuzione. Pensiamo anche ai nostri figli e nipoti, disoccupati o sottopagati. Io a vent’anni campavo benissimo con 147.000 lire al mese: ne pagavo solo 45.000 di affitto. Le mie figlie hanno stipendi da 500 euro al mese, che ovviamente non bastano.
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Fassina: solo la destra sa che la politica deve proteggerci
Penso che il Ddl firmato da 5 Stelle e Lega sulla Banca d’Italia sia parte della ricostruzione del primato della politica sull’economia. La politica monetaria è uno degli strumenti politici più importanti. E ritenere che la politica debba rimanere fuori dalla politica monetaria è stato un errore, frutto di un pensiero unico che si è affermato in modo assolutamente trasversale. Il disegno di legge che hanno presentato i capigruppo di Lega e 5 Stelle al Senato è sostanzialmente un passo avanti; non è che finisca l’indipendenza di Bankitalia, c’è un richiamo esplicito ai trattati europei. Si introduce il meccanismo previsto per la Bundesbank, quindi non una misura nord-coreana. E cioè: il governo nomina presidente e direttore generale, un membro del direttorio (vicepresidente), e altri due membri del direttorio (anch’essi vicepresidenti) vengono nominati uno dalla Camera e l’altro dal Senato. E’ esattamente il modello vigente in Germania. E solo una sinistra che ha completamente smarrito un minimo di autonomia culturale può considerare eversivo e inaccettabile questa proposizione, che a mio avviso invece fa fare un passettino avanti, alla politica, nel governo di uno strumento fondamentale come quello della politica monetaria.
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Se l’Ue ci vuole morti, meglio trattare con Parigi e Berlino
Oggi Draghi ha annunciato che l’abbassamento dei tassi di interesse (alcuni sono già negativi!) ed il quantitative easing continueranno. Senza di essi, vale a dire con tassi di interesse e acquisti di titoli pubblici in linea con quanto fa la Fed (a discapito di Trump), sarebbe prevedibile un accumulo di liquidità disponibile solo sulle obbligazioni, e quindi in grado di mettere in grande crisi le Borse, fino ad un loro crollo. Ma la missione di Matteo Salvini a Washington – se coronata da pieno successo, vale a dire un riavvicinamento Russia-Usa in chiave anticinese e antieuropea – apre ad uno scenario di rafforzamento della posizione internazionale dell’Italia. Posizione debole, per ragioni che risalgono agli omicidi di Mattei e Moro, alla soppressione di Craxi, alle politiche economiche scelte in Italia dopo il 1981. Di contro, l’Ue non è così intelligente da giocarsela bene con la Cina stessa: ben altro c’è da attendersi da Francia e Germania, in grande difficoltà e sempre con la carta da giocare di uno svincolamento dall’Eurozona per avvicinarsi a superpotenze alternative alla stessa imbelle Ue (vedi Africa, per esempio). D’altra parte, la Russia di oggi è una superpotenza solo militare; non fa paura agli Usa come una superpotenza economica.A casa nostra si delineano scenari chiari purchè non si finisca a dare con una mano e prendere con l’altra: è importantissimo che al promesso e ineludibile calo (della pressione) delle tasse non faccia da controbilanciamento un pari taglio della spesa pubblica (quella fu la causa prima del crollo della classe media negli Usa dei Bush); così – ma questo pare più che altro, almeno si spera, un mero problema di comunicazione – il salario minimo garantito deve significare un livello minimo della paga oraria (non la definizione di un “reddito minimo” che, nelle esperienze passate, ha creato più problemi che altro). Quindi, il taglio delle tasse (necessario, prioritario, sacrosanto e promesso) o si accompagna ad una rottura totale con la Commissione per via del deficit – finchè non si dimostrasse, ma ci vuole almeno un annetto contabile – che alla minore pressione corrisponde un maggiore gettito, o si accompagna alla introduzione di qualche moneta non a debito (ad esempio i minibot, a determinate condizioni).La linea moderata – verso la Commissione – non considera che l’obiettivo della Ue consiste nella sottomissione dell’Italia (resa totale e incondizionata, quindi le “trattative” sono inutili: o si china la testa completamente o tanto vale alzare il tiro e prepararsi allo scontro). Paradossalmente, sarebbe meglio trattare con Francia e Germania direttamente, dopo aver portato la comunità sull’orlo di una crisi monetaria e di nervi. Infatti, il comparto metalmeccanico (delizia e croce della Germania) sta entrando in crisi, e le tensioni sociali – soprattutto in Francia – stanno aumentando.(Nino Galloni, “Se Draghi non stacca la spina, se Salvini…”, da “Scenari Economici” del 19 giugno 2019).Oggi Draghi ha annunciato che l’abbassamento dei tassi di interesse (alcuni sono già negativi!) ed il quantitative easing continueranno. Senza di essi, vale a dire con tassi di interesse e acquisti di titoli pubblici in linea con quanto fa la Fed (a discapito di Trump), sarebbe prevedibile un accumulo di liquidità disponibile solo sulle obbligazioni, e quindi in grado di mettere in grande crisi le Borse, fino ad un loro crollo. Ma la missione di Matteo Salvini a Washington – se coronata da pieno successo, vale a dire un riavvicinamento Russia-Usa in chiave anticinese e antieuropea – apre ad uno scenario di rafforzamento della posizione internazionale dell’Italia. Posizione debole, per ragioni che risalgono agli omicidi di Mattei e Moro, alla soppressione di Craxi, alle politiche economiche scelte in Italia dopo il 1981. Di contro, l’Ue non è così intelligente da giocarsela bene con la Cina stessa: ben altro c’è da attendersi da Francia e Germania, in grande difficoltà e sempre con la carta da giocare di uno svincolamento dall’Eurozona per avvicinarsi a superpotenze alternative alla stessa imbelle Ue (vedi Africa, per esempio). D’altra parte, la Russia di oggi è una superpotenza solo militare; non fa paura agli Usa come una superpotenza economica.