Archivio del Tag ‘Genova’
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Paolo Villaggio con Grillo: via l’euro, a casa ladri e cialtroni
Ho sperato di andarmene abbracciato ai miei simili in una piazza, come nella profezia. Sarebbe stato magnifico, ma i Maya e i nostri politici si somigliano. Non fanno che promettere ciò che non manterranno. La gente si è rotta i coglioni di un gruppo di eletti che, fingendo di rappresentare gli interessi dei sudditi, ne opprime il presente servendo banche, giornali e tv. Grillo, con collaudatissimo copione, denuncia avidità e nefandezze dei moderni Borgia da decenni. Dice: «Cacciamoli, sono stronzi, incapaci e disonesti», ma ha cavalcato una tigre già satura di passeggeri. Il processo è stato naturale, dall’Italia vogliono fuggire tutti: i ragazzi depressi che sognano di emigrare in Costa Rica e i vecchi come me. In attesa della sacrosanta soppressione degli ultrasettantenni, ci rimane la rivoluzione culturale di Grillo.
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Le dimissioni di Ratzinger: sicuri che non c’entri lo Ior?
Nella storia della Chiesa c’è un unico precedente, quello di Celestino V di cui sappiamo tutti per aver studiato la “Divina Commedia” negli anni del liceo. Gli altri sono tutti morti in carica; non tutti per morte naturale, va detto: ci sono stati i martiri della prima cristianità, poi qualche papa assassinato nel Medioevo… poi forse qualche altro. In Vaticano pare vada molto in voga il caffè corretto…Il codice canonico prevede la possibilità di dimissioni del Papa, ma la cosa è sempre parsa molto sconveniente. La Chiesa è monarchica e non ama i dualismi: pensate solo al problema della convivenza fra un Papa in carica ed uno emerito. Ogni starnuto del secondo (e questo scrive libri e twitta che è un piacere) potrebbe suonare come sconfessione del precedente. Poi, sul piano simbolico, la cosa può apparire come una fuga dalle proprie responsabilità. Quando Wojtyla era già molto grave chiesero ad un prete se avrebbe potuto dimettersi e la risposta fu: «Può dimettersi Gesù dalla croce?».
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Vergogna Ilva: quanti morti, ancora, per salvare lo spread?
Il decreto del governo salva-Riva ha ottenuto un consenso di unità nazionale, compresi Camusso e Landini. Vediamo prima di tutto il fatto. All’Ilva è in corso d’opera un grave reato contro la salute dei cittadini e dei lavoratori: la magistratura interviene per fermarlo e il governo interviene per fermare la magistratura. Questa la sostanza giuridica del decreto di cui speriamo la Corte Costituzionale rilevi la palese incostituzionalità: in un paese in cui tutta la classe politica si riempie la bocca delle parole “regole” e “legalità”, un decreto come questo si iscrive alla più pura tradizione berlusconiana di cambiare la legge per fermarne l’applicazione quando sono colpiti interessi potenti. In questo caso si giustifica l’atto affermando che gli interessi in campo non sono quelli del padrone, ma dei lavoratori che rischiano il posto e del paese che rischia di perdere una azienda strategica. Naturalmente si afferma che la salute viene comunque salvaguardata e che quindi conflitto non c’è con l’iniziativa della magistratura, che viene invitata a “capire”.
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Napolitano, hai firmato la morte dei bambini di Taranto
Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene, che difendesse la nostra Costituzione. Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione. Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte.. E invece ha firmato la nostra condanna. La condanna di una città sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt’oggi agli arresti domiciliari o addirittura latitanti. Come credere ancora nello Stato italiano? Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita?
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Parigi, la Corte dei Conti coi No-Tav: linea inutile e costosa
«I costi sono aumentati troppo, da 12 a 26 miliardi di euro, e il flusso delle merci è diminuito». E quindi: la linea Tav Torino-Lione non s’ha da fare. A parlare non è il movimento No-Tav della valle di Susa, ma la Corte dei Conti francese. Che ribadisce le osservazioni che centinaia di tecnici dell’università italiana hanno inutilmente rivolto al premier, Mario Monti, e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Lo schema è invariato: più si dimostra che la grande opera più costosa della storia italiana sarebbe anche la più inutile, oltre che devastante per il debito pubblico, e più i politici insistono nel confermare il via ai progetti esecutivi, in attesa che partano i primi cantieri nella primavera 2013 nonostante la ventennale opposizione degli abitanti dell’area attraversata, che verrebbe letteralmente disintegrata da un’opera faraonica e pericolosa per la salute, data la presenza di amianto e uranio nei monti, nonché il rischio – catastrofico – di tagliare la falda idropotabile che alimenta la stessa città di Torino.
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Anche Mosca rinuncia al Tav, e risparmia 100 miliardi
Dopo la rinuncia ufficiale del Portogallo e i recenti tentennamenti francesi, sul progetto Tav anche la Russia fa retromarcia: costi troppo elevati. Mosca ha annunciato che non finanzierà la costruzione delle linee ad alta velocità inizialmente previste per i Mondiali di calcio del 2018. Taglio netto: rinunciando al Tav, il Cremlino opta per una spettacolare “spending review” e risparmia in un colpo solo qualcosa come 103 miliardi di euro. Solo poche settimane fa, riferisce il network antagonista “Infoaut”, al governo russo era stato presentato un progetto di costruzione per gradi, che avrebbe dovuto ridurre il peso economico dell’opera, ma tanto gli investitori privati quanto lo Stato hanno ormai reso noti i propri ripensamenti. Motivo: l’efficienza economica dell’opera non è tale da giustificare una spesa così abnorme. E i Mondiali di calcio? Per il vicepremier Igor Shuvalov, basterà migliorare le linee esistenti.
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Vendola si suicida col Pd? L’alternativa per l’Italia ringrazia
Un autogol pazzesco, tanto da mettere in subbuglio la base del partito – costretta a difendersi l’indifendibile – e a soqquadro gli esistenti equilibri politici nel centrosinistra. Da Napoli, Luigi De Magistris non si capacita di tale svolta e lo invita a ritornare sui suoi passi, intanto ad Antonio Di Pietro non pare vero e in una conferenza stampa organizzata d’urgenza si candida a premier di una sinistra alternativa alle destre, a Monti, al liberismo. A cui molto probabilmente confluiranno Federazione della Sinistra, Verdi, il soggetto Alba, la Fiom, la lista dei “sindaci” e soprattutto pezzi di società civile. A questo punto c’è una sola domanda da farsi: Nichi Vendola farà autocritica o il legame a filo doppio col Pd – e l’idea di governare – è più forte di qualsiasi cosa?
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Perotti: cambiamo vita, tanto ormai il capitalismo è morto
Spread alle stelle, borse che crollano. Cosa succede? «Sta crollando questo capitalismo basato integralmente sulla finanza e non sull’industria, sull’artigianato, sulla manifattura, sui fondamentali». Simone Perotti, ex manager convertitosi in skipper e scrittore di successo – dopo il besteller “Adesso basta” l’ultimo lavoro, “Scollochiamoci”, scritto per “Chiarelettere” , Paolo Ermani – non ha più dubbi: dopo due secoli e mezzo il nostro capitalismo «sta arrivando alla sua ultima fermata», ormai «i nodi vengono al pettine e non si può che assistere all’agonia di un mostro impazzito che è sfuggito al controllo del suo creatore». Un mostro o, a scelta, un grande malato: che «nessuno dei grandi medici accorsi al suo capezzale riesce a curare». Quella a cui stiamo assistendo è un’agonia: non ne siamo responsabili, se non in minima parte, e non possiamo farci nulla. A meno di non adottare l’unica arma di autodisfesa a nostra disposizione: cambiare vita, e subito.
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Strane bombe, strani killer: ci serve un medico, e non c’è
Dico subito che non ho speciali informazioni (e quindi non ho speciali ipotesi da fornire per le pistole che hanno gambizzato Genova e la bomba che ha sfregiato Brindisi). Ma l’accostamento immediato che mi si è presentato davanti agli occhi, quando ho saputo, è stato ai quasi duecento che si sono suicidati negli scorsi mesi. E poi a Breivik. Tutto si svolge in un bicchiere d’acqua torbido, tanto torbido che non si può vedere il fondo. Tutto ha l’aria di un sintomo, anzi di una serie di sintomi, di una vita malata, di una società malata. E, quando la società è malata, appaiono foruncoli purulenti, apparentemente incomprensibili, segnali di una violenza che emerge dall’organismo, in forma disordinata e repellente.
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Salvare l’Italia per via elettorale: possibile, ora o mai più
Il boom, c’è da giurarlo, questa volta lo hanno sentito anche al Quirinale. Ma se il boom sarà sufficiente per risollevare le sorti del Paese è cosa ancora tutta da dimostrare. A oggi si può solo dire che il Movimento 5 Stelle è ormai artefice del suo destino. E in parte anche di quello degli italiani. Se, a cominciare da Parma, il Movimento riuscirà a ben governare, i cittadini avranno davanti a loro una valida alternativa al disastrato e disastroso sistema dei partiti. O almeno si ritroveranno tra le mani un pungolo per tentare di spingere finalmente all’azione quel poco che c’è da salvare nei nostri movimenti politici. Se invece il M5S non ce la farà (e la sfida è ardua) bisognerà rassegnarsi a vivere in una nazione che sempre più velocemente passa dal declino al degrado. In una repubblica senza speranza, sempre più ostaggio di cricche, oligarchie e veri e propri gruppi criminali.
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Il tramonto del Pd, la casta che perde a sua insaputa
C’è una nuovo sviluppo nella politica italiana, quella dei partiti che perdono a propria insaputa: così accade nel Pd che canta vittoria non accorgendosi di aver ormai imboccato la strada del disastro. E non è solo la vittoria dei grillini a Parma a definire un quadro fosco, ma principalmente la diserzione dalle urne che segnano le elezioni meno partecipate della storia della Repubblica. Il dato del 51, 4% di per sé striminzito non restituisce la realtà perché è la media delle affluenze nei comuni dove si è votato, ma nei centri di gran lunga più grandi rispetto agli altri, Genova e Palermo siamo al 39% e a Palermo al 41%. Questo significa che sulla platea globale degli aventi diritto al voto, parecchio meno della metà è andata alle urne. La disaffezione è drammatica. La platea degli incerti e degli schifati, una massa enorme.
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Ci risiamo: bombe, per congelare la protesta democratica
Prima lo strano agguato contro il manager genovese dell’Ansaldo, seguito da un’altrettanto strana rivendicazione “anarchica”, nonostante lo stile brigatista della “gambizzazione” di Roberto Adinolfi. E ora la furia cieca dell’esplosivo stragista, davanti all’istituto scolastico di Brindisi intitolato a Francesca Morvillo Falcone: una studentessa dilaniata dalle bombe e un’altra in condizioni gravissime. «Il dolore atroce che si rovescia sulla vita civile del nostro Paese, nel giorno dell’attentato che ha profanato la gioventù di Brindisi, è ancora una volta l’ingrediente sanguinario che puntualmente si inserisce dall’ombra nei momenti cruciali della storia nazionale», dice Giulietto Chiesa: «Le bombe che scoppiano fra la gente hanno sempre favorito lo stesso obiettivo: convalidare un restringimento della libertà in nome della sicurezza e disinnescare le possibilità di cambiamento democratico mentre si approntano nuovi equilibri».