Archivio del Tag ‘Gianfranco Fini’
-
Terzo polo al 16%: così l’Ulivo sorpassa il centro-destra
Il terzo polo cresce al centro, togliendo voti al centro-destra a tutto vantaggio del centro-sinistra: secondo l’ultima rilevazione Demos, Pdl e Lega Nord non vanno oltre il 36,7%, mentre il “nuovo Ulivo” grazie soprattutto a Vendola e Di Pietro supererebbe il 38% dei consensi, raggiungendo quota 40,2 con anche i comunisti di Ferrero. Per la prima volta dopo molto tempo, scrivono Roberto Biorcio e Fabio Bordignon su “Repubblica”, si profila un ribaltamento dei rapporti di forza tra destra e sinistra. Un italiano su due vuole nuove elezioni: le avrà, se a metà dicembre dopo il voto sulla Finanziaria il premier non sarà riuscito a rimediare all’emorragia dei finiani.
-
Si vota, ma solo per la Camera: elezioni ad personam?
Silvio Berlusconi come Matteo Renzi: i leader del centrosinistra, dice il premier, ripetendo una battuta del sindaco di Firenze, hanno un’età in cui i leader stranieri come Blair ormai scrivono le loro memorie: i nostri «professionisti della politica» possono aspirare a Palazzo Chigi «solo attraverso decisioni di palazzo, agendo come se la gente non esistesse», dice Berlusconi intervenendo alla convention “Dalla parte del Cavaliere”, in cui annuncia il suo piano: fiducia al Senato, ed eventuali elezioni solo per la Camera se il governo non dovesse reggere al voto dei deputati. Coro di fischi tra gli avversari, da Fini a Bersani: tocca al Quirinale decidere, quello del premier è «un escamotage preoccupante». Siamo arrivati alle “elezioni ad personam”?
-
Fazio, Saviano, Feltri: il paese del fango e della censura
Fini & Bersani nella super-tribuna televisiva di Fazio & Saviano? No, grazie. Puntuale come il più grigio dei censori dell’Unione Sovietica, il direttore generale della Rai, Mauro Masi, impegnato nell’eterna sfida con Michele Santoro per silenziare “Annozero”, interviene ora per tentare di bloccare i due ospiti di “Vieni via con me”, mentre l’Ordine dei Giornalisti imbavaglia Vittorio Feltri, condannandolo a tre mesi di silenzio stampa per l’incidente del caso Boffo. «Se le cose le facciamo noi è dossieraggio, se le fa “Repubblica” va tutto bene», è la replica di Feltri, che a sua volta si sente vittima di un complotto della burocrazia editoriale contro una voce libera e scomoda, la sua.
-
Cercasi premier che protegga il dominio dei poteri forti
Le parole pronunciate da Gianfranco Fini a Perugia impongono alcune riflessioni sulla crisi e sui possibili scenari del prossimo futuro. Se guardiamo alla situazione politica in modo non troppo superficiale, possiamo scorgere che la crisi di governo non ha nulla che fare con le liti tra Fini e Berlusconi. Né tantomeno con presunte pretese di legalità di Fli, che sono solo strumentali all’attacco al premier. La crisi di governo è figlia della crisi economica. Il governo non ha dato le risposte che i detentori del potere economico si attendevano. La Confindustria, le grandi banche, i cosiddetti “poteri forti” hanno deciso di disarcionare il Cavaliere.
-
Veneziani: l’Italia ai piedi di Casini, il jolly anti-crisi
«All’armi son sfascisti», ironizza Marcello Veneziani all’indomani dell’ultimatum di Fini al Cavaliere: «La fanteria del Partito democratico, le truppe terrestri di Di Pietro, i siluratori subacquei di Fini, la flottiglia aerea dei pm, più i carri armati dei poteri forti». Tutti uniti da «un solo desiderio», e cioè «sfasciare Berlusconi e il suo governo», senza «un vero progetto comune» ma, a ben vedere, con un jolly buono per tutti: Pierferdinando Casini. Lo suggerisce il Fini «inacidito» di Perugia, a cui «fa eco un Bersani travestito da magazziniere delle Coop, con le maniche rimboccate come esige il copione della fiction di partito».
-
Fini archivia Berlusconi: si rassegni, il futuro sono io
C’era una volta in America: è sulla musica di Ennio Morricone scritta per il kolossal di Sergio Leone che un emozionato Luca Barbareschi lancia dalla platea perugina del 7 novembre la leadership post-berlusconiana di Gianfranco Fini, artefice di “Futuro e libertà”, presentato come una rockstar dal viceministro Adolfo Urso. Il tempo è scaduto, avverte Fini: Berlusconi si dimetta, o ritiriamo la nostra delegazione di governo. Un clamoroso ultimatum, sottolinea il direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro: «Sarà Fini a gestire l’eutanasia di Berlusconi o il premier terremoterà ancora una volta lo scenario?». Una cosa è certa: «Berlusconi sa vincere le elezioni ma poi non riesce a governare tenendo insieme gli alleati».
-
Berlusconi è finito? Tranquilli, “dopo” non cambierà niente
Silvio Berlusconi è finito. Lo si capisce ormai da molti segnali, tutti infausti per lui. L’ultima faccenduola, di Ruby, la minorenne, ha fatto tracimare il vaso. “Famiglia Cristiana” ha lanciato uno sferzante anatema. Cioè il mondo cattolico di base (anche se non ancora le gerarchie) lo ha scaricato. La signora Marcegaglia ha chiesto il ritorno alla «dignità delle istituzioni». Il che significa che anche il sindacato dei padroni ne ha piene le scatole di questa situazione incresciosa. Gianfranco Fini si è lasciato scappare addirittura la parola “ostruzionismo”. E se un presidente di una Camera diventa sostenitore del filibustering vuol dire che il “dolo” (pardon, il “lodo”) proprio non glielo regalerà.
-
Fiat, addio Italia? Quello che Marchionne non dice
Marchionne da Fazio che spara sull’Italia e dice che la Fiat, campata per decenni di contributi statali, oggi farebbe meglio a chiudere gli stabilimenti italiani. «La Fiat? Coi nostri contributi ce la siamo già pagata due volte», commenta il ministro leghista Roberto Calderoli facendo eco all’ex ministro prodiano Paolo Ferrero, poco tenero col supermanager italo-canadese: «La Fiat è nostra, l’abbiamo pagata noi». Ma la reazione più clamorosa è quella di Gianfranco Fini: «Marchionne? Ha parlato più da canadese che da italiano». Parole di troppo e rumorosi silenzi, quelli dell’ad Fiat, secondo Massimo Mucchetti: «Parole che non vorremmo leggere come il prologo di un addio».
-
Fini verso la crisi: nuovo governo? Non sarebbe un golpe
«Un nuovo governo non sarebbe un colpo di Stato». Con una sola frase, pronunciata durante l’incontro di Asolo con Massimo D’Alema, Gianfranco Fini ha lanciato l’ultima fase dello scontro con l’ex alleato e cofondatore Silvio Berlusconi. A stendere il tappeto rosso al leader di “Futuro e libertà” è stato il Quirinale, definendo «irragionevole» lo Scudo per il Colle, trasformando così il Lodo Alfano in una legge ad personam per il Cavaliere. E Fini non ha perso tempo. Si è scagliato contro qualsiasi provvedimento concepito ad esclusiva tutela del capo del governo. E se non si trova l’accordo, aggiunge il presidente della Camera, di fronte alla crisi il voto anticipato non sarà l’unica strada: un governo tecnico sarebbe perfettamente legittimo.
-
Feltri: rassegnatevi, io non prendo ordini da nessuno
«Ormai ho 67 anni, non ho più necessità economiche: posso benissimo andarmene a casa». A colloquio con Daria Bignardi, a “Le invasioni barbariche” (in prima serata su “La7” l’8 ottobre, poche ore dopo la perquisizione del “Giornale” per le presunte minacce a Emma Marcegaglia), Vittorio Feltri si è difeso a testa alta, contrattaccando. Tecnicamente “direttore editoriale” dopo la sospensione inflittagli dall’Ordine dei Giornalisti in seguito al caso Boffo, il leader del quotidiano della famiglia Berlusconi, accusato di praticare l’arte oscura del killeraggio sistematico contro gli avversari del premier, ha esibito orgoglio e fierezza della propria indipendenza intellettuale. Le sue ruvide campagne di stampa? Sono il sale del suo giornalismo: offensivo anche solo pensare che possano essere suggerite dall’azionista editoriale-politico.
-
Gomez: Fini avrà il 10%, l’Italia vuole una destra normale
Una destra normale, legalitaria, laica, aperta al dialogo e attenta ai diritti civili. E’ l’Italia che ne ha bisogno e la chiede. Penso a una destra come la si pensava tanti anni fa, quando ero al “Giornale” di Montanelli, che abbia i valori di tutta la destra europea, sia sempre rispettosa dei diritti civili e dell’individuo, sappia discutere su tutto senza ritrosie e tabù – per esempio rispetto alla questione dei gay – e possa ripartire da alcuni principi semplici: primo fra tutti la legalità, che è tradizionalmente la battaglia della destra. Questo è esattamente quello che in questi anni è mancato.
-
Berlusconi: voto a marzo, rottura con Fini sulla giustizia
Elezioni il 27 marzo 2011: Silvio Berlusconi ha già in tasca la data del voto anticipato. La fiducia ottenuta dai finiani è servita solo a scongiurare la nascita di un governo tecnico. La nomina di Paolo Romani ministro dello sviluppo è stata accolta il 4 ottobre dal gelo di Napolitano, irritato dai toni bellicosi del premier contro la magistratura alla festa del Pdl. Berlusconi avrebbe già deciso di interrompere la durata dell’esecutivo. Il momento cruciale? Fra due settimane, con una nuova forzatura proprio sulla giustizia: se i finiani non la sottoscriveranno, via libera al ritorno alle urne a marzo, nell’anniversario dello storico trionfo dell’esordio nel ’94, per poi puntare stavolta direttamente al Quirinale.