Archivio del Tag ‘Il Giornale’
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La vera storia dei due marò: colpevoli e mai incarcerati
Hanno davvero ucciso due pescatori innocenti scambiandoli per pirati, sparando da una nave che non si trovava affatto in acque internazionali ma vicina alla costa indiana. Una volta arrestati, non hanno trascorso un solo giorno in carcere ma sono stati sempre ospitati in strutture confortevoli e hotel di lusso. Il governo italiano ha ammesso il loro errore e, intanto, ha provveduto in via extragiudiziale a risarcire le famiglie delle vittime. Questa la vera storia dei due marò del San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trasformati in eroi nazionali: per “Giap”, il magazine curato dalla Wu Ming Foundation, si tratta di «una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi». Verso Natale, la “narrazione tossica” «ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della Repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?».
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Avviso alle vedove dei tecnocrati: Berlusconi non è morto
«Insensato» il fiume d’indignazione che inonda i giornali per le dimissioni di Mario Monti propiziate dal Pdl. La legislatura ormai era conclusa: settimana più, settimana meno, non cambia nulla. Vorrà dire che le elezioni, anziché il 10 marzo 2013, si svolgeranno in febbraio. Non è una tragedia, tanto più che le leggi di stabilità e di bilancio passeranno regolarmente. Quindi, si domanda Vittorio Feltri, dov’è il problema? «Se i mercati faranno le bizze, sarà solo perché è venuto meno il loro garante, l’uomo del quale si fidano, colui che ha salvato il sistema (che ha nelle banche il proprio braccio armato) a scapito del Paese, dei ceti medi e di quelli bassi, impoveriti dalle tasse più salate del mondo e dalla disoccupazione crescente.
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La solitudine di Sallusti e il grande silenzio del mainstream
Quattordici mesi di carcere, per un reato di opinione: che, in primo grado, era costato appena 5.000 euro di multa. Paga, in modo abnorme, Alessandro Sallusti. Un “antipatico” di professione: «Forcaiolo coi deboli e garantista coi potenti», lo definisce Gad Lerner, che però gli manifesta assoluta solidarietà: punizione eccessiva e inaccettabile. Idem Enrico Mentana, che parla di una vicenda assurda e definisce «insensato» finire addirittura in arresto, nel 2012, per omesso controllo di un articolo del 2007 nel quale peraltro non si annunciavano notizie false, ma si presentava un commento (sia pure pessimo e scritto da altri, sotto pseudonimo) che riprendeva una notizia – quella sì, falsa – già pubblicata il giorno prima da un altro giornale, “La Stampa”. Fu il quotidiano torinese, e non il giornale di Sallusti, a raccontare il falso: e cioè che un magistrato avrebbe “indotto all’aborto” una minorenne. Sallusti non pubblicò mai una smentita, peraltro non richiesta: anziché pretenderla (inviando alla redazione una lettera raccomandata, come da prassi) la parte lesa si limitò a diffondere la precisazione tramite agenzie di stampa.
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«Gheddafi ucciso dai francesi, glielo consegnò Assad»
Assassinare Muhammar Gheddafi, per evitare che – una volta catturato – potesse svelare dettagli imbarazzanti sul sostegno libico nell’elezione di Nicolas Sarkozy. A sparare il colpo di pistola che ha ucciso Gheddafi il 20 ottobre 2011 alle porte della sua roccaforte, Sirte, sarebbe stato un agente straniero francese, aiutato dai siriani in cambio dell’alleggerimento delle pressioni internazionali su Damasco. Il dubbio che la morte del colonnello non sia avvenuta per mano di un guerrigliero locale, ma per l’intervento diretto di un commando-killer della Nato circola da tempo, in Libia. La conferma viene ora da uno dei politici-chiave del cambio di regime in Libia, Mahmoud Jibril, già a capo del Cnt, il Consiglio Nazionale di Transizione. Riprendendo l’intervista di Jibril, rilasciata il 29 settembre 2012 al Cairo, il “Corriere della Sera” riporta nuovi particolari che confermano in parte quanto rivelato appena pochi giorni dopo la morte di Gheddafi da un altro quotidiano italiano, “Il Giornale”.
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Lo show dei media: Torino, diecimila No-Tav e “zero tituli”
“La politica si fa con i titoli”. Credo lo insegnino fin dal primo anno di scuola di giornalismo. Mi dicono che non sono pochi i direttori di testata che sovrintendono personalmente alla titolazione, e – dopo l’avvento della computer-grafica – in qualche giornale locale le figure del direttore/impaginatore/titolista coincidono spesso. Prima che nascesse la rete era difficile al comune cittadino sfuggire all’”orientamento” che veniva imposto attraverso il titolo e faceva un po’ ridere sentir parlare di “separazione dei fatti dalle opinioni” da parte di certi tribuni che usavano le prime pagine come delle mazze da baseball con cui colpire alla nuca i poveri lettori. I quali lettori – frastornati – non proseguivano neanche con la lettura del catenaccio, altro che il testo dell’articolo…
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Tav, grandi opere e debiti folli: la catastrofe Zapatero
Vi ricordate Josè Zapatero, detto “Bambi”, simbolo e idolo della nuova sinistra? Ora è l’autentica maledizione. Non solo della Spagna e di Mariano Rajoy, il successore annunciato chiamato ad arginare la voragine ricevuta in eredità. Ma di tutti noi. Il vero grande malato d’Europa, quello capace d’affossarla, non è né l’Italia, né la minuscola Grecia, ma come ricorda l’“Economist”, la Spagna. Il suo vero cancro, pernicioso e contagioso, sono 308 miliardi di mutui sull’edilizia pubblica e privata. Metà di quei 308 miliardi sono, a detta della Banca di Spagna, «problematici». Altri 30 sono «insolvibili». Ovvero carta straccia. Tutto merito di un primo ministro che per 7 anni ha trasformato la nazione in un convulso cantiere.
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Indifesi, senza più sovranità: ora ci prenderanno tutto
Non capite cosa sta accadendo? Siete smarriti dai continui sbalzi dei mercati, che un giorno crollano e due giorni dopo crescono per poi crollare e ricrescere ancora? Attenzione ai retroscena: la crisi pilotata della Grecia, Draghi alla Bce, Berlusconi sfrattato dai poteri forti della finanza euro-atlantica: «Il destino dell’Italia è segnato perchè non controlliamo più il debito pubblico», dice Marcello Foa. E ora, i detentori occulti di quel debito, «sotto l’impulso della crisi, svuoteranno l’Italia lasciandole forse risanata ma esangue. E’ il destino di chi rinuncia alla propria sovranità». Guai a restare senza una propria moneta, fa eco Felice Sardi: «Dire che un investimento socialmente valido non può essere attuato per mancanza di risorse monetarie è come dire che un ponte non può esser costruito per mancanza di chilometri».
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Latte radioattivo dopo Fukushima: bambini al sicuro?
Attenti: nessuno ne parla, ma la radioattività diffusa nell’atmosfera dall’incidente nucleare di Fukushima potrebbe essere molto più pericolosa di quanto ci viene raccontato. Il trucco? Abbassare a tavolino la soglia di sicurezza, come ha fatto il Giappone per evitare il crollo della pesca e il business mondiale del pesce. In Italia, a distanza di migliaia di chilometri, solo il Codacons ligure ha denunciato la Tepco per disastro ambientale. Siamo già tutti radioattivi senza saperlo? Stando ai dati ufficiali, il latte italiano è scarsamente contaminato: ma in teoria, secondo gli standard Euratom, potrebbero bastare 10 litri per esporre un bambino piccolo a potenziale rischio radioattivo, sommando semplicemente gli indicatori per litro forniti dall’Ispra in base all’analisi del nostro latte dopo Fukushima.
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Foa: e ora addio per sempre alla verità sull’11 Settembre
Giustizia è fatta? Così almeno dice il presidente Obama. Giustizia, o meglio: vendetta. Lo scrive a caldo Marcello Foa, editorialista del “Giornale”, il giorno della notizia a reti unificate della morte di Osama Bin Laden. Che in attesa di precisi riscontri resta oscura, gravata da «alcuni dubbi irrisolti». Morto Osama, finisce anche la minaccia terroristica? E perché ci sono voluti dieci anni per chiudere i conti dell’attacco alle Torri Gemelle? Come mai la Cia ha tardato tanto a intervenire? E soprattutto: perché uccidere il super-ricercato, ritenuto il mandante della strage del World Trade Center? Una cosa è certa: tolto di mezzo il “principe del terrore”, quello dell’11 Settembre rischia di restare un mistero. Per sempre.
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Bin Laden: niente foto, mistero anche sull’ultimo atto
«Ma cosa aspettano a mostrare le foto?», si domanda Federico Rampini su “Repubblica”, perplesso per l’incredibile black out di informazioni seguito all’annuncio trionfale dell’uccisione di Osama Bin Laden. «L’attesa delle foto sta diventando snervante», scrive Rampini: comprensibile la prudenza e il vaglio dell’intelligence, ma «più aspettano, più le “teorie” hanno tempo di attecchire e proliferare: dopotutto, a 66 anni di distanza c’è ancora chi pensa che Hitler non morì in quel bunker di Berlino». E che dire della “notizia” della sepoltura in mare della salma? «Se venisse confermato sarebbe assurdo, perché così sparirebbe la prova della sua morte», dice il decano dei giornalisti pachistani, Rahimullah Yusufzay.
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Commissariare il Secolo d’Italia: giornale troppo finiano
«Si è arrivati al redde rationem anche sullo storico quotidiano del Msi»: lo scrive, in un articolo molto bene informato, “Il Giornale”, rendendo pubblico un progetto di cui finora si era parlato solo nei corridoi: l’intenzione di “normalizzare” il Secolo d’Italia attraverso la sostituzione dei suoi vertici. L’amministratore Enzo Raisi è stato già rimpiazzato da un cda nominato dal Comitato dei Garanti di An, che si insedierà mercoledì in via della Scrofa. E ora, secondo il Giornale, «è in bilico il posto di Flavia Perina», che avrebbe «già respinto l’ipotesi di una condirezione» (ma non è vero). La notizia, “postata” dalla pagina facebook di Raisi, ha fatto il giro del web raccogliendo una pioggia di attestazioni di solidarietà per il “Secolo”.
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«Dietro ad Assange, network di 007 contro l’Occidente»
Chi manovra Wikileaks? Sicuramente, chi ha interesse a colpire gli Usa e i suoi alleati. Julian Assange e il suo team? «È impossibile che facciano tutto da soli, come paladini della trasparenza. Basta dare un’occhiata alla mole di documenti raccolti e resi pubblici. Stiamo parlando di intere banche dati. Dietro a tutto c’è qualcuno interessato a fare uscire queste informazioni in maniera chirurgica e a senso unico». Parola di Fabio Ghioni, l’hacker più famoso d’Italia. Già mente informatica del Tiger Team che proteggeva la rete della Telecom: uno che di pirateria e giochi sporchi dietro le quinte se ne intende.