Archivio del Tag ‘Joe Biden’
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Magaldi: la paura (Conte, Monti) o il coraggio, cioè Draghi
La politica italiana sta platealmente corteggiando Mario Draghi, in veste di ipotetico salvatore della patria, dopo il disastro nel quale Giuseppe Conte ha sprofondato il paese. «Ma lo stesso Draghi – come peraltro richiestogli – sta ben attento a non cedere a nessun compromesso al ribasso: sarà spendibile solo per fare grandi cose, in grado di capovolgere la situazione». Ovvero: liberare l’Italia dalla doppia schiavitù della quale è prigioniera: il ricatto della paura costruito da Conte col pretesto della pandemia e la sudditanza rispetto a un’Ue che, «con i quattro baiocchi del Recovery Fund (neppure investiti in modo strategico, ma sprecati in maniera malamente assistenziale) ci costringerà a pagare il conto, salatissimo, dell’ennesimo “debito cattivo”, come spiegato al Meeting di Rimini proprio da quel Draghi che, a marzo, sul “Financial Times”, propose un ben diverso orizzonte: e cioè, fronteggiare la crisi planetaria innescata dal virus emettendo miliardi a fondo perduto, destinati a non trasformarsi affatto in debiti da ripagare». Gioele Magaldi fotografa così i giorni convulsi che stiamo vivendo, in bilico tra catastrofe e rinascita: da una parte il nuovo Draghi, conquistato alla causa progressista dopo i lunghi trascorsi nella peggiore élite reazionaria del neoliberismo, e dall’altra un irriducibile nemico della democrazia sostanziale come Mario Monti, sfacciatamente messo a capo delle politiche dell’Oms per l’Europa.«La nomina di Monti è un’autentica vergogna, che denunceremo in ogni sede – tuona Magaldi, massone progressista – fino a quando il “fratello” Mario non avrà rassegnato le dimissioni: è uno scandalo che si affidi l’indirizzo europeo della sanità proprio al personaggio che operò i tagli che, la scorsa primavera, hanno reso il sistema sanitario italiano più debole e vulnerabile di fronte all’esplosione pandemica». In web-streaming su “MrTv”, la web-tv aperta dal Movimento Roosevelt, Magaldi cita i versi di Fabrizio De Andrè: i “buoni consigli” di Monti sono quelli di chi, per raggiunti limiti di età, «non può più dare il cattivo esempio». Vale anche per Sergio Mattarella, sostiene Magaldi, rinfacciando al capo dello Stato la scelta di negare a Paolo Savona, nel 2018, l’accesso a una leva strategica come il ministero dell’economia, «che da Savona sarebbe stato gestito assai meglio, che non da Giovanni Tria». Fu proprio quella mossa, richiesta dalle potenti oligarchie massoniche reazionarie – dice Magaldi – a sabotare in partenza le ambizioni del governo gialloverde, certamente fragile ma capace di spaventare gli eurocrati come il tedesco Günther Oettinger, portavoce della massoneria “neoaristocratica” (la stessa di Monti), che si premurò subito di avvertire gli italiani che sarebbero stati “i mercati” a insegnare loro come votare.Da allora sembra passato un millennio: i 5 Stelle, che due anni fa erano alle prese con le loro rivoluzionarie promesse elettorali, ora fanno da ruota di scorta a un Pd ridotto in brandelli, che non vede l’ora di liberarsi di Conte ma intanto è impantanato dalla segreteria di Zingaretti, che – dopo aver sprecato 14 milioni di euro in mascherine mai arrivate alla Regione Lazio – ora vorrebbe imporre ai laziali over-65 (e ai sanitari) la vaccinazione antinfluenzale. «Il Movimento Roosevelt – precisa Magaldi, che ne è il presidente – è tra quanti hanno chiesto al Tar di sospendere l’esecutività dell’ordinanza di Zingaretti: l’istanza di sospensione non è stata accolta, ma la battaglia non è finita: a breve, il Tar dovrà pronunciarsi nel merito, valutando cioè l’inopportunità della somministrazione obbligatoria di un vaccino che secondo gli stessi medici non avrebbe efficacia nel quadro del contenimento del Covid». Per molti anziani, addirittura, la vaccinazione antinfluenzale potrebbe essere pericolosa per la loro salute: «Se davvero la si volesse imporre, limitando in caso contrario la loro libertà di movimento – avverte Magaldi – si aprirebbe un contenzioso di altro genere, rispetto al quale Zingaretti è bene che si prepari fin d’ora».Di vaccini inopportuni ha parlato – a Berlino – nientemeno che l’avvocato Robert Kennedy junior, nella giornata di protesta contro il “distanziamento universale” che ha radunato milioni di manifestanti (non solo nella capitale tedesca, ma anche in città come Londra, Zurigo e Madrid). «Robert Francis Kennedy milita nel nostro circuito sovranazionale, quello della massoneria progressista», precisa Magaldi, autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che svela il ruolo occulto delle superlogge nella sovragestione politica. Al netto di quella che Magaldi definisce «l’ossessione di Kennedy per i vaccini», e senza però sottovalutare «il ricorso troppo disinvolto a determinati vaccini, da parte di una sanità che tende a somministrarli depenalizzando i produttori e proponendo quindi l’immunizzazione piuttosto che la cura delle malattie», Magaldi sottolinea il valore simbolico dell’intervento di Kennedy a Berlino, che ha citato espressamente lo storico discorso di suo zio, John Kennedy, nel ‘61: se il Muro di Berlino era il simbolo del totalitarismo del dopoguerra (quello dell’Urss), oggi – per il nipote – la protesta dei berlinesi è una grande risposta alla nuova tentazione totalitaria, quello di chi sta cavalcando il Covid in modo forsennato, sfruttando la paura.Per Magaldi, il figlio di Bob Kennedy potrebbe – domani – diventare un player importante, negli Usa, se si volesse ricostruire una prospettiva rooseveltiana e keynesiana, concentrata sul pieno recupero della democrazia e dei diritti sociali che il neoliberismo ha eroso, scolorito e cancellato. Del resto, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, sono eminenti economisti ad ammettere, oggi, che la globalizzazione neoliberale – fatta di solo mercato – è praticamente fallita. L’aveva annunciato già negli anni ‘90 il grande antropologo svizzero Jean Ziegler nel saggio “La privatizzazione del mondo”, spiegando che lo smantellamento del welfare avrebbe impoverito le popolazioni e messo fuori uso i servizi, a cominciare da quello sanitario, in Italia letteralmente devastato da Mario Monti. Insieme a Elsa Fornero (tuttora interpellata in televisione, come se fosse un esempio di governatrice illuminata), lo stesso Monti ha terremotato anche il sistema pensionistico, rendendo più debole la società e aumentando l’insicurezza: problemi che oggi stanno letteralmente per esplodere di fronte alla crisi-Covid, rispetto a cui Giuseppe Conte non ha soluzioni: «Molte famiglie stanno esaurendo i soldi, e gli imprenditori – che temono di chiudere i battenti, o di dover vendere la loro casa per salvare l’azienda – sanno che gli spiccioli del Recovery Fund arriverebbero solo a rate e a piccolissime dosi: troppo poco, e troppo tardi».Al di là degli imbarazzanti proclami di Conte – sonoramente contestato a Catania, nei giorni scorsi, al grido di “buffone” – è infatti proprio la catastrofe incombente (90.000 imprese a rischio, non meno di 5 milioni di posti di lavoro secondo l’Istat) a spingere i nani della politica italiana verso il possibile salvatore Mario Draghi. Persino “Dagospia” ha segnalato «un codazzo di auto blu, sotto la casa romana dell’ex presidente della Bce». Il crollo del sistema-Italia è paventato dalla stessa banca centrale: una famiglia su tre – avverte Bankitalia – a ottobre potrebbe non sapere più come arrivare a fine mese. Se il governo giallorosso sembra quindi avere le ore contate, non è certo da questo Parlamento che potrebbe venire una soluzione: si pensa a un esecutivo di salvezza nazionale, come quello varato da Monti nel 2011 ma di segno diametralmente opposto. Ormai la recita è finita: di che pasta sia fatta, questa Unione Europea, lo hanno capito tutti. Serve una rivoluzione copernicana, come quella evocata da Draghi sul “Financial Times”: ossigeno illimitato, sotto forma di miliardi, fino a quando l’economia non si sarà ripresa. Succederà? Dipende: la partita è complessa, ammette Magaldi, che indica un altro ostacolo ingombrante, ovvero la Cina. Meglio ancora: il “partito cinese” che opera tra le quinte del governo Conte.«Nei giorni scorsi – dice Magaldi – ho letto su “La Verità” che stanno emergendo gravi responsabilità di Conte, nel ritardo con cui è stata gestita la fase iniziale dell’emergenza, senza contare l’invio – proprio in Cina – di materiali sanitari che, di lì a poco, sarebbero stati preziosi in Italia, dove invece scarseggiavano». Non solo: è di qualche giorno fa la forte irritazione degli Usa nei confronti di “Giuseppi”, che l’8 agosto – con un decreto mantenuto riservato – ha concesso a Telecom un primo via libera per utilizzare la tecnologia Huawei per il 5G, contravvenendo così alle esplicite richieste della Casa Bianca. Per Magaldi, in Italia il clan filo-cinese «include il massone reazionario Romano Prodi, che ambisce al Quirinale». L’ombra della Cina – che omai di fatto controlla l’Oms – si allunga anche sulla scandalosa nomina di Mario Monti, altro esemplare della massoneria oligarchica che ha messo in croce l’Italia utilizzando l’austerirty Ue per i propri inconfessabili scopi di natura privatistica. E’ lo stesso clan, insiste Magaldi, che – a partire dalla fine degli anni ‘70, con Kissinger – ha contribuito a creare la Cina di oggi, un “mostro” bifronte (benessere economico, ma niente democrazia), come modello per un futuro Occidente senza più diritti: come quello che gli strateghi del Covid stanno cercando di imporre, a colpi di restrizioni, ben sapendo che in questo modo si lasciano collassare intere economie, come quella italiana.Magaldi celebra «la grandezza di Mario Draghi», dimostrata dalla capacità di cambiare radicalmente i propri convincimenti, «arrivando così anche a farsi perdonare le tante colpe del passato», cioè gli anni in cui Super-Mario dirigeva dal Tesoro la svendita del Belpaese, e poi – dalla Bce – non muoveva un dito per salvare l’Italia dalla tempesta dello spread. Il ribaltamento dei ruoli è un clamoroso indicatore di quanto sta succedendo, in Italia e nel mondo: da un parte i big come Draghi, convertiti al socialismo liberale e all’economia keynesiana (citata e praticata dallo stesso Donald Trump), e dall’altra gli irriducibili oligarchi che manovrano Conte, in uno scenario in cui galleggiano il silenzioso Mattarella, il mai pentito Prodi e l’impresentabile Monti, legatissimo alla “sorella” Merkel e ora premiato – in spregio all’Italia – dagli oscuri burocrati dell’Oms finanziata da Pechino e da Bill Gates, l’uomo che sogna il microchip obbligatorio per l’umanità. Di fronte al collasso politico planetario imposto dalla gestione della Grande Paura, l’agenda elettorale italiana è risibile: le regionali del 20-21 settembre ripropongo la farsa del finto scontro tra centrodestra e centrosinistra, mentre alla vigilia del referendum che propone di tagliare anche l’ultimo pezzo di democrazia (il Parlamento) si indebolisce di giorno in giorno l’entusiasmo dei “tagliatori”. Se l’orizzonte che conta è quello delle presidenziali Usa del 5 novembre, con il finto progressista Biden opposto a un Trump sostenuto dai massoni progressisti, il paesaggio italiano – in attesa che l’increscioso Conte esca di scena – è dominato da due totem altrettanto contrapposti: da una parte il lugubre Monti, dall’altra l’irriconoscibile Mario Draghi.La politica italiana sta platealmente corteggiando Mario Draghi, in veste di ipotetico salvatore della patria, dopo il disastro nel quale Giuseppe Conte ha sprofondato il paese. «Ma lo stesso Draghi – come peraltro richiestogli – sta ben attento a non cedere a nessun compromesso al ribasso: sarà spendibile solo per fare grandi cose, in grado di capovolgere la situazione». Ovvero, liberare l’Italia dalla doppia schiavitù della quale è prigioniera: il ricatto della paura costruito da Conte col pretesto della pandemia e la sudditanza rispetto a un’Ue che, «con i quattro baiocchi del Recovery Fund (neppure investiti in modo strategico, ma sprecati in maniera malamente assistenziale) ci costringerà a pagare il conto, salatissimo, dell’ennesimo “debito cattivo”». Lo ha spiegato al Meeting di Rimini proprio quel Draghi che, a marzo, sul “Financial Times”, «propose un ben diverso orizzonte: e cioè, fronteggiare la crisi planetaria innescata dal virus emettendo miliardi a fondo perduto, destinati a non trasformarsi affatto in debiti da ripagare. Gioele Magaldi fotografa così i giorni convulsi che stiamo vivendo, in bilico tra catastrofe e rinascita: da una parte il nuovo Draghi, conquistato alla causa progressista dopo i lunghi trascorsi nella peggiore élite reazionaria del neoliberismo, e dall’altra un irriducibile nemico della democrazia sostanziale come Mario Monti, sfacciatamente messo a capo delle politiche dell’Oms per l’Europa.
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Oscurato Rand Paul, che smaschera il guerrafondaio Biden
Il potere della propaganda è ormai fenomeno globale, sia nelle dimensioni che nella pervasività. Quello che abbiamo notato a casa nostra in questi terribili mesi di verità imbavagliata e proibita, di menzogna strillata e travestita di autorevolezza, non accade ovviamente solo in Italia. A casa nostra abbiamo assistito alla roboante, autoreferenziale propaganda da parte di autonominatisi alfieri della scienza – ormai trasformata in un dogma dalle caratteristiche messianiche – mentre tutte le voci discordanti (peraltro anch’esse sostenute da autorevoli uomini di scienza) sono state, quando non è stato possibile ignorarle per via della fama del ‘dissidente’ di turno, sdegnosamente bollate di negazionismo e antiscientificità. Poi, naturalmente, come nel caso del recente sdoganamento da parte di Trump e del Fda della cura del plasma iperimmune per il Covid-19, abbiamo visto lo squallido, miserevole voltafaccia di chi fino a ieri lo voleva proibire, mentre oggi si gonfia di orgoglio per la ‘italianità’ della terapia. Uno spettacolo talmente disgustoso che chi sta scrivendo fatica a non correre al bagno a dare di stomaco.Per noi e per tutti coloro che hanno cercato in questi mesi apocalittici di rettificare le evidenti menzogne ripetute a macchinetta da una stampa ormai ridotta a megafono del sistema è stato come urlare a perdifiato da un chilometro di distanza mentre i ‘custodi della verità’ utilizzavano un impianto di altoparlanti di 10.000 watt. E questo è ormai il loro paradigma, ripetuto globalmente. Se le verità scomode non sono funzionali all’agenda del potere le si ignora, se non le si può combattere apertamente. Ultimo episodio di una gravità eccezionale – anche se poco apprezzabile dal lettore italiano che non conosca le dinamiche della politica americana – è stato il ‘silenziamento’ del discorso del senatore Rand Paul (Rep-Kentucky) alla Convention nazionale repubblicana da parte del mainstream media, con la “Cnn” che l’ha tagliato del tutto e la “Fox” che ha sostituito la parte contro la guerra con un’intervista.Il senatore Rand Paul, invero uno dei pochi politici americani di spessore e intelligenza, non è sempre andato d’amore e d’accordo con il presidente Donald Trump, il cui carattere e le cui improvvide esternazioni non lo rendono invero particolarmente gradevole a molti – anzi, lo ha combattuto duramente quando entrambi erano in lizza per le primarie repubblicane nella corsa alla presidenza del 2016. Paul dunque, nel suo intervento, pur ammettendo di non essere sempre d’accordo con il presidente – e questo non può che andare a suo merito, come espressione di libertà di pensiero e di parola – ha affermato che il desiderio di Trump di porre fine alle “guerre infinite” compensa alla grande le differenze tra loro due: «Sto sostenendo il presidente Trump perché egli crede, come me, che un’America forte non può combattere guerre infinite; non dobbiamo lasciare il nostro sangue e le nostre risorse nel pantano del Medio Oriente», definendo Trump «il primo presidente, in una generazione, a cercare di porre fine alla guerra, piuttosto che iniziarne una».Paul ha continuato ad attaccare quello che ha definito «il disastroso record di Joe Biden», ricordando come il senatore Biden abbia a suo tempo votato per appoggiare la scelta del presidente George W. Bush di usare la forza in Iraq: «Temo che Biden sceglierebbe di nuovo la guerra. Ha sostenuto la guerra in Serbia, Siria, Libia. Joe Biden continuerà a versare il nostro sangue e sciupare le nostre risorse». Ma questo messaggio contro la guerra, come si è detto, non è stato reso disponibile ai telespettatori della “Cnn”, mentre “Fox News”, che ha snobbato la maggior parte della prima notte della Convention, ha sostituito parti del discorso di Paul con il presentatore Tucker Carlson che ha intervistato Donald Trump in diretta. La “Msnbc” ha intervallato il discorso di Paul con le considerazioni della conduttrice Rachel Maddow, che ha tentato di contraddire l’affermazione di Paul che Trump stava «riportando a casa i nostri eroi».Maddow ha affermato che il numero totale di personale dispiegato all’estero è cresciuto sotto la presidenza Trump, mentre Paul si riferiva principalmente agli schieramenti di truppe nei punti caldi nel Medio Oriente in conflitto. Come si vede, dunque, anche in questo caso, il paradigma è perfetto; nessuna voce dissenziente rispetto a quella del Ministero della Verità di orwelliana memoria è ormai consentita e, se colui che la espone è troppo in alto per venir eliminato o aggredito, la sua voce viene semplicemente silenziata. Penso sia dunque evidente a tutti come questa scelta di propaganda e di censura globali non possa che essere considerata appartenente ad una emergenza bellica, in cui ogni garanzia democratica e costituzionale – a livello globale – di espressione del proprio pensiero e parola sia stata sospesa.(Piero Cammerinesi, “Come ti silenzio il senatore”, da “Libero Pensare” del 26 agosto 2020).Il potere della propaganda è ormai fenomeno globale, sia nelle dimensioni che nella pervasività. Quello che abbiamo notato a casa nostra in questi terribili mesi di verità imbavagliata e proibita, di menzogna strillata e travestita di autorevolezza, non accade ovviamente solo in Italia. A casa nostra abbiamo assistito alla roboante, autoreferenziale propaganda da parte di autonominatisi alfieri della scienza – ormai trasformata in un dogma dalle caratteristiche messianiche – mentre tutte le voci discordanti (peraltro anch’esse sostenute da autorevoli uomini di scienza) sono state, quando non è stato possibile ignorarle per via della fama del ‘dissidente’ di turno, sdegnosamente bollate di negazionismo e antiscientificità. Poi, naturalmente, come nel caso del recente sdoganamento da parte di Trump e del Fda della cura del plasma iperimmune per il Covid-19, abbiamo visto lo squallido, miserevole voltafaccia di chi fino a ieri lo voleva proibire, mentre oggi si gonfia di orgoglio per la ‘italianità’ della terapia. Uno spettacolo talmente disgustoso che chi sta scrivendo fatica a non correre al bagno a dare di stomaco.
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Aiuti: Trump sbaraglia i dem (e Obama sarà incriminato?)
Donald Trump ha praticamente vinto le elezioni presidenziali lo scorso fine settimana, con i suoi quattro “ordini esecutivi”. Senza nemmeno arrivare alla Convention del Dnc, a Milwaukee, posso dire senza incertezze che questa stagione elettorale sia già finita. I sondaggi dicono che Joe Biden (che soffre probabilmente di demenza senile) stia guidando la corsa sul presidente Trump, ma francamente non me la bevo. E nemmeno i Democratici se la bevono: altrimenti non sarebbero così disperati, fino al punto di considerare il “voto per corrispondenza” la loro “collina politica”, sulla quale resistere fino alla morte. E in effetti, è su quella collina che moriranno. Dal canto suo, la presidentessa della Camera, Nancy Pelosi, ha proposto una nuova serie di leggi per lo stimolo dell’economia. Ma l’enorme divario fra le proposte del Gop e quelle del Dnc evidenzia solo una parte di quella che è la vera divergenza politica fra i due partiti. I Democratici, in realtà, vogliono il “voto per corrispondenza” per poter imbrogliare, fatto che permetterebbe loro di “vincere le elezioni”.La Pelosi pensava di aver messo Trump con le spalle al muro, perché il presidente avrebbe dovuto cedere alla sua richiesta per poter spendere i 1.700 miliardi di dollari raccolti attraverso le “Aste del Tesoro” – prova della “Grande Menzogna” che il dollaro stia per morire. Ma tutto quello che il presidente doveva fare, in realtà, era di rendere irrilevante l’imposta sui salari per la maggior parte dei contribuenti. Esaminate gli ordini esecutivi che ha appena firmato: ognuno di essi attacca una delle posizioni che i Democratici si son ritagliati nei loro discorsi pubblici. 1) Rinviata la riscossione dell’imposta sui salari. Al riguardo, Trump sta facendo almeno due cose. In primo luogo sta abbassando le tasse sui poveri e sulla classe media. In secondo luogo sta abbassando il costo del lavoro negli Stati Uniti, tagliando al contempo la burocrazia e rendendo più facile la sopravvivenza delle imprese in crisi di liquidità, che non devono più preoccuparsi di pagare le tasse mensilmente o trimestralmente. Questo rinvio attacca uno dei noccioli del discorso dei Democratici: “Ai Repubblicani non importa dei piccoli, a noi si!”.2) Rinviate le scadenze dei “prestiti agli studenti”. E’ un passo necessario per congelare la situazione e che, al contempo, molto si avvicina al “giubileo del debito”. Trump, in questo modo, attacca le banche che fanno prestiti predatori agli studenti e mina, al contempo, il discorso di “Occupy Wall Street” secondo cui tutto il denaro va sempre alle banche. 3) Estesa la moratoria sugli affitti e sui prestiti ipotecari. Ancora una volta Trump colpisce le banche, fermando lo sfratto delle persone il cui reddito è stato distrutto come conseguenza dei blocchi pandemici ordinati dal governo federale e dai governi statali. E’ un attacco contro il piano del Dnc volto a che le banche buttino fuori dalle loro case milioni di persone, proprio al culmine della campagna elettorale. In questo modo Trump ribatte con forza all’argomento secondo cui il Gop è solo per i ricchi capitalisti-avvoltoi. 4) Estesa l’assistenza alla disoccupazione. Trump non è uno stupido. A questo punto la questione del deficit di bilancio è semplicemente ridicola. Estendendo l’assistenza sociale nel pieno della stagione elettorale lancia il messaggio che, ancora una volta, sta aiutando la popolazione… mentre il Dnc fa solo ostruzionismo.Non è un piano perfetto, ma rinvia i problemi a dopo le elezioni (quando il presidente potrà fare cambiamenti più radicali), mantenendo le persone nelle loro case, nutrite e con una qualche parvenza di normalità. Trump rivendica in questo modo la sua superiorità morale. L’unica cosa che i Democratici possono fare, in risposta, è criticare il mancato finanziamento della previdenza sociale. Ma è un argomento rilevante solo per i Boomers, i quali stanno comunque ottenendo dei vantaggi. I loro assegni stanno arrivando e continueranno ad arrivare. L’alto tasso di disoccupazione rende sempre più insicuro il futuro della previdenza sociale, alla quale i disoccupati non possono contribuire. Se si vuole rimettere in piedi l’economia, bisogna far circolare il denaro.Mai avrei pensato di poter vedere un presidente americano che chiama il bluff degli “ingegneri sociali” sul risparmio pensionistico forzato, che deve finire nella sua forma attuale. Oggi, i governi locali dicono ai cittadini di vivere nella paura del virus, e al contempo che non possono proteggere la loro casa dai rivoltosi e dai saccheggiatori. La polizia è sopraffatta o, peggio ancora, c’è chi dice che dovrebbe essere sciolta. Sono le stesse persone che, se andassero al potere, agli americani toglierebbero le armi che hanno appena comprato per proteggersi. Ma, la prossima settimana, diranno qualcosa di diverso: perché Trump, nel frattempo, li ha privati dei loro “punti di conversazione”. Con questi quattro “ordini esecutivi” Trump sta cambiando l’intera narrazione su cui si basa il governo federale. Da qui alle elezioni, la prossima storia che andrà a cadere sarà quella secondo cui il Dnc sta conducendo una “campagna elettorale” per qualsiasi altro motivo che non sia quello di evitare la prigione per tradimento (Obamagate). Ma di questa storia si parlerà solo dopo che Trump avrà fatto in modo che le cose non peggiorino, per coloro che sono già stati oggetto dei loro abusi.(”Lo scontro finale, Trump distrugge i democratici”, estratto di un’analisi di Tom Luongo per “Gold Goats ‘N Guns”, ripresa da Franco Leaf e pubblicata da “Mitt Dolcino” il 14 agosto 2020).Donald Trump ha praticamente vinto le elezioni presidenziali lo scorso fine settimana, con i suoi quattro “ordini esecutivi”. Senza nemmeno arrivare alla Convention del Dnc, a Milwaukee, posso dire senza incertezze che questa stagione elettorale sia già finita. I sondaggi dicono che Joe Biden (che soffre probabilmente di demenza senile) stia guidando la corsa sul presidente Trump, ma francamente non me la bevo. E nemmeno i Democratici se la bevono: altrimenti non sarebbero così disperati, fino al punto di considerare il “voto per corrispondenza” la loro “collina politica”, sulla quale resistere fino alla morte. E in effetti, è su quella collina che moriranno. Dal canto suo, la presidentessa della Camera, Nancy Pelosi, ha proposto una nuova serie di leggi per lo stimolo dell’economia. Ma l’enorme divario fra le proposte del Gop e quelle del Dnc evidenzia solo una parte di quella che è la vera divergenza politica fra i due partiti. I Democratici, in realtà, vogliono il “voto per corrispondenza” per poter imbrogliare, fatto che permetterebbe loro di “vincere le elezioni”.
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Magaldi: gli apprendisti stregoni del Covid hanno già perso
«Gli apprendisti stregoni che hanno provato a usare il Covid come cavallo di Troia per cinesizzare l’Occidente possono rassegnarsi: hanno già perso, anche nel caso in cui il loro nemico numero uno, Donald Trump, non dovesse essere rieletto». Se lo dice Gioele Magaldi, sostenitore di Trump nel 2016 – quando si trattava di fermare Hillary Clinton – c’è da drizzare le antenne: significa che l’establishment Usa, anche quello anti-trumpiano, ha varcato il Rubicone. Ovvero: indietro non si torna. Fine dell’accondiscendenza illimitata verso lo strapotere di Pechino, “drogato” dal decisivo aiuto (occidentale, americano) fornito a suo tempo dai massoni reazionari della “Three Eyes”, in primis il fuoriclasse Kissinger, decisi a fare della Cina post-maoista una specie di Frankenstein, un mix di turbo-capitalismo di Stato in mano a un regime dittatoriale. Modello perfetto, per gli amanti dell’horror: il paradiso degli oligarchi, ideale per rimpiazzare la democrazia occidentale. Fino a ieri, c’erano riusciti truccando le regole: la Cina fu ammessa nel Wto senza obblighi democratici, senza sindacati, senza leggi a tutela dell’ambiente e con clamorosi aiuti in termini di know-how industriale. Il piano: farne la manifattura del mondo, mettendo in crisi i lavoratori occidentali e i loro diritti. Dumping spietato: concorrenza sleale, grazie a prodotti a bassissimo costo. Poi è arrivato Trump, con il suo “America First”. Cocente, l’umiliazione inflitta Xi Jinping con l’imposizione dei dazi. Un minuto dopo, è esploso il coronavirus a Wuhan. La notizia? Ormai l’hanno capito tutti, a cosa doveva servire il Covid.Chi crede ancora alla Befana e ai giochini per la prima infanzia – Trump il puzzone, cattivo e razzista, combattuto da legioni di eroici paladini della giustizia – può a fare a meno di seguire le esternazioni di Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale. Nel saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere sulla scorta di 6.000 pagine di documenti riservati, ha chiarito qual è il campo di gioco: a tirare le fila sono una quarantina di superlogge mondiali, da cui discendono – a valle – le tante entità paramassoniche (dal Bilderberg alla Trilaterale, dalla Chatham House al Council on Foreign Relations) erroneamente considerate onnipotenti. Ancora più sotto stanno governi, partiti, singoli leader. I loro margini operativi sono minimi: destra o sinistra, le decisioni che contano vengono prese a monte. Tra i grandi centri del potere visibile, aperto e contendibile con le elezioni, il più importante resta la Casa Bianca. «Trump è un “cavallo pazzo”, e siede a Washington grazie alla massoneria progressista che lo appoggiò perché, a differenza di Hillary, poteva sparigliare le carte, mettere fine all’ipocrisia finto-progressista dei democratici e tutelare i lavoratori americani massacrati da questa globalizzazione taroccata». Missione compiuta: ha tagliato le tasse, aumentato il deficit e realizzato la piena occupazione. Restava la mossa finale, fermare Pechino. Detto fatto: ed ecco il freno all’export cinese. Una dichiarazione di guerra, a cui gli oligarchi – dietro il paravento dell’Oms – hanno riposto con il virus e la sua gestione “terroristica”.«La prima vittima dell’operazione-Covid – dice Magaldi, in web-streaming su YouTube – doveva essere proprio Trump, “colpevole” di aver fermato l’avanzata neo-imperiale della Cina. Nel mirino però c’era l’intero Occidente, dove si sperava di ridurre stabilmente la libertà con la scusa della sicurezza sanitaria». Magaldi però annuncia che ora il peggio è passato: «L’establishment Usa, non solo quello trumpiano, ha ormai compreso che non è possibile rassegnarsi all’egemonia politico-economica della Cina di Xi Jinping, dove non c’è ombra di democrazia». Un obiettivo storico: creare un “mostro” di efficienza economica che fungesse da modello per un Occidente non più democratico. «Di fronte allo “stop” imposto finalmente da Trump – accusa Magaldi – un minuto dopo è scattata la pandemia a Wuhan, sotto gli occhi dell’Oms: e ormai, nel potere americano, tutti si sono accorti di questa clamorosa sincronicità». Magaldi è ottimista: «Indietro non si tornerà, neppure nel caso dovesse finire alla Casa Bianca l’evanescente Joe Biden: non rivivremo più la situazione pre-Covid, in cui alla Cina si consentiva di invadere impunemente i nostri mercati grazie al poderoso sostegno delle banche statali di Pechino».Nella sua analisi, Magaldi ribadisce che Trump era (e resta) il primo obiettivo del “partito del Covid”: «Si erano illusi – dice – che bastasse abbattere l’attuale presidente, per ripristinare lo strapotere del network, anche occidentale e statunitense, che conta sulla Cina come modello alternativo al nostro, verso una società meno libera e dominata da una durissima disciplina sociale». Insiste il leader “rooseveltiano”: «Questi nemici di Trump, che sono massoni “neoaristocratici”, hanno già perso in partenza, anche qualora Trump dovesse mancare l’obiettivo della rielezione alla Casa Bianca». Certo, ci sarà comunque da ballare parecchio: «Prepariamoci a vivere un’estate ricca di colpi di scena, a livello mondiale ma anche europeo e italiano». A proprosito di Belpaese: a Giuseppe Conte, nelle prossime ore il Movimento Roosevelt presenterà il suo “ultimatum”, lungamente annunciato: in pratica, si tratta di una serie di misure salva-Italia, applicabili subito. Il pacchetto di proposte sarà presentato «non appena sarà terminata questa grottesca messinscena dell’ultimo vertice Ue, che servirà solo a propiziare “botte da orbi” per il governo italiano». Magaldi boccia Conte senza riserve: «E’ un personaggio stucchevole, un narcisista che vive di superficialità assoluta e tradisce la sua imbarazzante insipienza. Oggi poi in Europa fa una voce grossa che non ha, ed è seduto su un ramo che gli stanno già segando».In sintesi: «L’umiliazione non è di Conte ma dell’Italia, che ha un premier a cui non affiderei nemmeno un condominio». Scontato che torni a Roma con in mano un pugno di mosche, mentre nelle retrovie del grande potere – quello che conta – si segnala «l’altissimo profilo che sta tenendo Mario Draghi, candidato naturale alla successione a Mattarella». Non a caso, Papa Bergoglio ha appena inserito Draghi nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, prestigiosa consulta vaticana «retta da un prodiano», il bolognese Stefano Zamagni. Per Magaldi, il messaggio di Bergoglio è esplicito: «Promuovendo Draghi, il pontefice chiede a Romano Prodi – che brama il Quirinale, e per questo è pronto a “riabilitare” persino Berlusconi, sperando di procacciarsene i voti – di dimostrarsi all’altezza dell’ex presidente della Bce, che nell’ultimo anno è stato capace di ammettere i suoi gravi errori, mettendosi a disposizione di un progetto di rinascita nazionale, socio-economica e democratica». Lo storico liquidatore dell’Iri resta ben lontano dalle vette toccate da Draghi: «Romano Prodi è un massone conservatore e oligarchico, quindi un contro-iniziato di lusso», afferma il presidente “rooseveltiano”, Gran Maestro del Grande Oriente Democratico.«Come Draghi, l’ex leader dell’Ulivo ha partecipato alla disastrosa privatizzazione dell’Italia e all’instaurazione dell’ordoliberismo eurocratico fondato sull’austerity, ma a differenza di Draghi – che se n’è emendato, giungendo a cambiare a casacca impegnandosi con la massoneria progressista – Prodi non ha mostrato la capacità di ammettere i suoi errori: anzi, nel suo ambire al Quirinale (per la terza volta) dimostra solo di essere dominato dal desiderio, che in termini esoterici è la base della cattiva stregoneria». Per Magaldi, «Prodi resta un nemico di abbattere, a meno che non si arrenda e compia una conversione come quella di cui è stata capace Christine Lagarde, altra esponente della massoneria reazionaria passata al fronte progressista». Quanto a Conte, pesce piccolissimo nell’acquario del potere visto che «si limita a eseguire ordini», nelle prossime ore riceverà “l’ultimatum” del Movimento Roosevelt. «Conterrà indicazioni precise su come agire, in modo immediato, per evitare in autunno il disastro socio-economico della nazione. Qualora non ci ascoltasse – avverte Magaldi – Conte se la vedrà con la Milizia Rooseveltiana, nelle piazze: se gli “apprendisti stregoni” del Covid e la loro “polizia sanitaria” speravano di trasformare gli italiani in pecore ubbidienti, si accorgeranno di dover fare i conti con lupi gagliardi e determinati».Chi crede alla Befana può anche continuare a credere che Giuseppe Conte sia una specie di leader, anziché un cameriere destinato a sparire dalla scena senza lasciare traccia. Può pensarlo chi è così cieco da immaginare che sia un semplice incidente, l’enormità del lockdown mondiale: un cortocircuito epocale, senza precedenti nella storia, con ripercussioni mostruose sugli equilibri economici, sociali e geopolitici del pianeta. E sono ancora le famose fette di prosciutto davanti agli occhi a suggerire, ai non vedenti, l’idea che il premier olandese Mark Rutte, «massone reazionario», sia davvero frenato in qualche modo dalla collega e “sorella” Angela Merkel, che finge di mediare tra falchi e colombe con l’unico obiettivo di inguaiare l’Italia, cioè l’unico peso massimo europeo rimasto senza aiuti, con imprese alla canna del gas e un governo-fantasma, agli ordini delle direttive “cinesi” dell’Oms. Uno spettacolo penoso, dal finale scontato: il disastro economico. «Proprio per questo – chiosa Magaldi – c’è chi sogna una “seconda ondata” per poter imporre in autunno un nuovo lockdown». Ma ha fatto male i suoi conti, avverte il leader “rooseveltiano”: ogni mossa, in questa recita drammatica, avrà un prezzo carissimo. E in ogni caso, “lassù”, la decisione è presa: Trump o non Trump, il “partito del rigore” (ieri finanziario, oggi psico-sanitario) non riuscirà a trasformarci in neo-sudditi orwelliani.«Gli apprendisti stregoni che hanno provato a usare il Covid come cavallo di Troia per cinesizzare l’Occidente possono rassegnarsi: hanno già perso, anche nel caso in cui il loro nemico numero uno, Donald Trump, non dovesse essere rieletto». Se lo dice Gioele Magaldi, sostenitore di Trump nel 2016 – quando si trattava di fermare Hillary Clinton – c’è da drizzare le antenne: significa che l’establishment Usa, anche quello anti-trumpiano, ha varcato il Rubicone. Ovvero: indietro non si torna. Fine dell’accondiscendenza illimitata verso lo strapotere di Pechino, “drogato” dal decisivo aiuto (occidentale, americano) fornito a suo tempo dai massoni reazionari della “Three Eyes”, in primis il fuoriclasse Kissinger, decisi a fare della Cina post-maoista una specie di Frankenstein, un mix di turbo-capitalismo di Stato in mano a un regime dittatoriale. Modello perfetto, per gli amanti dell’horror: il paradiso degli oligarchi, ideale per rimpiazzare la democrazia occidentale. Fino a ieri, c’erano riusciti truccando le regole: la Cina fu ammessa nel Wto senza obblighi democratici, senza sindacati, senza leggi a tutela dell’ambiente e con clamorosi aiuti in termini di know-how industriale. Il piano: farne la manifattura del mondo, mettendo in crisi i lavoratori occidentali e i loro diritti. Dumping spietato: concorrenza sleale, grazie a prodotti a bassissimo costo. Poi è arrivato Trump, con il suo “America First”. Cocente, l’umiliazione inflitta Xi Jinping con l’imposizione dei dazi. Un minuto dopo, è esploso il coronavirus a Wuhan. La notizia? Ormai l’hanno capito tutti, a cosa doveva servire il Covid.
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Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti
Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.Ad affermarlo è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente italiano del network massonico che appoggiò Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, progressista solo a parole. «Se vuole essere rieletto alla Casa Bianca con l’aiuto dei massoni democratici, come già avvenne quattro anni fa – avverte Magaldi – il presidente uscente si impegni a cambiare volto all’Europa sostenendo l’Italia, inguaiata dal lockdown imposto da Conte e frenata dall’oligarchia Ue, dominata dai kapò franco-tedeschi che usano Olanda e Austria come “cani da guardia” del rigore». Le affermazioni di Magaldi, rilasciate il 7 luglio nell’ambito della trasmissione in web-streaming “Pane al pane”, su YouTube, risuonano in una giornata particolare, in cui “Libero” dà per imminente la caduta di Conte dopo presunti contatti riservati fra Trump e Mattarella. Altro segnale, quello lanciato dal viceministro alla sanità, Pierpaolo Sileri: «Non ci sarà una seconda ondata di coronavirus, in autunno», ha detto, a “La Verità”: «E comunque, quand’anche fosse pronto un vaccino anti-Covid, non dovrà in nessun caso essere imposto alla popolazione». Parole seccamente dissonanti rispetto a quelle appena pronunciate dal ministro Roberto Speranza, giunto a ventilare la possibilità di sottoporre a Tso gli italiani contagiati dal virus.In altre parole, Sileri ha l’aria di sfilarsi da un bastimento che sembra stia per colare a picco: lo stesso Speranza è stato denunciato, insieme al resto del governo Conte, dai 2.000 medici, avvocati e giudici dell’associazione “L’Eretico”, guidata da ricercatore Pasquale Bacco, dal virologo Giulio Tarro e dal magistrato Angelo Giorgianni. Gravissima l’accusa, inoltrata alla Procura di Roma: il governo avrebbe ostacolato le cure per il Covid, nel frattempo messe a punto, obbligando i sanitari a insistere nel trattare i pazienti con terapie sbagliate, che ne avrebbero provocato la morte, trasformando così in una strage (35.000 vittime) un’epidemia che sarebbe stata facilmente controllabile con un’oculata politica sanitaria. Tanti i medici, come Alberto Zangrillo, che rilanciano le accuse: assurdo reiterare allarmismo e restrizioni, per un virus che ormai non uccide più nessuno, e per il quale i medici italiani hanno trovato, da mesi, tutte le contromisure cliniche. Perché allora Speranza insiste – come la stessa Oms – a parlare di seconda ondata, e addirittura di Tso? «Scoveremo i contagiati stanandoli casa per casa», avvertiva minaccioso il governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro campione – come il veneto Zaia – del terrorismo psicologico provocato cavalcando il Covid.«Quella costruita attorno al coronavirus è stata una psicosi alimentata dallo stesso Conte», ricorda Magaldi: «Il governo stava per cadere già a inizio anno, e così ha scommesso sull’emergenza per prolungare la sua vita politica». Solo che adesso, a quanto pare, è arrivato al capolinea. «Probabilmente cadrà fra pochi giorni, entro luglio», scommette lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, tra i primi a leggere – tra le righe della cronaca – il destino di “Giuseppi”, la cui caduta sarebbe accelerata dagli Stati Uniti: «Si può scorgere la mano dell’intelligence di Trump dietro le due grandi bombe a orologeria che stanno squassando l’establishment italiano succube dell’Ue, che finora ha sorretto Conte: l’Obamagate e lo scandalo Palamara». Due terremoti: il primo indebolisce Renzi e Gentiloni, che avrebbero chiesto ai servizi italiani (su ordine di Obama) di fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate. Il secondo sisma, che Bizzi paragona alla Tangentopoli degli anni ‘90, è quello che sta travolgendo la magistratura: il verminaio delle correnti, della giustizia a orologeria, degli scambi di favori di cui avrebbe beneficiato soprattutto l’area Pd.«E’ impossibile – dice Bizzi – che dietro alla pubblicazione di tutte queste intercettazioni non vi sia l’opera dei servizi Usa, decisi a colpire e abbattere un sistema corrotto che ha sacrificato l’Italia per favorire interessi stranieri, e in occasione dell’emergenza Covid ha fatto anche di peggio: ha sospeso le libertà costituzionali, obbedendo alle direttive dell’Oms ispirate direttamente dal regime cinese». A Washington guarda anche Magaldi, indossando i panni del massone progressista ben inserito nel circuito sovranazionale delle superlogge. Un mondo parallelo, che lo stesso Magaldi ha svelato nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014: un bestseller italiano divenuto ormai un long-seller, nonostante il tenace silenzio dei grandi media. «In Italia – accusa l’autore – si scade invariabilmente nel ridicolo, quando si parla di massoneria: i giornali strillano periodici titoloni su ipotetiche infiltrazioni mafiose tra logge che non contano niente, mentre continuano a ignorare il carattere supermassonico dei maggiori player politici». Che Monti, Napolitano e lo stesso Draghi siano esponenti di importanti Ur-Lodges «non è certo un mistero, per i giornali: e il fatto che non ne parlino mai dimostra la loro sostanziale insincerità».Nel fingere di non conoscere il ruolo democratico della massoneria, ribadisce Magaldi, l’Italia sconta la sua storia, a partire dallo scontro col Vaticano – che arrivò a sostenere Mussolini pur di colpire i massoni democratici che avevano voluto l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio. «Da noi resiste ancora un tenace atteggiamento massonofobico e ipocrita, dovuto al culturame del retaggio clerico-fascista, cui si è aggiunta l’altrettanto liberticida tradizione comunista». Tra massoneria e politica, invece, «in paesi come la Francia e il Regno Unito intercorrono normalissimi rapporti alla luce del sole». E questo è tanto più vero negli Usa, aggiunge Magaldi: chi regge quel paese sa bene che gli Stati Uniti, con la loro Costituzione, sono una costruzione interamente massonica. Non fa eccezione il “fratello” Trump, che nel 2016 fu preferito alla “sorella” Hillary Clinton. «Se vuole, Donald Trump sa essere molto sollecito nel recepire le nostre indicazioni, pubbliche e riservate», dice oggi Magaldi: «Abbiamo infatti apprezzato il richiamo a Martin Luther King che ha espresso il 4 luglio nel suo discorso ai piedi del Monte Rushmore».«Sono stati proprio personaggi come Martin Luther King a “fare grande l’America”, insieme a Roosevelt e ai Kennedy», precisa Magaldi: «Certo, Trump non ha loro statura, e come massone non è né progressista né reazionario. E’ un Maverick, un “cavallo pazzo”: noi massoni progressisti lo ritenemmo adatto a sparigliare le carte, smontando l’ipocrisia finto-progressista dei democratici, troppo legati all’esuberanza dei grandi poteri finanziari». Missione compiuta? «Prima del disastro-Covid, l’economia americana viaggiava a gonfie vele: sono stati costretti ad ammetterlo anche gli avversari di Trump». La politica della Casa Bianca? Meno tasse, e maxi-deficit. Risultato: crollo della disoccupazione, a beneficio dei lavoratori americani. Ovvio che la regia “cinese” della crisi Covid, esplosa un minuto dopo lo stop imposto da Trump alla Cina con l’instaurazione dei dazi, rischia di complicare la sua rielezione. «Se ci tiene a essere riconfermato a Washington con il nostro appoggio – afferma Magaldi, a nome del circuito massonico progressista – è bene che Trump si impegni a farla “tornare grande” davvero, l’America: recuperi il terreno perduto, a livello geopolitico, dall’insipiente Obama, a cominciare dall’Europa e dall’Italia».«Con l’aiuto americano – sostiene Magaldi – il nostro paese può essere il punto da cui far ripartire un vero progetto europeo, pienamente democratico e social-liberale, che sappia far dimenticare l’austerity imposta dai sovranismi franco-tedeschi». Sono gruppi di potere «pilotati da élite massoniche di segno reazionario, più affini all’oligarchia cinese e alla “democratura” di Putin che non al liberalismo occidentale, difettoso fin che si vuole ma fondato pur sempre sui diritti democratici, inclusi quelle delle minoranze». I neri, per l’appunto: «Proprio il Martin Luther King citato da Trump sarebbe potuto diventare il vicepresidente degli Stati Uniti, se non fosse stato ucciso insieme al candidato alla presidenza, Bob Kennedy». Era il “ticket” su cui puntava la massoneria “rooseveltiana”, che tanti anni dopo – archiviata «la fiction del terrorismo globale recitata dai Bush» e le ambiguità finto-democratiche di Obama e Hillary – ha scommesso su “The Donald”, per mettere fine al dominio di un progressismo solo di facciata, asservito all’élite finanziaria speculativa, braccio operativo dell’oligarchia massonica reazionaria che ha promosso i diritti civili affossando i diritti sociali, fino a imporre la Cina come modello per un Occidente non più democratico.Bene ha fatto, Trump, a evocare Martin Luther King – dice Magaldi – per smarcarsi dalle accuse strumentali di chi gli rinfaccia di non aver fatto nulla per eliminare il razzismo che ancora serpeggia in vasti settori della polizia. «Un problema rispetto al quale Obama, il primo presidente “nero”, in otto anni di presidenza non ha fatto assolutamente nulla: e questo va ricordato, per onestà intellettuale». Attenzione: «La massoneria neoaristocratica è filo-cinese, e quindi avversa a Trump». Se vuole essere rieletto, avverte Magaldi, il presidente uscente dovrà prestare ascolto ai “grembiulini” progressisti, che negli Usa restano molto influenti: «Parliamo di grandi elettori, deputati, governatori, circoli e associazioni, ma anche militari: la presenza di tanti massoni progressisti tra i vertici del Pentagono è dimostrata dal rifiuto di impiegare le forze armate per reprimere le proteste, pure violente e inaccettabili, contro gli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani». L’appoggio degli Usa, sottolinea Magaldi, è di fondamentale importanza per aiutare l’Italia a non subire più i diktat dell’oligarchia finto-europeista che – attraverso l’austerity – ha creato una Disunione Europea composta da paesi che ormai si guardano in cagnesco.L’alternativa? «Una sola: far nascere, davvero, l’Unione Europea. Chi oggi chiede “più Europa” – sostiene Magaldi – parla di qualcosa che non esiste». Altrettanto vuote, per il presidente “rooseveltiano”, sono le posizioni velleitarie di chi invoca l’uscita dall’Ue, e magari dall’euro e dalla Nato, «magari senza accorgersi di essere sapientemente manipolato da quella stessa oligarchia massonica sovranazionale che negli Usa scommette su Joe Biden e in Europa sulla Merkel, strizzando l’occhio a Putin e aprendo le porte dell’Europa all’egemonia della Cina». Per gli Usa, la situazione non è confortante: come riporta Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”, l’ultimo sondaggio Demos rivela che solo il 31% di italiani dichiara simpatie per gli Stati Uniti, mentre è cresciuta la fiducia nei confronti della Cina (26%) e della Russia (28%). In più, lo stesso sondaggio dimostra che il favore degli italiani verso l’Ue è sceso al di sotto del 50%. «In occasione dell’emergenza coronavirus – ricorda Magaldi – Donald Trump accolse con prontezza i nostri consigli, affrettandosi a inviare aiuti concreti all’Italia». Oggi, la partita è doppia: da un lato le presidenzali americane di novembre, dall’altro il baratro in cui l’Italia sta sprofondando dopo il severo lockdown imposto dal governo Conte, a cui il Movimento Roosevelt sta per inviare un “ultimatum” con la richiesta di misure urgenti per tamponare il disastro economico.«A Trump – ribadisce Magaldi – come massoni progressisti chiediamo di lanciare segnali precisi già da adesso, in campagna elettorale, per un impegno concreto». Patti chiari, amicizia lunga: «Deve impegnarsi a recuperare lo storico legame privilegiato con l’Italia: è la premessa per fare del nostro paese un protagonista della rinascita democratica di un’Europa più giusta e più forte, fondata su precisi diritti sociali». Obiettivo: «Uscire da questa lunghissima crisi e mantenere le distanze da regimi come quello russo e cinese, dove sarebbe impensabile assistere a proteste contro la polizia come quelle che abbiamo appena visto negli Usa». Anche per questo, Magaldi diffida dei “fronti popolari per l’alternativa” che fioriscono da ogni parte, spesso animati dalle migliori intenzioni: «Intanto, i gruppetti “alternativi” non hanno mai ottenuto niente. E spesso il loro radicalismo, nutrito anche di antiamericanismo, è usato sapientemente proprio dall’oligarchia reazionaria che credono di combattere». Un po’ come per il complottismo: chi detiene il potere non ha nessuna paura chi le spara grosse, perché sa che otterrà invariabilmente la diffidenza della maggioranza. Magaldi ragiona da insider, e ha il pregio di parlare chiaro: si sappia che l’Italia uscirà dal tunnel solo se sarà aiutata dagli Usa, nel caso rivincesse Trump. E a sua volta, il presidente è avvisato: se vuole essere rieletto, ascolti le richieste dei massoni progressisti.Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.
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Covid: la dismisura dell’alieno, nuovo padrone del mondo
Lo spettacolo delle bare sui camion militari, l’overdose quotidiana di ansia somministrata dalla televisione, gli ospedali ridotti a pietose trincee alle prese con una disfatta catastrofica. L’Italia in preda al panico sembra una drammatica finestra sul mondo, a sua volta travolto dall’apocalisse. Si assiste a un crescente delirio di paura e caos, voci contraddittorie, misure d’emergenza, accuse incrociate e sospetti. Storie di ordinaria follia, ormai, dilatate dalle dimensioni di un’enormità dilagante, intercontinentale, in apparenza inarrestabile, di fronte a cui qualsiasi ragionevole constatazione – i tagli alla sanità, riflesso criminale dell’infame scure neoliberista – rischia di perdere il suo impatto decisivo, addirittura storico. E appaiono sempre più surreali, oggi, le perduranti divisioni geopolitiche tra l’Impero del Mare e l’Eurasia, gli opposti sistemi di governance messi a dura prova dal cosmopolitismo biologico del virus: di qua una post-democrazia imperiale e militarizzata, aggressiva e manipolatrice, svuotata di sovranità e dominata dalle fake news di regime; di là un autoritarismo arcaico, apertamente brutale, che per ora fa a meno della finzione democratica.
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Tulsi Gabbard, l’unica politica non complice del Deep State
Mentre succede di tutto, in America…. Mentre l’impunito Israele bombarda la Siria un giorno sì e l’altro pure, nel compiacimento generale e con i russi zitti; mentre forse l’accordo tra Usa e Taliban, che taglia fuori i fantocci corrotti del teatrino di Kabul, pone fine (malvista dal “Manifesto”: “le donne!”) a 19 anni di stragi Usa-Nato di civili afghani e di maxi-produzione di eroina per l’Occidente; mentre non passa giorno che gli Usa non facciano stragi di civili in Somalia, “effetti collaterali” dei bombardamenti sugli Shabaab; mentre le milizie Isis allevate da Usa, Israele, Erdogan e petrotiranni terrorizzano Siria, Egitto, Libia, Africa, Europa; mentre l’Occidente sostiene il regime golpista di Al Serraj in Libia, tenuto in piedi dalla peggiore feccia jihadista di Misurata, garante anche del traffico Ong di sradicati africani ma caro alle nostre sinistre imperiali e di destra; mentre un virus, trasformato da normale influenza in peste bubbonica, serve a satanizzare la Cina, bloccare la Via della Seta, sperimentare stati d’assedio e di neutralizzazione sociale… mentre succede tutto questo, qualcuno inizia a fare il tifo per l’uno o l’altro candidato nelle primarie del Partito Democratico statunitense.Burattini di Bilderberg sul campo: ci si divide tra un supermiliardario, 9° al mondo per ricchezza, Bloomberg, che le primarie e, forse, la presidenza, se le compra a suon di milionate, a dispetto delle sue performance Tv da brocco azzoppato, e una “liberal”, Warren, che però è simpatica al Pentagono e da Wall Street è la più foraggiata. Oppure tra uno scaturito sindaco di un villaggio dell’Indiana, Buttigieg, che sembra un fumetto da Cocco Bill, epperò per tutta la vita ha bazzicato più i servizi segreti che non il saloon del paese e quindi ha i voti della Cia, e un totalmente rincoglionito malvivente, Biden, che ricattava, lui sì, il governo ucraino perché non processasse il figliolo lestofante, e però gode del consenso afroamericano, dato che è stato vice di un presidente nero. La crème de la crème delle primarie democratiche: pian piano i nostri sinistri imperialisti di destra, “Manifesto” in testa, devono – il distintivo esibito lo impone– rassegnarsi ad abbandonare queste ipotesi, pur viste finora con simpatia, e schierarsi con il sinistro vero, socialdemocratico, forse addirittura socialista, sconfitto nel 2016 da Hillary a forza di trucchetti sporchi del Comitato Nazionale Democratico (Dnc). Che non è altri che il 77enne Sanders. Bernie, per i fan.Sanders, il neocon sociale! Dice, ma come? Ma se questo Sanders, dopo aver chiesto sanità per tutti e aumenti salariali, s’è detto pronto (al “New York Times”) ad appoggiare un attacco preventivo a Iran e Corea del Nord? Ma come, se ha concluso, con Pompeo e tutti i neocon, che Putin è un farabutto e che ha messo le zampe sulle elezioni americane di ieri e di oggi e fa da sgabello a Trump? Ma come, se – pur dopo aver affermato che Netanyahu é uno zotico – dichiara che tutto il resto di Israele gli sta bene e che l’ambasciata Usa deve restare trasferita a Gerusalemme? Cosa rispondono i sinistri imperiali su questo vecchietto in piena sintonia con l’imperialismo neocon e dello Stato Profondo? Ma cosa devono rispondere, se la pensano come lui! Dopo il ticket Bloomberg-Hillary, allucinazione apocalittica di cui qualcuno però già vocifera e lei non smentisce, cosa ci sarebbe di meglio del “socialista” Sanders? Ma c’è un’altra concorrente alle primarie, anche se non va ai battibecchini Tv. L’avete mai sentita nominare?Si chiama Tulsi Gabbard, senatrice dell’Alaska; è giovane e bella, ma è già una veterana di ripetute missioni militari in Iraq da ufficiale della Guardia Nazionale. Dalle quali ha tratto l’unica posizione anti-guerra e antimperialista di tutto il cucuzzaro democratico-repubblicano che concorre alla presidenza. Ha compiuto l’indicibile: è andata da Bashar al Assad, presidente della Siria in resistenza da 10 anni, e ha detto che ha ragione. Ha detto che è una vergognosa mistificazione chiamare i terroristi Isis e Al Qaida “ribelli” e cianciare di “guerra civile”. Ha detto che tutte le guerre e tutti gli ammazzamenti Usa devono finire. E ha sbagliato ancora una volta, definendo il vecchio compare degli Usa nell’allevamento dei ratti terroristi e neo-alleato in Nato grazie ai massacri compiuti in Idlib, «dittatore turco aggressivo, integralista ed espansionista», e intimando a Trump di «non farsi trascinare in una guerra contro la Russia». Tutto il contrario di quanto da parte degli altri bravi candidati si auspica. Non ha perso l’attimo, Hillary, per sentenziare (per questo da Tulsi querelata) che la senatrice Gabbard non è altro che un arnese dei russi. Come tutti quelli fuori dal giro euro-atlantico. Soros l’ha definita la massima sciagura che possa capitare agli Usa e al mondo. Una garanzia, per noi. E non volete che campioni del giornalismo indipendente, come “New York Times”, “Washington Post” e Cnn, non abbiano subito rilanciato l’infamante, incapacitante anatema? Ora sapete perché in Italia non se ne parla. Men che mai sul “Manifesto”.(Fulvio Grimaldi, “Altro che Sanders o altri fasulloni: zitti zitti, negli Usa spunta un’antimperialista vera”, dal blog “Mondocane” del 1° marzo 2020. Nel frattempo, alcuni candidati citati – Bloomberg, la Warren, Buttigieg – si sono ritirati, ma l’analisi di Grimaldi offre un ritratto impietoso dei candidati scesi in campo per arginare Trump).Mentre succede di tutto, in America…. Mentre l’impunito Israele bombarda la Siria un giorno sì e l’altro pure, nel compiacimento generale e con i russi zitti; mentre forse l’accordo tra Usa e Taliban, che taglia fuori i fantocci corrotti del teatrino di Kabul, pone fine (malvista dal “Manifesto”: “le donne!”) a 19 anni di stragi Usa-Nato di civili afghani e di maxi-produzione di eroina per l’Occidente; mentre non passa giorno che gli Usa non facciano stragi di civili in Somalia, “effetti collaterali” dei bombardamenti sugli Shabaab; mentre le milizie Isis allevate da Usa, Israele, Erdogan e petrotiranni terrorizzano Siria, Egitto, Libia, Africa, Europa; mentre l’Occidente sostiene il regime golpista di Al Serraj in Libia, tenuto in piedi dalla peggiore feccia jihadista di Misurata, garante anche del traffico Ong di sradicati africani ma caro alle nostre sinistre imperiali e di destra; mentre un virus, trasformato da normale influenza in peste bubbonica, serve a satanizzare la Cina, bloccare la Via della Seta, sperimentare stati d’assedio e di neutralizzazione sociale… mentre succede tutto questo, qualcuno inizia a fare il tifo per l’uno o l’altro candidato nelle primarie del Partito Democratico statunitense.
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Sanders in vantaggio: come lo fermerà il Deep State dem?
I falchi guerrafondai dei servizi segreti e del complesso militare industriale – chiamati in gergo “Deep State” – hanno un grave problema: gli manca un canditato valido da contrapporre a Trump nelle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Purtroppo per loro, il candidato che avevano prescelto – Joe Biden – sta perdendo colpi in maniera vistosa, e difficilmente riuscirà a vincere la nomination dei democratici. Biden sarebbe stato il perfetto continuatore della politica espansionistica di Obama. Una politica che, travestita da progressismo globalista, incarna invece i peggiori aspetti dell’imperialismo americano. Ma Biden, come dicevamo, sta deludendo i suoi sostenitori. Dopo aver perso malamente le primarie in Iowa, ha raddoppiato la sconfitta, facendo ancora peggio nel New Hampshire. E, stando alle statistiche, nessun candidato ha mai vinto la nomination che non avesse vinto almeno una delle due primarie iniziali. Ora Biden cercherà di rifarsi in Nevada e South Carolina, ma ormai è evidente che la sua reputazione è stata fortemente danneggiata dalla guerra con Trump.Il semplice fatto che Trump abbia chiesto al presidente Zelensky di indagare sulle attività oscure del figlio di Biden in Ucraina – anche senza ottenere niente di concreto – deve aver influito negativamente sulla percezione che gli americani hanno di Joe Biden. E, come sappiamo, in politica la percezione è tutto. Nel frattempo è emerso per i democratici un altro grave problema, che porta il nome di Bernie Sanders. Anzi, è riemerso un vecchio problema. Come molti ricordano infatti, Sanders aveva già avuto un’ottima partenza nelle primarie democratiche di quattro anni fa, ma poi fu lo stesso Dnc (la dirigenza del partito democratico) a mettergli i bastoni fra le ruote, boicottandolo in ogni modo possibile per favorire la candidata “moderata” Hillary Clinton. Riuscirono così a far vincere la Clinton e fare fuori Sanders, anche se poi la Clinton venne sconfitta da Trump. Ora il problema si ripete: il candidato Sanders è ripartito in quarta, vincendo il New Hampshire e sfiorando la vittoria nello stesso Iowa, e ora si trova nettamente in testa nei sondaggi nazionali.Ma i democratici sanno bene che Sanders farebbe molta fatica a battere Trump a livello nazionale, perché è troppo “di sinistra” per convincere la famosa fetta di indecisi, che sono quelli che ogni quattro anni determinano le elezioni presidenziali. E ora che Biden perde i pezzi, ai democratici resta soltanto il giovane Buttigieg per presentare all’America del Mid-West un volto rassicurante per le presidenziali di novembre. E Buttigieg non ha certo il peso politico né il carisma necessari per portare a casa una vittoria contro Donald Trump. Ci si domanda quindi cosa faranno a questo punto i democratici, che in realtà rappresentano il volto pubblico del Deep State. Si rassegneranno a riconsegnare la Casa Bianca a Trump per altri quattro anni, oppure cercheranno di fare un altro sgambetto a Sanders, inventandosi all’ultimo momento un candidato alternativo, come ad esempio Michael Bloomberg?(Massimo Mazzucco, “Deep State, we have a problem”, da “LuogoComune” del 13 febbraio 2020).I falchi guerrafondai dei servizi segreti e del complesso militare industriale – chiamati in gergo “Deep State” – hanno un grave problema: gli manca un canditato valido da contrapporre a Trump nelle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Purtroppo per loro, il candidato che avevano prescelto – Joe Biden – sta perdendo colpi in maniera vistosa, e difficilmente riuscirà a vincere la nomination dei democratici. Biden sarebbe stato il perfetto continuatore della politica espansionistica di Obama. Una politica che, travestita da progressismo globalista, incarna invece i peggiori aspetti dell’imperialismo americano. Ma Biden, come dicevamo, sta deludendo i suoi sostenitori. Dopo aver perso malamente le primarie in Iowa, ha raddoppiato la sconfitta, facendo ancora peggio nel New Hampshire. E, stando alle statistiche, nessun candidato ha mai vinto la nomination che non avesse vinto almeno una delle due primarie iniziali. Ora Biden cercherà di rifarsi in Nevada e South Carolina, ma ormai è evidente che la sua reputazione è stata fortemente danneggiata dalla guerra con Trump.
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Basta fango: se tutti i partiti si unissero per salvare il paese
Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.Fango e morte per i libici, gli yemeniti, gli stessi europei fatti a pezzi nelle piazze dal sedicente Isis, sotto il naso di polizie distratte. Fango e botte, per buon peso: sprangate in faccia ai manifestanti di Hong Kong e a quelli di Parigi. C’è chi la chiama terza guerra mondiale a rate, a puntate, a geometria variabile. Con tanto sangue, e soprattutto fango, a ogni latitudine. La piccola Italia (non così piccola, ma rimpicciolita dagli stregoni dell’Ue) diventa addirittura microscopica, nella fanghiglia della sua non-politica di ieri e di oggi. Non un partito vero, che pensi al domani: tutto è fermo alle elezioni del giorno dopo. Sondaggi, telegiornali, talkshow. Il non-governo attanagliato dal terrore del voto, l’opposizione che non va oltre l’ovvio disgusto per le non-decisioni dei prestanome che occupano i palazzi. La cosiddetta crisi morde sempre di più: acciaierie in panne e banche sull’orlo del tracollo, viadotti che si schiantano, fabbriche che chiudono, industrie che scappano all’estero per pagare meno (sia il lavoro che le tasse). Politica assente: massima irrisione, la non-protesta delle Sardine. Una beffa grottesca: festicciole e canzoni, al funerale dell’Italia.Uno spettacolo surreale, offerto al mondo che ci guarda, e che osserva la nostra incapacità strutturale di leggere la crisi, di riconoscerne i mandanti e gli esecutori. Attaccano Salvini, i dimostranti ipnotizzati dalla disinformazione: se la prendono con un micro-leader che domani forse non esisterà nemmeno più, e che comunque (questa la sua colpa) non ha ancora fatto assolutamente niente per restituire al paese una visione precisa, nonché una strategia su come uscire dall’oceano di fango nel quale sta affondando. Quel che non si perdona, alla Lega, è di essere l’unico partito a suo modo vitale, legittimato dal consenso? In effetti sembra fuori posto, questa Lega – prontamente assediata dalle inchieste – nell’Italia dell’anonimo e cardinalizio Conte, dell’esanime Zingaretti, della caricatura Renzi, degli zombie un po’ cialtroni che fino a ieri promettevano un mondo a 5 stelle. Altro? Macché. Fango per tutti, a reti unificate, senza sforzarsi di capire perché siamo finiti così in basso. Cos’è il debito pubblico? Cosa sono l’Eurozona, il Mes, la Brexit, il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio? Cos’è davvero l’avanzo primario, che da quasi trent’anni fa sì che lo Stato prelevi dai cittadini, sotto forma di tasse, più di quanto il governo non spenda, per gli italiani, in termini di servizi?Economia, questa sconosciuta: deve provvedere Mario Draghi, nientemeno, a suggerire che la via d’uscita può essere dalla parte opposta, rispetto al plumbeo rigorismo della Bce. Proprio lui, Draghi, è come se dicesse: ci si salva facendo l’esatto contrario di quel che ho fatto io, in tutti questi anni, prima al Tesoro e poi a Bankitalia, quindi a Francoforte. Modern Money Theory: emissione illimitata di liquidità, a costo zero. Altro che super-tasse, altro che austerity imposta per volere divino. Deficit positivo: vuol dire soldi da investire, lavoro, consumi, economia (e alla fine, risanamento del bilancio). Il “nuovo” Draghi, keynesiano e sovranitario, potrebbe essere l’eroe perfetto, per le Sardine – per loro, e per chiunque aspiri a recuperare il senso delle cose, il contatto con la realtà (cos’è lo Stato e a cosa serve, come deve funzionare). “Prestatore di ultima istanza”: parole divenute antiche solo qui, in questa Europa nanizzata dall’Ue, dai trattati intangibili che la recintano, deprimendola. Atroce, storicamente, per un continente dove – tra Parigi e Londra – nacque la democrazia moderna, già incubata in modo larvale nel medioevo italiano dei Comuni, e poi evocata tra le barricate della Repubblica Romana. Mazzini e Garibaldi: non volevano forse una democrazia europea, di popoli fratelli? Sappiamo com’è andata: due guerre mondiali. Poi la pace tra le rovine, la ricostruzione, la prodigiosa rinascita nel Belpaese. Fino a quando, lassù, non s’è deciso che potesse bastare, e che dovessimo tornare a soffrire.Modern Money Theory: massima eresia. La sventola Draghi, e nessuno fiata. Nessuno lo intervista, lo interroga, lo incalza. Sarebbe la notizia del secolo, in teoria, in materia finanziaria. Certo, non è merce maneggevole per l’insultificio. Meglio il fango, certo: è tanto più comodo. Nel fango si sguazza un po’ tutti, perché non è difficile trovare il bersaglio adatto, visto il livello dello zoo politico. Sarebbe bello vedere un altro film. Gente che accetta di sedersi allo stesso tavolo, a discutere. Fine del tifo, della gara di rutti. Tema: rimettere insieme i frantumi. Unirsi, con un obbligo: cancellare la lavagna delle prossime elezioni, e mettersi a pensare. Trovare, insieme, il gusto del bicchiere mezzo pieno. Ce ne sarebbe, da studiare. Prima, però, converrebbe archiviare le bandiere. Si fa così, da sempre, quando si vuole la pace. Si mettono da parte i vecchi rancori, le liturgie rituali, le identità solo formali. Destra e sinistra: che senso hanno, oggi? Cos’ha fatto, di buono, il centrodestra di governo? E in cosa si è distinto, il centrosinistra, rispetto ai tagli sociali dell’era berlusconiana? Entrambe le fazioni hanno obbedito a diktat. L’hanno votata insieme, la legge Fornero. Hanno mostrato il medesimo rispetto reverenziale per lo sciagurato Patto di Stabilità, che in capo a dieci anni ha ridotto le strade dei paesi italiani a campi minati, dove si fa lo slalom tra le buche perché il Comune non ha i soldi per l’asfalto.Hanno ragione, le Sardine, a reclamare una diversa estetica, gentile e dialogante. Mancano il bersaglio, certo: sparano all’orso di cartone, senza avvedersi che il luna park è recintato come un lager, dove tutto è proibito. Siamo prigionieri, ecco il punto. Beninteso, prigionieri europei del terzo millennio: privilegiati, senza nessuna guerra in casa da settant’anni. Siamo persino liberi di parlare, di insultarci allegramente, di vomitare fango contro gli orsetti di cartone. Ma è tutto qui, quel che sappiamo fare? Non ci viene il sospetto che le nostre animose divisioni siano l’habitat perfetto, per chi vuole continuare a portarci via tutto? Nei decenni della sovranità relativa, monetaria, l’Italia divenne la quarta potenza industriale del pianeta. E questo, nonostante le sue piaghe: mafia, evasione fiscale di massa, corruzione dilagante della politica. Eppure il paese cresceva, tutti stavano meglio e sapevano che i figli avrebbero avuto ancora più opportunità. Il deficit aveva fatto da motore, e il mastodonte Iri era il volano di un’economia che trascinava migliaia di aziende. Poi hanno fatto a pezzi tutto, dando la colpa a noi: al debito delle cicale, alla mafia, agli evasori, ai politici corrotti.Con queste miserabili menzogne hanno eretto il recinto spinato dell’attuale luna park, su cui sventola la bandierina blu-stellata della cosiddetta Europa. Mafia, evasione, corruzione? Esattamente come prima. La differenza? Non possiamo più spendere. Il risultato è una specie di catastrofe: meno servizi, meno welfare, meno sanità, meno pensioni. Meno soldi, meno consumi, meno futuro, meno tutto. Rigore, tasse, delimitazioni assurde come la suprema frode del famigerato tetto del 3% alla spesa pubblica: pura invenzione di un’ideologia maligna, spacciata per norma scientifica, per legge economica. Balordo imbroglio, grazie al caos organizzato a tradimento. Dopo decenni di cospicue regalie statali, la grande industria se la svigna in Serbia, in Romania e in Polonia, dove le maestranze costano di meno. La Fiat scappa in Olanda, lasciando a secco il fisco del paese che l’ha coperta di miliardi per decenni. E che dire dell’inflessibile Germania? Trucca i suoi conti pubblici, facendo dimagrire il debito di Stato depennando quello delle Regioni e la spesa pensionistica. E noi in piazza, valorosamente, a intonare gli inni dell’antifascismo di un secolo fa, mentre i predoni del 2019 ridono degli italiani, ingenui incorreggibili.Che bello, se qualcuno mettesse in produzione l’altro film: quello che manca. Tutti seduti allo stesso tavolo. Di Maio e Renzi, Salvini e Zingaretti, la Meloni. Conferenza a reti unificate, per dire: signori, c’è un problema. Le regole vanno cambiate. Siamo tutti d’accordo, finalmente. Vogliamo salvare gli italiani, tornare alla democrazia reale dello Stato. Lanciare una democrazia continentale. Far nascere qualcosa che ancora non esiste: una Unione Europea, di gente che si aiuta. Bello e impossibile? Soltanto un sogno, un’utopia? Pure, proprio da lì si parte: sono i sogni a dissipare il fango. Il resto, poi, viene da sé. Di fronte a un orizzonte nuovo, chi mai perderebbe ancora tempo a vomitare insulti? Molto sta nel crederci, all’orizzonte amico. Serve qualcuno che innanzitutto lo disegni, faccia vedere quanto sarebbe attraente, e spieghi anche quali passi, esattamente, sarebbe necessario compiere, verso la meta. Prima, però, deve tornare il sole almeno nei pensieri: per metter fine al fango, alla paura, alla stupidità dell’odio. Sta a noi, la prima mossa: se scoppia la pace, si mette male per gli sfruttatori. Lo sanno bene, i padroni del luna park. Gli unici a non saperlo ancora, a quanto pare, siamo noi?(Giorgio Cattaneo, “Basta fango: se tutti i partiti italiani si unissero, per salvare il paese”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 dicembre 2019).Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.
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Magaldi: sta cambiando tutto, e adesso ve ne accorgerete
Forse adesso anche i più sprovveduti, i teorici della “follia estiva” del Papeete, capiranno perché Salvini ha staccato la spina al governo gialloverde, una volta capito che Conte e Tria gli avrebbero impedito di alleggerire la pressione fiscale e inaugurare una politica finalmente espansiva. Ultimo tradimento, il voto dei grillini per Ursula von der Leyen alla Commissione Europea. Ragionamento del leghista: guai se resto al governo, costretto a firmare una manovra che rappresenta l’esatto contrario di quanto promesso. Risultato: Salvini ora fa il pieno alle regionali in Umbria (57,5%), umiliando Zingaretti e in particolare Di Maio, con i 5 Stelle al di sotto dell’8%. «Logico che gli italiani, a partire dall’Umbria, puniscano le forze del Conte-bis e la loro manovra finanziaria deprimente, persino preoccupante», con la crociata contro i mini-evasori e la demonizzazione del contante. Gioele Magaldi canta vittoria: il suo Movimento Roosevelt si è schierato con la Tesei sostenendo “Umbria Civica” del battitore libero Nilo Arcudi: «Non per rieditare l’obsoleto e deludente centrodestra, ma per promuovere un dialogo trasversale coi progressisti del centrosinistra, contro i conservatori di entrambe le coalizioni».Un esito scontato: «Nel 2018, i gialloverdi avevano promesso un vero cambiamento: assaporato il quale, ora gli elettori non possono digerire l’imbarazzante Conte-bis», sottomesso ai consueti vincoli-capestro imposti da Bruxelles. Per Magaldi, tutto sta insieme: gli elettori umbri premiano il Salvini che si è circordato di economisti post-keynesiani come Bagnai e Rinaldi, contrari alla “teologia” del rigore Ue. Nel frattempo, Giuseppe Conte è sulla graticola: oltre alla débacle umbra, che taglia le gambe alla grottesca alleanza tra il Pd e i grillini che proprio in Umbria li avevano denunciari, facendo cadere la giunta “rossa” di Catiuscia Marini, il premier teme sviluppi dal caso Russiagate, dopo le strane omissioni (segnalate dal “Corriere della Sera”) che rendono incompleta, se non reticente, la sua prima audizione al Coapasir. Il sospetto: Conte avrebbe usato in modo improprio i servizi segreti italiani, mettendoli a disposizione del ministro statunitense William Barr, impegnato a cercare prove contro Joe Biden, rivale di Trump. Non è tutto: proprio mentre Perugia si trasformava nella Caporetto di “Giuseppi”, il “Financial Times” ipotizzava che Conte potrebbe essere accusato di conflitto d’interessi per aver fatto da consulente a un fondo d’investimento di area vaticana, ora accusato di corruzione.«Me ne compiaccio», dichiara Magaldi, irridente, pensando alla “macchina del fango” scatenata contro Salvini per “Moscopoli”, anche attraverso il servizio di “Report” trasmesso in prossimità dell’audizione di Conte al Copasir e alla vigilia delle elezioni in Umbria. «Segno che tra i cosiddetti “poteri forti” non ci sono soltanto quelli di segno reazionario, che sostengono il Conte-bis, dopo aver sorretto i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni». Esponente italiano del network massonico progressista internazionale (Grande Oriente Democratico, Rito Europeo Universale), Magaldi annuncia: i massoni progressisti sono impegnati in una controffensiva, in tutto il mondo, dopo i decenni devastanti della globalizzazione neoliberista. Il presidente del Movimento Roosevelt cita la Cina, che ha rimosso la governatrice di Hong Kong contestata dalla popolazione, e segnala anche l’esultanza di Trump per l’annuncio della morte del capo dell’Isis, «il massone reazionario e terrorista Abu Bakr Al-Baghdadi, esponente della superloggia “Hathor Pentalpha” fondata dal clan Bush per terremotare il pianeta anche col terrorismo, grazie ad affiliati come lo stesso Osama Bin Laden».Se le creazioni supermassoniche chiamate Isis e Al-Qaeda avevano marcato l’ultima svolta (terroristica) del piano di dominio del pianeta, fondato sulla strategia della tensione internazionale per imporre a mano armata questa globalizzazione a senso unico e senza diritti, secondo Magaldi – autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014) – tutto era cominciato l’11 settembre 1973 in Cile, con il golpe di Pinochet che aveva introdotto con la massima violenza la dottrina neoliberista della “scuola di Chicago” di Milton Friedman. A maggior ragione, dice oggi Magaldi, riempie il cuore – oggi – assistere a una protesta spettacolare come quella in corso a Santiago del Cile, sfidando il coprifuoco imposto da un governo che, come allora, ha schierato i carri armati nelle strade. «Tutto sta cambiando, a livello planetario, grazie alla regia della massoneria progresista», avverte Magaldi, lasciando capire che lo stesso Salvini – in apparenza esaltato dai mojito del Papeete, ad agosto – è stato «sapientemente consigliato» sul da farsi. «Salvini sta studiando», disse Magaldi, dopo il divorzio del leader leghista dal governo coi grillini. «E’ vero, sto studiando», ha confermato Salvini, nel “duello” televisivo con Renzi, da Bruno Vespa.«Fortemente trasformata da Salvini, la Lega è comunque ancora caratterizzata da un’impostazione tradizionalista, ad esempio in merito ai diritti civili (unico merito di Renzi, l’aver varato almeno le “unioni civili”)». Tuttavia, aggiunge Magaldi, «il Carroccio di Bossi e Maroni era apertamente liberista, mentre la Lega di Salvini si è affidata a economisti progressisti, dotati di una visione che prevede il ritorno dell’intervento dello Stato nell’economia: meno tasse e investimenti strategici da non inserire nel computo del deficit». Se son rose fioriranno, sembra dire Magaldi: anche perché, in ogni caso, tutti gli altri (Conte e Di Maio, Zingaretti e Renzi, lo stesso Berlusconi) non hanno mai osato neppure ipotizzare un cambio delle regole, da intavolare a Bruxelles. Potrebbe farlo ora l’ipotetico “nuovo” Mario Draghi, che – di colpo – evoca la sovranità monetaria, con l’emissione di denaro illimitata prescritta dalla Modern Money Theory? Meglio non correre con la fantasia, raccomanda Magaldi: Draghi potrebbe sostituire Conte «solo se si facesse garante con Bruxelles di una vera espansione della spesa strategica per l’Italia», e dopo aver fatto ammenda delle sue “malefatte”. «Come per la mafia contano i pentiti, che ne scardinano l’organizzazione, così Draghi dovrebbe dimostrare di essere davvero pentito della sua pessima governance reazionaria e neoaristocratica, prima di Bankitalia e poi della Bce».Forse adesso anche i più sprovveduti, i teorici della “follia estiva” del Papeete, capiranno perché Salvini ha staccato la spina al governo gialloverde, una volta capito che Conte e Tria gli avrebbero impedito di alleggerire la pressione fiscale e inaugurare una politica finalmente espansiva. Ultimo tradimento, il voto dei grillini per Ursula von der Leyen alla Commissione Europea. Ragionamento del leghista: guai se resto al governo, costretto a firmare una manovra che rappresenta l’esatto contrario di quanto promesso. Risultato: Salvini ora fa il pieno alle regionali in Umbria (57,5%), umiliando Zingaretti e in particolare Di Maio, con i 5 Stelle al di sotto dell’8%. «Logico che gli italiani, a partire dall’Umbria, puniscano le forze del Conte-bis e la loro manovra finanziaria deprimente, persino preoccupante», con la crociata contro i mini-evasori e la demonizzazione del contante. Gioele Magaldi canta vittoria: il suo Movimento Roosevelt si è schierato con la Tesei sostenendo “Umbria Civica” del battitore libero Nilo Arcudi: «Non per rieditare l’obsoleto e deludente centrodestra, ma per promuovere un dialogo trasversale coi progressisti del centrosinistra, contro i conservatori di entrambe le coalizioni».
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Toghe e 007: perché condizionano l’agenda politica italiana
Servizi segreti e magistratura: due player decisivi, ancora una volta, nel destino italiano? Solo grazie ai cosiddetti “servizi deviati” fu possibile trasformare in catastrofe nazionale gli anni di piombo, rendendo quasi invincibile il terrorismo rosso-nero. Più tardi, analoghe “manine” contribuirono ad agevolare l’eliminazione degli scomodissimi Falcone e Borsellino. Quanto alle toghe, è ormai storicamente accertato (e ammesso dallo stesso Francesco Saverio Borrelli) l’effetto politico dell’azione giudiziaria del pool Mani Pulite. Fu decapitata la classe dirigente della Prima Repubblica, con l’eccezione non casuale del Pci-Pds, proprio mentre il paese stava affrontando lo spinoso negoziato per l’ingresso nell’Unione Europea. Oggi, in un’Italia alle prese con tutt’altri tornanti della storia – le macerie dell’anomalia gialloverde sorta del 2018 dopo la lunga austerity eurocratica imposta da Monti e proseguita con Letta, Renzi e Gentiloni – tornano protagonisti, in fondo, sempre gli stessi organi istituzionali: da un lato gli 007, dall’altro i magistrati. Codice alla mano, alcune Procure hanno inquadrato nel mirino la Lega di Salvini, invisa ai poteri Ue: a Genova – l’ha spiegato bene Luca Telese, in un video-intervento – il giudice ha inflitto all’ex Carroccio un risarcimento inconsueto, sostanzialmente forfettario (sulla base di un calcolo presuntivo delle irregolarità gestionali attribuite a Bossi).Richiedere a un partito 49 milioni di euro, oggi, significa esporlo al rischio di non poter più svolgere l’attività politica (restringendo in tal modo la libertà costituzionale relativa all’offerta democratica garantita dalle elezioni). Ad Agrigento invece il pm sembra aver trattato Salvini – contrario agli sbarchi – alla stregua un bandito dell’anonima sarda, imputandogli addirittura l’ipotetico “sequestro di persona” a danno dei migranti, come se i profughi fossero stati tenuti prigionieri della nave che li aveva raccolti (e non fossero invece liberissimi di salpare, per poi sbarcare altrove). Ma il colpo più duro, alla Lega, lo hanno assestato i servizi segreti – non si sa di quale paese – che hanno intercettato e registrato a Mosca il famoso colloquio tra l’esponente leghista Gianluca Savoini e alcuni emissari di secondo piano del potere russo. Tema della conversazione: una ipotetica fornitura di petrolio e gas, sulla quale – hanno riferito giornali come “L’Espresso” – lo stesso Savoini (a che titolo, non si sa) avrebbe discusso la possibilità ipotetica di ricevere una percentuale sull’eventuale affare, peraltro non andato in porto e mai neppure avviato. Salvini si è difeso dichiarandosi più che tranquillo, evitando però di rispondere nel merito: del caso si sta occupando la magistratura milanese, a cui qualcuno (chi?) ha inviato l’audio della conversazione all’Hotel Metropol.Infastidito per l’insistenza dei giornalisti italiani che hanno seguito la vicenda (testate che contro l’ex Carroccio hanno condotto una vera e propria crociata politica), il leader lehista è apparso evasivo: ha detto di non essere stato messo al corrente di quell’incontro. In ogni caso, Savoini non rappresentava in alcun modo il governo italiano (all’epoca, ottobre 2018, Salvini era vicepremier, oltre che ministro dell’interno). Peraltro è noto a tutti che la Lega, alla luce del sole, ha sempre avuto ottimi rapporti politici con Mosca e col partito “Russia Unita”, fondato da Putin. Salvini giudica l’uomo del Cremlino uno statista di prima grandezza, e ritiene che l’Italia possa e debba riavvicinare la Russia all’orbita Nato, per ragioni geopolitiche e commerciali, dato anche il valore dell’export italiano verso Mosca. Non solo: dai tempi di Bossi, il Carroccio non è mai stato pregiudiziale nei confronti del mondo slavo. Durante la guerra civile nei Balcani, la Lega Nord fu l’unico partito italiano ad allacciare un dialogo anche con la Serbia filo-russa di Milosevic, bombardata dalla Nato e criminalizzata dalla disinformazione occidentale come unico “cattivo soggetto” dell’area balcanica. Una regione devastata dagli opposti nazionalismi e dal cinismo dei vari leader, come svelato nel memorabile saggio “Maschere per un massacro”, di Paolo Rumiz. Sullo sfondo, il ruolo occulto delle potenze egemoni (Occidente cristiano e Turchia islamica) nella “guerra per procura”, dopo la caduta dell’Urss, contro la residua influenza russa, attraverso il regime serbo, ai confini occidentali dell’Europa.Tornando a Salvini, è evidente lo stato di imbarazzo generato – a torto o a ragione – dal cosiddetto Russiagate. E’ pensabile che l’incidente non abbia inciso, nella scelta di “staccare la spina” dal governo gialloverde nel fatidico agosto 2018? Certo, a Bruxelles la Lega aveva appena incassato il “tradimento” di Conte e dei 5 Stelle, decisivi per l’elezione alla guida della Commissione Europea di Ursula von der Leyen, simbolo del rigore più estremo, di marca tedesca. Un vero e proprio affronto, per l’alleato leghista dichiaratamente impegnato (come un tempo anche i grillini) a pretendere un cambio di paradigma nella governance europea. Va aggiunto che Salvini aveva più di una ragione per pretendere il divorzio dai pentastellati: Conte, il misterioso premier indicato dai grillini ma teoricamente “venuto dal nulla”, aveva sostanzialmente insabbiato i referendum di Lombardia e Veneto per le autonomie regionali differenziate. Ma era stato ancora una volta uno dei consueti player istituzionali (la magistratura, in questo caso) a speronare indirettamente il progetto di Flat Tax, facendo piovere un avviso di garanzia sul suo ispiratore, il sottosegretario leghista Armando Siri. Effetti politici collaterali, certo. Ma intanto, una volta di più, è stato un soggetto terzo – non elettivo – a condizionare l’agenda politica italiana, esattamente come ai tempi di Mani Pulite e poi di Berlusconi.Se qualche potere sovrastante, non istituzionale, ha voluto provare a “togliere di mezzo” Salvini pensando di “utilizzare” apparati statali magari per fare un favore a Conte, oggi è lo stesso premier ad essere costretto (da altri poteri sovrastanti?) a rendere conto del suo operato, presso analoghi organi statali, in merito alla vicenda dell’ipotetico impegno “irrituale” dei servizi segreti italiani in favore di settori dell’intelligence statunitense. Si sospetta cioè che Conte, in modo indebito, abbia messo i servizi italiani a disposizione di quelli di Trump, a sua volta impegnato a difendersi dai vari Russiagate che gli sono stati addebitati: in questo caso, la Casa Bianca avrebbe richiesto l’aiuto italiano per “incastrare” il rivale Joe Biden, accusato di malversazioni in Ucraina. Qualcosa del genere aveva coinvolto anche Renzi: quando era primo ministro, Barack Obama gli avrebbe chiesto di mobilitare gli 007 italiani per aiutare Hillary Clinton ad azzoppare Trump, sempre attraverso indiscrezioni provenienti dalla sfera russa. In attesa che i fatti possano eventualmente chiarirsi (dopo le prime vaghe rassicurazioni rese dal premier al Copasir, ora presieduto dal leghista Raffaele Volpi) resta il fatto che Conte oggi è al governo proprio con Renzi, mentre a Salvini non resta che fare da spettatore.Sarebbe il colmo se lo stesso Conte, domani, fosse costretto a farsi da parte proprio a causa del suo ruolo nella gestione dell’intelligence, che stranamente ha voluto tenere per sé. Per coincidenza, negli ultimi giorni si rincorrono voci di corridoio proprio sull’eventuale sfratto dell’inquilino di Palazzo Chigi. Non durerà a lungo, profetizza Paolo Mieli. Potrebbe venir sostituito da Draghi, ipotizza Augusto Minzolini, interpretando i desiderata del redivivo Renzi. Secondo il saggista Gianfranco Carpeoro, a Renzi i “sovragestori” avevano dato un’ultima chance: rientrare in gioco, se fosse riuscito a silurare Salvini. Detto fatto: d’intesa con Grillo, il fiorentino è stato capace di digerire all’istante persino gli odiati 5 Stelle. In cambio di cosa? Il premio, pare, sarebbe il sospirato accesso al gotha supermassonico, quello da cui proviene il Draghi che oggi prova a dipingere se stesso come una specie di Robin Hood (evocando il ritorno alla sovranità monetaria) dopo aver interpretato per decenni il ruolo spietato dello Sceriffo di Nottingham.A Palazzo Chigi sta davvero per arrivare Super-Mario, che in realtà sarebbe propenso a puntare direttamente al Quirinale evitando la fatale impopolarità che attende chiunque si metta alla guida di un governo? Difficile dirlo. Certo, è impossibile non osservare il basso profilo ora adottato da Salvini: cauto e attendista, più moderato nei toni, concentrato sull’agevole partita tattica delle regionali. Come se sapesse che, a monte, restano da sciogliere nodi assai più grandi della Lega, fuori dalla portata dei comuni elettori. Svolte, scossoni e colpi di scena verranno, ancora una volta, da poteri non elettivi e organi istituzionali non politici? Un certo complottismo indiscriminato tende a mettere in cattiva luce sia i magistrati che gli 007, accusando gli uni di faziosità e gli altri di doppiogiochismo, come se non si trattasse di organismi che (salvo eccezioni) fanno semplicemente rispettare le leggi e vigilano sulla sicurezza del sistema-paese. Semmai, la lente andrebbe puntata su poteri elusivi e superiori, non solo italiani, che ne sfruttassero le prerogative per deviarne l’azione su obiettivi contingenti, condizionando – di fatto – l’agenda nazionale e le sue dinamiche politiche, al di sopra della volontà popolare espressa dai risultati elettorali.Secondo lo stesso Carpeoro, questa particolare fragilità italica ha radici antiche: già in epoca medievale e rinascimentale, Comuni e signorie ricorrevano regolarmente all’aiuto straniero (pagandone poi il prezzo in termini “coloniali”) per sbarazzarsi dei vicini di casa. L’Italia non è riuscita a proteggere né Enrico Mattei dai suoi sicari, né Adriano Olivetti dalla concorrenza industriale, di marca Fiat e statunitense. Travolta giudiziariamente la leadership dei vari Craxi e Andreotti, e scomparso un politico della caratura di Enrico Berlinguer, il Belpaese si è sorbito Berlusconi, Prodi, Grillo e Renzi. Così, Germania e Francia hanno fatto quello che hanno voluto, nella Penisola: Macron ha persino reclutato un esponente del Pd, Sandro Gozi, per farne una sorta di alfiere anti-italiano in sede europea, quand’era ancora in carica il governo gialloverde. Del resto, ormai, da noi vota solo un elettore su due. E quelli che tornano alle urne – nella maggior parte dei casi – lo fanno per votare contro qualcuno, più che per qualcosa. Se questo è il quadro, il meno che ci si possa aspettare è che poteri esterni cerchino di sfruttare le nostre istituzioni, con ogni mezzo, per insediare a Roma il governo più comodo per loro, non certo progettato per il benessere degli italiani. Non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se fossero ancora le sentenze, gli avvisi di garanzia e le imprese degli 007 a scegliere tempi, modi e personaggi della politica italiana.Servizi segreti e magistratura: due player decisivi, ancora una volta, nel destino italiano? Solo grazie ai cosiddetti “servizi deviati” fu possibile trasformare in catastrofe nazionale gli anni di piombo, rendendo quasi invincibile il terrorismo rosso-nero. Più tardi, analoghe “manine” contribuirono ad agevolare l’eliminazione degli scomodissimi Falcone e Borsellino. Quanto alle toghe, è ormai storicamente accertato (e ammesso dallo stesso Francesco Saverio Borrelli) l’effetto politico dell’azione giudiziaria del pool Mani Pulite. Fu decapitata la classe dirigente della Prima Repubblica, con l’eccezione non casuale del Pci-Pds, proprio mentre il paese stava affrontando lo spinoso negoziato per l’ingresso nell’Unione Europea. Oggi, in un’Italia alle prese con tutt’altri tornanti della storia – le macerie dell’anomalia gialloverde sorta del 2018 dopo la lunga austerity eurocratica imposta da Monti e proseguita con Letta, Renzi e Gentiloni – tornano protagonisti, in fondo, sempre gli stessi organi istituzionali: da un lato gli 007, dall’altro i magistrati. Codice alla mano, alcune Procure hanno inquadrato nel mirino la Lega di Salvini, invisa ai poteri Ue: a Genova – l’ha spiegato bene Luca Telese, in un video-intervento – il giudice ha inflitto all’ex Carroccio un risarcimento inconsueto, sostanzialmente forfettario (sulla base di un calcolo presuntivo delle irregolarità gestionali attribuite a Bossi).
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Giorni contati per il Conte-bis, Mario Draghi a Palazzo Chigi?
Campane a morto per Giuseppe Conte, ormai in rotta con Di Maio e incalzato ogni giorno dall’abile manovratore Renzi. Occhio, avverte Zingaretti: se il Vietnam contro il premier e il governo giallorosso non si arresta, il Pd potrebbe rompere e tornare al voto, ricandidando come primo ministro proprio il professor-avvocato di Volturara Appula, l’unico – secondo l’impalpabile “fratello di Montalbano” – ad avere chance elettorali. Non la pensano così personaggi televisivi come Alan Friedman, secondo cui Conte sarebbe «un uomo vuoto», e lo stesso Paolo Mieli, per il quale “l’avvocato degli italiani” avrebbe ormai i giorni contati, non disponendo di un reale peso parlamentare da opporre alle intemperanze dei renziani e al crescente malpancismo di un Di Maio emarginato da Grillo e contestato dai suoi. Lo scrittore Gianfranco Carpeoro l’aveva vaticinato a settembre: qui si rischia di tornare a votare entro tre mesi, al più tardi a gennaio. Ora Carpeoro rilancia: il governo traballa, e le elezioni anticipate potrebbero essere evitate solo dall’eventuale piano-Draghi, cioè l’ipotesi di potere che vorrebbe insediato a Palazzo Chigi il presidente uscente della Bce, il cui ruolo dietro le quinte potrebbe essere destinato a crescere, incidendo direttamente sull’Italia ex gialloverde, delusa dal modestissimo Conte-bis e spiazzata dalla fulminea alleanza tra Renzi e Grillo.