Archivio del Tag ‘Mark Rutte’
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Cremaschi: finiremo come la Grecia, lo dice chi l’ha vissuto
In una intervista all’”Huffington Post”, Yanis Varoufakis smonta il tanto esaltato patto Ue e la retorica della vittoria dell’Italia, che ancora stupidamente l’accompagna. Il punto centrale del giudizio del ministro greco, licenziato perché si opponeva al memorandum che ha poi distrutto la Grecia, è semplicissimo. Il vertice Ue avrebbe dovuto cancellare le politiche di austerità e in primo luogo il patto di stabilità che le impone. Invece quel patto è stato solo sospeso e l’anno prossimo, come annuncia anche il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis, tornerà in vigore. Paradossalmente proprio quando l’Italia potrebbe ricevere la prima tranche di aiuti e prestiti, tornerebbero in vigore quelle politiche ci hanno costretto a 38 miliardi di tagli sulla sanità. Così noi dovremmo accompagnare la spesa dei soldi che arrivano dalla Ue con la politica di rigore e riduzione del debito, che taglia i servizi e i diritti sociali. Esattamente la condizione della Grecia, che mentre con una mano riceveva prestiti dalla Ue, con l’altra li restituiva con gli interessi a banche e multinazionali, tedesche in primo luogo, tagliando e privatizzando tutto. Né vale la tesi che noi riceveremmo in questo caso anche aiuti a fondo perduto e non solamente prestiti.Intanto perché questi aiuti netti, cioè tenuto conto di ciò che il nostro paese verserà nelle casse Ue per costituire il fondo complessivo, al massimo saranno 25-30 miliardi, scaglionati in 4 o 5 anni. Questi soccorsi risibili, come li definisce Varoufakis, giungono ad un paese che solo quest’anno perderà 200 miliardi di Pil e che in tre decreti ha già speso per l’emergenza sociale 100 miliardi. Quindi pochi soldi che saranno inghiottiti dalle condizioni di rigore cui saremo sottoposti. Non c’è stata nessuna svolta in Europa, né nelle politiche di austerità, né in chi le guida: la Germania. Che avrebbe potuto fermare Rutte con una telefonata, ma che ha scelto di usarlo nella classica scena del poliziotto buono e di quello cattivo. Esattamente come avvenne per la Grecia, ci ricorda Varoufakis, che lo ha vissuto direttamente. Varoufakis è un europeista e spiega che proprio l’europeismo esce sconfitto da un patto che rafforza i nazionalismi, gli egoismi e il potere dell’austerità Ue. Per le stesse ragioni il Parlamento Ue ha quasi bocciato il patto di Bruxelles, lamentando i tagli che lo accompagnano, tagli alla spesa per la sanità, la ricerca, l’agricoltura. E sottolineando che la forte riduzione del peso degli aiuti a fondo perduto, da 500 a 390 miliardi, rischia di comprometterne ogni efficacia.Insomma gli “europeisti onesti”, assenti nel Parlamento e nei mass media italiani, sono i primi a dichiarare che il patto di Bruxelles è una svolta mancata, che dopo la pioggia di un po’ di soldi, tornerà nella Ue ancora più aspra la siccità delle politiche di austerità. Noi non siamo europeisti, ma ai tanti rassegnati o in malafede che ripropongono la solita frase della signora Thatcher – non ci sono alternative – ricordiamo la proposta alternativa dell’europeista Varoufakis. Una proposta elementare: sospendere per sempre il patto di stabilità. E noi aggiungiamo: imporre alla Bce di comprare ancor più e per sempre debito pubblico, come ora fanno tutte le banche centrali del mondo. Su questo terreno ci sarebbe stato lo scontro vero sull’austerità al vertice Ue, ma nessun governo questo scontro lo ha tentato, anzi neppure pensato, a partire da quello italiano. Tutti hanno agito, proposto e litigato nell’ambito dell’agenda che Merkel aveva definito con Macron: aiuti e prestiti una tantum proprio per non toccare nulla dell’impianto e delle regole dell’austerità Ue. Che torneranno subito, con le condizioni cui dovremo sottostare e i controlli che dovremo subire. Intanto però l’Italia sconfitta si atteggia a vincitrice, in attesa che le pressioni per il ricorso al Mes la riportino alla dura realtà.(Giorgio Cremaschi, “Finiremo come la Grecia, lo dice chi l’ha vissuto”, da “Come Don Chisciotte” del 25 luglio 2020).In una intervista all’”Huffington Post”, Yanis Varoufakis smonta il tanto esaltato patto Ue e la retorica della vittoria dell’Italia, che ancora stupidamente l’accompagna. Il punto centrale del giudizio del ministro greco, licenziato perché si opponeva al memorandum che ha poi distrutto la Grecia, è semplicissimo. Il vertice Ue avrebbe dovuto cancellare le politiche di austerità e in primo luogo il patto di stabilità che le impone. Invece quel patto è stato solo sospeso e l’anno prossimo, come annuncia anche il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis, tornerà in vigore. Paradossalmente proprio quando l’Italia potrebbe ricevere la prima tranche di aiuti e prestiti, tornerebbero in vigore quelle politiche ci hanno costretto a 38 miliardi di tagli sulla sanità. Così noi dovremmo accompagnare la spesa dei soldi che arrivano dalla Ue con la politica di rigore e riduzione del debito, che taglia i servizi e i diritti sociali. Esattamente la condizione della Grecia, che mentre con una mano riceveva prestiti dalla Ue, con l’altra li restituiva con gli interessi a banche e multinazionali, tedesche in primo luogo, tagliando e privatizzando tutto. Né vale la tesi che noi riceveremmo in questo caso anche aiuti a fondo perduto e non solamente prestiti.
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Politica e Covid: la prevalenza dell’Intelligente Asintomatico
E’ in corso qualcosa di inaudito, mostruoso e sinistro, ma l’Intelligente Asintomatico insiste nel voler occultare le sue sinapsi, come se volesse fingersi politicamente cerebroleso: preferisce rifugiarsi nel rassicurante tifo calcistico – buoni contro cattivi – anziché affrontare la scomodità del ragionamento, la lucidità dell’analisi, il nudo linguaggio dei fatti. L’Italia si candida a essere la capitale europea del Covid, unico paese del vecchio continente ad auto-proclamarsi patria della nuova peste, nell’estate in cui i militari in assetto da guerra spaventano i bagnanti sulle spiagge e la ministressa della pubblica istruzione sconcerta genitori e alunni collaudando in televisione le seggiole-banco a rotelle: aggeggi grotteschi che secondo ogni previsione metteranno nel freezer l’infanzia, trasformando i bambini in degenti cronici del nuovo manicomio-scuola, futuri clienti dello psicologo e pazienti dei medici specializzati in patologie psicosomatiche. Eppure va tutto bene, sembra dirsi l’Intelligente Asintomatico, per far rima con lo slogan demenziale che preparò lo storytelling della catastrofe, “andrà tutto bene”. E visto che va tutto così bene, anzi benissimo, è normale che il governo-apocalisse proroghi l’aberrante stato d’eccezione, così come è normale che la sedicente opposizione – al netto dei proclami gridati – di fatto permetta (grazie alle provvidenziali assenze tattiche) che anche l’ultimo decreto-vergogna venga infine approvato, al Senato, sia pure per un solo voto di scarto. Tutto questo non potrebbe accadere, senza la prevalenza – nell’opinione pubblica – dell’Intelligente Asintomatico.Questo esemplare, così diffuso, sembra appartenere a una vasta zoologia politica che predilige le vie spicce, eventualmente anche l’insulto, e pretende di vedere in campo uomini della provvidenza, risolutori fulminei, fuoriclasse a chiacchiere. Quelli di trent’anni fa agitarono i valori della sinistra storica e dell’Europa Unita per meglio affossare la sinistra sociale dei diritti e l’idea stessa di solidarietà europea. Giocarono la partita fingendo di contrastare il collega Berlusconi, impresentabile socio collaterale del medesimo indirizzo antipopolare, prono agli stessi decisori internazionali. Gli Intelligenti Asintomatici si divisero a lungo, attingendo al carburante dell’odio, per scannarsi tra di loro in una guerra imbarazzante, visto che bianchi, rossi e verdi giocavano tutti nella stessa squadra. Poi vennero risolutori ancora più spicci, rivoluzionari ancora più fasulli: da una parte Renzi, dall’altra Grillo e i 5 Stelle. Ultimo nato, nella scuderia dell’illusionismo, il prode Salvini: trasformato prontamente in una sorta di eroe nazionale o, a scelta, in epocale pericolo pubblico. Di svista in svista, eccoci agli incresciosi record inanellati dall’oscuro “avvocato del popolo”: l’Italia è l’unico grande paese europeo messo ko dall’epidemia di coronavirus, l’unico ad aver attuato un coprifuoco suicida, “cinese”, come quello imposto a Wuhan. Il nostro è l’unico paese rimasto senza mezzi finanziari, l’unico costretto a mendicare elemosine tardive e ingannevoli come l’accordo-capestro sul Recovery Fund: pochi spiccioli, e fuori tempo massimo, solo a patto che si svenda quel che agli italiani è rimasto.Il piano, spudorato, punta a sabotare definitivamente lo Stato per mettere le mani sul vero bottino, l’ingente risparmio privato e il patrimonio immobiliare, che è il maggiore d’Europa: a questo mirano gli sciacalli nell’ombra che manovrano burattini come l’ipocrita Mark Rutte, piccolo feudatario del paradiso fiscale chiamato Olanda, vero e proprio Stato-canaglia (perfettamente tollerato dall’Ue) che sta letteralmente spolpando l’erario italiano, risucchiando offshore le contribuzioni delle grandi aziende del Belpaese. Ma tutto questo sembra non interessare l’Intelligente Asintomatico, nelle due versioni (il talebano che idolatra “Giuseppi”, l’hooligan che applaude il “Capitano”). Nella sua apparente pigrizia e indolenza intellettuale, è raro che l’Intelligente Asintomatico si produca in ragionamenti pubblicamente offerti: preferisce parassitare le idee altrui, le esternazioni altrui, spesso limitandosi a commentare in modo sbrigativo e provocatorio, sui social media, le riflessioni di chi si sforza di pensare in proprio, documentandosi faticosamente. L’Intelligente Asintomatico non si domanda come mai i giornaloni stanno letteralmente facendo a pezzi il leghista Fontana per la vicenda dei camici lombardi e dei conti svizzeri, trascurando completamente i 14 milioni di euro che il piddino Zingaretti ha fatto spendere al Lazio per mascherine mai arrivate. Buoni e cattivi, ancora e sempre: falsi amici, falsi nemici.Imbevuto com’è della narrazione ufficiale, quella secondo cui va tutto benissimo, dal momento che era stato promesso che sarebbe andato tutto bene, l’Intelligente Asintomatico tende a squalificare chiunque osi mettere in discussione gli assiomi propalati dal nuovo regime politico-televisivo, che si tratti di mascherine e distanziamenti, guanti o vaccini, untori presunti e involontari macellai come i poveri medici che, per loro stessa ammissione, lo scorso marzo causarono la morte – per iper-ventilazione – dei pazienti in realtà affetti da trombo-flebite polmonare. C’è chi si domanda (e domanda per iscritto anche all’autorità giudiziaria) quante persone sarebbero ancora vive, oggi, se il governo non avesse prima scoraggiato le autopsie, e poi emarginato i sanitari che per primi, già ad aprile, avevano inutilmente segnalato al ministero le terapie efficaci per trasformare il Covid in una malattia curabilissima. Dati oggettivi, che però l’Intelligente Asintomatico si rifiuta di registrare, per paura di veder crollare il governicchio in carica: come se la controparte (gli opposti Intelligenti Asintomatici e i loro rispettivi eroi politici) avessero sollevato la questione. Errore ottico: la strage è avvenuta senza che l’opposizione muovesse un dito per denunciarla e contrastarla.E’ la stessa sedicente opposizione che non ha fatto nulla per impedire che nel paese venisse sospesa la democrazia. Ma non importa: ancora oggi, all’Intelligente Asintomatico pare che basti dare del cornuto, del complottista e del negazionista a chiunque invochi un brandello di obiettività, foss’anche il cantante Andrea Bocelli, prontamente sottoposto a fascio-bastonatura mediatica e olio di ricino. Il mondo intero è preda di una sindrome inquietante e inaudita, che tradisce i segni evidentissimi di un tenebroso totalitarismo, ma l’Intelligente Asintomatico difende l’indifendibile Conte per proteggerlo da Salvini, o a scelta si schiera con l’altrettanto indifendibile Salvini per avversione verso Conte (come se lo stesso Salvini avesse lasciato supporre che, di fronte all’emergenza, si sarebbe comportato in modo diverso da Conte). Forse il bilancio della situazione sarebbe differente, se gli Intelligenti – più o meno Sintomatici – mettessero finalmente una pietra sopra alle loro divisioni di cartapesta, di fronte alla minaccia comune, riscoprendo l’importanza del valore supremo – la verità – che notoriamente non ha padroni. L’infinita stupidità dell’odio, il più facile degli ingredienti “magici” della manipolazione, è dosata oculatamente dai gestori di ogni crisi. Storia antichissima: lo spiega un intellettuale prestigioso ma quasi sconosciuto, in Italia, come Francesco Saba Sardi, in una riflessione intitolata “L’istituzione dell’ostilità”. A questo serve, il falso nemico fabbricato all’occorrenza: a smettere di pensare, in modo che a vincere sia sempre il banco (e che a perdere siamo noi, tutti quanti, Sintomatici e non).(Giorgio Cattaneo, “La prevalenza dell’Intelligente Asintomatico”, dal blog del Movimento Roosevelt del 30 luglio 2020).E’ in corso qualcosa di inaudito, mostruoso e sinistro, ma l’Intelligente Asintomatico insiste nel voler occultare le sue sinapsi, come se volesse fingersi politicamente cerebroleso: preferisce rifugiarsi nel rassicurante tifo calcistico – buoni contro cattivi – anziché affrontare la scomodità del ragionamento, la lucidità dell’analisi, il nudo linguaggio dei fatti. L’Italia si candida a essere la capitale europea del Covid, unico paese del vecchio continente ad auto-proclamarsi patria della nuova peste, nell’estate in cui i militari in assetto da guerra spaventano i bagnanti sulle spiagge e la ministressa della pubblica istruzione sconcerta genitori e alunni collaudando in televisione le seggiole-banco a rotelle: aggeggi grotteschi che secondo ogni previsione metteranno nel freezer l’infanzia, trasformando i bambini in degenti cronici del nuovo manicomio-scuola, futuri clienti dello psicologo e pazienti dei medici specializzati in patologie psicosomatiche. Eppure va tutto bene, sembra dirsi l’Intelligente Asintomatico, per far rima con lo slogan demenziale che preparò lo storytelling della catastrofe, “andrà tutto bene”. E visto che va tutto così bene, anzi benissimo, è normale che il governo-apocalisse proroghi l’aberrante stato d’eccezione, così come è normale che la sedicente opposizione – al netto dei proclami gridati – di fatto permetta (grazie alle provvidenziali assenze tattiche) che anche l’ultimo decreto-vergogna venga infine approvato, al Senato, sia pure per un solo voto di scarto. Tutto questo non potrebbe accadere, senza la prevalenza – nell’opinione pubblica – dell’Intelligente Asintomatico.
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Dylan, Draghi e l’inferno Covid. Magaldi: presto la verità
«Forse gli italiani se lo meritano, un governo che li chiude in casa per un allarme gonfiato, poi li rovina economicamente lasciandoli senza soldi e li prende in giro fino alla fine, con promesse favolose, fino al miracolo (inesistente) dei mitici aiuti dell’Unione Europea: poche briciole che costeranno un prezzo salatissimo, e che arriveranno – forse – tra un anno, a piccole rate, quando ormai il peggio ci sarà crollato addosso, a partire dalle prossime settimane». Tanta amarezza, da parte di Gioele Magaldi, viene dall’impietosa fotografia degli ultimi mesi, che si prolunga nel cuore dell’estate: «Vedo ancora in giro gente con indosso la mascherina: c’è chi se la mette per passeggiare all’aperto, e chi la tiene sul viso mentre guida l’auto, da solo». Follia? E’ il risultato della micidiale manipolazione messa in atto, a tambur battente, dallo scorso febbraio. La paura di un virus ormai spento e debellato dai medici con terapie efficaci, ma tuttora presentato come minaccia invincibile. «C’è chi insiste nell’evocare “seconde ondate”, anche se persino il telegiornale di “Sky” ha ammesso che l’epidemia è praticamente finita». Gli italiani? «In maggioranza, hanno accettato di subire restrizioni spesso assurde, non motivate da alcuna ragione medica».
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Della Luna: Conte e i frugali, una recita penosa. Ciao Italia
Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.Nella corrente trattativa per i soccorsi all’Italia e ad altri paesi molto danneggiati dalla gestione della pandemia, vediamo Mark Rutte fare il poliziotto cattivo per consentire alla Merkel con Macron di fare il poliziotto buono – ma il disegno non è cambiato, è sempre quello predatore-accentratore sopra indicato, del famoso Piano Funk, ratio essendi della ‘costruzione europea’. Sarebbe una buona cosa se le condizioni richieste dai paesi rigoristi all’Italia per concederle prestiti e aiuti fossero condizioni idonee ad assicurare un uso produttivo, anziché partitico-clientelare-assistenziale-elettorale, di quei soldi, inclusa l’abolizione del demenziale reddito di cittadinanza, della moralmente giusta ma insostenibile Quota 100, dei criminali sprechi per i clandestini. Ma quelle condizioni paiono essere grecificanti: tagli agli investimenti, tasse più alte, servizi peggiori – quindi un colpo alla domanda interna per distruggere del tutto l’economia, e un colpo alle possibilità di aumento della produttività, per relegare l’Italia al ruolo di protettorato.Si auspica il compromesso, che può essere nei seguenti termini: i paesi virtuosi concedono a Conte e ai suoi una certa quantità di soldi da spendere in funzione elettorale, così da farlo restare in sella; e in cambio Conte accetta di aprire un pertugio per una futura Trojka e si accontenta di aiuti che la gente senta come già acquisiti, ma che saranno concretamente disponibili tra due o tre anni (tra allocazione europea e spendita in Italia passano anni, per ragioni tecnico-burocratiche). Vi è chi ipotizza, in caso di mancato accordo, la sostituzione di Conte con Draghi e il supporto di Berlusconi (reso pro-Mes e pro-Eu dalla speme di sentenze propizie contro Vivendi e dall’ottenuto permesso di acquisire il 15% di ProSiebenSat1, così da divenirne il primo azionista e da inserirla nel suo Media to Europe). Così acconciamente rilegittimato, il regime potrà evitare le elezioni (magari anche quelle amministrative di settembre, importando immigrati contagiatori e lasciandoli evadere dalla quarantena così da giustificare un nuovo lockdown) e completare la riforma in senso autoritario ed esterocratico dello Stato-protettorato italia (la minuscola è intenzionale).Un governo italiano culturalmente onesto e politicamente leale al paese chiamerebbe il bluff austro-olandese, spiegando che non ha senso ragionare in termini di risparmio di moneta, dato che la moneta oggi è creata a costo zero, essendo simbolica e non convertibile, e non costituendo obbligazione. E’ invece necessario usarla in modi validi, produttivi, al fine di prevenire inflazione monetaria e il diffondersi del parassitismo. Allora, se i virtuosi, ossia i ciarlatani economici, si incaponiscono sulle loro posizioni (in realtà, perché vogliono mettere l’Italia in ginocchio per costringerla a svendere i suoi ‘pezzi’ migliori ai loro ‘investitori’), nessun problema: l’Italia può, entro i vigenti trattati, generare moneta interna statale a costo zero, e smascherare così, assieme ai ciarlatani del risparmio, tutto il bluff delle regole finanziarie europee, del Mes, dei vincoli, del 3%, rendendo evidente la finzione criminale applicata dall’Unione alla Grecia a tutela dei banksters, con tutte le migliaia di morti che ha causato. E che causerà anche all’Italia. Altro che solidarietà europea: genocidio.(Marco Della Luna, “Il bluff genocida dei frugali”, dal blog di Della Luna del 20 luglio 2020).Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.
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Recovery, cioè super-rigore: d’ora in poi ci governa Berlino
Come sarebbe andata a finire lo si poteva capire già nella notte di domenica, quando Giuseppe Conte, rivolgendosi all’olandese Mark Rutte, ha detto: «Il mio paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato», aggiungendo il dubbio che «si voglia piegare il braccio a un paese perché non possa usare i fondi». In quel momento è stato inevitabile ripensare ad Alexis Tsipras, in un’altra notte di luglio, quella del 2015, che nella stessa sede (solo qualche faccia diversa) si era alzato togliendosi la giacca per porgerla alla Merkel sbottando: «A questo punto, prendetevi anche questa…». Poi, com’è noto, la Troika si precipitò rapace su Atene, assumendone il pieno controllo e dando il via al saccheggio di tutto quel che di pubblico poteva essere svenduto (porti, aeroporti, centrali, ecc), tagliato (salari, sanità e pensioni), impegnato. All’Italia di Conte è andata leggerissimamente meglio, in apparenza, visto il diverso peso economico in Europa – terza economia dell’Unione – che renderebbe il tracollo senza freni di questo Paese un detonatore devastante per tutti, più della pandemia. Ma per separare con chiarezza la realtà di quanto “concordato” dalla “narrazione” che ne viene fatta già a botta calda, sarà bene vedere i singoli punti del compromesso finale, firmato alle 5.32 del mattino, al quinto giorno di un vertice che doveva durarne due.Il “successo” della Ue sta solo nel fatto che ne sia stato firmato uno, cosa che ad un certo punto sembrava persino improbabile. Ma nessuno dei 27 leaderini spaventati e feroci poteva tornare a casa senza questo risultato. Avrebbe significato la fine di un sistema di trattati e istituzioni, sanzionato pesantemente dai “mercati” e quindi un moltiplicatore degli effetti negativi della pandemia che avrebbe alla fine travolto anche chi si sente meno esposto. Qui si consuma tutta la “vittoria” del povero Conte. Alla fine viene confermata la cifra di 750 miliardi complessivi, 390 dei quali in “trasferimenti” (dovevano essere 500, definiti impropriamente “a fondo perduto”) e 360 in normali prestiti (e relativo aumento del debito pubblico). Per l’Italia, viene detto con grande enfasi su tutti i canali, c’è addirittura una cifra superiore alle attese, almeno sul piano astratto: 209 miliardi, invece degli originari 170, anche se con una ripartizione parecchio diversa tra trasferimenti (grants, 81 miliardi) e prestiti (loans, 127). La differenza è quasi 38 miliardi, ossia quelli ottenibili con il famigerato Mes, ma con condizioni pressoché identiche, se non anche peggiori (lo sapremo da un esame più dettagliato).Da dove vengono fuori questi soldi, lo abbiamo spiegato molte volte e dunque non ci dilunghiamo nei dettagli. Vengono reperiti sui mercati tramite “titoli europei”, garantiti dai singoli Stati pro quota, in percentuale sul Pil. In questo senso, si tratta di una “condivisione del debito” una tantum, limitatamente a questo episodio che si vorrebbe irripetibile. Dunque neanche la parte “a fondo perduto” è fatta di “soldi regalati”. Anzi, si tratta di “soldi nostri” che possono essere spesi solo col permesso altrui e secondo “direttive” che, come quasi sempre, ci massacrano come popolazione. Ogni paese dovrà versare la sua parte – sotto forma di interessi sul debito comune, e il normale rimborso a scadenza dei titoli, quindi nel futuro più o meno lontano – e ricevere una percentuale leggermente diversa a seconda della gravità dei danni ricevuti dalla pandemia. Su questa parte, dicevamo altrove, va fatto il calcolo del dare e dell’avere, e vedere se c’è una differenza positiva oppure no. Non c’è, già secondo il meccanismo originariamente proposto da Merkel, Macron e von der Leyen. Vedremo il quanto non appena avremo fatto i calcoli con la versione appena firmata. Il vero cuore del lunghissimo conflitto è stato su questo punto, in tutta evidenza politico.Nessuno contestava la necessità di un “intervento straordinario”, visto che tutti i paesi sono stati duramente colpiti dalla crisi. Ma tutti capivano che questa era una straordinaria occasione per riscrivere le gerarchie dei poteri fra i 27 e dentro le istituzioni comunitarie, stabilendo con chiarezza definitiva chi comanda e chi si impoverisce. Che l’Unione Europea sia soltanto un ring dove partner teorici si scambiano calci sotto la sedia, sgambetti, agguati dietro ogni angolo, per guadagnarci a scapito degli altri (in una “economia chiusa”, almeno in parte, il gioco è sempre a somma zero), lo abbiamo spiegato spesso. Ma ora si è visto con chiarezza. Per quattro lunghi giorni che hanno messo “europeisti” media mainstream in fortissimo imbarazzo. Il nocciolo dello scontro, come riferito con disarmante sconforto da ogni inviato a Bruxelles, riguardava il “potere di veto” preteso dall’olandese Mark Rutte su ogni tranche di erogazione del fondo ad ogni singolo paese (ma in primo luogo all’Italia, eletta a “sorvegliato speciale”, e non da ora).Un meccanismo folle – uno qualsiasi dei 27 avrebbe potuto bloccare tutto in ogni momento, in un infermo di veti incrociati e prevedibili ritorsioni che avrebbe significato la paralisi del Recovery Fund e della stessa Ue – che metteva in discussione le stesse istituzioni comunitarie create per questo (Commissione Europea, Eurogruppo, Mes, ecc). Su questo, non a caso, c’è stata l’ultima sospensione del vertice – intorno alla mezzanotte – per cercare un “compromesso specifico” che accontentasse chi voleva poter tirare un “fremo d’emergenza” e chi, comprensibilmente, riteneva questo “un’offesa alla dignità” del proprio paese, oltre che una stronzata sul piano istituzionale. Alla fine la posizione contraria di Conte (condivisa da Spagna, Grecia, Portogallo) è stata schiacciata senza pietà. Segno certo che dietro il gruppetto dei sedicenti “frugali” c’è la ben più potente mano tedesca, che ha usato i “nanerottoli uniti” per imbavagliare un “paese grande” senza doversi esporre più di tanto (anzi, facendo la parte del “poliziotto buono”).Vediamo il meccanismo infine approvato: quando, in autunno, ogni governo proporrà il suo “Piano nazionale di riforme”, precondizione per accedere al Recovery Fund, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base a quanto rispetta le indicazioni comunitarie in materia di politiche verdi, digitali e, soprattutto, delle raccomandazioni Ue 2019-2020. Per l’Italia, in particolare, si tratterà di mettere in campo le riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità. A scanso di equivoci, visto che si tratta di ridurre sul lungo periodo un debito pubblico che in questo frangente necessariamente aumenta, si parla di tagli draconiani su tutti questi capitoli (che costituiscono del resto, come in ogni paese europeo, il grosso della spesa pubblica). Altro che “autunno caldo”, potremmo avere parecchi anni vulcanici, come temperatura sociale oggettiva…Fin qui, il giudizio sulla “ammissibilità” o meno dei singoli piani nazionali spettava alla Commissione Europea, insomma il “governo” comunitario guidato dalla von der Leyen. Ora, accettando di fatto la posizione olandese (e tedesca, altrimenti non sarebbe mai passata), il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata. In pratica basta un gruppo di paesi che rappresenta il 35% della popolazione dei 27 a bloccare ogni singola erogazione delle “rate” del Recovery. I “frugali” non dispongono di quelle dimensioni, perciò è chiarissimo che questo meccanismo prevede l’intervento di un “grande paese”, con capitale Berlino. A sua discrezione… Nei fatti, le singole decisioni sui pagamenti della Commissione dovranno essere confermate dagli sherpa dei ministeri delle finanze della zona euro (Efc) «per consenso»: non proprio un “diritto di veto”, ma qualcosa che ci somiglia molto. Non a caso, al momento dell’ennesima sospensione notturna, il testo dell’accordo recitava: «Se uno o più governi» dovessero vedere «serie deviazioni dai target», avrebbero potuto chiedere che la situazione di un singolo paese venga poi discussa al successivo Consiglio Europeo, mentre la Commissione avrebbe dovuto bloccare i pagamenti.Al di là dei giochini da azzeccagarbugli – classici, anche a questo livello, visto che la Ue è un sistema di “contratti”, più che di trattati – ne esce rafforzatissima la “sorveglianza” sui singoli paesi, a partire ovviamente da quelli mediterranei, che hanno gli scostamento più significativi rispetto ai parametri di Maastricht. Lo si vede anche dalla dimensione dei “rebates” (sconti sui contributi nazionali da versare nella “cassa comune europea”) di cui usufruiscono da anni molti “frugali” e che escono fortemente aumentati da questo “accordo”. Il tutto con una torsione dello stesso funzionamento istituzionale della Ue, perché il baricentro della governance viene spostato dalle strutture comunitarie a “gruppi di paesi” sufficientemente decisi a inchiodare un “partner” considerato un concorrente da disossare. Una furbata, in apparenza, ma che rischia di diventare ben presto una miscela esplosiva per tensioni interne che, si è visto, nessuno è in grado di governare davvero con soddisfazione di tutti gli interessi in campo. Naturalmente la narrazione subito messa in campo dice l’esatto opposto. “Vittoria”, “isolamento dei frugali” e sciocchezze varie inventate di sana pianta. Un cerotto su ferite sanguinose che si vedranno a breve termine, peraltro.Già alla fine dell’anno, infatti, ci potrebbe essere il primo stop sulla prima rata da riscuotere – ben che vada – a metà del prossimo anno, quando gli effetti della crisi sul sistema produttivo e la tenuta sociale di molti paesi, a partire dal nostro, saranno già esplosi. Che questa narrazione sia fasulla, lo si è visto proprio dagli schieramenti in campo a Bruxelles, dove “europeisti” e “populisti” si sono allegramente mescolati tra loro per affermare, semplicemente, il massimo dell’interesse puramente nazionale. E altrettanto avviene in Italia, con Berlusconi e Meloni “comprensivi” con il governo e il solo Salvini a fingere una bellicosità critica a fini puramente elettorali. I capitoli su cui ogni governo dovrà mettere le mani sono chiarissimi, scritti neri su bianco: pensioni (quelle in essere, visto che quelle future sono già quasi azzerate), istruzione, sanità, mercato del lavoro, amministrazione pubblica e “giustizia” da efficientare per garantire che le imprese non restino impigliate in processi civili dalla durata decennale. Le “misure impopolari” che anche il governo Conte aveva in preparazione (ma non annunciate, chissà perché…), e che anche Mark Rutte apprezzava, saranno la quotidianità per lungo tempo. La Grecia del 2015, del resto, è stata sacrificata proprio per costituire un precedente inequivocabile. Ora tocca a noi, e non solo a noi…(Dante Barontini, “Da oggi in poi ci governa Berlino”, analisi pubblicata da “Contropiano” e ripresa da “Come Don Chisciotte” il 21 luglio 2020).Come sarebbe andata a finire lo si poteva capire già nella notte di domenica, quando Giuseppe Conte, rivolgendosi all’olandese Mark Rutte, ha detto: «Il mio paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato», aggiungendo il dubbio che «si voglia piegare il braccio a un paese perché non possa usare i fondi». In quel momento è stato inevitabile ripensare ad Alexis Tsipras, in un’altra notte di luglio, quella del 2015, che nella stessa sede (solo qualche faccia diversa) si era alzato togliendosi la giacca per porgerla alla Merkel sbottando: «A questo punto, prendetevi anche questa…». Poi, com’è noto, la Troika si precipitò rapace su Atene, assumendone il pieno controllo e dando il via al saccheggio di tutto quel che di pubblico poteva essere svenduto (porti, aeroporti, centrali, ecc), tagliato (salari, sanità e pensioni), impegnato. All’Italia di Conte è andata leggerissimamente meglio, in apparenza, visto il diverso peso economico in Europa – terza economia dell’Unione – che renderebbe il tracollo senza freni di questo Paese un detonatore devastante per tutti, più della pandemia. Ma per separare con chiarezza la realtà di quanto “concordato” dalla “narrazione” che ne viene fatta già a botta calda, sarà bene vedere i singoli punti del compromesso finale, firmato alle 5.32 del mattino, al quinto giorno di un vertice che doveva durarne due.
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Magaldi: gli apprendisti stregoni del Covid hanno già perso
«Gli apprendisti stregoni che hanno provato a usare il Covid come cavallo di Troia per cinesizzare l’Occidente possono rassegnarsi: hanno già perso, anche nel caso in cui il loro nemico numero uno, Donald Trump, non dovesse essere rieletto». Se lo dice Gioele Magaldi, sostenitore di Trump nel 2016 – quando si trattava di fermare Hillary Clinton – c’è da drizzare le antenne: significa che l’establishment Usa, anche quello anti-trumpiano, ha varcato il Rubicone. Ovvero: indietro non si torna. Fine dell’accondiscendenza illimitata verso lo strapotere di Pechino, “drogato” dal decisivo aiuto (occidentale, americano) fornito a suo tempo dai massoni reazionari della “Three Eyes”, in primis il fuoriclasse Kissinger, decisi a fare della Cina post-maoista una specie di Frankenstein, un mix di turbo-capitalismo di Stato in mano a un regime dittatoriale. Modello perfetto, per gli amanti dell’horror: il paradiso degli oligarchi, ideale per rimpiazzare la democrazia occidentale. Fino a ieri, c’erano riusciti truccando le regole: la Cina fu ammessa nel Wto senza obblighi democratici, senza sindacati, senza leggi a tutela dell’ambiente e con clamorosi aiuti in termini di know-how industriale. Il piano: farne la manifattura del mondo, mettendo in crisi i lavoratori occidentali e i loro diritti. Dumping spietato: concorrenza sleale, grazie a prodotti a bassissimo costo. Poi è arrivato Trump, con il suo “America First”. Cocente, l’umiliazione inflitta Xi Jinping con l’imposizione dei dazi. Un minuto dopo, è esploso il coronavirus a Wuhan. La notizia? Ormai l’hanno capito tutti, a cosa doveva servire il Covid.Chi crede ancora alla Befana e ai giochini per la prima infanzia – Trump il puzzone, cattivo e razzista, combattuto da legioni di eroici paladini della giustizia – può a fare a meno di seguire le esternazioni di Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale. Nel saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere sulla scorta di 6.000 pagine di documenti riservati, ha chiarito qual è il campo di gioco: a tirare le fila sono una quarantina di superlogge mondiali, da cui discendono – a valle – le tante entità paramassoniche (dal Bilderberg alla Trilaterale, dalla Chatham House al Council on Foreign Relations) erroneamente considerate onnipotenti. Ancora più sotto stanno governi, partiti, singoli leader. I loro margini operativi sono minimi: destra o sinistra, le decisioni che contano vengono prese a monte. Tra i grandi centri del potere visibile, aperto e contendibile con le elezioni, il più importante resta la Casa Bianca. «Trump è un “cavallo pazzo”, e siede a Washington grazie alla massoneria progressista che lo appoggiò perché, a differenza di Hillary, poteva sparigliare le carte, mettere fine all’ipocrisia finto-progressista dei democratici e tutelare i lavoratori americani massacrati da questa globalizzazione taroccata». Missione compiuta: ha tagliato le tasse, aumentato il deficit e realizzato la piena occupazione. Restava la mossa finale, fermare Pechino. Detto fatto: ed ecco il freno all’export cinese. Una dichiarazione di guerra, a cui gli oligarchi – dietro il paravento dell’Oms – hanno riposto con il virus e la sua gestione “terroristica”.«La prima vittima dell’operazione-Covid – dice Magaldi, in web-streaming su YouTube – doveva essere proprio Trump, “colpevole” di aver fermato l’avanzata neo-imperiale della Cina. Nel mirino però c’era l’intero Occidente, dove si sperava di ridurre stabilmente la libertà con la scusa della sicurezza sanitaria». Magaldi però annuncia che ora il peggio è passato: «L’establishment Usa, non solo quello trumpiano, ha ormai compreso che non è possibile rassegnarsi all’egemonia politico-economica della Cina di Xi Jinping, dove non c’è ombra di democrazia». Un obiettivo storico: creare un “mostro” di efficienza economica che fungesse da modello per un Occidente non più democratico. «Di fronte allo “stop” imposto finalmente da Trump – accusa Magaldi – un minuto dopo è scattata la pandemia a Wuhan, sotto gli occhi dell’Oms: e ormai, nel potere americano, tutti si sono accorti di questa clamorosa sincronicità». Magaldi è ottimista: «Indietro non si tornerà, neppure nel caso dovesse finire alla Casa Bianca l’evanescente Joe Biden: non rivivremo più la situazione pre-Covid, in cui alla Cina si consentiva di invadere impunemente i nostri mercati grazie al poderoso sostegno delle banche statali di Pechino».Nella sua analisi, Magaldi ribadisce che Trump era (e resta) il primo obiettivo del “partito del Covid”: «Si erano illusi – dice – che bastasse abbattere l’attuale presidente, per ripristinare lo strapotere del network, anche occidentale e statunitense, che conta sulla Cina come modello alternativo al nostro, verso una società meno libera e dominata da una durissima disciplina sociale». Insiste il leader “rooseveltiano”: «Questi nemici di Trump, che sono massoni “neoaristocratici”, hanno già perso in partenza, anche qualora Trump dovesse mancare l’obiettivo della rielezione alla Casa Bianca». Certo, ci sarà comunque da ballare parecchio: «Prepariamoci a vivere un’estate ricca di colpi di scena, a livello mondiale ma anche europeo e italiano». A proprosito di Belpaese: a Giuseppe Conte, nelle prossime ore il Movimento Roosevelt presenterà il suo “ultimatum”, lungamente annunciato: in pratica, si tratta di una serie di misure salva-Italia, applicabili subito. Il pacchetto di proposte sarà presentato «non appena sarà terminata questa grottesca messinscena dell’ultimo vertice Ue, che servirà solo a propiziare “botte da orbi” per il governo italiano». Magaldi boccia Conte senza riserve: «E’ un personaggio stucchevole, un narcisista che vive di superficialità assoluta e tradisce la sua imbarazzante insipienza. Oggi poi in Europa fa una voce grossa che non ha, ed è seduto su un ramo che gli stanno già segando».In sintesi: «L’umiliazione non è di Conte ma dell’Italia, che ha un premier a cui non affiderei nemmeno un condominio». Scontato che torni a Roma con in mano un pugno di mosche, mentre nelle retrovie del grande potere – quello che conta – si segnala «l’altissimo profilo che sta tenendo Mario Draghi, candidato naturale alla successione a Mattarella». Non a caso, Papa Bergoglio ha appena inserito Draghi nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, prestigiosa consulta vaticana «retta da un prodiano», il bolognese Stefano Zamagni. Per Magaldi, il messaggio di Bergoglio è esplicito: «Promuovendo Draghi, il pontefice chiede a Romano Prodi – che brama il Quirinale, e per questo è pronto a “riabilitare” persino Berlusconi, sperando di procacciarsene i voti – di dimostrarsi all’altezza dell’ex presidente della Bce, che nell’ultimo anno è stato capace di ammettere i suoi gravi errori, mettendosi a disposizione di un progetto di rinascita nazionale, socio-economica e democratica». Lo storico liquidatore dell’Iri resta ben lontano dalle vette toccate da Draghi: «Romano Prodi è un massone conservatore e oligarchico, quindi un contro-iniziato di lusso», afferma il presidente “rooseveltiano”, Gran Maestro del Grande Oriente Democratico.«Come Draghi, l’ex leader dell’Ulivo ha partecipato alla disastrosa privatizzazione dell’Italia e all’instaurazione dell’ordoliberismo eurocratico fondato sull’austerity, ma a differenza di Draghi – che se n’è emendato, giungendo a cambiare a casacca impegnandosi con la massoneria progressista – Prodi non ha mostrato la capacità di ammettere i suoi errori: anzi, nel suo ambire al Quirinale (per la terza volta) dimostra solo di essere dominato dal desiderio, che in termini esoterici è la base della cattiva stregoneria». Per Magaldi, «Prodi resta un nemico di abbattere, a meno che non si arrenda e compia una conversione come quella di cui è stata capace Christine Lagarde, altra esponente della massoneria reazionaria passata al fronte progressista». Quanto a Conte, pesce piccolissimo nell’acquario del potere visto che «si limita a eseguire ordini», nelle prossime ore riceverà “l’ultimatum” del Movimento Roosevelt. «Conterrà indicazioni precise su come agire, in modo immediato, per evitare in autunno il disastro socio-economico della nazione. Qualora non ci ascoltasse – avverte Magaldi – Conte se la vedrà con la Milizia Rooseveltiana, nelle piazze: se gli “apprendisti stregoni” del Covid e la loro “polizia sanitaria” speravano di trasformare gli italiani in pecore ubbidienti, si accorgeranno di dover fare i conti con lupi gagliardi e determinati».Chi crede alla Befana può anche continuare a credere che Giuseppe Conte sia una specie di leader, anziché un cameriere destinato a sparire dalla scena senza lasciare traccia. Può pensarlo chi è così cieco da immaginare che sia un semplice incidente, l’enormità del lockdown mondiale: un cortocircuito epocale, senza precedenti nella storia, con ripercussioni mostruose sugli equilibri economici, sociali e geopolitici del pianeta. E sono ancora le famose fette di prosciutto davanti agli occhi a suggerire, ai non vedenti, l’idea che il premier olandese Mark Rutte, «massone reazionario», sia davvero frenato in qualche modo dalla collega e “sorella” Angela Merkel, che finge di mediare tra falchi e colombe con l’unico obiettivo di inguaiare l’Italia, cioè l’unico peso massimo europeo rimasto senza aiuti, con imprese alla canna del gas e un governo-fantasma, agli ordini delle direttive “cinesi” dell’Oms. Uno spettacolo penoso, dal finale scontato: il disastro economico. «Proprio per questo – chiosa Magaldi – c’è chi sogna una “seconda ondata” per poter imporre in autunno un nuovo lockdown». Ma ha fatto male i suoi conti, avverte il leader “rooseveltiano”: ogni mossa, in questa recita drammatica, avrà un prezzo carissimo. E in ogni caso, “lassù”, la decisione è presa: Trump o non Trump, il “partito del rigore” (ieri finanziario, oggi psico-sanitario) non riuscirà a trasformarci in neo-sudditi orwelliani.«Gli apprendisti stregoni che hanno provato a usare il Covid come cavallo di Troia per cinesizzare l’Occidente possono rassegnarsi: hanno già perso, anche nel caso in cui il loro nemico numero uno, Donald Trump, non dovesse essere rieletto». Se lo dice Gioele Magaldi, sostenitore di Trump nel 2016 – quando si trattava di fermare Hillary Clinton – c’è da drizzare le antenne: significa che l’establishment Usa, anche quello anti-trumpiano, ha varcato il Rubicone. Ovvero: indietro non si torna. Fine dell’accondiscendenza illimitata verso lo strapotere di Pechino, “drogato” dal decisivo aiuto (occidentale, americano) fornito a suo tempo dai massoni reazionari della “Three Eyes”, in primis il fuoriclasse Kissinger, decisi a fare della Cina post-maoista una specie di Frankenstein, un mix di turbo-capitalismo di Stato in mano a un regime dittatoriale. Modello perfetto, per gli amanti dell’horror: il paradiso degli oligarchi, ideale per rimpiazzare la democrazia occidentale. Fino a ieri, c’erano riusciti truccando le regole: la Cina fu ammessa nel Wto senza obblighi democratici, senza sindacati, senza leggi a tutela dell’ambiente e con clamorosi aiuti in termini di know-how industriale. Il piano: farne la manifattura del mondo, mettendo in crisi i lavoratori occidentali e i loro diritti. Dumping spietato: concorrenza sleale, grazie a prodotti a bassissimo costo. Poi è arrivato Trump, con il suo “America First”. Cocente, l’umiliazione inflitta Xi Jinping con l’imposizione dei dazi. Un minuto dopo, è esploso il coronavirus a Wuhan. La notizia? Ormai l’hanno capito tutti, a cosa doveva servire il Covid.
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Sale lo spread e arriva Draghi: soluzione pronta per l’Italia
«Se Mario Draghi ha accettato di incontrare Luigi Di Maio e l’ha autorizzato a rendere noto l’incontro non è perché gliel’ha chiesto Di Maio. Deve averglielo chiesto qualcuno di molto, ma molto più autorevole. E dunque qualcuno cui non si poteva dire di no. Per sentirsi chiedere dal capo grillino di sostituire presto Conte al vertice di un esecutivo di larghe intese, gestire per due anni l’emergenza della ripresa e poi essere nominato al Quirinale al posto dell’uscente Mattarella. Sarebbe un bel percorso». Questa la lettura che, sul “Sussidiario”, offre dell’ultimo round italo-europeo un giornalista di lunga esperienza come come Sergio Luciano, già responsabile delle pagine politico-economiche della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e di “Repubblica”. Punto di partenza, l’ennesimo pugno di mosche rimediato da Conte a Bruxelles. In primis, Luciano chiarisce un equivoco legato all’espressione Recovery Fund: «Letteralmente “recovery” significa recupero», e quindi «soldi che ci vengono dati per poi recuperarne la gran parte». Più prestito che dono, insomma. E dato che «i partner dell’Unione politica più sgangherata del mondo non hanno alcuna fiducia l’uno dell’altro, ecco che alcuni Stati, definiti frugali ma che tali non sono affatto, si sono di buon grado accollati il ruolo dei guastafeste».Paesi come l’Olanda di Mark Rutte, che assorbono immense risorse italiane grazie al dumping fiscale, «contrastano senza mezzi termini la pretesa italiana (e non solo) di poter prendere questi soldi senza dare alcuna garanzia sulle modalità attraverso le quali ciascuno Stato debitore può ragionevolmente impegnarsi a restituirli». Proprio l’Olanda, aggiunge Luciano, «è un vergognoso caso di paradiso fiscale infra-europeo, uno di quelli che se i Trattati fossero stati scritti con la testa e non con i piedi, avrebbe dovuto essere messo al bando o ricondotto a disciplina fiscale ordinaria». Ma tant’è: gli olandesi ci sono, restano, pesano e passano pure per frugali. In sostanza, Rutte dice che l’Italia deve impegnarsi con un piano di riforme serissimo, «tanto più severo quanto meno credibile è la buona volontà italiana di por mano agli handicap pluridecennali che stanno soffocando la nostra economia». E quindi un piano particolareggiato, da monitorare nel suo andamento. «Il governo italiano pretende di poter incassare l’abbondante fetta di Recovery Fund che ci spetterebbe, 172 miliardi su 750, senza prendere in cambio alcun impegno gestionale sull’economia». Gli olandesi, invece, ripetono che prima dobbiamo presentare riforme credibili, poi dimostrare di essere capaci di attuarle (e solo dopo saremo finanziati).Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, sta mediando. E ora, scrive sempre Luciano, ha proposto una cosa che sembra un assist al governo italiano. Cioè: ogni paese fa i piani che vuole e li presenta senza dover temere il “niet” degli altri. Strada facendo, i partner potranno controllare l’attuazione delle riforme nello Stato sotto indagine e, se necessario, bloccare l’erogazione dei fondi. «Insomma: luce verde per avere i soldi, luce rossa – se serve – qualora li spendessimo male». In realtà, aggiunge Luciano, il diavolo è nei dettagli: «A Bruxelles sanno perfettamente che l’Italia, accalappiata com’è in un nodo gordiano di ingestibile burocrazia, non sarà mai in grado di presentare un piano sostenibile. Quindi, per carità di patria, anzi di Unione, possono addivenire all’idea che sui piani non si va per il sottile e si sganciano i primi soldi, riservandosi però il diritto di chiudere i rubinetti quando sarà palese che le promesse della prima ora sono state vane».Nel frattempo, si fa notare la presidente della Bce, Christine Lagarde: «Ai giornalisti che le chiedevano se i modesti importi (relativamente modesti) che settimanalmente la banca centrale tramite le sue affiliate spende per rilevare Bond statali sono sufficienti, ha detto di sì. E se considera sufficienti importi che non riescono a ridurre sotto la soglia dei 170 punti base lo spread italiano – scrive ancora Luciano – vuol dire che si prepara a utilizzare la leva dello spread, lo spauracchio numero uno, per costringere l’Italia a rientrare ne ranghi. Ma con quale governo? Con questa compagine di sprovveduti? Improbabile». Per Luciano, «rimane una speranza e anche un’incognita», cioè il governo Draghi. Innescato dalla crisi dello spread come quello (nafasto) di Monti nel 2011, ma stavolta dal segno opposto: sempre dallo spread si partirebbe – questa è l’ipotesi – ma per invertire la rotta: sarebbe dunque Draghi il garante ideale, l’uomo giusto per convincere l’Ue a cambiare le regole. A fine marzo, l’ex capo della Bce mise le carte in tavola in un editoriale sul “Financial Times”: di fronte al Covid (cioè al lockdown) c’è solo una possibilità, e cioè finanziare gli Stati con miliardi da non restituire più. Sarà dunque lo spread manovrato dalla Lagarde a spingere Mattarella a licenziare Conte e invitare Draghi a Palazzo Chigi?«Se Mario Draghi ha accettato di incontrare Luigi Di Maio e l’ha autorizzato a rendere noto l’incontro non è perché gliel’ha chiesto Di Maio. Deve averglielo chiesto qualcuno di molto, ma molto più autorevole. E dunque qualcuno cui non si poteva dire di no. Per sentirsi chiedere dal capo grillino di sostituire presto Conte al vertice di un esecutivo di larghe intese, gestire per due anni l’emergenza della ripresa e poi essere nominato al Quirinale al posto dell’uscente Mattarella. Sarebbe un bel percorso». Questa la lettura che, sul “Sussidiario“, offre dell’ultimo round italo-europeo un giornalista di lunga esperienza come Sergio Luciano, già responsabile delle pagine politico-economiche della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e di “Repubblica”. Punto di partenza, l’ennesimo pugno di mosche rimediato da Conte a Bruxelles. In primis, Luciano chiarisce un equivoco legato all’espressione Recovery Fund: «Letteralmente “recovery” significa recupero», e quindi «soldi che ci vengono dati per poi recuperarne la gran parte». Più prestito che dono, insomma. E dato che «i partner dell’Unione politica più sgangherata del mondo non hanno alcuna fiducia l’uno dell’altro, ecco che alcuni Stati, definiti frugali ma che tali non sono affatto, si sono di buon grado accollati il ruolo dei guastafeste».
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Della Luna: svendere l’Italia, Berlusconi complice del Pd?
Il premier olandese Rutte e suoi colleghi rigoristi del Nord Europa hanno affermato e ripetuto che l’Italia deve cavarsela da sola, non può ricevere aiuti ma solo prestiti da rimborsare. Da questa affermazione faccio partire quattro filoni di considerazioni. Primo filone. L’Italia avrebbe bisogno che l’Olanda e altri paesi rispettassero la collaborazione tributaria e che non si prestassero, come paradisi fiscali, per consentire a imprese che lavorano e guadagnano in Italia di non pagare le tasse in Italia, ma da loro. Avrebbe anche bisogno che venissero rispettate le regole sui limiti all’attivo commerciale, sistematicamente violate, in passato, dalla Germania. Cioè avrebbe bisogno che i paesi egemoni dell’Unione Europea smettessero di agire da paesi-canaglia e restituissero perlomeno il maltolto tributario. Secondo filone: l’Italia ha duramente bisogno di moneta affinché gli operatori economici, Stato incluso, possano pagare i debiti contratti internamente e fare investimenti in una fase di contrazione della liquidità; la moneta si produce a costo zero; l’Italia potrebbe produrne quanta gliene serve senza violare i trattati europei, in forma di moneta interna; il governo non lo fa perché serve interessi stranieri, e preferisce prenderla a prestito indebitando il paese verso l’estero per poterlo svendere.Terzo filone: l’Italia prenderà importanti prestiti sia dal Mes che dal Recovery Fund; questa grossa somma sarà nelle mani di partiti politici che si reggono su comitati d’affari dediti alle ruberie, e per giunta in una situazione in cui sono costretti a usare il denaro clientelarmente e assistenzialmente per assicurarsi voti alle prossime elezioni. Il denaro preso a prestito e speso in tal modo produrrà consenso e rielezione, e probabilmente la conferma della coalizione di governo nel breve termine; ma non produrrà un recupero economico, appunto perché speso improduttivamente; perciò, quando sarà da restituire, diciamo tra due o tre anni, l’economia sarà fiacca e saranno dolori per i cittadini, mentre sarà un nuovo Bingo per i politicanti di governo, i quali, avendo da gestire una campagna di privatizzazioni e svendite a capitali tedeschi, olandesi, francesi per rimborsare quei prestiti, potranno realizzare grandi guadagni di intermediazione politica da coloro che compreranno a man bassa approfittando di questa situazione. I virtuosi sciacalli rigoristi prevedono e calcolano sulla corruttibilità e sulla inettitudine della classe politicante italiana per prendersi quel che ancora non hanno preso.Quarto filone: alcuni ipotizzano che l’attuale campagna-di-verità sulla magistratura attraverso la rivelazione delle intercettazioni compromettenti, soprattutto sul versante politico, sia la parte italiana della operazione Obamagate, mirante a colpire chi appoggiò Obama contro Trump nella vicenda sull’Ucraina, ossia Renzi e soci, compreso Gentiloni. Altri dicono che sia invece un’operazione dei servizi segreti tedeschi e francesi perché Silvio Berlusconi, che si è fatto filo-tedesco e filo-europeo, ora chiederebbe un compenso come riabilitazione (senatore a vita) per entrare col suo partito nella maggioranza di governo, sostituendo in tutto o in parte i grillini, divisi sulla suddetta operazione di svendita. Io ho qualche dubbio che le cose possano stare così, e per due ragioni. La prima: già in passato Berlusconi si era reso servo di Berlino lasciando il posto a Monti, votandolo e appoggiando la sua politica anti-italiana e filo-tedesca; eppure, proprio in quel periodo fu umiliato, condannato, espulso dal Parlamento e mandato a servire in un ospizio. La seconda ragione: Berlusconi è orgoglioso, ha amor proprio, non ha bisogno di soldi e dubito che concluderebbe la sua carriera politica facendo qualcosa che lo consegnerebbe alla storia con l’infamia totale e definitiva del tradimento. Però al peggio non c’è limite.(Marco Della Luna, “Il prezzo di un Silvio”, dal blog di Della Luna del 3 luglio 2020).Il premier olandese Rutte e suoi colleghi rigoristi del Nord Europa hanno affermato e ripetuto che l’Italia deve cavarsela da sola, non può ricevere aiuti ma solo prestiti da rimborsare. Da questa affermazione faccio partire quattro filoni di considerazioni. Primo filone. L’Italia avrebbe bisogno che l’Olanda e altri paesi rispettassero la collaborazione tributaria e che non si prestassero, come paradisi fiscali, per consentire a imprese che lavorano e guadagnano in Italia di non pagare le tasse in Italia, ma da loro. Avrebbe anche bisogno che venissero rispettate le regole sui limiti all’attivo commerciale, sistematicamente violate, in passato, dalla Germania. Cioè avrebbe bisogno che i paesi egemoni dell’Unione Europea smettessero di agire da paesi-canaglia e restituissero perlomeno il maltolto tributario. Secondo filone: l’Italia ha duramente bisogno di moneta affinché gli operatori economici, Stato incluso, possano pagare i debiti contratti internamente e fare investimenti in una fase di contrazione della liquidità; la moneta si produce a costo zero; l’Italia potrebbe produrne quanta gliene serve senza violare i trattati europei, in forma di moneta interna; il governo non lo fa perché serve interessi stranieri, e preferisce prenderla a prestito indebitando il paese verso l’estero per poterlo svendere.
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Democrazia e liberazione: il memorabile 25 aprile 2020
Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Greta Thunberg, Giuseppe Piero Grillo detto Beppe, Romano Prodi, Vittorio Colao, Massimo D’Alema, Henry Kissinger, Giorgio Napolitano, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Wolfgang Schäuble, Paolo Gentiloni, Eugenio Scalfari, Marco Travaglio, Antonio Di Pietro, Mark Carney, William Henry Gates III detto Bill, Giuliano Amato, Emmanuel Macron, Josè Maria Aznar, Matteo Renzi, Enrico Letta, Gianni Letta, Fabio Fazio, Dietlinde Gruber detta Lilli, Gerhard Schröder, Alexis Tsipras, Vittorio Grilli, Corrado Formigli, Ray Dalio, Milena Gabanelli, Jeff Bezos, Laurence Fink detto Larry, Ronald O’Hanley, Giovanni Floris, Elsa Fornero, Mortimer Buckley, John David Rockefeller, Federico Fubini, Antonio Martino, Marcello Dell’Utri, Beatrice Lorenzin, Virginia Raggi, Carlo Cottarelli, Carola Rackete, Franco Bassanini, Vittorio Grilli, Barack Hussein Obama.
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Bin Laden massone, Kevin Spacey silurato dal Bohemian
Tutti a gonfiare il coro istituzionale contro le cosiddette “fake news” provenienti dal web, ma tutti zitti se la valanga del gossip al veleno travolge un monumento del cinema come Woody Allen. O magari un altro big di Hollywood del calibro di Kevin Spacey, messo fuori gioco – combinazione – dopo che la seguitissima serie di cui era protagonista, “House of Cards”, un successo platenario, aveva appena evocato l’ombra del super-potere massonico dietro alla Casa Bianca. “Fake news”? Maneggiare con cura, specie se a bandire l’attuale crociata è questo mainstream reticente e asservito, negazionista e tendenzioso: stampa e network televisivi sono sempre stranamente “distratti” di fronte alle verità più imbarazzanti. Una delle peggiori? Osama Bin Laden socio dei Bush: non solo per affari di petrolio, ma anche di terrorismo. Possibile? «Eccome. Così com’è assolutamente pacifico il fatto che Bin Laden fosse massone». Lo afferma Gioele Magaldi, autore del besteller “Massoni” pubblicato da Chiarelettere a fine 2014. Il capo di Al-Qaeda in grembiulino? «Senz’altro. Fu iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes” da quel grande stratega americano che fu Zbigniew Brzezinski, “mente” geopolitica dell’amministrazione Carter, poi “king maker” per l’elezione di Wojtyla al soglio pontificio e infine ispiratore della candidatura Obama».E’ un fiume in piena, Magaldi, nella diretta radiofonica “Massoneria on Air” ai microfoni di “Colors Radio” il 29 gennaio. «Scusi, ma lei come fa a dire che Bin Laden era massone?», lo incalza un ascoltatore. «Lo seppi direttamente da chi lo iniziò», risponde Magaldi: «Fu Brzezinski a rivelarmelo», mostrandogli anche la documentazione comprovante l’affiliazione di Bin Laden alla “Three Eyes”, superloggia neo-conservatrice alla quale, secondo Magaldi, appartengono eminenti figure dell’attuale panorama istituzionale – fra gli italiani, Mario Draghi e Giorgio Napolitano, insieme a Marta Dassù (Finmeccanica) e Gianfelice Rocca (Techint e Assolombarda), fino all’ex ministra renziana Federica Guidi. Un peso massimo, la “Three Eyes” (leader storico, Henry Kissinger) nell’ispirazione delle politiche neo-feudali e neoliberiste, fedelmente “eseguite” da personaggi come la francese Christine Lagarde (Fmi), l’americana Condoleezza Rice, il portoghese Pedro Passos Coelho, l’ex premier greco Antonis Samaras, l’olandese Mark Rutte. Ma Bin Laden? «Fu “reclutato” da Brzezinski per essere impiegato in Afghanistan in chiave anti-sovietica», poi però lo stesso Bin Laden lasciò la “Three Eyes”, spiazzando Brzezinski, per approdare alla “Hathor Pentalpha” fondata dai Bush.La “Hathor” è la “loggia del sangue della vendetta” sospettata di aver orchestrato il maxi-attentato dell’11 Settembre. Secondo Magaldi vi fanno parte l’inglese Blair, il francese Sarkozy, il turco Erdogan e lo stesso Abu Bakr Al-Bahdadi, il fantomatico capo dell’Isis, cioè l’ultima incarnazione della “strategia della tensione internazionale” che ha suscitato sconcerto persino tra i falchi della destra economica super-massonica. «Posso provare ogni mia affermazione, esibendo 6.000 pagine di documenti», assicura Magaldi. Qualcuno gliene ha fatto richiesta? Nessuno, mai. Silenzio assoluto, anche sui giornali, di fronte a notizie teoricamente esplosive, perché consentono di mappare il vero potere e smascherare molta ipocrisia ufficiale. Ma il mainstream, semplicemente, tace. Preferisce frugare tra le lenzuola di Woody Allen, fingendo di ignorare l’ipotesi più ovvia, «e cioè che Mia Farrow, moglie abbandonata, gli abbia “messo contro” i figli adottivi per metterlo in cattiva luce». Addirittura sinistro il caso di Spacey, anche lui accusato di molestie, dopo che “House of Cards” ha lasciato intravedere il ruolo del Bohemian Club, «nota associazione paramassonica mondialista che è lo schermo di alcune potentissime Ur-Lodges neo-aristocratiche».Per Magaldi, questo «nuovo maccartismo, di strano segno» non ha giustificazioni: «Le “bufale” esistono, per carità, ma – se costituiscono diffamazione – sono perseguibili per legge. Altra cosa, invece, è questo clima infame, da caccia alle streghe, degno dei regimi polizieschi di sovietica memoria: un metodo “perfetto”, per far fuori chiunque sia scomodo, prendendo per buone le accuse di qualcuno che ce l’ha con te e, per distruggerti, riesuma episodi vecchi di trent’anni. Hai voglia a difenderti in tribunale: finisci alla berlina all’istante, emarginato». Sta accadendo a Woody Allen, ormai in difficoltà con la distribuzione del suo ultimo film, anche per colpa di «attori anche mediocri, o magari vincitori di un Oscar proprio grazie a lui, che oggi lo scaricano in una gara di zelo verminoso, come fosse un appestato da mettere al bando». Il guaio? «Questo meccanismo, fondato sulla delazione indiscriminata e senza controllo, rende tutti più vulnerabili». Un sospetto: «Penso che alcune “manine” americane abbiano soffiato sul fuoco, per creare un clima adatto a eliminare personaggi non graditi al potere». “Manine” americane, fino agli esecutori italiani: «Da noi, grazie all’ineffabile Minniti, sarà la polizia – non la magistratura – a stabilire se una notizia web è vera o no. Siamo al Ministero della Verità di Orwell, sembra di tornare ai tempi dell’Inquisizione». E nel frattempo, silenzio di tomba sulle notizie più indigeste. Bin Laden? Ma certo, il fanatico islamico: il capo dei cattivi.Tutti a gonfiare il coro istituzionale contro le cosiddette “fake news” provenienti dal web, ma tutti zitti se la valanga del gossip al veleno travolge un monumento del cinema come Woody Allen. O magari un altro big di Hollywood del calibro di Kevin Spacey, messo fuori gioco – combinazione – dopo che la seguitissima serie di cui era protagonista, “House of Cards”, un successo platenario, aveva appena evocato l’ombra del super-potere massonico dietro alla Casa Bianca. “Fake news”? Maneggiare con cura, specie se a bandire l’attuale crociata è questo mainstream reticente e asservito, negazionista e tendenzioso: stampa e network televisivi sono sempre stranamente “distratti” di fronte alle verità più imbarazzanti. Una delle peggiori? Osama Bin Laden socio dei Bush: non solo per affari di petrolio, ma anche di terrorismo. Possibile? «Eccome. Così com’è assolutamente pacifico il fatto che Bin Laden fosse massone». Lo afferma Gioele Magaldi, autore del besteller “Massoni” pubblicato da Chiarelettere a fine 2014. Il capo di Al-Qaeda in grembiulino? «Senz’altro. Fu iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes” da quel grande stratega americano che fu Zbigniew Brzezinski, “mente” geopolitica dell’amministrazione Carter, poi “king maker” per l’elezione di Wojtyla al soglio pontificio e infine ispiratore della candidatura Obama».
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Ur-Lodges, gli uomini al comando: la mappa del vero potere
Mario Draghi (classe 1947, presidente della Banca centrale europea dal 2011, affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Pan-Europa”, alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”, alla “Three Eyes” e alla “Der Ring”). Giorgio Napolitano (classe 1925, già presidente della Repubblica italiana, affiliato alla “Three Eyes”). Massimo D’Alema, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”. Mario Monti (classe 1943, economista, senatore a vita e presidente del Consiglio italiano dal 2011 al 2013, affiliato in forma più o meno coperta alla United Grand Lodge of England e alla Ur-Lodge “Babel Tower”). Fabrizio Saccomanni (classe 1942, banchiere, economista, già direttore generale della Banca d’Italia dal 2006 al 2013, dal 2013 al 2014 è stato ministro dell’economia del governo Letta, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e alla “Edmund Burke”). Pier Carlo Padoan (classe 1950, economista, dal 24 febbraio 2014 ministro dell’economia nel governo Renzi e nel governo Gentiloni, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”).Gianfelice Rocca (classe 1948, tra i più importanti imprenditori italiani, presidente di Techint e di Assolombarda, affiliato alla “Three Eyes”). Domenico Siniscalco (classe 1954, economista, banchiere, già ministro dell’economia dal 2004 al 2005, affiliato alla “Edmund Burke”). Giuseppe Recchi (classe 1964, top manager, affiliato alla “Three Eyes”). Marta Dassù (classe 1955, saggista, già sottosegretaria e viceministra degli affari esteri, attualmente nel cda di Finmeccanica, affiliata alla “Three Eyes”). Corrado Passera (classe 1954, banchiere, manager, politico, già ministro dello sviluppo economico dal 2011 al 2013 nel governo Monti, affiliato alla “Atlantis-Aletheia”). Ignazio Visco (classe 1949, economista, governatore della Banca d’Italia dal 2011, affiliato alla “Edmund Burke”).Enrico Tommaso Cucchiani (classe 1950, banchiere e top manager, affiliato alla “Three Eyes”). Alfredo Ambrosetti (classe 1931, economista, fondatore e presidente emerito di The European House-Ambrosetti, affiliano alla “Pan-Europa”).Carlo Secchi (classe 1944, economista e politico, affiliato alla “Three Eyes”, alla “Pan-Europa” e alla “Babel Tower”). Emma Marcegaglia (classe 1965, imprenditrice e top manager, affiliata alla “Pan-Europa”). Matteo Arpe (classe 1964, banchiere e top manager, affiliato alla “Edmund Burke”). Vittorio Grilli (classe 1957, economista, direttore generale del ministero del Tesoro dal 2005 al 2011 e ministro dell’economia con il governo Monti, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”). Giampaolo Di Paola (classe 1944, ammiraglio, ministro della difesa dal 2011 al 2013 con il governo Monti, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”). Federica Guidi (classe 1969, imprenditrice, già ministro dello sviluppo economico del governo Renzi, affiliata alla “Three Eyes”).Angela Merkel (classe 1954, politica, cancelliera tedesca dal 2005, affiliata alla “Golden Eurasia”, alla “Valhalla” e alla “Parsifal”). Vladimir Putin (classe 1952, attuale presidente della Federazione Russa, affiliato alla “Golden Eurasia”). Christine Lagarde (classe 1956, avvocatessa e politica francese, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, affiliata alla “Three Eyes” e alla “Pan-Europa”). George W. Bush (classe 1949, presidente degli Stati Uniti dal 2001 al 2009, affiliato alla “Hathor Pentalpha”). Michael Ledeen (classe 1941, giornalista, intellettuale e politologo statunitense, affiliato alla “White Eagle” alla “Hathor Pentalpha”). Condoleezza Rice (classe 1954, politica, affiliata alla “Three Eyes” e alla “Hathor Pentalpha”, già esponente di punta dell’amministrazione Bush). Abu Bakr Al-Baghdadi (classe 1971, terrorista iracheno, leader dell’Isis e Califfo dell’autoproclamato Stato islamico, affiliato alla “Hathor Pentalpha”).José Manuel Durão Barroso (classe 1956, portoghese, docente universitario, politico, presidente della Commissione Europea dal 2004 al 2014, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Parsifal”). Olli Rehn (classe 1962, politico finlandese, già vicepresidente della Commissione Europea, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Babel Tower”). Tony Blair (classe 1953, premier britannico dal 1997 al 2007, affiliato alla “Edmund Burke” e poi alla “Hathor Pentalpha”). David Cameron (classe 1966, premier britannico dal 2010, affiliato alla “Edmund Burke” e alla “Geburah”). Pedro Passos Coelho (classe 1964, primo ministro del Portogallo dal 2011, affiliato alla “Three Eyes”, alla “Edmund Burke” e alla “White Eagle”). Mariano Rajoy (classe 1955, primo ministro della Spagna dal 2011, affiliato alla “Pan-Europa”, alla “Valhalla” e alla “Parsifal”). Antonis Samaras (classe 1951, politico, già primo ministro della Grecia, affiliato alla “Three Eyes”). Jean-Claude Trichet (classe 1942, economista e banchiere francese, presidente della Bce dal 2003 al 2011, affiliato alla “Pan-Europa”, alla “Babel Tower” e alla “Der Ring”.Bernard Arnault (classe 1949, imprenditore francese, dominus della Louis Vuitton Moët Hennessy, affiliato alla “Three Eyes” e alla “Edmund Burke”). Nicolas Sarkozy (classe 1955, politico, presidente della Repubblica francese dal 2007 al 2012, affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Geburah”, alla “Atlantis-Aletheia”, alla “Pan-Europa” e alla “Hathor Pentelpha”). Manuel Valls (classe 1962, già primo ministro francese, iniziato a suo tempo nel Grand Orient de France e poi affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e alla “Der Ring”). Christian Noyer (classe 1950, banchiere, attuale governatore della Banca di Francia, affiliato alla “Pan-Europa”, e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”). Mark Rutte (classe 1967, primo ministro dei Paesi Bassi dal 2010, affiliato alla “Three Eyes” e alla “Pan-Europa”). Ben van Beurden (classe 1958, top manager olandese, ceo della Royal Dutch Shell, affiliato alla “Geburah” e alla “Der Ring”). Wolfgang Schäuble (classe 1942, politico, attuale ministro delle finanze tedesco, attuale maestro venerabile della “Der Ring”, affiliato alla “Joseph de Maistre”). Peter Voser (classe 1958, top manager olandese e ceo della Royal Dutch Shell, affiliato alla “Pan-Europa”). Bill Gates (classe 1955, imprenditore statunitense fondatore della Microsoft, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”).(Elenco sintetico di eminenti personalità italiane e internazionali affiliate a superlogge neo-conservatrici e reazionarie, fornito dal libro di Gioele Magaldi “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”. Secondo Magaldi, già “venerabile” della loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia e poi iniziato alla superloggia sovranazionale progressista “Thomas Paine”, le 36 logge madri di cui ha rivelato l’esistenza costituirebbero l’autentico “back-office” del potere mondiale. Nel dopoguerra e fino agli anni ‘70, sostiene Magaldi, la leadership internazionale è stata esercitata in questo ambito da strutture di orientamento progressista, rooseveltiano e keynesiano, con esiti misurabili in Europa dall’impegno di personaggi come l’inglese William Beveridge, “l’inventore” del welfare, e lo svedese Olof Palme, punta avanzata della miglior socialdemocrazia europea. Poi, dagli anni ‘80, anche gli esponenti della tradizione socialista – da Blair a D’Alema, da Manuel Valls allo stesso Napolitano – sarebbero stati affiliati a Ur-Lodge di segno neo-feudale e oligarchico, massime interpreti della globalizzazione più vorace e privatizzatrice).Mario Draghi (classe 1947, presidente della Banca centrale europea dal 2011, affiliato alla “Edmund Burke”, alla “Pan-Europa”, alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”, alla “Three Eyes” e alla “Der Ring”). Giorgio Napolitano (classe 1925, già presidente della Repubblica italiana, affiliato alla “Three Eyes”). Massimo D’Alema, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”. Mario Monti (classe 1943, economista, senatore a vita e presidente del Consiglio italiano dal 2011 al 2013, affiliato in forma più o meno coperta alla United Grand Lodge of England e alla Ur-Lodge “Babel Tower”). Fabrizio Saccomanni (classe 1942, banchiere, economista, già direttore generale della Banca d’Italia dal 2006 al 2013, dal 2013 al 2014 è stato ministro dell’economia del governo Letta, affiliato alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e alla “Edmund Burke”). Pier Carlo Padoan (classe 1950, economista, dal 24 febbraio 2014 ministro dell’economia nel governo Renzi e nel governo Gentiloni, affiliato alla “Pan-Europa” e alla “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum”).
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Suicidio demografico: l’Europa perderà 1/3 dei suoi abitanti
Civiltà fantasma globalizzata. In Giappone le scuole elementari chiudono, dato che il numero dei bambini è sceso a meno del 10% della popolazione. Il governo sta convertendo queste strutture in ospizi: il 40% della popolazione è di età superiore ai 65 anni. In Giappone, «la nazione più vecchia e più sterile del mondo», l’espressione “civiltà fantasma” è diventata ormai di uso comune, scrive Rosanna Spadini su “Come Don Chisciotte”. Secondo stime ufficiali, entro il 2040 la maggior parte delle città più piccole del paese vedrà un drammatico calo della popolazione, dal 30 al 50%. I consigli dei villaggi spariscono, insieme ai ristoranti: nel ‘90 erano 850.000, ora si sono ridotti a 350.000. «Le previsioni suggeriscono che in 15 anni il Giappone avrà 20 milioni di case vuote. È forse anche questo il futuro dell’Europa? Probabile, perché tra gli esperti di demografia c’è una tendenza a definire l’Europa il nuovo Giappone». Da parte sua, il paese del Sol Levante sta affrontando questa catastrofe demografica con le proprie risorse e vietando l’immigrazione musulmana. Ma «anche l’Europa sta subendo una sorta di suicidio demografico», che lo storico britannico Niail Ferguson definisce «la più grande riduzione sostenuta della popolazione europea dopo la peste nera del XIV secolo».Un segnale sintomatico del nuovo trend socioculturale, per esempio, secondo Spadini sta nel fatto che gli esponenti europei del grande esclusivo club globale, il G7, sono privi di figli: Angela Merkel, Theresa May, Paolo Gentiloni e Emmanuel Macron, cui aggiungiamo il primo ministro olandese Mark Rutte e il primo ministro gay del Lussemburgo, Xavier Bettel. I musulmani europei sembrano sognare di colmare questo vuoto? L’arcivescovo di Strasburgo, Luc Ravel, nominato da Papa Francesco lo scorso febbraio, ha di recente dichiarato che i fedeli musulmani sono ben consapevoli del fatto che la loro fertilità è tale che oggi chiamano “Grand Remplacement” il loro inserimento nella società europea. Quanto all’Italia, il Centro Machiavelli rileva che, se l’attuale tendenza dovesse continuare, «entro il 2065 la quota di immigrati di prima e seconda generazione supererà i 22 milioni di persone, ossia sarà più del 40% della popolazione totale». Il tasso di fertilità dell’Italia è inferiore della metà di quello che era nel 1964, spiega il centro studi, attraverso un dossier firmato da Daniele Scalea (“Come l’immigrazione sta cambiando la demografia italiana”).L’Europa (e l’Italia in particolare) stanno affrontando un periodo di flussi migratori in entrata senza precedenti, osserva Rosanna Spadini. «Ciò dipende in primis dalla concomitanza tra declino demografico europeo (dal 22% della popolazione mondiale nel 1950 al 7% nel 2050) ed esplosione demografica africana (dal 9% al 25% della popolazione mondiale in cento anni). Il tasso di natalità è sceso da 2,7 bambini per donna a appena 1,5 bambini per donna, un tasso ben al di sotto del minimo consentito per una rigenerazione sana della popolazione». Inoltre, aggiunge l’analista di “Come Don Chisciotte” citando una recente relazione di “Zerohedge”, si assiste a una maggiore omogeneità dell’immigrazione: le prime dieci nazionalità rappresentano oggi il 64% degli immigrati totali, mentre negli anni ‘70 erano appena il 13%. Tutto ciò non si discosta da quanto sta accadendo in diversi paesi dell’Europa occidentale. «Intorno al 2065 in Gran Bretagna l’etnia britannica dovrebbe perdere la maggioranza assoluta nel proprio paese. Oggi in Germania i minori di 5 anni sono al 36% figli di immigrati, lasciando presagire un grande mutamento nella composizione etnica della prossima generazione».A partire dal 2017, l’Italia ha registrato oltre 5 milioni di stranieri che vivono come residenti: «Una crescita del 25% rispetto al 2012 e un enorme 270% rispetto al 2002. All’epoca, gli stranieri costituivano solo il 2,38% della popolazione. Quindici anni dopo la percentuale è quasi triplicata fino all’8,33% della popolazione». Inoltre, la natalità degli immigrati è notevolmente superiore a quella degli italiani nativi: «Non è quindi sorprendente che le regioni italiane con i tassi di fertilità più alti non siano più nel sud, come è sempre accaduto, ma nel nord italiano e nella regione del Lazio, dove c’è una concentrazione maggiore di immigrati». In confronto, solo nel 2001 la percentuale degli stranieri che vivevano in Italia aveva attraversato la soglia dell’1%, cosa che rivela la velocità e l’entità delle trasformazioni demografiche che si stanno verificando in Italia, un fenomeno senza precedenti. Un’ulteriore preoccupazione avanzata dalla relazione di Scalea è «l’elevata concentrazione delle popolazioni immigrate da pochi paesi d’origine, che spesso produce fenomeni di ghettizzazione».Lo scorso anno, in 13 dei 28 paesi membri dell’Unione Europea, il saldo tra nascite e decessi è stato negativo: senza i flussi migratori, le popolazioni di Germania e Italia dovrebbero diminuire rispettivamente del 18% e del 16%. «L’impatto della situazione demografica in caduta libera è più visibile nei paesi dell’ex blocco sovietico, come Polonia, Ungheria e Slovacchia, per distinguerli da quelli della cosiddetta “vecchia Europa”, come Francia e Germania». Questi paesi dell’Est, continua Spadini, sono ora quelli più esposti al fenomeno dello spopolamento e al «devastante crollo del tasso di natalità» che il giornalista e scrittore Mark Steym ha definito «il principale problema del nostro tempo». Alla fine del secolo, «l’Europa potrebbe ritrovarsi come colpita da una bomba al neutrone: gli edifici in piedi, ma senza bambini», si legge in “America Alone”, un pamphlet su crollo demografico, islamismo, sindrome di Stoccolma, solitudine americana e disastri del multiculturalismo. «Se gli occidentali vogliono godere delle benedizioni della vita in una società libera devono capire che la vita che abbiamo vissuto dal 1945 è stato un momento rarissimo nella storia dell’umanità».La distanza fra Usa ed Europa sta crescendo: «L’America è l’ultima nazione a sostenere un tasso di crescita riproduttivo, l’ultima grande società religiosa in Occidente, l’ultima a mantenere un esercito in grado di difenderla in qualunque parte del mondo e l’ultima a conservare una tradizione attiva di libertà individuale, incluso il diritto di portare armi». Per una popolazione stabile, si calcola che serva un tasso di crescita del 2,1%, cioè il tasso dell’America, contro l’1,38 dell’Europa, l’1,32 del Giappone e l’1,14 del Canada. A preoccupare sono, ancora, i giapponesi: «Non c’è precedente nella storia per questa crescita economica e crollo del capitale umano: per la prima volta, nel 2005 in Giappone ci sono state più morti che nascite». E’ un paese «di geriatri, senza immigrazione, né minoranze e senza desiderio di niente: solo invecchiare e affievolirsi». Per Steym, anche l’Europa alla fine del secolo sarà come un continente dopo lo scoppio di una bomba al neutrone: «Ci saranno ancora edifici in piedi, ma la popolazione sarà scomparsa. Il tedesco sarà parlato giusto da Hitler, Himmler e Göring durante la seratina di poker all’inferno».«Una parte del pianeta sta optando per il suicidio di fronte al surriscaldamento», aggiunge Steym. «L’Europa sarà semi-islamica nel carattere politico e culturale entro due generazioni, forse una. Nel XV secolo la Morte Nera fece fuori un terzo della popolazione. Nel XXI scomparirà per scelta. Stiamo assistendo alla lenta estinzione della civiltà in cui viviamo». Il “New York Times” si è chiesto perché «nonostante la popolazione diminuisca, i paesi dell’Europa orientale non vogliono accettare i migranti». Inoltre, gran parte dell’Europa orientale ha già vissuto l’esperienza dell’occupazione musulmana per centinaia di anni sotto l’Impero Ottomano, «e questi paesi sono tutti consapevoli che ciò potrebbe accadere di nuovo». Ma anche l’Africa sta esercitando pressioni sull’Europa, «come una bomba demografica a tempo». Per il nazionalista olandese Geert Wilders, «nei prossimi trent’anni l’Africa avrà un miliardo di persone in più, cioè il doppio della popolazione dell’intera Unione Europea». Al che, la pressione demografica sarà enorme: «Un terzo degli africani vuole spostarsi all’estero e molti vogliono venire in Europa. Lo scorso anno più di 180.000 persone sono partite dalla Libia a bordo di imbarcazioni fatiscenti. E questo è solo l’inizio».Secondo l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, solo al 2,65% dei migranti arrivati in Italia (4.808) è stato riconosciuto il diritto di asilo, «mentre 90.334 migranti non hanno chiesto l’asilo ma sono scomparsi nell’economia del mercato nero». Secondo il greco Dimitris Avramopoulos, responsabile per le migrazioni in seno alla Commissione Europea, «in questo periodo tre milioni di africani pianificano di entrare in Europa». Michael Moller, direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, avverte che il processo di migrazione «sta accelerando». I giovani hanno tutti i cellulari e possono vedere sul web che cosa sta succedendo in altre parti del mondo. «Infatti – annota Rosanna Spadini – possono vedere sui loro telefoni che, mentre meno del 3% degli immigrati dello scorso anno erano legittimi richiedenti asilo, quasi nessuno viene rispedito indietro», dal momento che i migranti «sono accolti con generosi benefici sociali, alloggi sovvenzionati e sistemi sanitari pubblici».Anche l’Europa orientale si sta assottigliando sempre più, e la demografia è diventata un problema per la sicurezza, aggiunge “Come Don Chisciotte”. «Diminuisce il numero delle persone che prestano servizio nell’esercito e operano nell’assistenza sociale: un tempo i paesi dell’Europa orientale temevano i carri armati sovietici, ora temono le culle vuote». Le Nazioni Unite stimano che nel 2016 l’Est Europa fosse abitata da circa 292 milioni di persone, 18 milioni in meno rispetto agli inizi degli anni Novanta. «Questa cifra equivale alla scomparsa dell’intera popolazione dei Paesi Bassi». Il “Financial Times” definisce la situazione est-europea come «la perdita più importante di popolazione della storia moderna». Neppure la Seconda Guerra Mondiale, con i suoi massacri, le deportazioni e i suoi esodi di massa, era giunta a tanto. Entro il 2050, la Romania perderà il 22% della sua popolazione, seguita da Moldavia (20%), Lettonia (19%), Lituania (17%), Croazia (16%) e Ungheria (16%). «Romania, Bulgaria e Ucraina sono i paesi in cui il calo demografico sarà più drastico. Si stima che nel 2050 la popolazione della Polonia conterà 32 milioni di abitanti rispetto ai 38 milioni attuali. Circa 200 scuole sono state chiuse».In Europa centrale, la proporzione della popolazione “over 65” è aumentata di un terzo tra il 1990 e il 2010, continua Spadini. La popolazione ungherese ha toccato il punto più basso degli ultimi cinquant’anni. Il numero degli abitanti è sceso dai 10 milioni e 709.000 del 1980 agli attuali 9 milioni e 986.000. «Nel 2050, in Ungheria, ci saranno 8 milioni di abitanti e uno su tre avrà più di 65 anni. L’Ungheria oggi ha un tasso di fecondità di 1,5 figli per donna. Se si esclude la popolazione Rom, questa cifra scende a 0,8, la più bassa del mondo, il motivo per il quale il premier Orbán ha annunciato nuove misure per risolvere la crisi demografica». In Bulgaria, addirittura, «tra il 2015 e il 2050 si registrerà il più veloce calo demografico del mondo». La popolazione bulgara è tra quelle che dovrebbero diminuire di oltre il 15%, insieme a Bosnia Erzegovina, Croazia, Ungheria, Giappone, Lettonia e Lituania, imsieme a Moldavia, Romania, Serbia e Ucraina. «Si stima che la popolazione bulgara, che ammonta a circa 7,15 milioni di abitanti, scenderà a 5,15 milioni entro 30 anni – un calo del 27,9% per cento».Secondo dati ufficiali, in Romania sono nati 178.000 bambini. «A titolo di confronto, nel 1990, il primo anno dopo la caduta del regime comunista, ci furono 315.000 nascite. Lo scorso anno in Croazia si sono registrate 32.000 nascite, un calo del 20% rispetto al 2015. Lo spopolamento della Croazia potrebbe portare alla perdita di 50.000 abitanti l’anno». Quando la Repubblica Ceca faceva ancora parte del blocco sovietico (come Cecoslovacchia), il suo tasso di fecondità era opportunamente prossimo al tasso di sostituzione (2,1%). «Oggi è il quinto paese più sterile del mondo». Analoga la situazione della Slovenia: ha il Pil pro capite più alto dell’Europa orientale, ma un tasso di fecondità molto basso. «Alla fine – conclude Rosanna Spadini su “Come Don Chisciotte” – l’immigrazione di massa probabilmente riempirà le culle vuote, ma poi anche l’Europa diventerà una “civiltà fantasma”». Sembra sia solo questione di tempo: «Uno strano tipo di suicidio programmato».Civiltà fantasma globalizzata. In Giappone le scuole elementari chiudono, dato che il numero dei bambini è sceso a meno del 10% della popolazione. Il governo sta convertendo queste strutture in ospizi: il 40% della popolazione è di età superiore ai 65 anni. In Giappone, «la nazione più vecchia e più sterile del mondo», l’espressione “civiltà fantasma” è diventata ormai di uso comune, scrive Rosanna Spadini su “Come Don Chisciotte”. Secondo stime ufficiali, entro il 2040 la maggior parte delle città più piccole del paese vedrà un drammatico calo della popolazione, dal 30 al 50%. I consigli dei villaggi spariscono, insieme ai ristoranti: nel ‘90 erano 850.000, ora si sono ridotti a 350.000. «Le previsioni suggeriscono che in 15 anni il Giappone avrà 20 milioni di case vuote. È forse anche questo il futuro dell’Europa? Probabile, perché tra gli esperti di demografia c’è una tendenza a definire l’Europa il nuovo Giappone». Da parte sua, il paese del Sol Levante sta affrontando questa catastrofe demografica con le proprie risorse e vietando l’immigrazione musulmana. Ma «anche l’Europa sta subendo una sorta di suicidio demografico», che lo storico britannico Niall Ferguson definisce «la più grande riduzione sostenuta della popolazione europea dopo la peste nera del XIV secolo».