Archivio del Tag ‘Massimo Giannini’
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Hanno spento ByoBlu: oscurato mezzo milione di italiani
Mezzo milione di lettori? Possono solo sognarseli, oggi, i grandi quotidiani: anche se occupano militarmente la televisione a reti unificate, coi loro giornalisti ospiti degli info-talk 24 ore su 24. Giornalisti scambiati per esperti e intervistati da colleghi, a chiudere il cerchio di un cortocircuito informativo, basato su una regola d’oro: non infrangere mai il dogma della verità ufficiale, quella ammissibile. Lo disse apertamente l’allora neo-direttore della “Stampa”, Massimo Giannini, a proposito della tempesta Covid: per ragioni di sicurezza è giusto perderla, una quota di libertà. Ed è esattamente per questo – la rinuncia collettiva a dire le cose come stanno – che il maggior video-blog italiano, “ByoBlu”, dall’inizio della crisi pandemica ha visto letteralmente esplodere i suoi numeri: tutti italiani ansiosi di avere informazioni finalmente attendibili, sull’emergenza in corso. Numeri enormi: 525.000 iscritti, che hanno garantito oltre 200 milioni di visualizzazioni ai duemila video pubblicati, nel corso di ormai 14 anni. Troppa gente, troppe spiegazioni: per questo, Google ha deciso di chiudere il canale YouTube di “ByoBlu”, il mezzo di informazione indipendente più seguito dagli italiani.In pratica, uno schiaffo a mezzo milione di cittadini. Un atto d’imperio che ricorda lo stile di governo dell’alto medioevo: il sovrano punisce chi vuole, senza legge e senza processo. Su “Visione Tv”, Enzo Pennetta sintetizza: ecco che cosa sono, davvero, questi nostri social. Servono a monitorare il dissenso, scoprendo l’identità di chi veicola informazioni scomode. A una condizione: che quella platea non cresca troppo, perché allora finisce per costituire una massa critica che può dare veramente fastidio. I conti sono presto fatti: oggi, da soli, gli iscritti di “ByoBlu” equivalgono alla somma dei lettori di tutti i quotidiani italiani, messi assieme. E quindi: muoia, Claudio Messora. Venga strangolato in silenzio, il suo newsmagazine, anche se nel frattempo è diventato una regolare testata giornalistica, con un direttore responsabile in grado di rispondere, per legge, di qualsiasi eventuale reato. Che equivoco: la legge – come nel far west – è ormai Big Tech a dettarla, scavalcando lo Stato nonostante l’oceanica elusione fiscale (enormi introiti pubblicitari intascati, a fronte di una tassazione letteralmente ridicola).Già, lo Stato: dov’è finito? Non avrebbe il diritto-dovere di esercitare almeno un’ombra di sovranità, tutelando le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione? E’ informato, Mario Draghi, dello scempio condotto ai danni di mezzo milione di cittadini? Perché certo, la prima vittima della implacabile, medievale “ghigliottina” di YouTube è Messora, il fondatore di “ByoBlu”, insieme alla sua giovane redazione; ma le vere vittime sono i 525.000 italiani che, dal 30 marzo 2021, non potranno più informarsi attraverso la fonte in cui riponevano fiducia. In un solo istante, scrive Messora in un messaggio, sono stati rimossi 14 anni di contenuti, tra i quali molti di altissimo livello, realizzati insieme a magistrati, presidenti della Corte Costituzionale, intellettuali, filosofi, economisti, politici, avvocati, scienziati. Messora definisce l’operato di ByoBlu «una fotografia cangiante delle trasformazioni che si sono avvicendate nella società da 14 anni a questa parte, viste con gli occhi dei cittadini e non con quelli dei media», spesso reticenti e sempre docilissimi con il potere.Scandaloso, anche in questo caso, il silenzio di un organo come l’obsoleto, anacronistico Ordine dei Giornalisti, residuato storico corporativo risalente all’epoca fascista (un organismo che ormai esiste solo in Italia). Scandaloso il silenzio dei grandi media: zitti, di fronte al massacro della libertà d’informazione, anche quando il governo di Giuseppe Conte fece istituire a Palazzo Chigi (sotto la guida di Andrea Martella, Pd) una orwelliana “task force contro le fake news”, cioè una commissione in grado di “depurare” il web da qualsiasi notizia scomoda, per il nuovo regime psico-terroristico di stampo sanitario. Scandaloso, a maggior ragione, lo stesso silenzio dei 5 Stelle, di cui Messora era stato portavoce parlamentare: e proprio sul web (il blog di Grillo) era nato, letteralmente, il movimento che si era candidato a mettere fine agli abusi della “casta” autoreferenziale di un potere politico stagnante, sottomesso al vero potere, che è economico-finanziario. L’abuso contro “ByoBlu” (e il mezzo milione di italiani che lo seguivano) è incommentabile: un atto barbarico, degno dei fasti dell’Inquisizione, sinistro come un monito minaccioso verso qualsiasi altra voce libera. Chiaro il messaggio: se superate una certa soglia di audience, il vostro destino è già scritto.In che girone infernale siamo finiti? Sul tema, la più celebre delle Cassandre italiane – Giulietto Chiesa – aveva condotto battaglie profetiche: ci faranno a pezzi, ripeteva, se non ci doteremo di mezzi di autodifesa, a livello di informazione, visto che il mainstream ha spento il radar, smettendo di raccontare quel che succede davvero. Caccerei dalle redazioni 9 giornalisti su 10, ha detto un cavallo di razza come Seymour Hersh, vincitore del Premio Pulitzer, all’epoca in cui il giornalismo esisteva ancora. Oggi siamo nel pianeta in cui Twitter “spegne” il presidente degli Stati Uniti (Donald Trump, quand’era ancora in carica), esibendo la sua onnipotenza impunita, che sta al di sopra di qualsiasi diritto. E’ un potere sfrontato, quello della menzogna: e si avvale della piena complicità di milioni di cretini, politicamente decerebrati, che semplicemente non capiscono che le vere vittime sono loro. Oggi tocca a Messora, ma domani toccherà a chiunque altro proverà a dire la verità proprio ai neo-sudditi “mascherati” che si piegano a qualsiasi diktat, ignari della sorte che li attende.L’ultima sfida di Messora – riparare sul digitale terrestre, acquistando un canale televisivo per mettersi al riparo della censura – è insieme titanica e perdente. Eroica, per l’impegno economico e la mobilitazione popolare che presuppone: possibile che “ByoBlu” riesca nell’impresa, se il suo mezzo milione di italiani darà una mano, offrendo un obolo di anche solo un euro a testa. Al tempo stesso, la “fuga” nella televisione classica (cioè nell’informazione unilaterale, monodimensionale, senza più le interazioni delle chat) rappresenta una clamorosa sconfitta: la rivelazione della reale identità del sistema web per come è oggi, interamente dominato dai grandi gruppi che – attraverso la globalizzazione mercantilista – hanno schiacciato le economie locali e plasmato, anche con l’aiuto del panico da virus, la nuova antropologia post-umana delle cavie da laboratorio, terrorizzate e distanziate, condannate a rassegnarsi a discutibili trattamenti sanitari obbligatori e alle strettoie quotidiane di una non-vita che fa tanto comodo ai padroni del discorso.Massimo Mazzucco, altro pioniere italiano dell’informazione libera, ragiona in questi termini: la platea del dissenso che si esprime sul web era letteralmente irrisoria, qualche anno fa. Oggi, invece – pur restando minoritaria – è diventata una maxi-nicchia in forte crescita: in un certo senso, i colpi di mannaia della censura (che prima non c’erano) oltre che “medaglie al valore” rappresentano un successo: dimostrano che l’informazione – quella vera – riesce a disturbare il sistema dominante. E’ un fatto: milioni di cittadini, finalmente, dispongono di conoscenze preziose, offerte in tempo reale dalla rete indipendente, che dà la parola a voci autorevoli e ormai escluse dal mainstream. Manca il punto di approdo (una piattaforma politica, in grado di rappresentare certe istanze) e manca anche una piattaforma informativa unificata, che possa fungere da moltiplicatore, incrementando l’impatto della diffusione di verità autentiche. Certo, il bavaglio a “ByoBlu” è una cannonata contro l’ammiraglia italiana della libertà di informazione. E’ il segno che la “guerra” non è più fatta solo di minacce (sospensioni, demonetizzazioni), ma ormai usa le maniere forti, il metodo antico della sopraffazione più plateale.E’ qualcosa di estremamente pericoloso, e al tempo stesso ambivalente: il potere oggi ha paura, persino di “ByoBlu”? E’ un potere così fragile, quello mediatico, se non sa più tollerare nemmeno la presenza di una semplice voce dissonante? C’è un che di apocalittico, negli sviluppi dell’attualità mondiale, a partire dalla sordida congiura del silenzio che ha coperto le sconcertanti manomissioni del risultato elettorale americano. Falsità a catena, a cascata, anche nella psico-narrazione del mostro epidemico che si è letteralmente impossessato del pianeta: uno spettro utilizzato come clava per imporre il cambiamento epocale delle abitudini delle persone, ancora ignare – in maggioranza – della vera posta in gioco. Diceva Giulietto Chiesa: senza informazione, non ci può essere nemmeno democrazia. Cosa aspettarsi, di buono, se la gente non sa quello che sta succedendo, davvero, perché i media hanno smesso di raccontarlo? Che fine abbia fatto, la democrazia, lo spiega il burocratese dei Dpcm. Al resto provvedono gli algoritmi di Google e Twitter, le censure di Facebook, gli oscuramenti medievali imposti da YouTube. E siamo solo all’inizio, a quanto pare. Se non altro, il re è nudo: il nemico si è dichiarato. E’ in guerra, contro di noi.(Giorgio Cattaneo, “YouTube spegne ByoBlu: oscurato mezzo milione di italiani”, dal blog del Movimento Roosevelt del 31 marzo 2021).Mezzo milione di lettori? Possono solo sognarseli, oggi, i grandi quotidiani: anche se occupano militarmente la televisione a reti unificate, coi loro giornalisti ospiti degli info-talk 24 ore su 24. Giornalisti scambiati per esperti e intervistati da colleghi, a chiudere il cerchio di un cortocircuito informativo, basato su una regola d’oro: non infrangere mai il dogma della verità ufficiale, quella ammissibile. Lo disse apertamente l’allora neo-direttore della “Stampa”, Massimo Giannini, a proposito della tempesta Covid: per ragioni di sicurezza è giusto perderla, una quota di libertà. Ed è esattamente per questo – la rinuncia collettiva a dire le cose come stanno – che il maggior video-blog italiano, “ByoBlu”, dall’inizio della crisi pandemica ha visto letteralmente esplodere i suoi numeri: tutti italiani ansiosi di avere informazioni finalmente attendibili, sull’emergenza in corso. Numeri enormi: 525.000 iscritti, che hanno garantito oltre 200 milioni di visualizzazioni ai duemila video pubblicati, nel corso di ormai 14 anni. Troppa gente, troppe spiegazioni: per questo, Google ha deciso di chiudere il canale YouTube di “ByoBlu”, il mezzo di informazione indipendente più seguito dagli italiani.
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Post antisemita: Torino, s’indigna l’impero delle bugie
Non una riga sulle grandi manovre della dinastia Agnelli-Elkann, ma fiumi di inchiostro per lo scivolone “antisemita” di una consigliera comunale di Torino, che veicola incautamente un post nel quale si associa l’antica spazzatura nazi-razzista alla (sacrosanta) denuncia della mega-concentrazione editoriale nelle mani del sempre più potente gruppo Gedi. Succede nell’Italia del 2021, reduce da un anno di lavaggio del cervello – teoria e pratica del terrorismo sanitario, grazie alla banda Conte – in cui, a parte il totalitarismo informativo sul virus, la casata torinese ha compiuto atti epocali, nel silenzio generale: la storica cessione dell’ex Fiat ai francesi e la trattativa per sbolognare anche Iveco (ai cinesi), dopo aver incassato i miliardi ottenuti da “Giuseppi” col pretesto della crisi pandemica, in realtà utilizzati da Exor per confluire in Stellantis. Da notare, soprattutto, la clamorosa requisizione del gruppo “Espresso”, a cominciare da “Repubblica”, senza il minimo accenno di allarme da parte della politica, o dallo stesso Ordine dei Giornalisti con le sue articolazioni sindacali, un tempo vigili di fronte alla creazione di trust dominanti come quello berlusconiano.
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Negazionisti al potere: oscurano le terapie anti-Covid
“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.Il nostro primo nemico sono i media, ha detto Donald Trump nel suo ultimo discorso alla Casa Bianca. Quello di Trump resta un nome divisivo: in tanti considerano ancora una specie di rozzo outsider, un quasi-mascalzone, il presidente sconfitto dal voto postale arrivato fuori tempo massimo, e “aggiustato” col favore delle tenebre dal sistema digitale Dominion. Vent’anni fa, la stessa canzone la cantava un solista come Giulietto Chiesa: da tempo, i grandi media ci raccontano il contrario della verità. Un altro analista controcorrente, Marcello Pamio, ricorda che oggi sono soltanto 4, i grandi gruppi cui fanno capo tutti gli editori e i broadcaster televisivi. Un reporter indipendente del calibro di Franco Fracassi insiste su un punto: un unico gruppo ristrettissimo, composto dalle stesse persone, siede nei consigli di amministrazione delle tre entità finanziarie (BlackRock, Vanguard e State Street) che controllano il pianeta: industria, finanza, grandi banche, multinazionali. Big Tech e Big Web, Big Pharma e Big Money, incluso Big Media.Fin che si scherza, disquisisendo di calcio o di politica, passi; ma che succede, se qualcuno decide che una sindrome influenzale deve fermare il mondo intero? Chi sarebbe così ingenuo da credere che i grandi media potrebbero, anche volendo, uscire dal coro del nuovo credo religioso, che impone la Bibbia dell’Emergenza come unica modalità possibile per affrontare il coronavirus? E’ questo, probabilmente, il “dono” più prezioso del Covid: l’aver messo in luce la gravità del problema, quello vero. E cioè: la costante, tenace, orwelliana sparizione della realtà, in favore di una rappresentazione del tutto virtuale della situazione. Con due soli titoli nella stessa pagina, “La Stampa” mostra i sintomi dello stesso male: la falsa narrazione dell’Europa e la falsa narrazione della “pandemia”. Nel mirino di Massimo Giannini, la “pazza” crisi di governo italiana, innescata da Matteo Renzi e giudicata rovinosamente inopportuna. Com’era iniziata? Contestando il Recovery Plan, cioè il presunto aiuto europeo.Renzi lo ha criticato sia nel merito (una misera bozza, senza idee), sia nel metodo: in prima battuta, Giuseppe Conte avrebbe affidato anche quello, come tutto il resto, a un pugno di tecnici di sua esclusiva fiducia, scavalcando governo e Parlamento, ministri e partiti. Sarebbero in ballo oltre 200 miliardi di euro, si racconta. Ma è vero? Non proprio, precisano esperti come Davide Gionco: arriverebbero al massimo 50 miliardi a fondo perduto, il resto sarebbero solo prestiti da restituire. E cioè: lo Stato italiano, sottoposto all’Ue e all’Eurozona, deve ricorrere a elemosine esterne, non potendo più generare da sé le necessarie risorse, come aveva sempre fatto, da quando ha accettato di sottostare al regime di Bruxelles, il cui paternalismo “patrigno” è smaccato: finora l’Italia ha largamente finanziato l’Unione Europea, più di quanto l’Ue abbia finanziato l’Italia (lo stesso Gionco calcola che il saldo è a nostro sfavore, per un ammontare di oltre 112 miliardi di euro).Non solo: gli aiuti del Recovery Plan – pure “concessi” in un momento in cui, col pretesto del Covid – il feudalesimo imperiale ha elargito una deroga alla spietata austerity del Patto di Stabilità – non sarebbero affatto “gratis”: in cambio, infatti, si chiede all’Italia di adottare le famigerate “riforme strutturali”, inclusa quella delle pensioni, già tentate dall’indimenticabile ticket rappresentato da Mario Monti ed Elsa Fornero. Né c’era da illudersi che lo stesso Matteo Renzi, l’uomo del Jobs Act, trovasse nulla da eccepire, su questo. Figurarsi Massimo Giannini, aureo cantore della Bella Europa, quella che – per definizione – ha sempre ragione, nel maltrattare l’Italia. E chi è Giannini? Quali speciali meriti può vantare, l’ex vicedirettore di “Repubblica” ora passato a dirigere il giornale della famiglia Elkann, che – per inciso, nel silenzio generale – si è comprata anche “Repubblica” e l’intero gruppo “Espresso”, alla faccia del mitico pluralismo dell’editoria, per il quale – decenni or sono – fu scatenata la grande guerra contro Berlusconi?Il signore che spiega ai lettori che la crisi Renzi-Conte è “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona” è stipendiato dai signori di Torino che pagano le tasse all’estero, ma un anno fa hanno prontamente ottenuto quasi 7 miliardi di sussidi governativi, anche se la gran parte delle automobili Fiat sono fabbricate, a basso costo, lontano dall’Italia. Non solo: nel silenzio assordante di Landini e degli altri sindacalisti-eroi, Fiat-Fca ha praticamente ceduto il timone ai francesi di Psa, ipotecando di fatto l’archiviazione degli ultimi stabilimenti nazionali, con tutto il loro indotto. Non è finita: gli Elkann stanno cedendo (stavolta ai cinesi, i veri dominatori della crisi Covid) il florido segmento dei veicoli industriali, Iveco e New Holland. Quanto al coronavirus, sempre Fiat-Fca ha ottenuto oltre 100 milioni di euro per fabbricare mascherine. E’ dall’alto di questo pulpito, fatto di fulgida indipendenza e puro giornalismo, che Massimo Giannini ammaestra i lettori de “La Stampa”, spiegando loro che il collasso del Conte-bis – proprio ora, in piena “pandemia” e di fronte all’imperdibile “occasione storica” del Recovery – è davvero inammissibile: è davvero “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona”.Poi c’è il fronte interno, quello strettamente sanitario: la religione dei lockdown, del coprifuoco, delle zone rosse. A cosa sono servite, queste misure incostituzionali? A niente, se è vero che – appena si allenta la morsa, nella stagione fredda – il coronavirus riprende a galoppare. Esistono, le terapie per neutralizzarlo? Sì, ma Giannini e colleghi – tutti quanti, o quasi – non ne parlano mai. Molti medici pare che non le conoscano neppure: ufficialmente, nessuno li ha ancora informati. Dopo un anno di ricoveri (e decine di migliaia di morti) il protocollo non è cambiato: lasciare i pazienti a casa, in attesa che si aggravino, somministrando solo l’inutile Tachipirina. Uno scandalo? Di più: una strage colposa. Secondo i sanitari recentemente interpellati da “Fuori dal coro”, su “Rete 4″, in una rara finestra-verità concessa dal mainstream media, si sarebbero potuti evitare anche 50.000 decessi, se solo fosse stato adottato in modo tempestivo e sistematico un protocollo nazionale, univoco, per curare i pazienti – da casa – ai primi sintomi. Con che farmaci? Quelli che notoriamente guariscono dal Covid: idrossiclorochina ed eparina.La notizia è gigantesca, oltraggiosa e schiacciante: ma viene regolarmente occultata. Uno dei medici che vantano il 100% di successi – uno dei tanti, il dottor Mariano Amici di Roma – è stato letteralmente massacrato da tale Corrado Formigli, su “La7″, con il contributo del viceministro Sileri e di una donna, l’influencer Selvaggia Lucarelli, non si capisce a quale titolo invitata in trasmissione per smentire medici. Come si permette, il dottor Amici, di dire che i suoi pazienti guariscono senza neppure essere ricoverati? Non sarebbe il caso di far intervenire l’Ordine dei Medici – propone l’inquietante Formigli – per punire in modo esemplare un dottore che si vanta di guarire i malati con dei semplici antinfiammatori? Analogo linciaggio a “Rai1″, nel salotto di Maria Venier, dove è stato letteralmente insolentito l’attore Kabir Bedi. La sua colpa? Aver ricordato che, se in un paese come l’India (arretrato e densamente popolato) la mortalità è un terzo di quella italiana, è per via delle misure di prevenzione saggiamente adottate: tante vitamine, anziché i disastrosi lockdown.Chiaro: se i giornalisti avessero fatto il loro dovere (informare il pubblico), oggi la maggioranza degli italiani saprebbe che a fare miracoli sono una dieta equilibrata, uno stile di vita salutare (moto all’aria aperta) e l’assunzione delle vitamine C e D3. Se si contrae il contagio, si resta spesso asintomatici e non infettivi. Se poi si innesca il Covid, esistono normali terapie per guarire in pochi giorni, a patto che le cure inizino subito. Se invece si attende, “friggendo nella febbre”, poi non resta che l’ospedale. Ma a quel punto, dicono i tanti medici italiani dell’associazione “Ippocrate”, potrebbe essere troppo tardi: perché il Covid, se trascurato, può innescare complicanze anche letali, specie negli anziani e nei soggetti già afflitti da gravi malattie. Queste sono le verità offerte dai medici in prima linea, e che politica e media continuano a rifiutare. Davvero la cattiva politica (supportata dal sistema media) avrebbe provocato 50.000 morti in più? Se così fosse, saremmo di fronte a una strage storica, che non potrebbe non essere sanzionata, un giorno, per via giudiziaria.Eppure, il minestrone medatico non accenna a migliorare. La tesi (falsa) secondo cui non esistono cure efficaci è l’arma con cui ancora si dispongono i lockdown, devastando l’economia e la società, inclusa la salute (fisica e psichica) degli italiani, obbedendo peraltro a un oscuro ordine di scuderia, emanato da una regia mondiale. Vi si opponeva Trump, ma è stato disarcionato. L’India viene ridicolizzata. L’altro avversario della Religione della Paura, il russo Putin, viene quotidiamente criminalizzato a reti unificate. Se non altro, gli eccessi sfrontati del nuovo regime (sanitario, politico e mediatico) mettono in luce la frode, sempre più evidente: se dico che non esistono cure, ho la scusa per tenere la gente in casa e per vendere l’unico prodotto che mi interessa piazzare, i vaccini, a prescindere dalla loro efficacia e dalla loro sicurezza. Se invece emerge che dal Covid si può guarire senza neppure finire all’ospedale, addio: non ha più senso niente. L’emergenza infinita, il distanziamento, il coprifuoco e le zone rosse, i vaccini: tutto diventa insensato, se so che posso curare i pazienti in una settimana, lasciandoli a casa.Dov’è il problema? Ce l’abbiamo di fronte, e ha tanti nomi: Giuseppe Conte e Massimo Giannini, Mara Venier, Selvaggia Lucarelli, Corrado Formigli e tutti gli altri, inclusi gli inguardabili virologi televisivi. Decine di migliaia di medici, in tutto il mondo, hanno aderito alla Dichiarazione di Great Barrington, promossa dai massimi epidemiologi – quelli veri – che hanno affrontato l’Ebola. Dicono: lockdown e distanziamento sono un rimedio peggiore del male, perché ritardano la soluzione. Che è semplice: fare in mondo che si contagino tutti, tranne gli anziani malati (quelli sì, da tenere in isolamento), dando modo al virus di mutare e adattarsi al nostro organismo, fino a diventare innocuo. Ci si può ammalare? Sì, certo: bisogna essere vigili. Ma le cure esistono: basta conoscerle (e farle conoscere, finalmente, senza più ostacolarle). I medici eroici come quelli di “Ippocrate” sopperiscono alla colpevole latitanza dello Stato: curano le persone gratis, a casa. Basta chiamarli, e arrivano. Il fatto che ancora oggi sembrino una rete clandestina la dice lunga, sulla “dittatura” che si è insediata, utilizzando il terrorismo sanitario.Riuscirà la catastrofe-Covid a far rinsavire chi ha perso il senno, e continua a vivere nella paura come se fossimo davanti alla peste bubbonica? L’ottuso accenderà il cervello e smetterà di chiamare “negazionista” chi diffida della versione ufficiale regolarmente propinata al popolo bue? Si deciderà a smettere di comprare i giornali come quello di Giannini, e a spegnere la televisione dei non-giornalisti alla Formigli? Farà finalmente lo sforzo di informarsi, ascoltando le voci delle migliaia di persone guarite (a casa) perché curate tempestivamente, coi farmaci giusti e dai medici giusti, quelli che i giornali e la televisione vorrebbero cancellare, esattamente come i dittatori cancellano le voci libere? Oppure crederà ancora che sia un problema, il cosiddetto “assembramento” dei reclusi che si godono l’ora d’aria? Crederà ancora al potere salvifico della mascherina indossata all’aperto?L’altro grande lascito del disastro-Covid è la divisione in due dell’umanità: da una parte gli ottenebrati, i pigri, gli egoisti impauriti; dall’altra i cittadini che hanno aperto gli occhi, scoprendo – tra l’altro – di non essere affatto in buona compagnia, in mezzo a pecore pericolsamente pronte a subire (e far subire) ogni vessazione, incluso il pass vaccinale come precondizione per lavorare e viaggiare, grazie all’alibi di una terribile malattia curabile da casa in pochi giorni. L’attraversamento del guado è appena cominciato: la Svizzera annuncia il primo referendum al mondo contro i lockdown, mentre la Germania appronta lager speciali per renitenti alle misure disposte dalla polizia sanitaria. Di fronte al dilagare di notizie imbarazzanti, come i contagi a valanga che esplodono nelle Rsa dove è stato somministrato il vaccino Pfizer, i media non si smentiscono: tacciono, oppure si dicono certi che non vi sia correlazione, tra l’arrivo del vaccino e quello del Covid, in case per anziani dove fino al giorno prima il contagio non esisteva.L’Italia brilla: è il peggior paese al mondo, di fronte al coronavirus, mettendo insieme i suoi record (numero di vittime e disastro economico). Nessuno, sul pianeta, ha fatto peggio di noi. Merito di Giuseppe Conte e del suo commissario, Domenico Arcuri, che per i padiglioni vaccinali nelle piazze ha scelto quelli da 459.000 euro, scartando padiglioni (analoghi) che costavano solo 70.000 euro. Indagare Arcuri? Ci sta pensando la Corte dei Conti, che ha aperto 7 procedimenti sulle spese pazze del commissario. Che però se la ride: il decreto “Cura Italia”, varato da Conte, all’articolo 122, comma 8, prevede lo “scudo penale per il commissario”, perché “ha dovuto agire in emergenza”. E il paese di Conte, di Renzi e di Arcuri oggi si strugge per i rischi dell’affollamento al Festival di Sanremo. Organizzarlo senza il pubblico? «Volendo anche senza i cantanti, per il bene della musica», chiosa Sgarbi con una battuta, in un mondo dove tutto è diventato clandestino: le notizie, drenate dall’inaudito Ministero della Verità istituito da “Giuseppi”, e le stesse terapie che riducono il Covid, se curato senza indugi, a una normalissima malattia da cui uscire indenni in una manciata di giorni. Ma guai a dirlo: se lo si ammette, il business dell’emergenza è finito.“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.
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Prigionieri del Grande Imbroglio: dai media, bugie mondiali
Gli italiani sono chiusi in casa nelle zone rosse, mentre i migranti africani sbarcano a migliaia: alla propaganda di Salvini (che ha bisogno di farsi perdonare l’aver accettato il lockdown-bis) aderisce improvvisamente Di Maio, alimentando così i “rumor” sull’improvvisa precarietà del premier Conte, spaventato dalle proteste in corso contro il coprifuoco prenatalizio che rischia di stroncare definitivamente un paese il cui debito pubblico, denominato in euro e quindi non azzerabile, si sta avvicinando al 180% del Pil. Se si legge il “Corriere della Sera”, si va a sbattere contro due notizie da prima pagina che fanno a pugni tra loro: Walter Ricciardi invoca la clausura a oltranza, mentre Roberto Bernabei ribadisce che, di Covid, continuano a morire quasi solo persone molto anziane e molto malate. Ricciardi, longa manus dell’Oms e deus ex machina del ministero della sanità, dice testualmente: «Due settimane di lockdown non bastano, Wuhan insegna che serve più tempo» (come se l’Italia non si fosse già fermata per 80 giorni, in primavera: con quali risultati?). Il geriatra del Policlinico Gemelli, membro del Comitato Tecnico-Scientifico, sembra replicare a distanza: «Per morire di Covid devi avere più di 80 anni e almeno tre patologie». Per cosa stiamo bloccando il paese, allora? Ha forse a che fare con qualcos’altro? Per esempio, con l’incredibile rissa elettorale statunitense, che i giornali faticano a raccontare in modo corretto?
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Magaldi: lockdown criminale, chi lo impone va processato
Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.Cito un virologo mainstream come Guido Silvestri, secondo cui un nuovo lockdown sarebbe irreparabile. Silvestri dice: state calmi, ci si cura e si guarisce da casa. Se aumentiamo il sistema dei tamponi, aumenterà anche il numero dei contagiati. Se il numero dei contagiati viene usato dai media come una clava per fare terrorismo psicologico, e poi su questo i politici costruiscono le loro restrizioni, tra ordinanze e Dpcm, è tutto un montare di una colossale manipolazione. Lo ammettano: l’aumento delle rilevazioni dei contagi non comporta affatto un’ecatombe. Piuttosto, così facendo, abbiamo perso altro tempo: in questi mesi bisognava allestire comunque, anche a costo di lasciarli vuoti, dei centri di terapia (intensiva e non), e invece non è stato fatto un cazzo, di tutto questo. E poi arriva quel gran cialtrone del governatore della Campania, che – dopo non aver fatto niente di utile per migliorare la situazione – ora decide di chiudere tutto. Quanto a cialtronaggine, forse De Luca supera persino lo stesso Conte: chiudiamo tutto, dice, e così conservo questo mio piccolo palcoscenico da guitto, senza arte né parte, che governa una Regione che d’altra parte l’ha appena stra-votato. Ai campani viene da dire: ve lo meritate, De Luca, e adesso tenetevelo.Certo l’alternativa a De Luca qual era? Anche a livello nazionale, non è che l’opposizione – se fosse al governo – farebbe meglio: questa è una classe politica da buttare letteralmente nel cesso. Non c’è un’idea, non c’è una visione di paese, non c’è coraggio. All’opposizione si fanno belli del disagio cui va incontro la cialtronaggine di Conte, ormai finalmente penalizzato dai sondaggi sull’umore degli italiani, ma – a parte questo lucrare sull’altrui insipienza – non c’è una sapienza, che viene contrapposta. Se chiedeste a Meloni e Salvini cosa farebbero, al posto di Conte, questi si metterebbero a biascicare: non lo sanno dire, perché non lo hanno in mente. Cosa fare, oggi? Tranquillizzare la popolazione, togliere qualunque sistema di coprifuoco, favorire la ripresa di tutte le attività economiche. E spiegare che la contagiosità è un dato fisiologico ampiamente previsto, i cui numeri derivano dai tamponi. Ma la gran parte dei contagiati stanno bene e non sono in pericolo. Una parte avrà sintomi influenzali, e solo una piccola parte avrà complicazioni più gravi (curabili all’ospedale e soprattutto da casa, in assoluta sicurezza).Il governo ha offerto un atteggiamento paternalistico e dispotico. Bisognava dire, sia agli anziani (fragili) che agli ipocondriaci paurosi: state a casa, voi sì. Siate liberi di mettervi in lockdown, se non volete contagiarvi e quindi immunizzarvi. Conosco tanti anziani che hanno contratto il Covid, si sono curati e oggi stanno meglio di prima. Se invece avete paura, state a casa: trinceratevi in un auto-lockdown responsabile, ma non rompete i coglioni agli altri. Intendiamoci: capisco gli anziani e anche gli ipocondriaci, spaventati da questo terrorismo psicologico sparso a piene mani, da mesi. A loro va tutta la mia solidarietà e simpatia. Ma in questi giorni, per strada, abbiamo anche a che fare con gente che se avesse un’arma la userebbe, per eliminare il pericoloso “untore” che a distanza di 50 metri ha osato abbassarsi la mascherina per respirare, per prendersi giustamente una boccata di ossigeno, sapendo che l’uso prolungato della mascherina può causare danni alla salute.Ci stanno proponendo un nuovo lockdown? Saranno processati. Ormai bisogna pensare che molti protagonisti di questa fase storica andranno processati: per danni alla salute fisica e psichica dei cittadini e per i danni irreparabili arrecati all’economia, quindi alle condizioni di sussistenza, oltre che per grave attentato alla Costituzione. Il “partito cinese”, trasversale e annidato anche nel governo italiano, sta sfruttando la pandemia per devastare l’economia, che già era in sofferenza, in modo da ottenere un maggior controllo sociale: una persona che sia privata della sua autonoma via alla libertà economica sarà più incline a sottomettersi al “padrone” istituzionale che gli dà la mancia, e parliamo di istituzioni oggi occupate da gente che ha in odio la democrazia. Provo dolore, di fronte allo spettacolo degli italiani costretti a rinunciare a lavorare, e quindi a sostentarsi economicamente, con la paura di chi vede esaurirsi anche gli ultimi risparmi. Le nostre città sono diventate spettrali: i cittadini già rimpiangono la vita che non c’è più, e che di questo passo non potrà esserci più, per lunghi anni.Al tempo stesso, però, questa è una grande occasione: è la grande occasione per mostrare chi è davvero coraggioso e chi è vigliacco, chi ha voglia di combattere e chi è soltanto un “leone da tastiera”, chi ha coscienza dei propri diritti e anche coscienza del proprio dovere, di difendere i suoi diritti e quelli degli altri. Durante l’estate appena trascorsa si credeva che sarebbero diminuite le restrizioni, e che il governo avrebbe inondato con una pioggia di miliardi le attività danneggiate. Si sperava che saremmo tornati a un trend di vita normale, ma così non è stato. Anzi: ci stanno proponendo un nuovo lockdown. Ebbene, ora la misura è colma. Il Movimento Roosevelt rivolgerà al governo un ultimatum, con misure per assistere gli italiani. E scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana, per fare una rivoluzione, con le sue incursioni radicalmente teatrali. Abbiamo bisogno che, ogni settimana, gruppi “rooseveltiani” (anche esigui) infrangano il lockdown, infrangano il coprifuoco e si facciano portare nei commissariati, diventino dei “fuorilegge” riconosciuti, naturalmente nel senso alto e nobile della disobbedienza civile. E’ quella cosa per la quale, di solito, i rivoluzionari pacifici e nonviolenti vengono riconosciuti, dalle istituzioni e dello stesso popolo, come benemeriti eroi.Quindi, attenzione: chi scaglia bottiglie, sfascia le vetrine dei negozi e lancia molotov contro le forze dell’ordine non ha capito nulla. Spesso, poliziotti e carabinieri sono assolutamente simpatetici con le ragioni dei manifestanti: sono cittadini anche loro, e si rendono ben conto di trovarsi a fare i “cani da guardia” di qualcosa che è profondamente iniquo. Quindi solidarizzate, fraternizzate con le forze dell’ordine. Cercate, con loro e con l’opinione pubblica, una sintonia. E non si tratta nemmeno di demonizzare questi poveracci che sono al governo: sono solo camerieri e maggiordomi. C’è una volontà più proterva, che va oltre il governo italiano, anche se ricade su segmenti amministrativi e governativi. Noi dobbiamo testimoniare, di fronte all’opinione pubblica italiana, che – in modo reiterato e minuzioso – si può e si deve rintuzzare queste misure che sono state prese. Ci sono gli sguardi del mondo, sull’Italia. Facciamo in modo che il mondo diventi consapevole che il danno di questa pandemia non è nel virus, ma è nelle cattive misure politiche prese per fronteggiarlo.(Gioele Magaldi, dichirazioni rilasciate il 31 ottobre 2020 nella diretta web-streaming “Pane al pane”, di MrTv, su YouTube).Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.
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La verità è clandestina: non chiamatela controinformazione
Vent’anni fa, in Italia, il primo a sollevare dubbi sull’equazione tra verità e giornalismo fu un certo Giulietto Chiesa. La domanda: se il pubblico non viene più informato dei fatti principali, e men che meno delle loro cause, come si fa a parlare ancora di libertà? Su cosa lo misura, il proprio giudizio, il lettore-spettatore lasciato all’oscuro di quel che accade veramente? In altre parole: dove va a finire, la democrazia? Dov’è finita oggi lo si è visto: ci ha pensato “Giuseppi”, con la sua coorte di tecnocrati e consiglieri-ombra, pronti a rimodellare la Costituzione su misura per la gestione panica del coronavirus. E come ha reagito, la stampa? Balbettando, o supportando l’Autorità senza fiatare. E’ potuto accadere anche per via dello stato comatoso del giornalismo nazionale, cartaceo e radiotelevisivo, dopo anni di omissioni, reticenze e manipolazioni: fake news, truccate da notizie. Ora siamo al trionfo orwelliano: è il Grande Fratello ad accusare l’informazione libera di produrre bufale. Di più: ormai si passa anche alle vie di fatto, coi video rimossi da YouTube come nel caso di “ByoBlu”, colpevole di dar voce a chiunque la pensi in modo diverso dal mainstream. E tutto questo, purtroppo, accade senza conseguenze: «Il guaio è che nessuno controlla i controllori», protesta l’avvocato Andrea Lisi, specialista in diritti dell’informazione.Le parole del legale si mescolano con quelle degli altri ospiti della diretta web-streaming “Big Data is Watching You”, proposta il 15 maggio da Marco Moiso (Movimento Roosevelt) con Gioele Magaldi e altri ospiti qualificati. Come Fabio Frabetti, di “Border Nights”, che obietta: «Anziché preoccuparsi di sanzionare Vittorio Feltri per i suoi titoli, segnalandolo all’Ordine dei Giornalisti, perché tanti colleghi non si preoccupano di cose ben più serie?». E a proposito di serietà e correttezza: il 6 maggio, il quotidiano “La Stampa” ora diretto da Massimo Giannini ha permesso al medico Mauro Salizzoni (ex primario alle Molinette di Torino) di definire “fake news” molte notizie attorno alle guarigioni ottenute a Mantova con la sieroterapia sperimentata da Giuseppe De Donno, e “lestofanti” chi le diffonde. E tutto questo, senza precisare che lo stesso Salizzoni – voce autorevole della medicina – è anche un illustre consigliere regionale del Pd (dunque un politico filogovernativo). Dorme sonni beati, l’Ordine dei Giornalisti? E, tra parentesi: trova normale che il Signor Fiat, proprietario della “Stampa”, si sia comprato anche “Repubblica” e “L’Espresso”? Se lo domanda Margherita Furlan di “Pandora Tv”, stretta collaboratrice di Giulietto Chiesa. «Vi sembra rassicurante – insiste Margherita – il fatto che i principali giornali italiani siano nelle mani dello stesso soggetto?».Una quindicina di anni fa, in una memorabile performance al Salone del Libro di Torino, il suo maestro Giulietto Chiesa sventolò un foglietto. Quando lo lesse, il pubblico ammutolì: erano i tabulati delle telefonate con cui Boris Berezovskij, noto oligarca a lungo nelle grazie di Boris Eltsin, ordinava all’uomo del Kgb in Cecenia, il colonnello Shamil Basaev (futuro “martire della resistenza cecena”), di reclutare criminali comuni e attaccare a freddo le caserme dell’esercito federale russo, a Grozny e Gudermes, per provocare ad arte la finta “rivolta indipendentista” della regione ribelle. Nei calcoli del Cremlino, doveva essere una breve fiammata, da spegnere subito con una guerra-lampo destinata a risollevare i sondaggi traballanti dello Zar, in vista della più taroccata delle rielezioni. «Avete mai letto qualcosa di simile, sui giornali italiani?». Domanda retorica, quella di Chiesa, di lì a poco – ancora a Torino – alle prese con il World Political Forum presieduto da Mikhail Gorbaciov. In un’intervista, all’ultimo leader dell’Urss fu chiesto della guerra cecena (durata anni, e terminata solo grazie Putin). «I famosi indipendisti ceceni? Li conosco, eccome», rispose Gorbaciov. «Ho scoperto che erano i miei vicini di ombrellone, in Costa Azzurra». Ad ascoltare Gorby c’erano televisioni e giornaloni: ma non una di quelle notizie fu lasciata filtrare, per dar modo al pubblico di constatare che, molto spesso, niente è come sembra.Ora siamo all’ossimoro permanente: verso e falso vanno a braccetto, con la massima disinvoltura. E il falso d’autore diventa vero, se a spacciarlo è il mainstream. «Per questo – dice ancora Margherita Furlan – sarebbe ora di archiviare espressioni come “controinformazione”», che forse avevano senso quando un’informazione dignitosa esisteva ancora. «Oggi la differenza è tra informazione – e quindi serietà, verifica, ricerche indipendenti – e tutto quello che “informazione”, francamente, non è più». Propaganda, sarebbe il termine più adatto a definire il mestiere di quelli che Marcello Foa, ora presidente della Rai, ha definito “stregoni della notizia”. Certo – ammette Frabetti – le verdi praterie del web si sono trasformate in una specie di far west, dove chiunque può mettersi a contrabbandare anche le bufale più inverosimili del peggior complottismo. E la Costituzione – sottolinea l’avvocato Lisi – non è pronta a normare questo magma: «Forse andrebbe arricchita, per disciplinare meglio un ambito così recente e tuttora sfuggente». L’unica cosa da evitare, aggiunge, è la soluzione che invece il governo Conte ha prontamente adottato: una bella task force di censori, non legittimati da null’altro che il potere politico dell’esecutivo, per giuntra forzato dallo stato d’emergenza.E’ il sottosegretario Andrea Martella, naturalmente del Pd, ad aver voluto l’imbarazzante Ministero della Verità. La scusa? Impedire che al pubblico arrivassero voci pericolose (ovvero dissonanti, rispetto alla camomilla governativa dispensata a proposito del Covid). Una pagina di vergogna nazionale, che si aggiunge a quelle che sempre l’avvocato Lisi considera le inquietanti incognite dell’App Immuni, progettata soprattutto per tracciare usi e costumi (ma soprattutto consumi) del popolo italiano, peraltro già abbondamente monitorato via smartphone tramite Google e i social. A proposito, osserva Frabetti: ve lo vedete, in Italia, un padreterno come Zuckerberg messo alla corda dal Parlamento? Già, perché lo spettacolo americano delle ultime ore è sensazionale: balbetta, il fondatore di Facebook, di fronte alla commissione istituzionale che lo incalza in modo spietato, chiedendogli perché mai il suo network planetario ha deciso di oscurare voci e notizie scomode, in merito al coronavirus. Dopo l’esternazione-bomba di Sara Cunial in aula, con le accuse esplosive rivolte alla “banda del Covid” capitanata da Bill Gates, sul suo blog – “Luogo Comune” – Massimo Mazzucco (altro nemico pubblico del Ministero della Verità) si domanda: ve l’immaginate, se anziché 300 passacarte, i parlamentari 5 Stelle fossero 300 Sara Cunial?Vent’anni fa, in Italia, il primo a sollevare dubbi sull’equazione tra verità e giornalismo fu un certo Giulietto Chiesa. La domanda: se il pubblico non viene più informato dei fatti principali, e men che meno delle loro cause, come si fa a parlare ancora di libertà? Su cosa lo misura, il proprio giudizio, il lettore-spettatore lasciato all’oscuro di quel che accade veramente? In altre parole: dove va a finire, la democrazia? Dov’è finita oggi lo si è visto: ci ha pensato “Giuseppi”, con la sua coorte di tecnocrati e consiglieri-ombra, pronti a rimodellare la Costituzione su misura per la gestione panica del coronavirus. E come ha reagito, la stampa? Balbettando, o supportando l’Autorità senza fiatare. E’ potuto accadere anche per via dello stato comatoso del giornalismo nazionale, cartaceo e radiotelevisivo, dopo anni di omissioni, reticenze e manipolazioni: fake news, truccate da notizie. Ora siamo al trionfo orwelliano: è il Grande Fratello ad accusare l’informazione libera di produrre bufale. Di più: ormai si passa anche alle vie di fatto, coi video rimossi da YouTube come nel caso di “ByoBlu”, colpevole di dar voce a chiunque la pensi in modo diverso dal mainstream. E tutto questo, purtroppo, accade senza conseguenze: «Il guaio è che nessuno controlla i controllori», protesta l’avvocato Andrea Lisi, specialista in diritti dell’informazione.
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De Donno, le fake news di regime e il bullismo contro Feltri
Cerebrolessi o teppistelli? Analfabeti democratici? Come definire i buontemponi che ancora si divertono a manganellare squadristicamente Vittorio Feltri e il suo giornale, più volte messo all’indice come indegno di appartenere all’eletta schiera della sacra stampa nazionale? Beati e felici di militare nel branco indiscutibile dei migliori, ignorano sistematicamente le nefandezze quotidiane commesse dai principi dell’informazione padronale, cartacea e radiotelevisiva. Tutti campioni rispettati e amati dall’erede del fascistissimo Ordine dei Giornalisti, residuato cenozoico solo italiano, fondato – si può immaginare con quale intento – dall’onorevole cavalier Benito Mussolini nel 1925, e da allora mummificato in vita a beneficio del sonno eterno dell’opinione pubblica benpensante e conformista, allineata al non-pensiero unico. Uno di questi fuoriclasse, Massimo Giannini (allevato da “Repubblica” e dalla televisione, prima di approdare ora alla “Stampa”), osa proporre ai lettori – il 6 maggio 2020 – la seguente titolazione: “Coronavirus, Salizzoni contro le fake-news sul plasma miracoloso: chi le diffonde è un lestofante”.Fake news?! Ebbene, sì: “fake news” le guarigioni – vere, purtroppo per i detrattori – ottenute a Mantova e Pavia. L’intento, in questo caso: colpire la reputazione – pericolosamente in ascesa – del professor Giuseppe De Donno, primario mantovano di pneumologia, colpevole di aver salvato il 100% dei pazienti dal micidiale, spaventoso, apocalittico coronavirus. Come? Nel modo più semplice: iniettando nei malati il plasma estratto dai pazienti guariti, pieno di anticorpi. Costo, irrisorio: una vita umana, in questo caso, vale solo 160 euro. Troppo poco, per gli ambigui “impresari” del Covid? Troppo banale? E poi, se davvero fosse finita qui, la Grande Paura – se davvero si guarisse in modo ormai sistematico – a che scopo imporre ancora l’infame Distanziamento Sociale? Perché insistere con l’attesa messianica di un improbabilissimo vaccino? E perché infliggere il cataclisma economico firmato Conte, se dovesse emergere che ormai dal Covid-19 si guarisce in 48 ore? E allora, tutti zitti: De Donno? Non ci risulta.E’ stato il web a rendere onore a questo medico italiano. Non certo una star: uno scienziato serio e schivo, composto, defilato. Unica missione: trovare il modo di salvare vite umane, mettendo fine alla leggenda del Male Incurabile (che intanto ha falciato anche medici e infermieri). Silenti, come i giornaloni, anche i militi delle squadracce nere dei detrattori di Feltri: sordomuti, di fronte al silenzio dei grandi media. Afoni, gli haters del direttore di “Libero”, anche di fronte allo sconcio del potere Rai (servizio pubblico) che – senza aver mai parlato di De Donno, in nessun telegiornale – impone a Fabio Fabio di intervistare per la centesima volta il profeta Burioni, quello che a febbraio assicurava il “rischio zero” per l’Italia, impegnato stavolta a mettere in dubbio l’efficacia, la sicurezza e la praticabilità della sieroterapia sperimentata a Mantova. E dov’era, nel frattempo, il mitico Ordine dei Giornalisti ripetutamente invitato ad espellere Feltri? Stava in Corea del Nord, a prendere lezioni di libertà di stampa?Ha del vomitevole, questo mediocre regime di piccoli censori pidocchiosi: un umile documentario indipendente come quello di Massimo Mazzucco sulla possibile origine manipolata del virus ha registrato in un battibaleno due milioni di visualizzazioni, senza che i talksow nazionali avessero trovato un briciolo di dignità per indagare su giallo-Wuhan, che non è solo cinese, e su cui oggi (in modo ovviamente unilaterale) si abbattono gli strali dell’amministrazione Trump. Dormono, i morti viventi, quando si tratta di difendere la libertà di essere informati. Si svegliano, ma solo per insultare, non appena Feltri “sbraca” con un uno dei suoi titoli balordi e provocatori, indigesti, discutibili. Si strugge, il branco dei censori, se Feltri usa l’espressione “terroni”, o se parla di “sostituzione etnica” abusando della polemica sulla speculazione, tutta italiana, che trasforma in business ipocrita l’immigrazione clandestina. Naturalmente non c’è pericolo che i bulletti ostili a Feltri si accorgano dell’unica, vistosa grande pecca – questa sì, davvero grave – che caratterizza l’anziano giornalista: in tanti anni di gloriosa carriera, quasi sempre vissuti controcorrente, Feltri non sembra aver trovato il tempo di rettificare vecchie idee, sbagliate, sull’origine del debito pubblico e sul suo vero significato.Spesso, il direttore di “Libero” sembra accodarsi alla vecchia vulgata (menzognera) del mainstream neoliberista, che fabbrica del Balpaese un’immagine comodissima e criminalizzante, facendone la patria delle cicale irresponsabili, su cui è ovvio poi che cadano le tegole, i tagli, i “niet” di Berlino e di Bruxelles. E’ la canzone – stonata, fuorviante, pericolosa – che hanno ripetuto per anni i vari Travaglio, mai “accortisi” che forse c’era un problemino, a monte, chiamato Unione Europea. Ma non lo vedono, il guaio, neppure i soavi insultatori: a loro basta ragliare (da soli, in coro) contro il cattivone Feltri che ce l’ha coi migranti, che fa il razzista, e che per giunta tiene bordone a quell’infame di Salvini (altro essere sub-umano che andrebbe possibilmente fucilato o almeno radiato dall’Ordine dei Politici, se solo esistesse). A questo, siamo. Sicché, gli asfaltatori di De Donno – il medico che salva gli italiani dal coronavirus – procedono in carrozza, senza che i Conte-boys, le sentinelle della carcerazione universale, trovino nulla da ridire.Ho pianto, ha detto il primario mantovano, quando m’hanno chiamato il responsabile della sanità dell’Onu e poi vari governi, incluso il ministero della salute degli Stati Uniti. Muto invece l’Istituto Superiore della Sanità di Roma: dà così fastidio, alle autorità governative momentaneamente commissariate dall’Oms, avere a Mantova un medico che il mondo ci invidia? Muto infatti anche il ministero di Speranza, che non si è precipitato a Mantova – come chiunque altro avrebbe fatto, al posto suo – per sincerarsi dell’efficacia di una cura che potrebbe metter fine al potere spaventoso del virus che tiene in ostaggio il mondo. Del resto, si sa: il problema dell’Italia si chiama Vittorio Feltri. E chissà se l’immanente, metafisico Ordine dei Giornalisti si è accorto che il quotidiano torinese diretto da Massimo Giannini chiama “fake news” le notizie provenienti da Mantova, e “lestofanti” chi le diffonde. Lo fa prendendo a prestito un medico, uno dei tanti che non apprezzano De Donno. La domanda dovrebbe essere: su che pianeta siamo finiti?Le televisioni, a reti unificate, si arrogano il diritto di svolgere sfacciatamente la funzione di Grande Fratello. Messaggi martellanti: non avrete altra verità fuorché la nostra, tutto il resto è fake. C’è anche una commissione governativa appositamente istituita per vigilare sulle notizie da somministrare al popolo bue: e anche qui, non un fiato (né dall’Ordine dei Giornalisti, né dai bullizzatori di Feltri, figurarsi). Muti, tutti quanti, anche di fronte alla notizia che ha cambiato l’assetto di potere dell’editoria giornalistica nazionale, con l’acquisto di “Repubblica” ed “Espresso” da parte di John Elkann, l’imprenditore che ha traslocato l’ex Fiat in Olanda, il paradiso fiscale che massacra l’Italia. Ma certo, è tutto normale, va bene così: è persino divertente, abitare la follia. E magari chiamare impunemente “fake news” le uniche, vere buone notizie in tema di coronavirus, da tre mesi a questa parte, in un’Italia ridotta in mutande – come mai prima, dal 1945 – da un premier-fantasma, mai eletto, e il cui nome fino a ieri non diceva niente a nessuno. Tu chiamale, se vuoi, allucinazioni.(Giorgio Cattaneo, “De Donno, le fake news della Stampa e il bullismo contro Feltri”, dalò blog del Movimento Roosevelt del 9 maggio 2020).Cerebrolessi o teppistelli? Analfabeti democratici? Come definire i buontemponi che ancora si divertono a manganellare squadristicamente Vittorio Feltri e il suo giornale, più volte messo all’indice come indegno di appartenere all’eletta schiera della sacra stampa nazionale? Beati e felici di militare nel branco indiscutibile dei migliori, ignorano sistematicamente le nefandezze quotidiane commesse dai principi dell’informazione padronale, cartacea e radiotelevisiva. Tutti campioni rispettati e amati dall’erede del fascistissimo Ordine dei Giornalisti, residuato cenozoico solo italiano, fondato – si può immaginare con quale intento – dall’onorevole cavalier Benito Mussolini nel 1925, e da allora mummificato in vita a beneficio del sonno eterno dell’opinione pubblica benpensante e conformista, allineata al non-pensiero unico. Uno di questi fuoriclasse, Massimo Giannini (allevato da “Repubblica” e dalla televisione, prima di approdare ora alla “Stampa”), osa proporre ai lettori – il 6 maggio 2020 – la seguente titolazione: “Coronavirus, Salizzoni contro le fake-news sul plasma miracoloso: chi le diffonde è un lestofante”.
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Giornali muti sulla crisi italiana, ma pronti a sbranare Feltri
Basso impero, l’avrebbe definito Giorgio Bocca. Il giornalismo italiano? Scomparso, ridotto a recitare veline di palazzo. Eppure a quanto pare esiste ancora, se è vero che due cronisti – Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi – si appellano addirittura all’Ordine dei giornalisti, letteralmente indignati. Contro il silenzio del mainstream? Contro le bugie quotidiane del sistema radiotelevisivo? Contro l’omertosa reticenza delle redazioni di fronte a qualsiasi evento di rilievo, italiano e internazionale? Macché. Ce l’hanno con Vittorio Feltri, che si è permesso di insolentire nientemeno che il commissario Montalbano, cioè un personaggio letterario, proprio mentre il suo autore – Andrea Camilleri – lotta in ospedale tra la vita e la morte. Borrometi è un giornalista coraggioso, messo in pericolo dalla mafia. Ruotolo, popolare in Tv, è lo storico inviato di Michele Santoro. «Le parole di Vittorio Feltri su Andrea Camilleri e le sue opere – scrivono, in una lettera al presidente dei giornalisti italiani, Carlo Verna – hanno rappresentato per noi la goccia che ha fatto traboccare il vaso». E cos’avrebbe mai detto, Feltri, di così inaccettabile? «Mi dispiace, perché un uomo anche vecchio che muore suscita in te un certo dolore. Però – ecco il passaggio sotto accusa – mi consolerò pensando al fatto che Montalbano non mi romperà più i coglioni».Le parole di Feltri sono andate in onda sulla Rai nella trasmissione radiofonica “I lunatici”, di Radio Due, condotta da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio. «Quel terrone mi ha stancato», dice Feltri, riferendosi al commissario siciliano interpretato in televisione da Luca Zingaretti. Tutte le volte che gli capita di vedere Montalbano in Tv, aggiunge il direttore di “Libero”, gli torna subito alla mente il fratello dell’attore, cioè il neosegretario Pd Nicola Zingaretti, che «non è proprio il massimo della simpatia». Aggiunge Feltri: «Questa però è una mia opinione un po’ così, scherzosa». Quanto all’anziano autore di Montalbano, invece, Feltri si esprime in questi termini: «Camilleri, che ha avuto successo dopo i 70 anni, in me suscita ammirazione perché è stato un grande narratore, che peraltro si inserisce nella tradizione siciliana della letteratura insieme a scrittori come Pirandello e Sciascia». Ma niente da fare, a Borrometi e Ruotolo non basta: «Abbiamo deciso di autosospenderci dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti perché ci consideriamo incompatibili con l’iscrizione di Vittorio Feltri all’albo professionale», scrivono, anche se poi è il presidente stesso, Scarpa, a precisare: è solidale con loro, però dall’Ordine non ci si può “autosospendere”, ma solo cancellare.«Riteniamo gli scritti e il pensiero del direttore Feltri veri e propri crimini contro la dignità del giornalista», scrivono i due. «Ne va della credibilità di ognuno di noi e della nostra categoria. Adesso basta. O noi o lui». E aggiungono: «Quel “terrone che ci ha rotto i coglioni” per noi figli del Sud è inaccettabile. Non è in gioco la libertà di pensiero. Sono in gioco i valori della nostra Costituzione». Accusano: «Ogni suo scritto trasuda di razzismo, omofobia, xenofobia. “Dopo la miseria portano le malattie” (rivolto ovviamente ai migranti), l’ormai tristemente celebre “Bastardi islamici” o, uscendo dal seminato delle migrazioni, robaccia come “Più patate, meno mimose” in occasione dell’8 marzo (e le diverse varianti dedicate anche a Virginia Raggi, con il “patata bollente”) o “Renzi e Boschi non scopano”. Poi gli insulti a noi del sud con il celebre “Comandano i terroni” e infine il penultimo, di qualche mese fa, “vieni avanti Gretina” (dedicato alla visita a Roma di Greta Thunberg)». L’idea che il direttore di “Libero” offre, concludono Borrometi e Ruotolo, «è che si possa, impunemente, permettersi questo avvelenamento chirurgico». A Feltri imputano mancanza di senso del limite, deontologia, misura, buon senso e addirittura dignità. «Continuiamo a batterci contro la censura e gli editti, ma non possiamo accettare tra noi chi istiga all’odio. Ne va della nostra credibilità».Nato a Modica (Ragusa), Borrometi vive sotto scorta da quando è stato aggredito, in Sicilia, per le sue scomode inchieste sul business mafioso. Cronista dell’Agi, è stato trasferito a Roma per metterlo al riparo dalle continue minacce. Il potere lo conosce da vicino: Borrometi è stato ricevuto a Palazzo Chigi da Gentiloni, a Palazzo Madama da Pietro Grasso e in Vaticano da Papa Francesco, mentre Mattarella l’ha fatto “Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana”. Anche Ruotolo vive sotto scorta, dopo le minacce ricevute nel 2015 dal Clan dei Casalesi. Napoletano, è stato a fianco di Santoro dai tempi di “Samarcanda”, fine anni Ottanta. Nel 2013 si è candidato con Antonio Ingroia nella lista “Rivoluzione civile”, rimasta fuori dal Parlamento. Nel corso della campagna elettorale, al termine di un dibattito televisivo si è rifiutato di stringere la mano a Simone Di Stefano (CasaPound) dichiarandosi «orgogliosamente antifascista». E adesso, insieme a Borrometi, tuona contro Feltri: «O lui, o noi». Suona quasi come un appello perché il reprobo sia espulso dall’Ordine dei giornalisti, organismo che peraltro esiste solo in Italia, retaggio dell’occhiuta sorveglianza di Mussolini sulla stampa nazionale. A proposito: perché non abolirlo, l’inglorioso ordine professionale, visto che bastano e avanzano le leggi vigenti per tutelare sia i giornalisti che le vittime del propagandismo squadristico truccato da giornalismo?Ma il tema – libertà dell’informazione, senza recinti polverosamente post-fascisti – non sfiora Rutolo e Borrometi (non oggi, almeno). Il nemico si chiama Vittorio Feltri, monumento nazionale del giornalismo-contro (contro i giornalisti conformisti, in primis). Fieramente ostico, scontroso, sulfureo – spesso urticante, volutamente sgradevole – Feltri affonda i suoi strali quotidiani nella melassa inguardabile del mainstream gracidante, dei colleghi appiattiti sull’imbarazzante galateo del pensiero unico (politicamente corretto, ma per nulla giornalistico). Spariti Bocca, Biagi e Montanelli, è proprio la mediocrità desolante dei replicanti – i vari Giannini, Floris, Berlinguer, Formigli, Annunziata – a fare di Feltri il gigante che probabilmente non è. Amico personale della Fallaci, Feltri ha seguito la grandissima giornalista nella cecità assoluta dimostrata dall’Oriana nazionale di fronte all’11 Settembre, senza vedere che lo “scontro di civiltà” era una montatura terroristica interamente occidentale. Già berlusconiano e sempre controcorrente, pronto alla solitudine delle polemiche più aspre, a Feltri non difetta certo il coraggio: semmai, come quasi tutti gli altri, non ha compreso per tempo la reale natura del “golpe” neoliberale del 2011, dietro la maschera di Mario Monti. E ancora oggi, purtroppo, fatica a discernere tra debito pubblico e debito reale del sistema-paese, anche lui criminalizzando il deficit dello Stato, in un paese da decenni in avanzo primario: lo sa, Feltri, che lo Stato incassa con le tasse più di quanto non spenda per i cittadini?Quanto ai suoi detrattori – tantissimi, quasi tutti i suoi colleghi – va detto che, in questi anni, hanno brillato per renitenza professionale e alto tradimento dei lettori e dei telespettatori: se il famoso Ordine avesse un senso, quanti di loro avrebbero diritto di farne parte? Che c’azzeccano, con la categoria giornalistica, la Monica Maggioni reclutata dalla Trilaterale nonostante fosse dirigente Rai? E che dire di Lilli Gruber, ospite fissa del Bilderberg? Non hanno niente da dire, su questo, gli illustri Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi? Pensano davvero che siano gli eccessi polemici e le cadute di stile a compromettere la dignità professionale dei “cani da guardia della democrazia”? Dicono ancora qualcosa i nomi di Bob Woodward e Carl Bernstein (“Washington Post”) che nel remoto 1972 – ben prima dell’odierna era glaciale – fecero crollare la presidenza Nixon con lo scandalo Watergate? Vinsero il Pulitzer, ovviamente, ma non erano al guinzaglio di alcuna corporazione post-mussoliniana. Un altro Pulitzer, il connazionale Seymour Hersh, è stato franco quanto l’insopportabile Feltri: se i giornalisti non avessero abdicato al loro compito fondamentale, in questi anni avremmo avuto meno guerre e meno stragi, perché – di fronte a una stampa con la schiena diritta – il potere non avrebbe osato spingersi oltre certi limiti.Bassa macelleria fondata sulla menzogna sistematica, praticabile solo a patto di non avere noie, dalla stampa. Un caso mondiale, emblematico? Le inesistenti “armi di distruzioni di massa”, pretesto per invadere l’Iraq di Saddam ponendo le premesse per una destabilizzazione geopolitica di tipo stragistico, cominciata con l’abbattimento delle Twin Towers e culminata coi tagliagole dell’Isis a seminare il terrore sia in Medio Oriente che nel cuore dell’Europa, con attentati sinistramente massonici (non islamici) nella loro spietata simbologia. Chi lo dice? Gioele Magaldi, per esempio: un autore che per l’italico mainstream resta oscuro quanto il suo besteller, “Massoni”, letteralmente ignorato da tutti i talkshow nonostante facesse nomi e cognomi, da Napolitano in giù, come inutilmente ricordato persino in Parlamento dai 5 Stelle. Dove sono, i giornalisti italiani, quando qualcuno si espone per svelare i retroscena della crisi che sta sventrando il paese? Oggi sono tutti a fischiare comodamente il puzzone di turno, Matteo Salvini, mettendo nel mazzo – per buon peso – lo stesso Feltri, notorio estimatore del capo leghista. Tutto fa brodo, pur di non avvistare il pericolo: va benissimo anche lo scalpo di Armando Siri (solo indagato, tuttora) per colpire la Flat Tax e il governo gialloverde, che ha avuto l’improntitudine di pensare che l’Italia si potesse governare anche senza sottomettersi alle mafie politiche locali, succursali delle mafie politiche europee.Per il mainstream che odia Salvini e detesta Feltri, il supermassone occulto Mario Draghi, quasi onnipotente signore d’Europa dopo l’esordio sul Britannia da cui collaborò alla svendita del paese, resta essenzialmente Super-Mario, ipotetico futuro premier quando finalmente il vero potere si sarà scrollato di dosso gli intrusi dell’ultima ora, i pasticcioni gialloverdi. Il governo non è libero di decidere nulla – ha ammesso Pino Cabras, parlamentare pentastellato, in un convegno del Movimento Roosevelt a Londra – perché nei ministeri e nei palazzi-chiave, cominciando dal Quirinale, domina il Deep State. Qualcuno, della libera stampa italiana pronta ad azzannare Feltri per gli sberleffi a Montalbano, si è peritato di rilanciare la notizia? Gli specialisti dell’antimafia sono coraggiosamente impegnati sul fronte della micro-mafia nazionale. Ma i loro colleghi come si regolano, con la vera macro-mafia, quella eurocratica, che da trent’anni ha dichiarato guerra all’Italia sbaraccando la Prima Repubblica? Divorzio fra Tesoro e Bankitalia, Sme, Trattato di Maastricht, Fiscal Compact, pareggio di bilancio. L’ex potenza industriale mediterranea ha perso il 25% del suo potenziale in una manciata di anni. Crisi, recessione, esasperazione. Dov’erano, i giornalisti, mentre tutto questo accadeva? E dove sono oggi? Nel solito posto: comodi, in platea, a distrarre il pubblico. Che screanzato, quel Feltri. Sia messo al bando, perché sciupa la foto di gruppo del glorioso giornalismo italiano.(Giorgio Cattaneo, “Con che coraggio attacca Feltri – per le battute su Montalbano – il giornalismo italiano che da trent’anni non dice la verità sulla crisi del paese?”, dal blog del Movimento Roosevelt del 21 giugno 2019).Basso impero, l’avrebbe definito Giorgio Bocca. Il giornalismo italiano? Scomparso, ridotto a recitare veline di palazzo. Eppure a quanto pare esiste ancora, se è vero che due cronisti – Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi – si appellano addirittura all’Ordine dei giornalisti, letteralmente indignati. Contro il silenzio del mainstream? Contro le bugie quotidiane del sistema radiotelevisivo? Contro l’omertosa reticenza delle redazioni di fronte a qualsiasi evento di rilievo, italiano e internazionale? Macché. Ce l’hanno con Vittorio Feltri, che si è permesso di insolentire nientemeno che il commissario Montalbano, cioè un personaggio letterario, proprio mentre il suo autore – Andrea Camilleri – lotta in ospedale tra la vita e la morte. Borrometi è un giornalista coraggioso, messo in pericolo dalla mafia. Ruotolo, popolare in Tv, è lo storico inviato di Michele Santoro. «Le parole di Vittorio Feltri su Andrea Camilleri e le sue opere – scrivono, in una lettera al presidente dei giornalisti italiani, Carlo Verna – hanno rappresentato per noi la goccia che ha fatto traboccare il vaso». E cos’avrebbe mai detto, Feltri, di così inaccettabile? «Mi dispiace, perché un uomo anche vecchio che muore suscita in te un certo dolore. Però – ecco il passaggio sotto accusa – mi consolerò pensando al fatto che Montalbano non mi romperà più i coglioni».
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Via 250 miliardi di debito: è questo a spaventare l’oligarchia
Ma davvero credete che il problema fosse il professor Paolo Savona? A terrorizzare l’oligarchia Ue, afferma Fabio Conditi, è il “contratto” firmato da Di Maio e Salvini per il “governo del cambiamento”. Trenta punti, «dove per la prima volta si mette completamente in discussione il sistema monetario e bancario attuale e le politiche di austerity che ci propinano da anni». Lo spunto rivoluzionario: la volontà di cancellare 250 miliardi di euro di debito pubblico, cioè i titoli di Stato detenuti dalla Banca d’Italia, al cui governatore – per la prima volta nella storia – il presidente della Repubblica ha “affidato” il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, “invitato” da Mattarella a conferire con Ignazio Visco, uomo vicinissimo a Mario Draghi e all’euro-sistema dominato dalla Germania. Paolo Savona? Usato come pretesto, per sabotare la pulsione sovranista. «Ma voi pensate davvero che il presidente della Repubblica e i poteri che rappresenta – scrive Conditi su “Come Don Chisciotte” – si siano realmente preoccupati della grande esperienza di questo arzillo professore che nella sua vita, pur avendo vissuto all’interno delle istituzioni, ha manifestato qualche opinione critica verso l’euro senza aver mai denunciato il sistema del debito?».Qualcuno – si domanda Conditi, presidente dell’associazione Moneta Positiva – ha provato a capire che cosa, all’interno di quel programma “gialloverde”, spaventa l’attuale sistema al punto da costringere il presidente della Repubblica a rischiare l’impeachment, facendo cadere sul nascere – con mossa platealmente irrituale, politicamente sconcertante – il primo governo voluto dalla maggioranza degli italiani? Conditi mette in fila una serie di indizi e segnali, sul clima che in Italia starebbe vorticosamente cambiando verso una progressiva presa di coscienza. Parla da solo il successo della trasmissione televisiva del 4 maggio su “Canale Italia”, in cui Conditi – insieme a Nino Galloni, Marco Mori, Giovanni Zibordi, Giovanni Lazzaretti e Paolo Tintori – ha spiegato, in prima serata, “come si creano i soldi”, ovvero «come lo Stato può e deve creare soldi e come il debito pubblico può essere cancellato». Il 23 maggio è Carlo Freccero, nel super-prudente salotto di Lilli Gruber su La7, a gelare la conduttrice e il suo sodale, Massimo Giannini, dichiarando con semplicità «due verità scomode e rivoluzionarie: che il debito può essere cancellato e che uno Stato sovrano non può fallire perchè può sempre stampare soldi». Reazioni: la Gruber preoccupata, Giannini imbarazzato.Poi la mossa inaudita di Mattarella il 27 maggio, il siluramento di Savona. L’indomani, Conditi è tornato negli studi di Canale Italia – con Vito Monaco, Marco Mori, Gianfranco Amato e il cantautore Povia. La sintesi: «Da oggi l’articolo 1 della Costituzione deve essere riscritto. L’Italia è una Repubblica non democratica fondata sulla schiavitù. La sovranità appartiene alla finanza che la esercita nelle forme e nei limiti dei mercati finanziari». La decisione di Mattarella? Inaccettabile. E carica di conseguenze: di fatto, ha esposto il Quirinale a una crisi inaudita. La scusa? Per le sue critiche all’euro, Savona spaventa i mercati finanziari: per questo, secondo Mattarella, sarebbero a rischio i risparmi degli italiani. Per Conditi, il vero motivo del devastante sabotaggio del governo Conte è un altro: «Il programma di governo del M5S e della Lega contiene secondo noi alcuni obiettivi che non sono ritenuti accettabili dal potere economico e finanziario che in Italia ha sempre condizionato le nostre scelte politiche degli ultimi 40 anni». Mattarella? «Non doveva e non poteva esercitare questa sua prerogativa, rifiutando un governo formato da partiti e movimenti regolarmente eletti, che hanno la maggioranza in Parlamento e hanno stipulato un accordo di governo addirittura votato e approvato dai cittadini». Lo stop a Conte imposto il 27 maggio resta «un atto grave e pericoloso per la democrazia».Attenzione, però: «Se sono stati costretti ad una mossa così ingenua come quella di non far nascere un governo che, per la prima volta da anni, è stato regolarmente votato e voluto dalla maggioranza dei cittadini italiani – aggiunge Conditi – significa che il vento del cambiamento sta finalmente spirando nella direzione giusta». Quel famoso “contratto”, «volente o nolente, ha davvero la capacità di incidere e realizzare un cambiamento reale in questo paese a vantaggio di tutti, e non solo dei soliti privilegiati: per questo motivo non lo vogliono». Cosa prevede, infatti? Un provvedimento di inaudita importanza: la cancellazione di 250 miliardi di euro di debito pubblico, titoli di Stato detenuti da Bankitalia. Non solo: c’è anche «la possibilità per lo Stato di stampare Minibot, cioè una moneta di Stato». Ancora: «La creazione di un sistema di banche pubbliche, una per gli investimenti ed un’altra per il credito». Tutto questo, per finziare «politiche economiche espansive al posto delle politiche di austerity». Per esempio: reddito di cittadinanza, pensioni dignitose e abattimento delle tasse. Anche una sola di queste ipotesi – sottolinea Conditi – farebbe «vedere i sorci verdi al potere economico e finanziario che ci ha ridotto in schiavitù». Sicché, «vederle tutte insieme deve aver fatto prendere un coccolone nei piani alti: sono soddisfazioni che non hanno prezzo».Pur tra mostruose difficoltà politiche, ben rappresentate dalla minaccia telecomandata dello spread e dall’inaudito boicottaggio del presidente della Repubblica (il primo nella storia a rifiutare un candidato ministro per motivi ideologico-politici), i 5 Stelle la Lega – secondo Fabio Conditi – hanno comunque «imboccato finalmente la strada giusta». In estrema sintesi: «Il 99% della popolazione più povera deve essere unito per combattere contro quell’1% che ci vuole schiavi del debito e rassegnati alla miseria». E’ un fatto: nonostante le posizioni inizialmente distanti, il “contratto” di governo è stato costruito con fatica e in modo trasparente. Conditi incoraggia grillini e leghisti: «Avete una squadra di governo, avete la maggioranza della popolazione che vi approva, avete contro il potere economico e finanziario mondiale: l’unico errore che potete fare è tornare indietro sui vostri passi». Lo spread? Neutralizzabile con una sola mossa, secondo Conditi: «Basterebbe emettere titoli di Stato a valenza fiscale, cioè utilizzabili alla scadenza anche per pagare le tasse: in questo modo non ci sarebbe più il rischio che lo Stato possa non rimborsarli e quindi sarebbero impossibili le manovre speculative al ribasso di questi giorni. Inoltre queste nuove emissioni sarebbero più “appetibili” per gli investitori perché meno rischiose».Questo per dire che i mercati – quelli veri – non coincidono esattamente con i ristretti gruppi del potere oligarchico europeo che manovrano lo spread come una clava. Al menù del riscatto, Conditi aggiunge anche il Sire, sistema di riduzione erariale. «Serve assolutamente un sistema di pagamenti alternativo a quello del sistema bancario italiano, dove circoli uno strumento monetario a valenza fiscale che non possa essere “bloccato” dalla Bce e dalla Commissione Europea». Esiste un modo, quindi, per respingere il rigore (che è interamente politico) senza neppure violare i trattati-capestro su cui si fonda il sistema Ue. Con il Sire, dice Conditi, «si possono tranquillamente finanziare – senza fare debito – sia il reddito di cittadinanza che soprattutto la Flat Tax. In pratica come succede alla Coop, paghi le tasse normali, ma te ne restituisco una parte in buoni-sconto per le tasse future». E vogliamo parlare della banca centrale italiana, presso cui Mattarella ha “spedito” il povero Conte? «E’ necessario che lo Stato riprenda il controllo totale di Bankitalia – chiosa Conditi – riacquistando le quote di partecipazione attualmente in mano alle istituzioni e banche private». Per il resto, avanti tutta: euro o non euro, si tratta di riconquistare la sovranità della moneta: «Sarà comunque di proprietà dei cittadini e libera dal debito».Ma davvero credete che il problema fosse il professor Paolo Savona? A terrorizzare l’oligarchia parassitaria Ue, afferma Fabio Conditi, è il “contratto” firmato da Di Maio e Salvini per il “governo del cambiamento”. Trenta punti, «dove per la prima volta si mette completamente in discussione il sistema monetario e bancario attuale e le politiche di austerity che ci propinano da anni». Lo spunto rivoluzionario: la volontà di cancellare 250 miliardi di euro di debito pubblico, facendoli acquistare dalla Banca d’Italia, al cui governatore – per la prima volta nella storia – il presidente della Repubblica ha “affidato” il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, “invitato” da Mattarella a conferire con Ignazio Visco, uomo vicinissimo a Mario Draghi e all’euro-sistema dominato dalla Germania. Paolo Savona? Usato come pretesto, per sabotare la pulsione sovranista. «Ma voi pensate davvero che il presidente della Repubblica e i poteri che rappresenta – scrive Conditi su “Come Don Chisciotte” – si siano realmente preoccupati della grande esperienza di questo arzillo professore che nella sua vita, pur avendo vissuto all’interno delle istituzioni, ha manifestato qualche opinione critica verso l’euro senza aver mai denunciato il sistema del debito?».
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Magaldi: imbecilli a reti unificate minacciano Lega e 5 Stelle
Imbecilli: lasciano credere che il debito dello Stato sia come quello della tabaccheria sotto casa, esposta con la banca. Imbecilli pericolosi: perché scrivono sui giornali e parlano ogni sera in televisione. Somari in buona fede, disastrosamente ignoranti, o vecchi marpioni in malafede? «Non so cosa sia peggio», dice Gioele Magaldi: una persona intelligente puoi sempre persuaderla, mentre di fronte a un cretino non ci sono speranze. Gli imbecilli di turno? Quelli che cercano di spaventare gli italiani, bocciando le “mirabolanti promesse” dell’ipotetico governo gialloverde di Salvini e Di Maio. Lega e 5 Stelle, in realtà, stanno terrorizzando solo l’establishment: i professori della catastrofe, i notai dell’infame declino del paese. Le loro ricette hanno devastato l’Italia, eppure insistono: bisogna tagliare redditi e consumi, senza capire che – per quella strada, se il Pil non cresce – poi a esplodere è proprio il debito, inevitabilmente. «Arriva a comprenderlo anche un mediocre studente di economia, ma non gli imbecilli che ci parlano ogni giorno sui giornali e in televisione», dice Magaldi, in una diretta web-streaming su YouTube con Marco Moiso, in cui rilancia un nome fortissimo per Palazzo Chigi: quello dell’economista post-keynesiano Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt.
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Ma fa davvero paura a qualcuno, il subcomandante Di Maio?
I partiti di governo della Prima Repubblica facevano i congressi anche “coi morti”, cioè non depennando i militanti nel frattempo defunti dal computo rissoso delle correnti, e dunque delle rispettive poltrone. La notizia? I congressi, i partiti di oggi non li fanno proprio più, nemmeno “con i vivi”. Sono tutti morti? Ovvero: è vivo, il Pd che non ha ancora osato guardare in faccia Matteo Renzi e la sua catastrofe a rate, dal referendum 2016 alle politiche 2018? E’ viva Forza Italia, che dopo tanti anni non sa ancora cosa voglia dire mettere in discussione il verbo del fondatore-padrone? Ed è il vivo il Movimento 5 Stelle, che non ha mai celebrato un congresso – nemmeno per sbaglio – in tutta la sua vita? E’ vivo, un partito-marketing nato via web senza neppure una vera sede e i cui iscritti ed eletti non sono nemmeno legittimi comproprietari, pro quota, della sovranità politica simbolica del marchio sotto cui si presentano alle elezioni? Il mondo è in mano a multinazionali, imperi finanziari e potentissimi tecnocrati, signori della proprietà assoluta intesa come religione. Che idea si possono esser fatti, di una nazione politicamente nullatenente? Cosa devono pensare dell’Italia che sceglie di votare per partiti i cui iscritti e militanti non contano niente? Gli attuali partiti-fantasma sembrano lo specchio perfetto di un paese ideale, per il sommo potere: un paese in cui sono i cittadini a non contare nulla.Dalle catacombe della fu sinistra, è l’ex viceministro bersaniano Stefano Fassina ad avvertire il Quirinale: «Preoccupa che anche Mattarella affronti la questione della sovranità popolare con scomunica di “sovranismo”», scrive Fassina su Twitter. «L’alternativa all’Ue liberista fondata sulla svalutazione del lavoro non è autarchia o ritorno all’800, ma patriottismo costituzionale». Eppure, per il mainstream è giusto, sacrosanto, che il capo dello Stato pretenda di “suggerire” personalmente i ministri chiave, dagli esteri all’economia. Lo ripetono a reti unificate personaggi come il filosofo televisivo Massimo Cacciari e il giornalista Massimo Giannini: guai, se i titolari di quei dicateri dovessero esser scelti da politici avventati e pericolosamente populisti come Di Maio e Salvini. Guai, se a comporre davvero il cuore del futuro governo fossero le due forze – 5 Stelle e Lega – che hanno stravinto le elezioni. Vorrebbe dire che l’Italia potrebbe trovarsi di colpo, per la prima volta dopo molti anni, di fronte al grave pericolo di scegliere il proprio destino in modo democratico. Guai, quindi, se a comporre il toto-ministri fossero proprio i due partiti che hanno raccolto oltre il 50% dei consensi degli italiani. L’altra metà della verità può sembrare altrettanto sgradevole: siamo sicuri che Salvini, ma soprattutto Di Maio, rappresentino davvero un fondato motivo di allarme per l’establishment bancario ed eurocratico?Quantomeno, il leader della Lega ha eletto al Senato un economista keynesiano come Alberto Bagnai, nemico storico del rigore di Bruxelles, e ha promesso di demolire l’austerity facendo crollare la tassazione. Salvini ha anche condannato le sanzioni alla Russia e i missili Nato sulla Siria, ma Di Maio? Al contrario, ha graziosamente visitato i santuari massonici della finanza angloamericana e ha “sbianchettato” dal programma pentastellato i passaggi pro-Russia, tacendo sulla guerra siriana. Ha sventolato il totem del reddito di cittadinanza evitando però di spiegare esattamente come attuarlo, senza violare le regole-capestro imposte dall’Ue. Ha dovuto pure digerire l’insolenza di chi gli rinfacciava l’ex lavoro di steward allo stadio, anziché domandarsi chi fosse davvero, Luigi Di Maio, e perché mai è stato incoronato leader dei 5 Stelle (senza un vero programma) dopo primarie-burla, vinte in solitaria. Di chi è, il Movimento 5 Stelle? Che fine farebbe, un militante (o peggio, un eletto) che osasse esprimere dissenso? Undici milioni di voti, elargiti non si sa esattamente a chi, né per fare cosa. Il tutto tra i moniti di Mattarella e la platea d’élite, che guarda l’Italia votare in massa contro l’euro anzi per l’euro, per la Nato o meglio per la Russia, per i vaccini obbligatori o forse contro, non si sa. E’ davvero così malconcio, il super-potere, da inquietarsi al cospetto del minuscolo Di Maio?I partiti di governo della Prima Repubblica facevano i congressi anche “coi morti”, cioè non depennando i militanti nel frattempo defunti dal computo rissoso delle correnti, e dunque delle rispettive poltrone. La notizia? I congressi, i partiti di oggi non li fanno proprio più, nemmeno “con i vivi”. Sono tutti morti? Ovvero: è vivo, il Pd che non ha ancora osato guardare in faccia Matteo Renzi e la sua catastrofe a rate, dal referendum 2016 alle politiche 2018? E’ viva Forza Italia, che dopo tanti anni non sa ancora cosa voglia dire mettere in discussione il verbo del fondatore-padrone? Ed è il vivo il Movimento 5 Stelle, che non ha mai celebrato un congresso – nemmeno per sbaglio – in tutta la sua vita? E’ vivo, un partito-marketing nato via web senza neppure una vera sede e i cui iscritti ed eletti non sono nemmeno legittimi comproprietari, pro quota, della sovranità politica simbolica del marchio sotto cui si presentano alle elezioni? Il mondo è in mano a multinazionali, imperi finanziari e potentissimi tecnocrati, signori della proprietà assoluta intesa come religione. Che idea si possono esser fatti, di una nazione politicamente nullatenente? Cosa devono pensare dell’Italia che sceglie di votare per partiti i cui iscritti e militanti non contano niente? Gli attuali partiti-fantasma sembrano lo specchio perfetto di un paese ideale, per il sommo potere: un paese in cui sono i cittadini a non contare nulla.
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Il potere vota Di Maio. Scalfari: è il nuovo leader, a sinistra
Per Marco Travaglio, a dare spettacolo è il noto sport nazionale: correre in soccorso dei vincitori. Sempre che i soccorritori, in questo caso, non siano i terminali italiani degli azionisti-ombra dei 5 Stelle, tranquillizzati in anticipo da Luigi Di Maio nei santuari del sommo potere, da Londra a Washington, prima ancora di presentare una lista iper-rassicurante di possibili ministri tecnici, a partire dal neoliberista Fioramonti, il cui curriculum contempla nomi come Rothschild, Rockefeller e Soros. «I poteri forti si riposizionano», titola il “Fatto Quotidiano”. O meglio: forse rendono palese ciò che prima era nascosto, e cioè che il successo firmato Di Maio fosse, fin dall’inizio, il loro Piano-B. Ovvero: non l’imbarazzante avanzata di una forza “antisistema”, ma il prevedibile boom di un’ala “populista” del sistema stesso, adatta a drenare il dissenso sociale di un’Italia in crisi. Da Marchionne a Confindustria, la convergenza su Di Maio si è fatta aperta e spettacolare, quasi quanto quella di Eugenio Scalfari, decano del “quarto potere” italico. Per il fondatore di “Repubblica”, che pochi mesi fa ai 5 Stelle avrebbe preferito persino l’odiato Berlusconi, oggi di Di Maio non è solo il legittimo capo del prossimo ipotetico governo, ma addirittura il leader del nuovo, grande partito unico della sinistra italiana, destinato a inglobare e assorbire lo stesso moribondo Pd. Questione di parole: sostituendo “sinistra” con “potere”, il cerchio si chiude.