Archivio del Tag ‘Olanda’
-
Antisionismo e antisemitismo, per Salvini tutto fa brodo
Visto che in Europa sopravvive la vergogna strisciante dell’antisemitismo, la follia criminale che attribuisce responsabilità politiche agli ebrei in quanto tali, Matteo Salvini coglie la palla al balzo per confondere l’antisemitismo con le critiche agli eccessi del sionismo, l’ideologia che consente a una potenza nucleare (lo Stato di Israele) di perseguitare con ogni mezzo i palestinesi, destabilizzando il Medio Oriente da mezzo secolo. Il leader della Lega, scrive Amedeo La Mattina su “La Stampa”, «ha puntato su Gerusalemme da quando, lo scorso anno, è stato accolto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu con tutti gli onori». In quell’occasione, l’ex ministro dell’interno «aveva sostenuto che la Città Santa dovrà essere la capitale di Israele, come ha sempre detto il presidente americano Donald Trump». Salvini lo ha ripetuto il 16 gennaio nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, alla presenza della presidente del Senato Elisabetta Casellati, in un convegno sulle “nuove forme dell’antisemitismo”. La “Stampa” segnala «un costante riallineamento a Washington e un conseguente allontanamento da Mosca», da parte del leghista. Barra dritta su alcuni concetti, ripetuti come un mantra: «L’antisemitismo di certa destra tradizionalista e di certa sinistra è nostro nemico», dichiara Salvini. «Abbiamo il dovere di combattere chi dice che gli ebrei siano i nazisti di oggi: c’è chi lo pensa nel mondo islamico ma anche in certi mondi in Europa».Attenti alle parole: è noto che nessuno, sano di mente, dice o pensa che “gli ebrei” siano “i nazisti di oggi”. Semmai, l’accusa investe il governo israeliano, da decenni dominato dalla destra. E’ stato Netanyahu a compiere spaventosi abusi verso i palestinesi, come i bombardamenti su Gaza costati 1.400 morti tra la popolazione civile (e la coraggiosa protesta dei Refuseniks, i militari israeliani che esercitano l’obiezione di coscienza rifiutandosi di partecipare ad azioni che rischiano di provocare vittime tra i civili). Le cronache di questi anni sono gremite di proteste: a quelle degli arabi e degli occidentali si aggiungono quelle degli stessi ebrei, scandalizzati per la brutalità della violenza israeliana. L’olandese Henk Zanoli (che salvò ebrei dalle persecuzioni naziste) ha chiesto che il suo nome venisse rimosso dal sacrario dei Giusti di Israele, dove si commemorano gli eroi che misero in salvo innocenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il giovanissimo soldato Udi Segal ha preferito andare in carcere, pur di non partecipare alle operazioni militari di repressione contro la popolazione di Gaza. «Ho letto i libri di Ilan Pappe», ha spiegato Segal, alludendo al maggiore storico israeliano contemporaneo, ora costretto a insegnare lontano da Israele dopo aver ricordato che la “pulizia etnica” contro gli arabi in Palestina fu avviata ben prima dell’avvento di Hitler.A descrivere la radice violenta di una certa declinazione del sionismo – sostiene Paolo Barnard – bastano i diari di David Ben Gurion: se il sionismo originario era il sogno di Theodor Herzl (una patria ebraica in Palestina, capace di convivere con gli altri popoli della regione), Ben Gurion lo interpretò in modo anche brutale, non esistando a raccomandare di sterminare donne e bambini nei villaggi palestinesi. Solo più tardi l’immane catastrofe della Shoah spinse il mondo a concedere agli ebrei il loro Stato (accompagnato però dalla nascita di quello parallelo per i palestinesi: uno Stato mai nato, quest’ultimo, in seguito alle guerre che costrinsero il neonato Israele a difendersi dai paesi arabi, che non accettarono la costituzione dello Stato israeliano). La pace separata dell’Egitto con Tel Aviv costò la vita al presidente egiziano Anwar Sadat, assassinato da fondamentalisti islamici, mentre l’unico vero accordo strategico tra israeliani e palestinesi, a metà degli anni ‘90, fu sabotato dall’omicidio del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, ucciso da un estremista ultra-sionista. Da allora il conflitto non ha fatto che marcire, impugnato come eterno alibi per giustificare la reciproca ostilità arabo-israeliana, costringendo i palestinesi a pagare un prezzo smisurato. Bombe al fosforo bianco su Gaza, dopo che la Striscia è finita sotto il controllo degli islamisti di Hamas, e incentivo (senza più freni) alla politica degli insediamenti israeliani nei Territori Occupati in Cisgiordania.Recenti gli ultimi due atti, fortemente simbolici: Gerusalemme promossa come futura “capitale israeliana” con la benedizione di Trump, e la trasformazione costituzionale di Israele in “Stato ebraico”, a danno della popolazione non ebrea. Protesta un grande artista come Moni Ovadia, promotore in Occidente della cultura ebraica: «La propaganda più sleale continua ad accusare di antisemitismo chi, come me, si batte semplicemente contro la politica violenta e razzista del governo israeliano». Uno dei leader occidentali del movimento che contesta gli abusi del sionismo contemporaneo è l’inglese Roger Waters: il frontman dei Pink Floyd accusa apertamente Israele di “apartheid” ai danni dei palestinesi, e invita a boicottare i prodotti israeliani. Durissimi con Tel Aviv anche musicisti come Brian Eno e il jazzista ebreo Gilad Atzmon, secondo cui non sono in alcun modo giustificabili le vessazioni quotidiane e le violenze a cui il governo di Israele sottopone l’inerme popolazione palestinese. Con Israele non si scherza: durante l’Operazione Piombo Fuso, i devastanti bombardamenti su Gaza a cavallo tra 2008 e 2009, i Refuseniks furono costretti a ricorrere ad annunci a pagamento, sul quotidiano “Haaretz”, per informare i cittadini della loro protesta: non c’era posto per la voce dei militari dissidenti nella decantata democrazia di Israele, per decenni unico paese a non proporre nelle scuole “Se questo è un uomo” data la posizione di Primo Levi, estremamente critico rispetto al sionismo.Tutt’altra storia è invece quella delle cronache europee che, specie in paesi come la Francia, ripropongono l’abominio dell’antisemitismo, un sentimento che infetterebbe ancora alcuni strati dell’opinione pubblica. Nel convegno romano di Palazzo Giustiniani, a denunciarlo è Dore Gold, presidente del Jerusalem Center for Pubblic Affairs: la lordura antisemita riemerge «nel cuore dell’Occidente», e questo «fa capire che combattere l’antisemitismo significa combattere in difesa della nostra civilizzazione». Oltre al neonazismo fanatico, Gold accusa anche una certa sinistra, che nel difendere i palestinesi tollera l’estremismo islamista, che nega ancora a Israele il diritto di esistere. Ma è proprio lo Stato di Israele, ha precisato l’ambasciatore in Italia Eydar Dror, «la polizza assicurativa di tutti gli ebrei del mondo: grazie a esso – dice Dropr – possono andare a testa alta in tutto il mondo, e in caso di necessità tornare a casa». Per l’ambasciatore, l’antisemitismo è una cartina di tornasole: «Indica il declino della società e ne prevede il crollo». È in questa chiave, sottolinea la “Stampa”, che la presidente Casellati ha parlato della necessità di preservare «una società forte della propria identità, che ripudia l’intolleranza e il razzismo».Temi tornati di attualità, secondo la Casellati, anche a causa di una globalizzazione esasperata che tende a sacrificare le nostre tradizioni e radici culturali. «Ma sono temi che chiamano in ballo Salvini e un pezzo del suo elettorato che viene dalla destra anche estrema», scrive Amedeo La Mattina sulla “Stampa”. «Il leader leghista rifiuta accostamenti con CasaPound e Forza Nuova», e nega di alimentare intolleranza e razzismo. «Accuse assurde», precisa, aggiungendo che il contrasto all’immigrazione e la difesa dei confini non c’entrano nulla con l’intolleranza, il razzismo, la Shoah. Salvini si è detto dispiaciuto che «qualcuno non sia venuto» al convegno. Chiaro il rifermento alla senatrice a vita Liliana Segre, che non ha accettato di partecipare. «Lei ha tanto da insegnare, Carola Rackete no», ha scandito l’ex ministro. La “capitana” viene dunque presa a simbolo di quella sinistra “antisionista e antisemita” che inquieterebbe gli israeliani. Ma ad essere messa alla prova – scrive ancora La Mattina – sarà la sinistra di casa nostra: «Salvini chiede che presto il Parlamento voti sul documento dell’Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance) che identifica l’antisemitismo oggi».Da Salvini, non una parola sugli abusi di Israele verso i palestinesi. Al contrario: per il leader della Lega, il vero problema è rappresentato da «una Ue che nega le radici giudaico-cristiane ed etichetta i prodotti israeliani, una Onu che nel 2018 dedica alla condanna di Israele 18 risoluzioni e neanche una a Iran e Turchia». Salvini fa l’ultra-israeliano, schierandosi con il blocco di potere che fa capo a Netanyahu, ignorando le posizioni critiche che emergono dalla stessa società israeliana. Quanto a Gerusalemme capitale, nell’antichissima “città santa” (per ebrei, arabi e cristiani) gli abitanti ultra-ortodossi del quartiere Mea Shearim condannano il sionismo, sostenendo che nemmeno la Bibbia autorizza in alcun modo l’esistenza di uno Stato ebraico. Ma si tratta di argomenti non abbordabili per il capo della Lega, abituato a tagliare tutto a fette grosse. Dopo aver suscitato imbarazzo anche tra i cattolici per l’ostentazione del crocifisso nei comizi politici, è stato l’unico politico europeo (insieme all’inglese Johnson) ad esultare pubblicamente per l’omicidio terroristico del generale Soleimani, eroe nazionale dell’Iran ed emblema di un paese di cui l’Italia resta, a quanto a pare, il primo partner economico. Assediato dalle indagini (tra cui quella sulla missione russa di Savoini), il leghista che ambisce a guidare l’Italia chiede aiuto all’asse Usa-Israele e confonde volutamente l’antisionismo con l’antisemitismo, dopo aver insultato 80 milioni di iraniani.Visto che in Europa sopravvive la vergogna strisciante dell’antisemitismo, la follia criminale che attribuisce responsabilità politiche agli ebrei in quanto tali, Matteo Salvini coglie la palla al balzo per confondere l’antisemitismo con le critiche agli eccessi del sionismo, l’ideologia che consente a una potenza nucleare (lo Stato di Israele) di perseguitare con ogni mezzo i palestinesi, destabilizzando il Medio Oriente da mezzo secolo. Il leader della Lega, scrive Amedeo La Mattina su “La Stampa“, «ha puntato su Gerusalemme da quando, lo scorso anno, è stato accolto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu con tutti gli onori». In quell’occasione, l’ex ministro dell’interno «aveva sostenuto che la Città Santa dovrà essere la capitale di Israele, come ha sempre detto il presidente americano Donald Trump». Salvini lo ha ripetuto il 16 gennaio nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, alla presenza della presidente del Senato Elisabetta Casellati, in un convegno sulle “nuove forme dell’antisemitismo”. La “Stampa” segnala «un costante riallineamento a Washington e un conseguente allontanamento da Mosca», da parte del leghista. Barra dritta su alcuni concetti, ripetuti come un mantra: «L’antisemitismo di certa destra tradizionalista e di certa sinistra è nostro nemico», dichiara Salvini. «Abbiamo il dovere di combattere chi dice che gli ebrei siano i nazisti di oggi: c’è chi lo pensa nel mondo islamico ma anche in certi mondi in Europa».
-
Chossudovsky: terrorismo Usa, mini-atomiche contro l’Iran
Trump ha fatto ammazzare il generale Qasem Soleimani, che aveva cacciato l’Isis prima dall’Iraq e poi dalla Siria. E come c’era arrivato, lo Stato Islamico, in Iraq e in Siria? In carrozza, grazie a Barack Obama. Lo ricorda il professor Michel Chossudowsky, economista canadese e analista geopolitico, direttore del newsmagazine “Global Research”. Nel giugno del 2014, una interminabile processione di pick-up Toyota attraversò 200 chilometri di deserto tra Iraq e Siria, senza che si alzasse in volo un solo jet americano: azzerare la colonna sarebbe stato un gioco da ragazzi. Obama, al contrario, s’inventò la farsa dell’operazione “Responsabilità di proteggere”: una coalizione di 19 paesi, che in tre anni non ha liberato proprio niente. A sgominare l’Isis ha provveduto l’aviazione della Russia, con l’aiuto sul terreno delle forze iraniane del generale Soleimani e gli Hezbollah libanesi in appoggio all’esercito siriano. Che i media occidentali non ne parlino, è motivo di ulteriore vergogna. Ma ormai, ricorda Chossudowsky, tutto il Medio Oriente sa benissimo che sono stati gli Usa e la Nato a creare l’Isis. Per questo Trump scherza col fuoco, mentre l’Iraq intima lo sfratto ai militari americani. E se proprio la Casa Bianca volesse colpire Teheran in modo efficace, secondo Chossudowsky dovrebbe ricorrere alla bomba atomica.Sempre secondo l’analista canadese, peraltro, il Pentagono non è in una posizione ottimale: continua a considerare super-sicura la sua principale base operativa nell’area, quella di Al-Udeid vicino a Doha in Qatar, ignorando che nel frattempo «il Qatar ha normalizzato le sue relazioni con l’Iran, avviando persino una cooperazione militare estesa ad Hezbollah e addirittura ad Hamas». Mentre i bombardamenti e gli attacchi missilistici possono essere lanciati da altre basi in Medio Oriente e da Diego Garcia nell’Oceano Indiano, gli 11.000 soldati più vicini all’Iran sono proprio quelli stanziati in Qatar, cioè in un paese arabo che ha preso le distanze dal terrorisimo sunnita finanziato dall’Occidente, schierandosi apertamente con le forze sciite. Né dovrebbe rassicurare particolarmente il fatto che l’altra grande base della regione, quella di Incirlik, finora strategica in tutte le operazioni a guida Usa-Nato in Medio Oriente, sia sotto il controllo di un partner problematico come la Turchia, che sta trattando l’acquisto con Mosca dei missili anti-missile S-400, che neutralizzano razzi, droni e caccia della Nato. Mentre una guerra contro l’Iran resta sul tavolo del Pentagono, in queste condizioni – secondo “Global Research” – è impensabile una guerra-lampo di tipo convenzionale, con l’impiego simultaneo di forze terrestri e aeronavali.Proprio per questo, aggiunge Chossudowsky, i falchi di Trump pensano ad attacchi missilistici mirati, le cosiddette “operazioni da naso sanguinante”. Tra queste, purtroppo, l’opzione nucleare: cosa che porterebbe inevitabilmente all’escalation “mondiale”, da tutti temuta. Follia? «I pazzi fanno cose pazze», avverte un analista come Edward Curtin, puntando il dito contro gli oligarchi che circondano Trump: il segretario di Stato Mike Pompeo, il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien e lo stesso Brian Hook, rappresentante speciale per l’Iran e consigliere di Pompeo. «Potrebbero “consigliare” al presidente Trump di autorizzare una “operazione da naso sanguinante” contro l’Iran usando armi nucleari tattiche (B61 bunker-buster), che il Pentagono ha classificato come “innocue per i civili perché l’esplosione è sotterranea”. Ma è una bugia, protesta Chossudowsky: «L’arma nucleare tattica ha una capacità esplosiva tra un terzo e 12 volte una bomba di Hiroshima, secondo il “Bulletin of Atomic Scientists”». Proprio le incertezze degli Usa riguardo alla loro supremazia assoluta, sul piano concenzionale, poterebbero spingere i “pazzi” della Casa Bianca a usare le micidiali “bunker-buster”, definite “tattiche”?«Le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Iran stanno salendo a spirale verso uno scontro militare che ha una reale possibilità che veda gli Stati Uniti usare armi nucleari», scrive Chossudowsky. «L’assortimento di capacità asimmetriche dell’Iran – tutte costruite per essere efficaci contro gli Stati Uniti – quasi assicura uno scontro del genere. E l’attuale posizione nucleare degli Usa lascia l’amministrazione Trump almeno aperta all’uso di armi nucleari “tattiche” nei teatri convenzionali». Alcuni, nell’attuale amministrazione, potrebbero pensare che la bomba-bunker possa assicurare «una vittoria rapida e decisiva nel centro petrolifero del Golfo Persico». Nel rappoprto del 2029 del “Bulletin of Atomic Scientists”, Hans Kristensen e Matt Korda spiegano che gli Usa dispongono di circa 230 ordigni nucleari tattici. Di queste bombe-bunker, circa 50 sono in Turchia nella base di Incirlik, mentre 180 atomiche “tattiche” sono dislocate nei quattro paesi europei non nucleari: Germania, Belgio, Paesi Bassi e, naturalmente, Italia. Secondo Chossudowsky, il pericolo è reale: «L’uso di armi nucleari “tattiche” non richiede l’autorizzazione del “comandante in capo”, che riguarda esclusivamente le cosiddette armi nucleari strategiche».Trump ha fatto ammazzare il generale Qasem Soleimani, che aveva cacciato l’Isis prima dall’Iraq e poi dalla Siria. E come c’era arrivato, lo Stato Islamico, in Iraq e in Siria? In carrozza, grazie a Barack Obama. Lo ricorda il professor Michel Chossudovsky, economista canadese e analista geopolitico, direttore del newsmagazine “Global Research“. Nel giugno del 2014, una interminabile processione di pick-up Toyota attraversò 200 chilometri di deserto tra Iraq e Siria, senza che si alzasse in volo un solo jet americano: azzerare la colonna sarebbe stato un gioco da ragazzi. Obama, al contrario, s’inventò la farsa dell’operazione “Responsabilità di proteggere”: una coalizione di 19 paesi, che in tre anni non ha liberato proprio niente. A sgominare l’Isis ha provveduto l’aviazione della Russia, con l’aiuto sul terreno delle forze iraniane del generale Soleimani e gli Hezbollah libanesi in appoggio all’esercito siriano. Che i media occidentali non ne parlino, è motivo di ulteriore vergogna. Ma ormai, ricorda Chossudovsky, tutto il Medio Oriente sa benissimo che sono stati gli Usa e la Nato a creare l’Isis. Per questo Trump scherza col fuoco, mentre l’Iraq intima lo sfratto ai militari americani. E se proprio la Casa Bianca volesse colpire Teheran in modo efficace, secondo Chossudovsky dovrebbe ricorrere alla bomba atomica.
-
Bradanini: gli Usa Stato-canaglia, ritiriamo le truppe italiane
La forza militare dell’Iran non è neanche lontanamente paragonabile a quella americana, però l’Iran è in grado di fare danni, politici e militari, sia ai soldati americani nelle basi attorno all’Iran, sia agli amici degli americani. Quindi l’America deve valutare qual è il “trade off” tra vantaggi e inconvenienti, in una escalation. Soleimani era un personaggio importante, ma – come si dice a Roma – morto un Papa, se ne fa un altro. In realtà l’Iran perde una persona, ma non perde la sua capacità di colpire in tanti modi, e non perde gli amici che si è fatto nella regione negli ultimi anni. Perché l’America ha colpito Soleimani in questo momento e in questo modo? E’ una domanda a cui si può solo cercare di rispondere. A mio avviso ci sono diverse ipotesi. Per esempio la solita teoria del caos, che finalmente è prevalsa: e cioè creare confusione, vendere armi, far salire il corso del dollaro e il prezzo del petrolio, così i petrolieri guadagnano e sostengono Trump. Il quale ha bisogno di distrarre le masse americane che lo hanno eletto, sempre più intontite, anche perché ha davanti a sé due appuntamenti importanti: l’impeachment e la rielezione. Tra l’altro è già riuscito, in questo intento, perché la stampa americana non parla più di impeachment e parla invece di Iran.Però c’è un’altra cosa che mi preme dire: e cioè che, forse, gli eventi politici nella storia si giustificano anche quando una certa massa critica, in una determinata direzione, prende forma. Ora, l’America ha dimostrato negli ultimi anni di essere in declino, e di temere questo declino, sia pure relativo – rimane sempre una talassocrazia pericolosissima: ormai è uno Stato-canaglia, è il pericolo numero uno per la pace nel mondo. Tuttavia è un paese che si difende, e lo fa in maniera brutale: ad esempio stracciando quel poco di diritto internazionale di organizzazioni internazionali che eravamo riusciti a costruire. Ha messo in ginocchio il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio. Le Nazioni Unite ormai non contano più: l’America ha deciso di non pagare più il suo contribuito annuale, mettendo in ginocchio anche questa organizzazione. Poi ha strappato l’accordo nucleare con l’Iran, che era stato negoziato dalle grandi potenze che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (più la Germania, grande potenza aspirante). Per quanto riguarda Israele, l’America ha già dimostrato la sua affezione nei confronti delle politiche irrazionali israeliane, riconoscendo Gerusalemme come capitale dello Stato e riconoscendo le alture del Golan (che appartengono alla Siria).Tutta la comunità internazionale è insorta molto poco, davanti a queste due aberrazioni, dal punto di vista del diritto internazionale, e non fa che sostenere Israele nella sua politica degli insediamenti, che ormai impediscono in via definitiva la soluzione dei due Stati. In Medio Oriente tutto è cominciato lì, con la Palestina, che ancora non trova pace: anche i palestinesi hanno diritto a una patria. Il punto è che gli Stati Uniti vogliono agire come battitori liberi: non riconoscono più nessuna autorità morale, politica e giuridica alla comunità internazionale. Da parte dell’Europa ci vorrebbe un sussulto di tutela dell’etica politica, nella politica internazionale. E questo è un momento storico straordinario, per questo sussulto. L’Italia dovrebbe intanto ritirare tutti i suoi soldati presenti nell’area. Cosa ci stanno a fare, lì? Stanno facendo o il lavoro sporco al servizio degli interessi americani e israeliani, come nel Sud del Libano, oppure cose misteriose, in Iraq e in altre aree del Medio Oriente. Non sappiamo bene cosa stiano facendo; ma, se ci sono, è perché ce lo hanno imposto gli americani. Questo è il primo passo che un governo serio dovrebbe compiere.E’ un governo di due partiti che, sulla carta, si dicono contrari alla guerra, favorevoli alla pace, alla solidarietà e all’amicizia tra i popoli. Questo lo dovrebbero fare anche le altre nazioni europee. Quantop all’Ue, Josep Borrell non è il “ministro degli esteri dell’Europa”: è semplicemente un portavoce. La politica estera, in Europa, è appannaggio dei singoli Stati. L’Europa agisce e si fa sentire “ad una voce” quando lo vogliono le ex grandi potenze europee, cioè Francia e Germania, e fino a ieri anche la Gran Bretagna. Gli altri paesi, semplicemente, obbediscono. L’Italia non conta nulla. Questo è quello che, a mio avviso, si dovrebbe fare. Quello che l’Italia farà, molto probabilmente, è invece una sceneggiata: una presa di distanze soltanto formale, per poi allinearsi ai dettami americani. Questo è inevitabile, da parte di un paese colonizzato: non dimentichiamo che gli americani in Italia hanno 90 bombe atomiche, a prescindere da quelle che potrebbero arrivare dalla Turchia nei prossimi mesi, dislocate nei siti di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone). Inoltre gli Usa hanno oltre 100 siti militari, alcuni misteriosi, sparsi per tutto il paese. E la Germania è in una situazione analoga, insieme a piccoli paesi come l’Olanda e il Belgio. Poi ci sono le bombe atomiche inglesi, sempre al servizio dello Zio Sam, e quelle francesi, in apparenza più nazionali.In sostanza, la Nato (che al 90% significa “esercito americano”) e gli americani direttamente occupano l’Europa, che quindi è un territorio colonizzato. Quanto a noi, nessun governo italiano sarebbe in grado di fare quello che auspichiamo, in una situazione del genere: questo sarebbe il momento di cominciare a sbrogliare la matassa, per riconquistare la nostra indipendenza nazionale. E quindi: prendere le distanze da questo groviglio inestricabile, e da questo rischio gravissimo di un conflitto regionale e anche mondiale, che Trump ha messo in moto. Occorrerebbe rititare le nostre truppe e cominciare a ridiscutere una politica di indipendenza nei confronti della Nato e degli americani. Non c’è più nessun Patto di Varsavia che minaccia i paesi dell’Europa occidentale: semplicemente, la Nato non ha più senso.(Alberto Bradanini, dichiarazioni rilasciate l’8 gennaio 2020 alla trasmissione web-streaming su YouTube “Speciale #TgTalk”, condotta su “ByoBlu” da Claudio Messora e Francesco Maria Toscano. Bradanini, esponente di primissimo piano della diplomazia italiana, è stato a lungo ambasciatore a Teheran e poi a Pechino).La forza militare dell’Iran non è neanche lontanamente paragonabile a quella americana, però l’Iran è in grado di fare danni, politici e militari, sia ai soldati americani nelle basi attorno all’Iran, sia agli amici degli americani. Quindi l’America deve valutare qual è il “trade off” tra vantaggi e inconvenienti, in una escalation. Soleimani era un personaggio importante, ma – come si dice a Roma – morto un Papa, se ne fa un altro. In realtà l’Iran perde una persona, ma non perde la sua capacità di colpire in tanti modi, e non perde gli amici che si è fatto nella regione negli ultimi anni. Perché l’America ha colpito Soleimani in questo momento e in questo modo? E’ una domanda a cui si può solo cercare di rispondere. A mio avviso ci sono diverse ipotesi. Per esempio la solita teoria del caos, che finalmente è prevalsa: e cioè creare confusione, vendere armi, far salire il corso del dollaro e il prezzo del petrolio, così i petrolieri guadagnano e sostengono Trump. Il quale ha bisogno di distrarre le masse americane che lo hanno eletto, sempre più intontite, anche perché ha davanti a sé due appuntamenti importanti: l’impeachment e la rielezione. Tra l’altro è già riuscito, in questo intento, perché la stampa americana non parla più di impeachment e parla invece di Iran.
-
Casca il mondo, l’Italia sparisce. E nessuno dice la verità
“La guerra infinita”, “Il più grande crimine”, “Massoni”. Tre libri – italiani – senza precedenti nel mondo, quando uscirono. Nel primo, edito da Feltrinelli nel 2003, Giulietto Chiesa svelava la drammatica inconsistenza della versione ufficiale sull’11 Settembre, oggi conclamata: i tremila architetti e ingegneri dell’associazione 9/11 Thruth (e i pompieri di New York) dimostrano la “demolizione controllata” delle Torri Gemelle, certo non abbattute da aerei dirottati. Otto anni dopo, archiviato l’inferno dell’Iraq e neutralizzato il supertestimone Julian Assange, di fronte alla crisi finanziaria globale e alla micidiale austerity europea è stato Paolo Barnard ad afferrare il torno per le corna, con un instant-book diffuso sul web e ora pubblicato da Andromeda: il golpe tecnocratico dell’Eurozona riletto in chiave criminologica, dalle sue premesse (la svendita dell’Italia affidata a Prodi e Draghi) fino all’estrema conseguenza del devastante “economicidio” eseguito da Monti. Infine, nel 2014, è stato il massone progressista Gioele Magaldi ad aggiungere una spiegazione decisiva, facendo luce sul missing link che separa la cronaca dalla verità del potere: il ruolo delle superlogge sovranazionali, presentate per la prima volta con nomi e cognomi.Che fine hanno fatto, questi tre autori che il mainstream continua a ignorare? Due di loro – Chiesa e Magaldi – presidiano canali di informazione critica, mentre il terzo (Barnard) ha abbandonato anche il web, deluso dall’immobilismo italiano: cittadini ipnotizzati da un’offerta politica demenziale o cialtrona, come quella dei 5 Stelle, e “leoni da tastiera” incapaci di strutturarsi in opinione pubblica militante, in grado di impegnarsi politicamente per cambiare qualcosa. Giulietto Chiesa è passato per l’esperimento deludente della “Lista del Popolo” con Antonio Ingroia e ora segue da vicino Vox Italia, la formazione di Diego Fusaro. Soprattutto, anima le trasmissioni web di “Pandora Tv” e quelle nuovissime di “Contro Tv”, emittente fondata con Massimo Mazzucco, il cui esplosivo documentario “11 Settembre, inganno globale” fu trasmesso in prima serata nel 2006 su Canale 5 da “Matrix”, talkshow allora condotto da Mentana. Magaldi, dal canto suo, ha fondato il Movimento Roosevelt, entità trasversale meta-partitica: missione, inoculare il virus del risveglio democratico nei partiti italiani. E’ anche tra i promotori del “Partito che serve all’Italia”, piattaforma politica keynesiana, e partecipa a trasmissioni web-tv sui canali YouTube di “Border Nights” che ospitano lo stesso Mazzucco.A che punto è la notte? Difficile dirlo, data la nebbia che avvolge l’Italia: buio pesto, là fuori. A Palazzo Chigi siede il prestanome Giuseppe Conte, ottimamente relazionato con il Vaticano (nel frattempo divenuto socio di Lapo Elkann tramite il fondo Centurion basato a Malta), mentre le cosiddette Sardine fanno la guerra all’opposizione ignorando le eroiche imprese del governo più imbarazzante di sempre, attorno a cui ronzano statisti del calibro di Renzi, Di Maio e Zingaretti. L’Italia nel frattempo cade a pezzi: il crollo del viadotto Morandi e l’oscena vicenda del Tav Torino-Lione ne emblematizzano il declino, causa morte civile della politica, insieme all’agonia dell’Ilva, all’ignobile silenzio ufficiale sulla rete 5G, alla scandalosa gestione dell’obbligo vaccinale che nel 2019, per la prima volta, ha escluso 130.000 bambini da nidi e asili. Nel frattempo, la Exor di John Elkann si compra “Repubblica” e “L’Espresso”, cede ai francesi il timone dell’ex Fiat e non concede alcuna garanzia sul futuro degli stabilimenti italiani. In compenso ne aprirà uno in Marocco e si prepara a intascare altri 136 milioni di euro, stavolta dal governo Conte (che dichiara guerra al contante e ai micro-evasori, mentre la Fca continua a pagare le tasse in Olanda anziché in Italia).Argomenti caldi, sui media: gli sbarchi dei migranti e il malvagio Salvini. In compenso si lascia credere che il mondo verrà salvato da Greta Thunberg, cioè dai mega-investitori planetari alle spalle della ragazzina, Goldman Sachs e BlackRock in testa, che si apprestano a riverniciare di “green” i fondi-pensione da vendere a centinaia di milioni di persone, una torta da oltre 100 trilioni di dollari. Riassunto delle puntate precedenti? Non disponibile: i media non se ne occupano. Magari pontificano sulle altrui “fake news” sorvolando sulle proprie, ma si sono ben guardati dal recensire “La guerra infinita”, “Il più grande crimine” e “Massoni”, tre volumi risultati preziosissimi per gli italiani desiderosi di capire almeno qualcosa dello smisurato caos nel quale sembra finito il mondo, senza più distinzione tra destra e sinistra, buoni e cattivi, progressisti e conservatori. Si è appena celebrato l’anniversario della caduta del Muro di Berlino: poteva essere l’anno zero, l’avvento dell’epoca di pace sognata da Gorbaciov? Errore: Wall Street si gettò subito sulla Russia per spolparla, mentre alla Cina fu permesso di entrare nel grande giro mondiale del Wto ma in modo selvaggio, senza tutele per gli operai e per l’ambiente. Risultato: globalizzazione feroce e lavoratori occidentali nei guai, alle prese con la sciagura delle delocalizzazioni e la competizione impossibile con prodotti a bassissimo costo.Riassume Barnard: fu l’avvocato Lewis Powell, nel lontano 1971, a dettare il vademecum con cui l’élite “feudale” si sarebbe ripresa il pianeta, privatizzandolo. Con il libraccio “La crisi della democrazia” (di Gianni Agnelli la prefazione all’edizione italiana), la Trilaterale di Kissinger e soci spiegò che “l’eccesso di democrazia” si cura solo tagliando la democrazia. In Europa, gli oligarchi crearono un’Unione Europea concepita come il Sacro Romano Impero, fatta di sudditi da ridurre all’obbedienza. Bersaglio numero uno: gli Stati, pericolosi “competitor” del grande capitale. Vittima illustre: la ricchissima Italia dell’economia mista, supportata dall’Iri. Utili leggende fabbricate dal neoliberismo: il debito pubblico come malattia, come colpa (come se il governo avesse dovuto prima “risparmiare”, per poter poi finanziare le infrastrutture strategiche che permisero all’Italia del boom economico di uscire dall’età della pietra in cui l’aveva sprofondata la guerra fascista). Ora siamo agli sgoccioli: dopo la cura Monti il paese è a pezzi, ma i partiti pensano alle poltrone (e le Sardine a Salvini). Nel frattempo, la guerra – quella che Gorbaciov avrebbe voluto cancellare dalla faccia della Terra – è ridiventata una prassi ordinaria, fisiologica, a cui non si fa più neppure caso. Afghanistan e Iraq, Yemen, Somalia, Libia e Siria. Normalissimo, spararsi addosso per conto terzi: gli americani con le portaerei, i russi con i missili.Spiega Chiesa: l’11 Settembre fu creato a tavolino come casus belli per attuare il Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano redatto dai neocon, i signori del Deep State. Guerra planetaria, per terremotare l’economia e ridare fiato agli Stati Uniti, la superpotenza con il maggior debito estero del globo. A peggiorare ulteriormente il quadro provvede Magaldi: quei signori erano e sono massoni, che militano nelle superlogge reazionarie (che, attenzione: sono diffuse in tutto il pianeta, reclutando politici di ogni grande paese). Riletta così, la geopolitica si riduce a una serie di spaventosi regolamenti di conti, a guerre per bande. L’11 Settembre? E’ stata l’abominevole trovata di una Ur-Lodge terroristica, la Hathor Pentalpha dei Bush, per accelerare – manu militari, con la guerra innescata dal terrorismo “false flag” – questa folle globalizzazione neoliberista e mercantile, questa guerra mondiale dei super-ricchi contro il resto del mondo. I cocci, ovviamente, ci stanno cadendo addosso. C’è il sangue del terrorismo “domestico”, targato Al-Qaeda e poi Isis, e c’è lo sfacelo delle economie nazionali, dove neppure il Pil corrisponde più al benessere medio: più cresce, e più la maggioranza soffre, data la forbice ormai mostruosa tra produttori e rendita finanziaria.Era il 2010 quando Barnard cominciò a diffondere il suo contro-Vangelo sulla dominazione dell’euro, la moneta “privatizzata” per schiavizzare il 99% degli europei. Rimase lettera morta il clamoroso meeeting di economia promosso nel 2012 a Rimini con le migliori menti finaziarie dell’economia keynesiana. Inutile anche il viaggio di Warren Mosler in Italia, i consigli dispensati al governo romano. Tesi elementare: se si recupera sovranità monetaria si può tornare a investire nel mercato interno, battendo la crisi creata dalla globalizzazione. E i media nazionali? Silenzio, su tutta la linea. Non c’è pericolo che ai vari Floris, Formigli e Gruber venga in mente di sfiorare l’argomento: mutismo assoluto, anche ora che persino sua maestà Mario Draghi ha osato evocare la Modern Money Theory di Mosler. Da “La guerra infinita” sono passati 16 anni. Chi ha letto anche “Il più grande crimine”, e poi “Massoni”, si domanderà cosa mai potrà scuotere i dormienti, oggi lobotomizzati da Facebook, Twitter e WhatsApp. Si apre il 2020, e l’oscurità è fittissima. Julian Assange resta in prigione, anche se 80 medici raccomandano che sia ricoverato, essendo in pericolo di vita. L’Italia è in via di estinzione anche in Libia, ma quel che importa sono le regionali in Emilia. Qualcuno spieghi alle Sardine che l’Italia era un grande paese: c’èra giusto bisogno di innocue e appetitose Sardine per finire di divorarlo in santa pace.“La guerra infinita”, “Il più grande crimine”, “Massoni”. Tre libri – italiani – senza precedenti nel mondo, quando uscirono. Nel primo, edito da Feltrinelli nel 2003, Giulietto Chiesa svelava la drammatica inconsistenza della versione ufficiale sull’11 Settembre, oggi conclamata: i tremila architetti e ingegneri dell’associazione 9/11 Thruth (e i pompieri di New York) dimostrano la “demolizione controllata” delle Torri Gemelle, certo non abbattute da aerei dirottati. Otto anni dopo, archiviato l’inferno dell’Iraq e neutralizzato il supertestimone Julian Assange, di fronte alla crisi finanziaria globale e alla micidiale austerity europea è stato Paolo Barnard ad afferrare il torno per le corna, con un instant-book diffuso sul web e ora pubblicato da Andromeda: il golpe tecnocratico dell’Eurozona riletto in chiave criminologica, dalle sue premesse (la svendita dell’Italia affidata a Prodi e Draghi) fino all’estrema conseguenza del devastante “economicidio” eseguito da Monti. Infine, nel 2014, è stato il massone progressista Gioele Magaldi ad aggiungere una spiegazione decisiva, facendo luce sul missing link che separa la cronaca dalla verità del potere: il ruolo delle superlogge sovranazionali, presentate per la prima volta con nomi e cognomi.
-
Carpeoro: se fossi Mattarella. Più Stato, Italia da ribaltare
Se alla presidenza della Repubblica, oltre che una persona per bene, ci fosse anche uno statista, si preoccuperebbe di fare un’inversione di rotta, una specie di rivoluzione copernicana, per la quale l’Italia dovrebbe cominciare a pensare al proprio futuro in termini diversi. L’Italia dovrebbe darsi il coraggio di affermare delle priorità diverse dalle attuali, e in base alle quali richiedere con fermezza ciò che le è necessario. L’Italia non riceverà le risorse che dovrebbe ricevere dai meccanismi finanziari del progetto generale europeo, e invece queste risorse le servono disperatamente. L’Italia ha il suo Welfare State gravemente pregiudicato dal fatto che l’Inps è in stato pre-fallimentare. L’Italia non ha fatto nessun investimento produttivo, negli ultimi anni: ha i cantieri fermi, le grandi opere, i trasporti, le infrastrutture ferme. Tutto è vecchio, desueto, e niente è in grado di produrre innovazione. Ci vorrebbe un cambiamento di paradigma molto forte, con dei segnali che inevitabilmente ci metterebbero in conflitto con le burocrazie europee: ma nella vita i conflitti bisogna affrontarli, sia pure in modo incruento. L’Italia deve capovolgere una serie di cose: deve capovolgere parzialmente la logica delle privatizzazioni riducendole al minimo, deve rifare subito il ministero delle partecipazioni statali, deve ripristinare l’Iri (e possibilmente non farla presiedere mai più a Prodi).
-
Basta fango: se tutti i partiti si unissero per salvare il paese
Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.Fango e morte per i libici, gli yemeniti, gli stessi europei fatti a pezzi nelle piazze dal sedicente Isis, sotto il naso di polizie distratte. Fango e botte, per buon peso: sprangate in faccia ai manifestanti di Hong Kong e a quelli di Parigi. C’è chi la chiama terza guerra mondiale a rate, a puntate, a geometria variabile. Con tanto sangue, e soprattutto fango, a ogni latitudine. La piccola Italia (non così piccola, ma rimpicciolita dagli stregoni dell’Ue) diventa addirittura microscopica, nella fanghiglia della sua non-politica di ieri e di oggi. Non un partito vero, che pensi al domani: tutto è fermo alle elezioni del giorno dopo. Sondaggi, telegiornali, talkshow. Il non-governo attanagliato dal terrore del voto, l’opposizione che non va oltre l’ovvio disgusto per le non-decisioni dei prestanome che occupano i palazzi. La cosiddetta crisi morde sempre di più: acciaierie in panne e banche sull’orlo del tracollo, viadotti che si schiantano, fabbriche che chiudono, industrie che scappano all’estero per pagare meno (sia il lavoro che le tasse). Politica assente: massima irrisione, la non-protesta delle Sardine. Una beffa grottesca: festicciole e canzoni, al funerale dell’Italia.Uno spettacolo surreale, offerto al mondo che ci guarda, e che osserva la nostra incapacità strutturale di leggere la crisi, di riconoscerne i mandanti e gli esecutori. Attaccano Salvini, i dimostranti ipnotizzati dalla disinformazione: se la prendono con un micro-leader che domani forse non esisterà nemmeno più, e che comunque (questa la sua colpa) non ha ancora fatto assolutamente niente per restituire al paese una visione precisa, nonché una strategia su come uscire dall’oceano di fango nel quale sta affondando. Quel che non si perdona, alla Lega, è di essere l’unico partito a suo modo vitale, legittimato dal consenso? In effetti sembra fuori posto, questa Lega – prontamente assediata dalle inchieste – nell’Italia dell’anonimo e cardinalizio Conte, dell’esanime Zingaretti, della caricatura Renzi, degli zombie un po’ cialtroni che fino a ieri promettevano un mondo a 5 stelle. Altro? Macché. Fango per tutti, a reti unificate, senza sforzarsi di capire perché siamo finiti così in basso. Cos’è il debito pubblico? Cosa sono l’Eurozona, il Mes, la Brexit, il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio? Cos’è davvero l’avanzo primario, che da quasi trent’anni fa sì che lo Stato prelevi dai cittadini, sotto forma di tasse, più di quanto il governo non spenda, per gli italiani, in termini di servizi?Economia, questa sconosciuta: deve provvedere Mario Draghi, nientemeno, a suggerire che la via d’uscita può essere dalla parte opposta, rispetto al plumbeo rigorismo della Bce. Proprio lui, Draghi, è come se dicesse: ci si salva facendo l’esatto contrario di quel che ho fatto io, in tutti questi anni, prima al Tesoro e poi a Bankitalia, quindi a Francoforte. Modern Money Theory: emissione illimitata di liquidità, a costo zero. Altro che super-tasse, altro che austerity imposta per volere divino. Deficit positivo: vuol dire soldi da investire, lavoro, consumi, economia (e alla fine, risanamento del bilancio). Il “nuovo” Draghi, keynesiano e sovranitario, potrebbe essere l’eroe perfetto, per le Sardine – per loro, e per chiunque aspiri a recuperare il senso delle cose, il contatto con la realtà (cos’è lo Stato e a cosa serve, come deve funzionare). “Prestatore di ultima istanza”: parole divenute antiche solo qui, in questa Europa nanizzata dall’Ue, dai trattati intangibili che la recintano, deprimendola. Atroce, storicamente, per un continente dove – tra Parigi e Londra – nacque la democrazia moderna, già incubata in modo larvale nel medioevo italiano dei Comuni, e poi evocata tra le barricate della Repubblica Romana. Mazzini e Garibaldi: non volevano forse una democrazia europea, di popoli fratelli? Sappiamo com’è andata: due guerre mondiali. Poi la pace tra le rovine, la ricostruzione, la prodigiosa rinascita nel Belpaese. Fino a quando, lassù, non s’è deciso che potesse bastare, e che dovessimo tornare a soffrire.Modern Money Theory: massima eresia. La sventola Draghi, e nessuno fiata. Nessuno lo intervista, lo interroga, lo incalza. Sarebbe la notizia del secolo, in teoria, in materia finanziaria. Certo, non è merce maneggevole per l’insultificio. Meglio il fango, certo: è tanto più comodo. Nel fango si sguazza un po’ tutti, perché non è difficile trovare il bersaglio adatto, visto il livello dello zoo politico. Sarebbe bello vedere un altro film. Gente che accetta di sedersi allo stesso tavolo, a discutere. Fine del tifo, della gara di rutti. Tema: rimettere insieme i frantumi. Unirsi, con un obbligo: cancellare la lavagna delle prossime elezioni, e mettersi a pensare. Trovare, insieme, il gusto del bicchiere mezzo pieno. Ce ne sarebbe, da studiare. Prima, però, converrebbe archiviare le bandiere. Si fa così, da sempre, quando si vuole la pace. Si mettono da parte i vecchi rancori, le liturgie rituali, le identità solo formali. Destra e sinistra: che senso hanno, oggi? Cos’ha fatto, di buono, il centrodestra di governo? E in cosa si è distinto, il centrosinistra, rispetto ai tagli sociali dell’era berlusconiana? Entrambe le fazioni hanno obbedito a diktat. L’hanno votata insieme, la legge Fornero. Hanno mostrato il medesimo rispetto reverenziale per lo sciagurato Patto di Stabilità, che in capo a dieci anni ha ridotto le strade dei paesi italiani a campi minati, dove si fa lo slalom tra le buche perché il Comune non ha i soldi per l’asfalto.Hanno ragione, le Sardine, a reclamare una diversa estetica, gentile e dialogante. Mancano il bersaglio, certo: sparano all’orso di cartone, senza avvedersi che il luna park è recintato come un lager, dove tutto è proibito. Siamo prigionieri, ecco il punto. Beninteso, prigionieri europei del terzo millennio: privilegiati, senza nessuna guerra in casa da settant’anni. Siamo persino liberi di parlare, di insultarci allegramente, di vomitare fango contro gli orsetti di cartone. Ma è tutto qui, quel che sappiamo fare? Non ci viene il sospetto che le nostre animose divisioni siano l’habitat perfetto, per chi vuole continuare a portarci via tutto? Nei decenni della sovranità relativa, monetaria, l’Italia divenne la quarta potenza industriale del pianeta. E questo, nonostante le sue piaghe: mafia, evasione fiscale di massa, corruzione dilagante della politica. Eppure il paese cresceva, tutti stavano meglio e sapevano che i figli avrebbero avuto ancora più opportunità. Il deficit aveva fatto da motore, e il mastodonte Iri era il volano di un’economia che trascinava migliaia di aziende. Poi hanno fatto a pezzi tutto, dando la colpa a noi: al debito delle cicale, alla mafia, agli evasori, ai politici corrotti.Con queste miserabili menzogne hanno eretto il recinto spinato dell’attuale luna park, su cui sventola la bandierina blu-stellata della cosiddetta Europa. Mafia, evasione, corruzione? Esattamente come prima. La differenza? Non possiamo più spendere. Il risultato è una specie di catastrofe: meno servizi, meno welfare, meno sanità, meno pensioni. Meno soldi, meno consumi, meno futuro, meno tutto. Rigore, tasse, delimitazioni assurde come la suprema frode del famigerato tetto del 3% alla spesa pubblica: pura invenzione di un’ideologia maligna, spacciata per norma scientifica, per legge economica. Balordo imbroglio, grazie al caos organizzato a tradimento. Dopo decenni di cospicue regalie statali, la grande industria se la svigna in Serbia, in Romania e in Polonia, dove le maestranze costano di meno. La Fiat scappa in Olanda, lasciando a secco il fisco del paese che l’ha coperta di miliardi per decenni. E che dire dell’inflessibile Germania? Trucca i suoi conti pubblici, facendo dimagrire il debito di Stato depennando quello delle Regioni e la spesa pensionistica. E noi in piazza, valorosamente, a intonare gli inni dell’antifascismo di un secolo fa, mentre i predoni del 2019 ridono degli italiani, ingenui incorreggibili.Che bello, se qualcuno mettesse in produzione l’altro film: quello che manca. Tutti seduti allo stesso tavolo. Di Maio e Renzi, Salvini e Zingaretti, la Meloni. Conferenza a reti unificate, per dire: signori, c’è un problema. Le regole vanno cambiate. Siamo tutti d’accordo, finalmente. Vogliamo salvare gli italiani, tornare alla democrazia reale dello Stato. Lanciare una democrazia continentale. Far nascere qualcosa che ancora non esiste: una Unione Europea, di gente che si aiuta. Bello e impossibile? Soltanto un sogno, un’utopia? Pure, proprio da lì si parte: sono i sogni a dissipare il fango. Il resto, poi, viene da sé. Di fronte a un orizzonte nuovo, chi mai perderebbe ancora tempo a vomitare insulti? Molto sta nel crederci, all’orizzonte amico. Serve qualcuno che innanzitutto lo disegni, faccia vedere quanto sarebbe attraente, e spieghi anche quali passi, esattamente, sarebbe necessario compiere, verso la meta. Prima, però, deve tornare il sole almeno nei pensieri: per metter fine al fango, alla paura, alla stupidità dell’odio. Sta a noi, la prima mossa: se scoppia la pace, si mette male per gli sfruttatori. Lo sanno bene, i padroni del luna park. Gli unici a non saperlo ancora, a quanto pare, siamo noi?(Giorgio Cattaneo, “Basta fango: se tutti i partiti italiani si unissero, per salvare il paese”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 dicembre 2019).Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.
-
Brexit, Carpeoro: siamo perduti, perché l’Europa non esiste
La Brexit è voluta soprattutto dagli Stati Uniti, che fin dall’inizio sono stati contro l’Europa: si sono resi conto che l’Europa poteva essere un interlocutore indipendente, autonomo, e questo gli Usa non lo vogliono. Per loro, il soggetto più affidabile (sotto il profilo della ancillarità) è la Gran Bretagna, e così se la sono recuperata. C’è poco da esultare, perché comunque la Brexit è una ferita a una speranza: quella di fare dei veri Stati Uniti d’Europa che non siano questa Europa (che fa pena) e che realizzino un’aggregazione storica e culturale di un mondo. Alla gente non importa? La gente ragiona di pancia: per chi è cristiano, è la gente che ha deciso che dovesse essere crocifisso Gesù, e non Barabba. Spesso, la gente si schiera dalla parte sbagliata. La prospettiva europea è ineludibile, a mio parere, perché quello dell’Europa è un mondo che si è evoluto secondo accavallamenti di culture diverse, che necessita dell’integrazione e della formattazione, poi, di un progetto unico. Il mondo dell’Europa prevede una serie di componenti: la penisola greca, l’Italia, la penisola ispanica, la Francia, poi il perfezionamento del contatto con i popoli britannici, e poi le popolazioni del Nord. Ed è mancata la fase finale, la sintesi culturale: cioè il mettere assieme tutte queste voci e farne un’armonia, una musica.
-
Odiare: Sardine o Salvini, l’Italia resta cibo per cannibali
Le Sardine vorrebbero un mondo migliore. E fin qui, tutto bene. Sono però convinte che l’ostacolo sia Matteo Salvini, che immaginano voglia un mondo peggiore. Salvini chi? Il vicepremier gialloverde che, dopo aver promesso di stroncare le tasse (mondo migliore) non ha combinato nulla, di fronte ai censori-strozzini dell’Ue (mondo peggiore)? Unico vero terreno di scontro, gli sbarchi dei migranti: accogliamoli tutti (oppure: non accogliamone nessuno). Grande enfasi, da parte dell’allora ministro dell’interno, e tantissimi voti, ma nessuna violenza. Invece Macron, che tra i politici europei è l’amico diletto di Papa Francesco, i migranti inchiodati alla frontiera francese li ha fatti riempire di botte. Ora i Papa-Boys scendono in piazza con le Sardine, contro Salvini. Dunque Macron la passa liscia anche stavolta? Quanto al secondo tema in agenda, quello del presunto fascismo, qualsiasi corte ammetterebbe il non luogo a procedere: le minuscole formazioni che si richiamano al Ventennio non raggiungono l’1% dei votanti, che sono poco più della metà degli aventi diritto al voto. Ma la Lega che c’azzecca, coi presunti nostalgici fascistoidi?C’è chi ricorda un antico corteo con i giovani di CasaPound: ma qualcuno l’ha letto, nel 2018, il programma sociale (per non dire socialista) con cui CasaPound si presentò allora alle elezioni? E comunque, perché scomodare i peggiori fantasmi del ‘900, ignorando pericolosamente i mostri in circolazione oggi? Di nuovo, come nel caso di Macron: perché farla passare liscia, al vero colpevole? Perché Salvini è brutto e cattivo, rispondono in coro le Sardine: è il male assoluto, il demonio, l’Uomo Nero. E dove starebbe, la cattiveria di Salvini? Nel contestare gli abusi di Bibbiano e il sindaco di Riace? Nel contraddire Carola Rackete e gli altri turisti politici che usano l’Italia per diventare famosi, a spese del nostro governo e ignorando il governo manganellatore francese? E’ più facile, semmai, parlare della bruttezza di Salvini, della sua discutibilissima estetica politica, dei suoi crocifissi da comizio, delle sue passerelle in uniforme. Data memorabile, quella in cui andò all’aeroporto – vestito da poliziotto – ad accogliere l’estradato terrorista Cesare Battisti. Brutture: in un paese dove la cocaina la si compra ai giardinetti, il capo della Lega è riuscito a prendersela coi negozi di cannabis terapeutica. Ha persino dato del drogato a Stefano Cucchi, il giorno della condanna dei suoi assassini.Anche Salvini, poi, ha assecondato il conato demagogico del taglio dei parlamentari, caldeggiato dai grillini nel tentativo di apparire puri e intransigenti anziché corrotti dal vero potere, quello europeo. Ecco il punto: Salvini è stato al governo, per un anno, con i grillini che – un giorno dopo l’altro – tradivano tutte le promesse fatte agli elettori. Salvini ha ceduto al niet di Mattarella su Paolo Savona, architetto della difesa finanziaria nazionale, e poi non ha preteso che restasse al suo posto Armando Siri, il promotore della Flat Tax. Soprattutto: non ha osato tener duro sulla richiesta di deficit al 2,4% che, pur insufficiente, sarebbe servito per sostenere gli italiani (mondo migliore). Ha sperato che la tattica attendista finisse per incidere sulla strategia, ma ha perso la scommessa. I suoi alleati si sono tirati indietro, frenandolo su tutto. E infatti adesso sono al governo col Pd, pronti a farsi dettare l’agenda da Bruxelles mentre l’Italia crolla. E l’Italia – anche se le Sardine sembrano non accorgersene – sta davvero crollando, come il ponte Morandi e gli altri viadotti che tremano e franano.Sono nei guai l’Ilva, l’Alitalia, Unicredit. Siamo nei guai tutti, con l’approvazione di un dispositivo cannibale come il Mes, ideato dai tedeschi per colmare la voragine di Deutsche Bank, in un’Europa folle dove la Bce non può fare da garante per gli Stati, sempre più in bolletta. Disastro su disastro: la Fiat (che già paga le tasse in Olanda, anziché in Italia) ora cede il timone ai francesi. Apre un nuovo stabilimento, ma in Marocco, e per premio incasserà 136 milioni in regalo dal governo Conte. Niente da dire, su questo? Certo non fiatano i giornaloni, imbottiti di pubblicità targata Fiat, Alfa Romeo e Jeep. Men che meno aprono bocca i leoni di “Repubblica” e dell’”Espresso”, feroci con Salvini ma zitti sulle imprese di John Elkann, che li ha appena comprati. Siamo il paese che s’è rifiutato di trasmettere in televisione la prima intervista, dopo nove anni di guerra, al presidente siriano. Motivo evidente: Assad, nel colloquio con Monica Maggioni, ha accusato l’Europa (e in particolare la Francia) di aver armato le milizie dell’Isis in Siria. A quanta gente bisognerebbe chiedere conto del fatto che il sospirato mondo migliore non sia ancora all’orizzonte?L’elenco è sterminato, come si vede. Ma nell’agenda delle Sardine c’è solo Salvini. Il che, automaticamente, finisce per scagionare tutti gli altri. Al leghista non si perdona lo stile, il presunto bullismo verbale. Agli altri invece si perdona ogni macelleria concreta, sanguinosa. Non sarà che il chiasso propagandistico di Salvini, sempre rimasto senza effetti pratici, viene usato – anche grazie alle Sardine “distratte” – per deviare l’attenzione dai veri lestofanti all’opera? Se a opporvisi è Salvini, riesce più facile rifilare all’Italia persino una trappola mortale come il Mes. Splendida situazione, per gli strangolatori della nostra economia: grazie alle Sardine, certo, ma anche a Salvini. Nei Promessi Sposi, i capponi di Renzo si beccano a sangue, tra loro, ignari della padella che li attende. Nella padella, le Sardine sono già dentro fino al collo, insieme a tutti gli italiani, eccezion fatta per gli abili manipolatori dell’odio di piazza. Ma l’ondata di contro-odio non si sarebbe mai levata, se – in partenza – il capo della Lega non avesse usato certi toni.Parole, s’intende: non fatti. In nessun modo, la Lega al governo ha mai attuato politiche xenofobe. Pur vestito da poliziotto, Salvini non ha mai preso a mazzate nessun africano, né risulta che abbia fornito razzi e mitragliatori ai tagliagole jihadisti. La sua colpa maggiore? Aver alzato la voce contro gli sfruttatori di Bruxelles, i nostri parassiti, senza però trovare il modo di agire, concretamente, contro di loro. Un mondo migliore, qui in Italia, lo avremo quando sarà chiaro chi deruba, davvero, gli italiani. L’attuale esecutivo-zerbino è complice dei malfattori, e questo comporterà la morte politica degli sconcertanti grillini, oggi alleati con i traditori storici del bene comune, del mondo migliore. Non c’è verso di farlo capire, alle Sardine? A loro, a quanto pare, basta prendere a sberle Salvini. Che, a sua volta, si è accontentato di abbaiare alla luna, tirando a campare per un anno insieme al fenomenale cazzeggiatore Di Maio.I sentimenti agitati dalle Sardine sono serissimi: chi lo non vorrebbe, un mondo migliore? Le loro frecce però finiscono tutte fuori bersaglio: trafiggono un capro espiatorio che non ha alcuna responsabilità nello spaventoso declino del paese, ora in pericolo di fronte alla dominazione tecnocratica di poteri subdoli, sleali perché opachi, pronti a usare il profilo istituzionale per favorire lobby e colossali affari privati. E a proposito di estetica: se a tanti italiani può dare giustamente il voltastomaco il ricorso alla Madonna di Medjugorje, che dire dei commissari europei (tra cui Gentiloni) ripresi mentre intonano Bella Ciao nei palazzi dove si progetta la dismissione dell’Italia? Si canta Bella Ciao, senza pudore, mentre si condannando gli italiani a vivere nel peggiore dei mondi, vessati da una austerity assurda che non si trova il coraggio di attribuire alla sua vera causa, cioè l’euro (questo euro, così costruito e gestito, allo scopo di sottomettere popoli).Non è bastata, la lezione della Grecia? I cannibali si ripresentano travestiti da Mes, ma gli insulti vanno a Salvini (che è all’opposizione). Surreale, no? Eppure è così che l’Italia agonizza: pur di stroncare il politico del momento, ci si allea con gli stranieri che poi ovviamente ci calpestano. Ce lo meritiamo, tutto questo? Pare di sì, se le piazze tracimano di parole fumogene proprio mentre il governo tresca apertamente col nemico, obbedendo a ordini inconfessabili. Nell’intervista che la Rai si è rifiutata di mandare in onda, il siriano Assad racconta come funziona (secondo lui, almeno) la ricostruzione del suo paese: la riconciliazione nazionale passa attraverso la scuola, cioè il dialogo, corroborato dagli influenti religiosi islamici. Nelson Mandela evitò il bagno di sangue, in Sudafrica, costringendo i funzionari dell’apartheid a scusarsi con le loro vittime, una per una. L’unica volta nella storia in cui sembrò sul punto di finire, seriamente, il supplizio israelo-palestinese, fu quella in cui la voce più forte (Israele) decise di fare concessioni oneste. Il capo di Israele, allora, si chiamava Rabin. Faceva così paura, ai signori della guerra, che decisero di assassinarlo.Può costare la vita, credere davvero nella possibilità di un mondo migliore. E il primo passo per raggiungerlo è la pace, la concordia. Per arrivarci non servono gli insulti, occorre il dialogo. Se all’ostilità si risponde con l’odio, il finale è già scritto: a vincere è il banco, ancora una volta. Finora, al netto delle mostruose sofferenze subite, l’Italia se l’è potuto permettere, il trionfo sistematico dei manipolatori, dei fabbricanti di mostri da sbattere in prima pagina. Craxi, Berlusconi, Renzi, ora Salvini. Nei loro confronti sempre parole-contro, mai progetti. A questo è servita, la morte delle ideologie: ad annebbiare la vista del pubblico, dietro a minuscoli personalismi destinati ormai a durare sempre meno, nascendo e poi sparendo nell’arco brevissimo di una sola stagione. E così ride, il vero nemico, nel vederci puntualmente divisi, rabbiosi e impotenti. Ride largo, il dio alieno dei cannibali. E si prende pure il lusso di prenderci per il fondelli, cantando Bella Ciao. Non manca di humour, il genio del male: quello che s’era inventato Auschwitz, tanti anni fa, ai condannati infliggeva le gelide note di una banda musicale, ogni mattina.(Giorgio Cattaneo, Libreidee, 15 dicembre 2019).Le Sardine vorrebbero un mondo migliore. E fin qui, tutto bene. Sono però convinte che l’ostacolo sia Matteo Salvini, che immaginano voglia un mondo peggiore. Salvini chi? Il vicepremier gialloverde che, dopo aver promesso di stroncare le tasse (mondo migliore) non ha combinato nulla, di fronte ai censori-strozzini dell’Ue (mondo peggiore)? Unico vero terreno di scontro, gli sbarchi dei migranti: accogliamoli tutti (oppure: non accogliamone nessuno). Grande enfasi, da parte dell’allora ministro dell’interno, e tantissimi voti, ma nessuna violenza. Invece Macron, che tra i politici europei è l’amico diletto di Papa Francesco, i migranti inchiodati alla frontiera francese li ha fatti riempire di botte. Ora i Papa-Boys scendono in piazza con le Sardine, contro Salvini. Dunque Macron la passa liscia anche stavolta? Quanto al secondo tema in agenda, quello del presunto fascismo, qualsiasi corte ammetterebbe il non luogo a procedere: le minuscole formazioni che si richiamano al Ventennio non raggiungono l’1% dei votanti, che ormai sono poco più della metà degli aventi diritto al voto. Ma la Lega che c’azzecca, coi presunti nostalgici fascistoidi?
-
La Cina il mondo lo compra: in Europa, 10 Piani Marshall
Da quando ho approfondito il pensiero di Vladimir Putin cercando di “entrargli nella testa” attraverso l’analisi dei suoi discorsi e delle sue letture personali, non sono pochi quelli che mi scrivono per chiedermi consigli di lettura su libri di strategia. Io rispondo sempre che ne basterebbe solo uno, l’Arte della Guerra di Sun Tzu. Il guaio di questo trattato militare non è solo che è composto di aforismi, ma che la maggior parte delle persone fatica molto ad “adattarlo” alle situazioni contemporanee, alla propria vita quotidiana, all’economia. La richiesta di capirne di più però rimane forte, perchè il compendio del vecchio generale cinese è certificato dagli esperti di strategia che lo avvicinano alla matematica della teoria dei giochi e della ricerca operativa. La chiave più efficace per entrare nel metodo di Sun Tzu però la si trova nella conoscenza della storia, più che nella matematica, e mai andrebbe dimenticato che Sun Tzu era cinese. Proverò a chiarire questi due aspetti, con un unico esempio. Com’è noto, il Novecento è stato il secolo americano e l’attuale establishment aspira a mantenere l’impero a stelle e strisce anche nel nuovo millennio. A minare questi progetti ci sono la Russia, l’India, la Cina, qualcuno dice anche la Germania. Molti commentatori aggiungono però che la Cina, anche se ne ha tutte le potenzialità demografiche e produttive, non è interessata a fare il Capo.Ed è in gran parte vero, l’idea di una leadership mondiale non sembra interessare alla politica cinese. Semplicemente, la Cina sta conquistando il mondo attraverso parametri che non sono di facile comprensione a noi occidentali. La Cina si sta prendendo il mondo, e basta; non è che c’è un piano d’assalto, un muro contro muro o una sfida all’Ok Corral. E lo fa molto lentamente, quasi in modo impercettibile, occupando tutti gli spazi. In questo caso il go e la dama ci aiutano più dei tradizionali giochi con le carte o degli scacchi. Con le carte e con gli scacchi, il più delle volte si usurpa il posto di qualcun altro attraverso un percorso. Nel go – gioco nato proprio in Cina – non accade nulla di tutto questo. Vince chi mette l’avversario nelle condizioni di abbandonare il campo, perché non ha più spazio e tutto è stato occupato. Ecco allora che si spiega molto meglio l’acquisto da parte di compagnie cinesi di terreni in Africa, di luoghi attrezzati per la logistica nelle grandi città europee e di energia. I cinesi arrivano in questi mercati dopo essersi messi d’accordo con i rispettivi governi locali, che riempiono di soldi. Le garanzie sono a prova di bomba, visto che ogni compangia cinese che si muove ha la copertura dello Stato e del partito comunista cinese.Ecco cosa scriveva poche settimane fa il “Sole 24 Ore” sull’argomento: «La Belt & Road Initiative (Bri), ossia la strategia lanciata dalla Cina per la crescita commerciale, che crea una nuova Via della Seta tra Far East ed Europa fa impallidire l’European recovery program ideato negli anni 40 da George Marshall». Con una differenza impressionante, aggiungerei: mentre il Piano Marshall per l’Europa, attualizzato, varrebbe 100 miliardi di dollari, quello cinese supererà i mille miliardi di investimenti. Solo tra il 2015 e il 2017, la Cina ha investito in 8 porti (Haifa, Ashdod, Ambarli, Pireo, Rotterdam, Vado Ligure, Bilbao e Valencia), oltre 3,1 miliardi di euro. E, per quanto riguarda l’Italia, a essere interessati al progetto sono soprattutto gli scali di Genova-Savona e Trieste, indicati come punti d’arrivo privilegiati dei traffici dalla Cina al Mediterraneo, attraverso Suez. E stiamo parlando solo dei porti… Il settore d’investimento privilegiato resta l’energia, con gli interscambi con la Russia. In Africa la Cina non si limita, come scrivono in molti, a comprare terreni, ma realizza opere pubbliche in cambio di favori di tipo politico. In Kenya, ad esempio, i cinesi hanno appena realizzato una ferrovia ad alta velocità. Il punto non è però capire qual è la lista della spesa dei cinesi nel mondo – per quello ci pensa appunto il “Sole 24 Ore” – bensì capire come questa operazione viene effettuata.Avete presente quei film western americani dove i cattivi vogliono comprare il terreno di un’allegra famigliola di cowboys perchè il sottosuolo è pieno di petrolio? I cattivi arrivano, violentano le donne e uccidono il padre di famiglia per costringere i figli, impauriti e oramai in miseria, a svendere quel terreno per una pipa di tabacco. Bene. Questo fanno gli americani, anche al di fuori delle sceneggiature hollywoodiane. Minacciano la Corea del Nord (che vuol dire minacciare la Cina); creano false flag in Ucraina (che equivale ad attaccare la Russia); intervengono in Afganhistan, Iraq e Siria per sottomettere l’area musulmana. I cinesi no. I cinesi si mettono d’accordo con i governatori locali e applicano una politica economica win-win. Si prendono quel che di buono c’è da prendere, ma offrono sempre qualcosa in cambio: soldoni, infrastrutture, know how, eccetera. Lo scopo finale, tuttavia, è sempre quello di vincere la guerra economica, cioè la guerra con gli Stati Uniti. Ci riusciranno? La domanda è mal posta, perché ci sono già riusciti: e senza mostrare stelle da sceriffo, fucili winchester e un inutile ghigno da Mike Tyson. Steve Bannon queste cose le aveva capite alla perfezione, ma gli ordoliberisti no, coi risultati che già si vedono e che si vedranno sempre di più in futuro.(Massimo Bordin, “La Cina non conquisterà il mondo, se lo comprerà – sulla scia di Sun Tzu”, da “Micidial” dell’11 settembre 2017, articolo riproposto alla luce dello sviluppo del protagonismo cinese in Europa. Bordin è autore del saggio “Putin e la filosofia”, acquistabile sempre su “Micidial”).Da quando ho approfondito il pensiero di Vladimir Putin cercando di “entrargli nella testa” attraverso l’analisi dei suoi discorsi e delle sue letture personali, non sono pochi quelli che mi scrivono per chiedermi consigli di lettura su libri di strategia. Io rispondo sempre che ne basterebbe solo uno, l’Arte della Guerra di Sun Tzu. Il guaio di questo trattato militare non è solo che è composto di aforismi, ma che la maggior parte delle persone fatica molto ad “adattarlo” alle situazioni contemporanee, alla propria vita quotidiana, all’economia. La richiesta di capirne di più però rimane forte, perchè il compendio del vecchio generale cinese è certificato dagli esperti di strategia che lo avvicinano alla matematica della teoria dei giochi e della ricerca operativa. La chiave più efficace per entrare nel metodo di Sun Tzu però la si trova nella conoscenza della storia, più che nella matematica, e mai andrebbe dimenticato che Sun Tzu era cinese. Proverò a chiarire questi due aspetti, con un unico esempio. Com’è noto, il Novecento è stato il secolo americano e l’attuale establishment aspira a mantenere l’impero a stelle e strisce anche nel nuovo millennio. A minare questi progetti ci sono la Russia, l’India, la Cina, qualcuno dice anche la Germania. Molti commentatori aggiungono però che la Cina, anche se ne ha tutte le potenzialità demografiche e produttive, non è interessata a fare il Capo.
-
Ilva, Mes, Alitalia, Unicredit: quanto ci costa il Conte-bis?
«Care madamine italiane, visto dalla Cina il catalogo è questo». Ilva e Mes, Alitalia e Unicredit: crisi gravissime, governo assente. «E’ il prezzo che dovete pagare per tenervi Conte», scrove Lao-Xi sul “Sussidiario”. Bollettino di una catastrofe annunciata, a partire dall’Ilva di Taranto: attorno alla più grande acciaieria d’Europa «è in gioco tra l’1,5% e il 3% del Pil». Può essere chiusa e, come minimo, verrà dimezzata. «La Puglia salterebbe come un birillo e darebbe inizio a una crisi finanziaria nazionale». Poi c’è Unicredit, la seconda banca italiana (ma solo per il 2% in mano a italiani, come ricorda “Panorama”): ha annunciato 5.000 licenziamenti e la chiusura di una cinquantina di filiali. «Ha già venduto gli investimenti all’estero, la finanziaria Pioneer, la sede storica, i quadri, e impone già tassi negativi ai risparmiatori: è a evidente rischio di saltare, mettendo in pericolo centinaia di miliardi di asset». Poi c’è Alitalia, a cui è stato dato un nuovo prestito-ponte semestrale. «Non ci sono prospettive di rilancio», scrive Lao-Xi. la compagnia di bandiera «ha già bruciato decine di miliardi e non si sa a cosa possa servire il nuovo prestito». Ma non è tutto: sono in stato pietoso le infrastrutture. «Ponti e strade crollano per un temporale un po’ più forte o un terremoto di entità modesta». Secondo alcune stime «ci vorrebbero 40-60 miliardi per rimettere tutto a norma».A fare veramente paura è il Mes, il “fondo ammazza-Stati” oggi nell’occhio del ciclone. «L’anno scorso di questi tempi l’allora ministro Paolo Savona fece una proposta alternativa al Mes, ma non trovò sponde o orecchie tra i leader di M5S e Lega», ricorda Lao-Xi. Ora Di Maio e Salvini vogliono dire no al “meccanismo di salvaguardia” europeo: secondo Salvini e Meloni, Conte sarebbe stato coinvolto (in gran segreto, insieme al ministro dell’economia Gualtieri) nella revisione dell’accordo. Si esporrebbe l’Italia a pericoli esiziali: la teorica possibilità di “ristrutturazione” del debito, in caso di ricorso al Mes, costringerebbe le banche a praticare il bail-in, il prelievo forzoso dai conti correnti. Osservando dalla Cina tutte le trappole che assediano l’Italia, Lao-Xi osserva: «Sono problemi enormi, che avrebbero bisogno di idee concrete su come rilanciare il paese e quindi trovare iniziative e risorse per far fronte allo tsunami in corso». Domanda: «Davanti a tutto ciò, cosa sta facendo il governo di Giuseppe Conte? E che cosa sta facendo l’opposizione, che pare solo solo concentrata sul voto regionale in Emilia-Romagna? Basta sommare il breve elenco – aggiunge l’analista – e si nota a vista d’occhio che il conto potrebbe superare le centinaia di miliardi, che non ci sono».La verità, continua Lao-Xi, è che «l’Italia sta precipitando in un pozzo senza fondo». La lotta contro l’immigrazione di Salvini o quella del movimento delle Sardine contro Salvini? «Dividono su come affrontare un dramma che sta cambiando il paese», certo. «Ma alla luce dell’elenco appena fatto, paiono giochi di distrazione di massa». Si inrerroga l’analista: «Perché con questi drammi non si cerca di smuovere le acque e andare al voto anticipato? Perché Salvini non va a Taranto e presidia l’Ilva? Perché non chiede ragioni di Unicredit, dei ponti, di Alitalia?». Quanto a ministri e parlamentari, «sembrano viaggiare in una nuvola, preoccupati solo di prendere lo stipendio a fine mese». Ovvero: «Dai professionisti della politica sembra si sia passati ad allucinati tossicodipendenti della politica: i problemi non importano, vivo nel mio mondo col solo orizzonte di un altro stipendio e di evitare le elezioni anticipate». Nelle ultime tre tornate politiche, il 40% del corpo elettorale ha cambiato le proprie intenzioni di voto. In queste condizioni, conclude Lao-Xi, il 90% dei parlamentari non è sicuro della sua rielezione. «Per tutti costoro, altri due anni e mezzo a Montecitorio significano 500.000 euro netti: una fortuna, specie per i tanti che a fine legislatura potrebbero prendere meno di 10.000 euro all’anno».Il debito pubblico è alto, ammette Lao-Xi, ma i tassi d’interesse sul maxi-debito sono bassi. Non solo: «I risparmi degli italiani sono alti, e il surplus commerciale florido». Indicatori teoricamente decisivi, per il rating del paese: eppure, “l’Europa” non li considera mai. L’Ue preferisce colpire l’Italia, piegandola ai suoi voleri (complice, oggi, il docilissimo Conte) solo in virtù dei conti pubblici, per giunta in un’Unione che tollera le legislazioni tributarie di paesi come Olanda e Lussemburgo, veri e propri paradisi fiscali che drenano in modo sleale le risorse finanziarie dei “partner” europei. L’Italia ne soffre moltissimo: «I soldi per gli investimenti non ci sono – scrive Lao-Xi – ma almeno una certa fetta di italiani, l’Italia che produce, resta ricca». Che succederà? «Tutto può impazzire se arriva una crisi internazionale che fa schizzare i tassi di interesse. Ci sarà? Nessuno può saperlo». I parlamentari incollati alla poltrina ostentano scetticismo, anche per tutelare i loro interessi. E se la tempesta scoppierà, chiosa Lao-Xi, «sarà colpa del mondo, del diavolo, del bieco destino, della sfortuna… Mai della loro impreparazione».«Care madamine italiane, visto dalla Cina il catalogo è questo». Ilva e Mes, Alitalia e Unicredit: crisi gravissime, governo assente. «E’ il prezzo che dovete pagare per tenervi Conte», scrive Lao-Xi sul “Sussidiario“. Bollettino di una catastrofe annunciata, a partire dall’Ilva di Taranto: attorno alla più grande acciaieria d’Europa «è in gioco tra l’1,5% e il 3% del Pil». Può essere chiusa e, come minimo, verrà dimezzata. «La Puglia salterebbe come un birillo e darebbe inizio a una crisi finanziaria nazionale». Poi c’è Unicredit, la seconda banca italiana (ma solo per il 2% in mano a italiani, come ricorda “Panorama“): ha annunciato 5.000 licenziamenti e la chiusura di una cinquantina di filiali. «Ha già venduto gli investimenti all’estero, la finanziaria Pioneer, la sede storica, i quadri, e impone già tassi negativi ai risparmiatori: è a evidente rischio di saltare, mettendo in pericolo centinaia di miliardi di asset». Poi c’è Alitalia, a cui è stato dato un nuovo prestito-ponte semestrale. «Non ci sono prospettive di rilancio», scrive Lao-Xi. la compagnia di bandiera «ha già bruciato decine di miliardi e non si sa a cosa possa servire il nuovo prestito». Ma non è tutto: sono in stato pietoso le infrastrutture. «Ponti e strade crollano per un temporale un po’ più forte o un terremoto di entità modesta». Secondo alcune stime «ci vorrebbero 40-60 miliardi per rimettere tutto a norma».
-
Monti e Berlusconi in piazza con le Sardine, il Mes ringrazia
Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Cha razza di cortocircuito è mai questo? E per quale motivo il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?Seriamente: un tale polverone, fondato sulla nulla, servirebbe sostanzialmente a impedire che in Emilia Romagna, dopo 40 anni, possa governare qualcun altro, al posto del Pci-Pds-Ds-Pd? Ma l’alternanza, in teoria, non sarebbe il sale della democrazia? Non sono democratiche, le Sardine? Hanno paura, anche loro, degli elettori italiani? Sono le Marie Antoniette del terzo millennio, cucinate all’amatriciana, nel paese semiserio di Di Maio? Sono il riflesso tricolore della fobia per la democrazia manifestata dal supremo potere globalista neoaristocratico e dai suoi media di regime, spiazzati negli ultimi anni dalle proteste populiste? Domande retoriche, che Gioele Magaldi rilancia nel vuoto pneumatico della non-politica in cui sta affondando il paese. Penosa, la scialuppa di Conte e Zingaretti, con le sue euro-protesi ortopediche (Gualtieri, Gentiloni, Ursula-Sassoli). Pericolante navicella su cui sgomita Renzi, mentre gli effimeri 5 Stelle svaniscono come neve al sole. Tutti i sondaggi, intanto, decretano un unico verdetto: gli italiani oggi darebbero fiducia proprio a lui, l’orrendo Uomo Nero, in tandem con la sua collega romana e altrettanto tribunizia, Giorgia Meloni. Brrr, che paura: arrivano i fascisti?Questa la linea pletorica del Piave, su cui si accampa il branco delle Sardine. Parola d’ordine: volemose bene, morte al puzzone. «Cioè, fatemi capire: “morto” Salvini, i problemi dell’Italia sarebbero risolti?». Fondato nel 2015, il Movimento Roosevelt (di cui Magaldi è presidente) predica il ritorno alla sovranità della politica. Si spende – in modo trasversale – per spingere i partiti a ritrovare il loro posto nella storia: meglio se si spogliano dei loro panni di maggiordomi del potere finanziario. Da Milano, in un recente convegno, i “rooseveltiani” (tra cui l’economista Nino Galloni) hanno evocato il fantasma di Olof Palme, ineguagliato campione mondiale del welfare. Non sarebbe l’eroe perfetto, per le Sardine? A quanto pare, no: sembra non interessi, l’esplosivo cocktail tra diritti civili e diritti sociali. Cioè: ben venga l’accoglienza dei migranti, benché spacciata come unico surrogato di felicità obbligatoria, in un paese derubato da poteri superiori. Vogliamo dimenticare gli anziani impoveriti, che faticano ad arrivare alla fine del mese? O i giovani laureati costretti a fare i camerieri, se non a fuggire all’estero? Qui crollano i viadotti, si ferma l’Ilva. Disoccupazione, precarietà, rassegnazione: è il tragico declino del sistema-Italia, ma per Palazzo Chigi va tutto bene. Sardine, dove siete? Su che pianeta vivete?Pazzesco, dice Magaldi, l’endorsement del funesto Mario Monti: dove passa lui, non cresce più l’erba. Gli italiani lo ricordano cone un Attila in doppiopetto: è il boia che ha imposto la legge Fornero, il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione. Che c’azzecca, con le Sardine? E che dire della Pascale, ventriloqua di quel Cavaliere sempre pronto a qualsiasi inciucio, con chiunque, pur di garantirsi un posto al sole lasciando il paese sottomesso ai poteri neo-feudali che lo ricattano? Begli amici, care Sardine: ma chi siete, veramente? «Cosa volete? Non lo si è ancora capito (a parte la morte politica di Salvini, ovviamente). Se volessi scendere in piazza con voi, da semplice cittadino – domanda Magaldi – voi Sardine cosa mi proporreste, di preciso?». Le idee non mancherebbero. Tanto per cominciare, un’Unione Europea (quella di oggi, la Disunione Europea, è solo il comitato d’affari di potentati privati). Non c’è una Costituzione democratica, né un governo federale eletto dai popoli, tramite il Parlamento Europeo. Non c’è una politica estera comune. Non c’è nemmeno una politica fiscale: il Conte-bis si appresta a vessare ulteriormente il signor Rossi, mentre l’Ue ammette che Olanda e Lussemburgo restino paradisi fiscali dov’è più conveniente pagare le tasse, se ti chiami Fiat-Fca.E tutto questo le Sardine non lo sanno? Non lo capiscono, che il loro chiasso contro un falso obiettivo (Salvini) è un regalo favoloso per gli sfruttatori del Belpaese? Non si domandano il perché di tanta calorosa accoglienza, da parte di quei media che nel 2011 stesero un tappeto rosso al macellaio Monti? Quanto alla Lega, Magaldi non fa sconti: deve fare ancora tanta strada, l’ex Carroccio, se vuole davvero candidarsi ad aiutare l’Italia a rialzare la testa. «Se non altro – puntualizza il presidente del Movimento Roosevelt – Salvini ha almeno il merito di averci provato, a contestare lo status quo, attaccando il regime dello spread con l’aiuto dei suoi economisti keynesiani come Bagnai e Rinaldi». Certo non l’ha fatto Mattarella, che nel 2018 ha stoppato il professor Paolo Savona negandogli il ministero dell’economia. «Stiamo parlando di un ex ministro di Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica e, prima ancora, governatore di Bankitalia». A proposito: l’attuale capo della banca centrale, Ignazio Visco, ha lanciato l’allarme: il Mes potrebbe devastare le banche italiane e prosciugare i conti correnti. Dai palazzi del governo, silenzio. Idem dalle piazze: non è roba per Sardine, il Mes. In compenso, applausi a Mattarella dal lussuoso parterre milanese della lirica.Ma scusate, insiste Magaldi: «Che particolari meriti avrebbe, il capo della Stato? Ha silurato Savona, sostenendo di voler proteggere l’Italia dai mercati. E ora rieccoli, i mercati, in grande spolvero col Mes: la più grande minaccia per la finanza italiana e per i risparmiatori». Un trattato-capestro, «da respingere in blocco». Silenti le Sardine, chi si agita contro il Mes? Lui: Salvini. Ve lo figurate, un Mes, in un’Europa in cui ci fosse ancora un tipo come Olof Palme, fuoriclasse scandimavo dello Stato sociale? Era il vero leader carismatico dei socialisti europei: le Ilva svedesi le supportava coi soldi del governo, imponendo un management più vicino ai lavoratori. Socialismo liberale: assassinato – con Palme – nel 1986, a Stoccolma, proprio perché (sgombrato il campo dai progressisti, quelli veri) potesse nascere questo aborto di Ue, questa Eurozona infame e senza eurobond, in mano ai banchieri privati della Bce, unici sovrani di mezzo miliardo di persone. Arbitrio e business, senza democrazia, grazie anche al sangue di Olof Palme e di tutti gli altri combattenti, caduti nelle varie macellerie mediatiche, giudiziarie e criminali di quest’Europa tragica e ridicola. Ultima puntata della farsa: le Sardine in piazza contro Salvini. Insieme a Mario Monti, la Pascale e le Madamine Sì-Tav. Prosit: morte al leghista, e buon Natale a tutti.Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Che razza di cortocircuito è mai questo? Per quale motivo, peraltro, il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?
-
Dalla mafia soldi in Ue contro l’Italia: il segreto di Borsellino
«Soldi della mafia a fior di politici europei». A che scopo, negli anni Novanta? Inguaiare l’Italia, già terremotata da Tangentopoli, in vista della nascita dell’Ue? Era il grande segreto di Paolo Borsellino, assassinato a Palermo il 19 luglio 1992. Chi lo dice? Gianfranco Carpeoro, saggista e osservatore privilegiato dell’attualità in virtù del suo curriculum: per trent’anni avvocato (vero nome, Pecoraro) e a lungo “sovrano gran maestro” del Rito Scozzese italiano. E come sa, Carpeoro, che Borsellino aveva scoperto l’indicibile? «Sono cose che leggo e che sento», taglia corto, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’8 dicembre. Già vicino a Craxi, Carpeoro – benché fuoriuscito dal mondo delle logge – coltiva una sua riservatissima diplomazia massonica, estesa in Italia e all’estero. Nell’estate 2018 le sue affermazioni, di fatto, sventarono il complotto ordito dal francese Jacques Attali, mentore di Macron, per impedire l’elezione di Marcello Foa alla presidenza della Rai (beffando Salvini, che l’aveva candidato). Operazione, secondo Carpeoro, architettata con la collaborazione di Napolitano, Tajani e Berlusconi, ma poi sfumata dopo le esternazioni dell’avvocato, riprese dal quotidiano “La Verità” diretto da Maurizio Belpietro.