Archivio del Tag ‘Psi’
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Gino Giugni, un eroe democratico per salvare l’Italia
«Mi auguro, almeno, di non vedere più un partito socialista schierato con la destra». Sembrano scritte ieri queste parole di Gino Giugni, padre della più importante conquista nella storia democratica del paese: lo Statuto dei Lavoratori. Quello di Giugni – così simile a Stefano Rodotà per temperamento, trasparenza, sobrietà, fermezza e cultura politica – sarebbe il profilo perfetto per l’uomo chiamato, dal Quirinale, a guidare l’Italia nella spaventosa tempesta del 2013. «Il problema è che oggi questa figura non esiste», dice Paolo Barnard. Nostalgia Giugni: ovvero, il socialismo umanitario aggiornato al terzo millennio. La risposta democratica alla crisi, impugnando la dignità fondamentale della vera politica. «Sarà un po’ antico, ma l’unica via di salvezza resta il socialismo», è arrivato a confidare il più impervio degli intellettuali italiani, Guido Ceronetti, in un recente incontro coi ragazzi torinesi del Movimento per la Decrescita Felice fondato da Maurizio Pallante.
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La Bonino che non t’aspetti e la carica degli impresentabili
Salvare Berlusconi dai processi e garantire a Bersani un vero incarico per un governicchio: è questa la missione delle trattative per il Quirinale? Peccato che i candidati dei partiti «sono da fare accapponare la pelle», protesta Marco Travaglio, che passa in rassegna la nomenklatura quirinalizia come una galleria degli orrori. A cominciare dall’ex “dottor sottile” di Craxi, Giuliano Amato, il premier che fece pestare a sangue i disoccupati a Napoli un anno prima del G8 di Genova, dopo essersi fatto detestare nel fatidico ’92 con il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti degli italiani, un bottino da 93.000 miliardi di lire. Un uomo d’oro, da 31.000 euro al mese, presidente dell’Antitrust ignaro del super-trust Mediaset, consulente della Deutsche Bank, membro della Treccani e della scuola San’Anna di Pisa, nonché consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica (mai tagliati). Berlusconi lo candidò al Quirinale, il centrosinistra l’ha riempito di cariche: «Nella speciale classifica degli impresentabili è uno dei vincitori di diritto».
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Primarie, clausola-capestro: l’agenda Monti non si tocca
Attenzione: chi voterà alle primarie del centrosinistra non farà che votare, in realtà per l’agenda Monti. In altre parole: “lacrime e sangue” per tutti, tranne che per gli ingegneri della grande crisi e l’oligarchia che, attraverso i diktat di Bruxelles, condanna l’Italia alla “recessione infinita” e al disastro sociale definitivo, con lo smantellamento del welfare e la svendita dei beni comuni. La dimostrazione in termini logici, sostiene “Alternativa”, è tanto semplice quanto ovvia in termini politici. Infatti, alla voce “Responsabilità” della “Carta d’Intenti per l’Italia Bene Comune”, ovvero della carta che è stata obbligatoriamente sottoscritta da tutti i candidati alle primarie promosse da Pd, Sel e Psi, si legge che le forze della coalizione, “in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti”, dovranno impegnarsi a sottostare, senza sgarrare di una virgola, a tutte le disposizioni-capestro finora inflitte all’Italia e agli altri paesi dell’Eurozona.
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La verità su Tangentopoli imbarazza i partiti di oggi
Su “La Stampa” nei giorni scorsi è apparsa una sorta di stranissima inchiesta a puntate sulla stagione di Mani Pulite: un’intervista all’ex ministro socialista Rino Formica (31 agosto), intitolata “Usa, che errore puntare tutto su Berlusconi, Fini e D’Alema”; un’intervista all’ex ministro socialista Gianni De Michelis (1 settembre), dal titolo “La Seconda Repubblica figlia di diplomatici e Fbi”; un’intervista all’ex ministro democristiano Cirino Pomicino (2 settembre), dal titolo “Ho sempre pensato che Tangentopoli fosse pilotata dalla Cia”. Tutti potentissimi politici dell’ancien régime travolti dalla famosa inchiesta giudiziaria iniziata nel 1992. Interviste rilasciate ai giornalisti della “Stampa” a seguito di quella in qualche misura clamorosa rilasciata prima di morire dall’ex ambasciatore americano in Italia Reginald Bartholomew alla medesima testata, intitolata: “Così intervenni per spezzare il legame tra Usa e Mani pulite”.
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De Michelis e Pomicino: c’era la Cia dietro Mani Pulite
«La Cia coprì l’apertura del Conto Protezione per il finanziamento illecito al Psi. Sapeva tutto. Il giorno dopo il disfacimento dell’impero comunista, la Cia ha preso e se n’è andata lasciandoci con il cerino in mano. Se ne andò perché l’Italia non aveva più un ruolo geopolitico e non c’era più da garantire l’equilibrio di Yalta. Da noi prevalse l’Fbi, interessata ad evitare che la mafia prendesse troppa forza». L’ex ministro craxiano Gianni De Michelis non ha dubbi, e cita un’intervista al console americano Peter Semler: «Dice che Di Pietro lo avvertì nel ’91 che presto il Psi e la Dc sarebbero stati spazzati via». Dichiarazioni consonanti con quelle di un altro ex ministro socialista, Rino Formica: sotto il ciclone Tangentopoli, gli Usa puntarono tutto su leader “zoppi” e quindi condizionabili: D’Alema e Fini, con alle spalle legami con un passato totalitario, e Berlusconi, imprenditore dai trascorsi controversi.
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Formica: l’America ci azzoppò con Silvio, Fini e D’Alema
Siamo nel 1992 e sulla scongelata frontiera Est-Ovest si moltiplicavano i punti di fuoco, l’impero russo si stava decomponendo, il dopo-Tito era un’incognita e le mafie dell’Est rischiavano di saldarsi a quella siciliana. L’Italia traballa, mette a rischio equilibri strategici e a quel punto Clinton decide di mandare da noi, non il solito Paperone che ha finanziato la campagna elettorale del Presidente, ma un grande ambasciatore di carriera, uno che ha già trattato con colonnelli e terroristi, capace di salvaguardare gli interessi strategici americani. Bartholomew capisce che l’Italia è sull’orlo della guerra civile, che democristiani e socialisti sono inutilizzabili e punta su Berlusconi, D’Alema e Fini, leader dal passato “ingombrante”.
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Massimo Fini: addio Bossi, tramonta l’ultimo politico vero
La Lega è un prodotto del più grande sconvolgimento avvenuto in Europa nel dopoguerra, il tracollo dell’Unione sovietica, che portò alla fine di un Impero, alla liberazione dei ‘Paesi satelliti’, delle Repubbliche baltiche, alla riunificazione della Germania, alla disgregazione della Jugoslavia. Più modestamente in Italia molti elettori che per decenni avevano votato, turandosi il naso, per la Dc, il Psi, il pentapartito, scomparso il pericolo comunista, rivolsero la loro attenzione a questo movimento strano e nuovo, nel linguaggio, nei contenuti, nei programmi e nella dichiarata intenzione di dare battaglia alla partitocrazia, alle sue pratiche clientelari e lottizzatrici, alla sua corruzione di sistema. Contro la Lega i partiti, le tv, i giornali (tutti, perché tutti erano compromessi con la Prima Repubblica) organizzarono un fuoco di sbarramento quale non si era visto nemmeno all’epoca delle Brigate Rosse.
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Caduto il Muro, addio Italia: un declino che viene da lontano
L’inizio del declino italiano ha una data esatta ed è il 26 dicembre 1991. Quel giorno si sciolse ufficialmente l’Unione sovietica e finì la guerra fredda. E con la guerra fredda finì anche quella che potremmo chiamare l’eccezione italiana. Perché per 35 anni l’Italia era stata la frontiera geografica e politica dell’impero occidentale. Frontiera geografica (orientale) perché il blocco sovietico cominciava proprio sull’altra riva dell’Adriatico. Frontiera politica perché il Pci era il più forte partito comunista dell’Occidente. Quindi tutto fu messo in opera (e tutto fu consentito) perché l’Italia americana fosse una “success story”. Da qui il miracolo economico, da qui la straordinaria stabilità politica di un regime sostanzialmente monopartitico (i gabinetti cadevano sì uno dopo l’altro, ma a rotazione le poltrone erano occupate sempre dagli stessi).
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Italia ko, ma resta il quarto paradiso mondiale dei ricchi
«Il convento è povero, ma i frati sono ricchi»: battuta storica, che l’allora ministro delle finanze Rino Formica – socialista autocritico e battitore libero – usò per tratteggiare la situazione del Psi craxiano poco prima della caduta sotto i colpi di Tangentopoli. Lo stesso aforisma oggi calzerebbe a pennello per l’Italia: in uno Stato fra i più inguaiati al mondo per le finanze pubbliche dissestate, brilla il successo planetario dei suoi super-ricchi, che surclassano inglesi e francesi, australiani e olandesi. Nell’Italia prostrata dalla crisi e ora dalla manovra “lacrime e sangue” imposta dalla Bce, il forziere del benessere privato – beni, conti bancari, quote azionarie – resta al riparo da qualsiasi tempesta e sfiora il record europeo dei tedeschi, superato solo da americani e giapponesi.
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Bocca: soldi, potere e zero idee, il Pd è come il Psi di Craxi
Due squilli e il ricevitore si alza. Poi non fai nemmeno in tempo a concludere una domanda – sulla questione morale a sinistra – che la risposta è questa: «Ma è la solita storia della corruzione politica: tutti i partiti, in tutte le epoche, quando amministrano hanno bisogno di soldi e li rubano. Nulla di nuovo sotto il sole». Dall’altra parte, l’accento cuneese di Giorgio Bocca, scrittore e firma di “Repubblica” e dell’“Espresso”. Che, con il tono mite di un neo 91enne, aggiunge il seguente siluro: «Soprattutto nulla di nuovo rispetto a Craxi». Vede analogie tra il Pd e i tempi d’oro del Psi piglia-tutto? «Macché analogie. Vedo un’assoluta identità». Perché? «Craxi diceva: i mariuoli ci sono ma i soldi servono ai partiti. L’unica cosa che si capisce da questa vicenda è che la sinistra è la stessa cosa della destra, quanto a onestà».
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Anni di piombo, Fofi: l’eterno ricatto del terrorismo
Il bel libro sul padre scritto da Benedetta Tobagi, la fiction di De Maria “La prima linea”, la ristampa del bel libro di Licia Pinelli sul marito Pino, il saggio storico di De Luna sugli anni settanta sono solo alcuni dei tanti titoli recenti o recentissimi che evocano i nostri “anni di piombo”, quelli nei quali uno come me si svegliava la mattina con la paura di leggere sui giornali la notizia di un morto ammazzato dai terroristi – Brigate rosse o Prima Linea non cambiava niente – o di qualche terrorista ammazzato dalla polizia che in qualche modo aveva conosciuto o sfiorato.
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Brunetta: rimpiangeremo Giugni, stratega dei lavoratori
Gino Giugni è stato un uomo tanto intelligente quanto coraggioso. L’intelligenza traspariva dal sorriso bonario che ti contrapponeva quando avevi detto un’ingenuità. Il coraggio era evidente nello sguardo che si illuminava di fronte alle sfide più difficili. Grazie alla straordinaria intelligenza è riuscito, di volta in volta, a trovare quel delicato punto di equilibrio tra interessi contrapposti che determina il successo di ogni riforma. Grazie all’indomito coraggio è riuscito a far sì che quelle riforme diventassero realtà e incidessero in profondità sulla società italiana.