Archivio del Tag ‘rigore’
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Sicilia, l’euro-zoo politico spaventato da Grillo e Berlusconi
Non ha votato nemmeno un siciliano su due. Questo il primo, grande verdetto delle regionali 2012, salutate dalla lotteria degli exit poll che regalano l’altra possibile notizia: Beppe Grillo che fa volare il suo “Movimento 5 Stelle”, beffando le ex “corazzate” del centrodestra e del centrosinistra, all’indomani della clamorosa sortita dell’anziano Berlusconi che sconfessa Monti, Napolitano e la pericolosa sudditanza rispetto alla Merkel e all’Europa non-democratica della Bce, con risultati pratici che gli italiani cominciano a toccare con mano. Recessione nera, aziende in rosso, credito bancario inaccessibile, posti di lavoro che saltano. E per le famiglie tasse e rincari, tagli sanguinosi ai servizi, ticket sanitari alle stelle. La spending review è cieca e falcia anche l’Italia che funziona. «E’ la crisi», si difende Monti, sorretto da Bersani, Casini e Fini, nonché – sin qui – dai parlamentari Pdl.
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Fiscal Compact: col ricatto del debito moriremo di fame
“Affama la bestia” era lo slogan di Ronald Reagan. La “bestia” era il governo: «Non la soluzione, ma il problema». Meglio mettere tutto in mano ai privati, che così si appropriano delle funzioni pubbliche e le gestiscono in base alla legge del profitto. «La bestia da affamare è in realtà la democrazia, l’autogoverno, la possibilità per i cittadini e i lavoratori di decidere il proprio destino». L’antico programma antisociale di Reagan, secondo Guido Viale, è stato ora tradotto dall’Unione Europea e dai governi dell’Eurozona in due strumenti micidiali, il pareggio di bilancio e il Fiscal Compact. «Con queste due misure, in Italia verranno prelevati ogni anno dalle tasse, cioè dai bilanci di chi le paga, quasi 100 miliardi di interessi e altri 45-50 di ratei, per versarli ai detentori del debito: in larga parte banche e assicurazioni sull’orlo del fallimento per operazioni avventate e altri grandi speculatori nazionali ed esteri, e solo in minima parte singoli risparmiatori».
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Cambiare l’euro-sistema, o ogni altra lotta sarà inutile
Non potevamo prevedere che all’Unione Europea sarebbe stato concesso un Nobel per la Pace: la nostra fantasia non arrivava a tanto. Ma sapevamo che tra le motivazioni c’è sicuramente quella che l’Unione Europea ha garantito la pace e la stabilità in Europa. E’ un’idea sostanzialmente ridicola, perché l’altro aspetto che evidenzia la forza dell’ideologia che ci è stata propinata negli ultimi tempi è quello che l’Unione Europea viene usata come sinonimo di Europa. L’Unione Europea non è l’Europa. Noi abbiamo la pace in Europa, a parte il dettaglio della guerra in Kosovo – “dettaglio” ovviamente detto in modo ironico – c’era l’Unione Europea e abbiamo fatto la guerra, oltre che farla all’esterno ovunque quando gli Stati Uniti vogliono, ma all’interno dell’Europa abbiamo la pace da immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando non c’era nessuna Unione Europea.
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Finiguerra: riscattiamo l’Italia. Già, ma con che soldi?
Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano in provincia di Milano, è un uomo libero e coraggioso. Uno dei tanti volti puliti dell’Italia sana, quella che funziona ma non sa più a che santo (politico) votarsi, data la “resa” di Pd e Pdl alla drammatica “agenda Monti”. Con altri sindaci “virtuosi”, Finiguerra ha redatto un appello per il riscatto civico del paese: impossibile che cittadini e movimenti continuino a procedere in ordine sparso, con la tentazione del non-voto, di fronte allo scenario del progressivo sfacelo, sotto il colpi del “rigore” imposto da Bruxelles. Imperativo categorico: fronteggiare seriamente la crisi e creare posti di lavoro riconvertendo l’economia in modo sostenibile. Più democrazia, più partecipazione, nuova sovranità dei territori. Tutto giusto, ma Finiguerra e colleghi – nel loro documento – non menzionano le cause della catastrofe: l’euro e l’Unione Europea.
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Tagli, l’eredità di Monti: massacro sociale da qui all’eternità
L’Italia è praticamente spacciata: inseguendo il pareggio di bilancio prescritto dal Fiscal Compact voluto da Bruxelles, non uscirà dal tunnel recessione. Anche se cresce il prelievo fiscale, che opprime aziende e famiglie, il gettito diminuisce perché le manovre da “economia di guerra” per tagliare il debito pubblico non fanno che deprimere i consumi, senza creare nessuno spiraglio per risalire la china. Note di allarme anche dagli analisi della Cgil: con l’ultima operazione, Monti consegna ai successori un pacchetto di misure laceranti, considerato che soltanto per la spending review andranno trovati altri 18 miliardi da tagliare. E non è che un antipasto, scrive Francesco Piccioni sul “Manifesto”. L’effetto totale delle sei “svolte” imposte dai tecnocrati supera ormai i 120 miliardi, circa l’8% del Pil, con tanti saluti all’agognata “crescita”: se oggi il prodotto interno lordo è a quota -2,4%, per l’Fmi nel 2013 l’Italia supererà la soglia del -3%.
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L’Italia sta per fallire: ogni giorno chiudono 35 imprese
Le piccole e medie imprese sono vicine al collasso. E’ una questione di mesi. Il tessuto produttivo del Paese si sta sfaldando. Le banche, impegnate a comprare titoli di Stato sul mercato internazionale e di nuova emissione, non concedono più crediti alle aziende. I prestiti sono in continua contrazione. Il governo non paga i debiti della pubblica amministrazione di 80 miliardi che Rigor Montis ha rinviato al prossimo esecutivo, dopo le elezioni del 2013. Nel frattempo le imprese sono strangolate dalle tasse più alte dell’area Ue e dagli interessi di Equitalia quando non riescono a far fronte ai pagamenti. Ogni giorno falliscono 35 imprese. Nel 2011 sono state 11.600, il peggiore dato dall’inizio della crisi. La previsione per il 2012 è di 13.000 nuovi fallimenti, più di mille al mese. Questa è la vera emergenza nazionale. Tutto il resto, anche il paradiso, può attendere.
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Cremaschi: il silenzio del regime sul No-Monti Day
L’adesione al “No Monti Day” si sta diffondendo ovunque. Assemblee, riunioni, messaggi per la rete, tutto fa pensare che sabato ci sarà un evento in un paese che finora è stato il più passivo d’Europa. Ma la notizia della manifestazione non esiste per l’informazione ufficiale. Un convegno di 30 persone di qualche organizzazione con agganci nel palazzo ha molto più spazio, per noi nulla perché? La prima ragione sta nel sostegno pressoché unanime che i mass media danno al governo. Tutti i quotidiani eccetto tre e tutti i telegiornali eccetto nessuno sono portavoce di Monti e del suo doloroso ma inevitabile operare. Non c’è mai stata in Italia una tale informazione di regime, gli anni di Berlusconi al riguardo sembrano libertari.
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Tringali: a chi conviene l’euro, la nostra grande rovina
Debito pubblico, Berlusconi e la casta, la corruzione, la mafia? Aggravanti, ma non certo la causa della crisi, nonostante le chiacchiere di chi ripete che non saremmo “capaci di stare al pari con gli altri paesi dell’Europa migliori di noi”. Ormai, sostiene Fabrizio Tringali, anche l’opinione pubblica l’ha capito: l’origine della crisi, italiana ed europea, sta tutta nell’adozione della moneta unica, l’euro, che «ha unito economie molto diverse tra di loro». Così quelle più forti, Germania in primis, hanno finito per schiacciare quelle più deboli. Verità palese, ancorché negata, anche se «le criticità dell’unione monetaria europea erano assolutamente note già trent’anni fa». Nessun mistero: se la crisi finanziaria americana esplosa nel 2007-2008 era stata ben poco prevista, quella dell’euro era invece chiaramente segnalata sui radar degli economisti. In Italia, già durante il regno di Giulio Andreotti.
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Macché debito sprecone, siamo risparmiatori: derubati
La fortuna del potere è costruita sull’incuria e l’incompetenza: non la propria, ma quella dei sudditi. Sicuro che nessuno verifica la veridicità dei fatti, ma che tutti ripetono a pappagallo le notizie ben confezionate, ne fabbrica di proprie, false e tendenziose, per affidarle ai ripetitori acefali affinché le trasformino in luoghi comuni. In idee, cioè, che nessuno mette in discussione perché assorbite come verità incrollabili. E’ successo quando hanno voluto imporci una globalizzazione a misura di multinazionali, quando hanno voluto rifilarci un’Europa al servizio di banche e speculatori, quando hanno voluto scipparci l’acqua e gli altri beni comuni a vantaggio delle imprese private. E oggi sta succedendo col debito pubblico.
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La casta ruba le briciole: è Bruxelles a portarci via tutto
Cinquanta, sessanta miliardi di euro all’anno – la maxi-tangente imposta dall’Europa – contro le briciole dei costi della politica: partiti, Camera e Senato, Regioni e Province, Comuni italiani. Messe assieme, queste voci scompaiono: sono circa un cinquantesimo, appena il 2-3% del super-bottino dell’Unione Europea, sotto forma di Fiscal Compact, pareggio di bilancio, spending review e Mes. Il fondo salva-Stati in realtà è un forziere affonda-Stati: «I soldi sottratti alle grinfie dei Fiorito sono già destinati: e non certo a noi, ovvero allo Stato», scrive Debora Billi: «Finiranno nell’infinito calderone degli interessi sul debito, quelli con cui ci stanno strappando la pelle di dosso». Il blog “Byoblu” ha pubblicato uno sconvolgente grafico che mostra l’entità della vera “rapina” in corso. «Faccio un appello agli storici del 2100», dice Claudio Messora: «Venite a mettere un fiore sulla mia tomba».
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La grande crisi ha già rottamato le non-ricette di Renzi
Tagli spietati, ancora più duri delle inaudite mutilazioni finora inferte dal governo Monti. La non-ricetta di Matteo Renzi è già stata ampiamente rottamata dalla crisi: lo sostiene Gad Lerner, dopo l’ultima sortita del sindaco fiorentino alla Fondazione Metropolitan: una serata di raccolta fondi con alcuni big della finanza milanese. “Sbloccare la crescita dell’Italia: un progetto rivoluzionario”. Incontro organizzato da Davide Serra, che è il fondatore di Algebris, «un hedge fund nato nel paradiso fiscale delle Cayman», come ricorda – piuttosto perfidamente – il “Corriere della Sera”. Presenti il numero uno di Deutsche Bank Italia, Flavio Valeri, il presidente di Lazard e Allianz Italia, Carlo Salvatori, nonché l’ex direttore generale di Bpm, Enzo Chiesa. Con loro Andrea Soro di Royal Bank of Scotland, l’uomo d’affari Francesco Micheli e l’amministratore delegato di Amplifon, Franco Moscetti.
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Grecia fuori controllo, ora manifestano anche gli agenti
Di quel che sta accadendo in Grecia non ne parla praticamente nessuno. Se qualche cenno si fa delle manifestazioni in Spagna e Portogallo, la Grecia viene ignorata o al massimo si menziona l’ennesimo “sciopero”. Invece, la situazione per le strade di Atene e delle altre città greche sta degenerando, come racconta tra gli altri l’“Independent”. Sentite che storie: «La polizia ha sparato granate immobilizzanti e gas lacrimogeni, quando decine di migliaia di manifestanti hanno invaso le strade di Atene per lo sciopero nazionale contro le nuove misure di austerity che dovranno tagliare salari, pensioni e sanità per l’ennesima volta. Dozzine di giovani, con i volti nascosti da caschi e bandane, hanno tirato bottiglie molotov e pietre alla polizia che ha risposto al fuoco nel tentativo di disperdere la folla infuriata intorno al Parlamento. Si pensa che oltre 50 mila persone abbiano partecipato alla manifestazione solo ad Atene».