Archivio del Tag ‘strumentalizzazioni’
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Magaldi: terrorismo sempre sfruttato da chi teme il popolo
Fateci caso: lo schema è sempre lo stesso. Non appena sorge una rivolta democratica contro leggi oppressive, la sua spinta viene puntualmente manipolata e fatta naufragare, con il ricorso alla violenza terroristica. Così i rivoluzionari democratici vengono emarginati. E la situazione, per chi pativa l’assenza di diritti, peggiora ulteriomente. E’ successo dopo la Grande Guerra: le speranze del socialismo sono state sabotate dai massimalisti, molti dei quali – come Mussolini – hanno poi dato vita al fascismo (con tanti saluti ai diritti dei lavoratori). Tragico replay negli anni Settanta, col movimento studentesco “spento” attraverso l’emergenza terroristica, la strategia della tensione che ha strumentalizzato per i propri fini l’estremismo più acceso. Mai dimenticare la genesi dell’involuzione post-democratica della società di oggi: può servire a inquadrare meglio anche la tormentata vicenda di Cesare Battisti, ora estradato in Italia dopo l’arresto in Bolivia, ma a lungo protetto dalla Francia grazie a un sostanziale equivoco: l’indulgenza che si riteneva meritasse chiunque, benché macchiatosi di crimini, avesse condotto una lotta politica anche violenta, nel nome dell’antifascismo. Come se il bene comune dovesse essere il comunismo, anziché la democrazia.Avete idea di dove saremmo, oggi, se ne gli anni Sessanta non fossero stati assassinati i maggiori leader democratici e progressisti del mondo, dai Kennedy a Martin Luther King? Una riflessione che Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni”, ripropone – nel giorno dell’estradizione di Battisti – al pubblico di “Border Nights”, nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti. Un’analisi puntuale, storiografica, dalla quale emerge che – a fronteggiare il terrorismo delle Brigate Rosse, insieme a quello neofascista delle stragi nelle piazze – furono i socialisti come Pertini, che da giovani erano stati emarginati dal Mussolini massimalista che dirigeva “L’Avanti”. Anche allora, tra le due guerre – ricorda Maglaldi – la società era agitata da attentati e violenze: servivano a mettere in minoranza i fautori del socialismo liberale e democratico. Dopo Yalta, i riformisti italiani erano riusciti a contribuire in modo decisivo al benessere delle classi popolari: basti pensare allo Statuto dei Lavoratori promosso dal socialista Gino Giugni. Erano gli anni Settanta, e i lavoratori italiani stavano assai meglio di oggi. Come è stata fermata, la lunga marcia dei diritti del lavoro? Con quel terrorismo “rosso”, nel quale militarono esponenti dell’estrema sinistra come Cesare Battisti.Nel suo libro, edito da Chiarelettere nel 2014, Magaldi evidenzia il ruolo nefasto delle superlogge massoniche reazionarie come la “Three Eyes”, cui si opposero i circuiti massonici progressisti, protagonisti della Rivoluzione dei Garofani in Portogallo e alla fine del regime dei colonnelli in Grecia. In Italia, secondo Magaldi, la stessa “Three Eyes” gestì la cabina di regia della strategia della tensione, utilizzando – come braccio operativo – la Loggia P2 di Licio Gelli. Risultato: manipolando l’estremismo, sfociato in terrorismo aperto, si spense l’onda lunga nata con il Sessantotto. Già nel ‘75 guardava lontano, la “Three Eyes” di Kissinger e Rockefeller, lanciando – attraverso la Trilaterale – il manifesto “La crisi della democrazia”, che avrebbe gettato le basi per l’esplosione del neoliberismo globalizzato. Un dramma che in Europa si è concretizzato nello strapotere tecnocratico dell’Ue, che vieta agli Stati di ricorrere al deficit per sostenere la società, famiglie e aziende, tramite investimenti pubblici. Proprio all’Europa, che secondo Magaldi può salvarsi solo grazie un New Deal del terzo millennio, è dedicato il convengno internazionale che il Movimento Roosevelt organizza a Londra, il 30 marzo, con prestigiosi economisti post-keynesiani. Tutto si tiene, comunque: e alla fine, si scopre che il terrorismo lavora sempre per i nemici della democrazia. Possono piovere pallottole o politiche di rigore, ma il risultato non cambia: a rimetterci è sempre il popolo.Fateci caso: lo schema è sempre lo stesso. Non appena sorge una rivolta democratica contro leggi oppressive, la sua spinta viene puntualmente manipolata e fatta naufragare, con il ricorso alla violenza terroristica. Così i rivoluzionari democratici vengono emarginati. E la situazione, per chi pativa l’assenza di diritti, peggiora ulteriomente. E’ successo dopo la Grande Guerra: le speranze del socialismo sono state sabotate dai massimalisti, molti dei quali – come Mussolini – hanno poi dato vita al fascismo (con tanti saluti ai diritti dei lavoratori). Tragico replay negli anni Settanta, col movimento studentesco “spento” attraverso l’emergenza terroristica, la strategia della tensione che ha strumentalizzato per i propri fini l’estremismo più acceso. Mai dimenticare la genesi dell’involuzione post-democratica della società di oggi: può servire a inquadrare meglio anche la tormentata vicenda di Cesare Battisti, ora estradato in Italia dopo l’arresto in Bolivia, ma a lungo protetto dalla Francia grazie a un sostanziale equivoco: l’indulgenza che si riteneva meritasse chiunque, benché macchiatosi di crimini, avesse condotto una lotta politica anche violenta, nel nome dell’antifascismo. Come se il bene comune dovesse essere il comunismo, anziché la democrazia.
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Magaldi: ma non ha vinto Macron, e il mondo sta rinascendo
Neppure la vittoria ai mondiali di calcio salverà il povero Macron? «Non scherziamo: nella finale di Mosca non ha vinto Macron, ma la Francia del 14 luglio: per questo ho festeggiato, cantando la Marsigliese». Gioele Magaldi, ovvero: l’ottimismo della volontà, persino in salsa calcistica. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Era il 1964 e alla Casa Bianca sedeva Lyndon Johnson, fautore della Great Society di ispirazione kennediana, aperta alle minoranze e improntata all’estensione dei diritti. Poi è scesa la grande notte del neoliberismo, che ha deturpato il “nuovo mondo” che sarebbe potuto fiorire dopo il crollo dell’Urss, fino a proporre gli orrori di Bush e la nuova guerra fredda di Obama contro Putin. Ma ora le cose – di nuovo – stanno per cambiare, a quanto pare, su tutti i fronti: basta vedere il feeling che avvicina, a Helsinki, il presidente russo (fresco di Mondiali) e il collega americano Trump, reduce dalla storica pace con la Corea del Nord. Gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” che mette in piazza le malefatte dell’oligarchia supermassonica reazionaria, il progressista Magaldi esulta per il trionfo dei “bleus” allo stadio di Mosca, nonostante gli italiani tifassero Croazia. E spiega: «A Parigi come a Washington c’è un humus, un’ideologia che ha dato al mondo democrazia, diritti e libertà, incluso il diritto alla felicità. Sono valori che trasformeranno il pianeta, rendendolo migliore e più giusto».“The times they are a-changing”, sostiene Magaldi nella sua narrazione a puntate, ogni lunedì ai microfoni di “Colors Radio”. Trump e Putin? Appunto: come ampiamente previsto dal presidente del Movimento Roosevelt, l’istrionico Maverick della Casa Bianca sta facendo piazza pulita degli antichi pregiudizi su cui si è fondato il “partito della guerra”, più mercenario che patriottico. Lo Zar del Cremlino? «Non privo di una sua grandezza», riconobbe Magaldi, quando Putin rifiutò di espellere diplomatici americani dopo la cacciata dei funzionari dell’ambasciata russa disposta da Obama. Tutto sta davvero cambiando, giorno per giorno: e infatti ad essere “en marche”, oggi, non è la Francia imbrigliata da Macron, ma l’Italia di Conte: «Il nostro paese – dice Magaldi – potrà tornare a rivestire il suo storico ruolo di “ponte”, con la Russia ma anche con l’Africa e il Medio Oriente: è tempo infatti che vengano archiviate le storiche clausole segrete, connesse a Yalta e ad altri trattati del dopoguerra, che limitavano la nostra libertà d’azione – trattati comunque aggirati, a suo tempo, dalla politica mediterranea dei Mattei e dei Moro».Lo ricorda Giovanni Fasanella in “Colonia Italia”: le superpotenze ci “affidarono” al controllo britannico, a limitare la nostra sovranità. Ora basta, però: «E’ è venuto il tempo di dare all’Italia piena indipendenza e autonomia politica, consentendole di recitare un ruolo di “cerniera di pace” e prima promotrice di un Piano Marshall per l’Africa», dice Magaldi, che – insieme a Patrizia Scanu, neo-segretaria del Movimento Roosevelt – ne riparlerà in autunno a Milano, in un evento dedicato anche all’eredità politica del leader sovranista africano Thomas Sankara. Grande la confusione, intanto, sotto le stelle: restano le sanzioni contro Mosca innescate dalla crisi ucraina, mentre l’Europa «non si capisce cosa voglia e non esiste come soggetto geopolitico». Iperboli: «Trump accusato in casa di “intelligenza col nemico russo” poi rimprovera la Merkel di eccessiva familiarità e connivenza con alcuni interessi russi». E non mancano intrecci personali: «Il “fratello” Putin e la “sorella” Merkel – ricorda Magaldi – furono iniziati già molti anni fa nella stessa Ur-Lodge», la Golden Eurasia. Massoni, appunto: il problema, insiste Magaldi, non è il grembiulino che indossano, ma l’orientamento politico che promuovono.L’ipocrita massonofobia di Di Maio, estesa alla Lega nel “contratto” di governo? I vertici “gialloverdi”, dice Magaldi, temono che i loro elettori (non informati sulla storia patria) scambino la massoneria per un’associazione a delinquere. Magaldi punta il dito contro Elio Lannutti, esponente 5 Stelle, «in passato protagonista di battaglie meritorie». Ora vorrebbe una legge che vietasse ai massoni l’accesso alle cariche statali, sbarrando loro le porte di polizia e magistratura: «Siamo alla follia liberticida, queste cose le hanno fatte i regimi comunisti e fascisti», protesta Magaldi. E attenzione: il tema massoneria (compresa l’avversione ai “grembiulini”) va maneggiato con cura: «Nel 1800 negli Usa sorse un Anti-Masonic Party fondato però da massoni: spesso le campagne antimassoniche, nella storia, sono state progettate da massoni di altro segno, per colpire circuiti massonici opposti ai loro». Non è il caso dell’Italia, dove secondo Magaldi si sconta una semplice ignoranza della materia: si confonde la libera muratoria democratica degli eredi di Garibaldi, Mazzini e Cavour con la P2 di Gelli, braccio operativo della superloggia sovranazionale “Three Eyes”, di natura pericolosamente oligarchica e spesso eversiva. In massoneria, ricorda Magaldi, non possono entrare pregiudicati né possono restarvi soggetti che non rispettino la Costituzione e le leggi. «Aiuteremo gli amici “gialloverdi” a chiarirsi le idee, ma se il pregiudizio antimassonico perdurerà – avverte il gran maestro – faremo i nomi dei massoni progressisti, leghisti e penstastellati, che siedono nel governo Conte e nelle altre istituzioni».Comunque, a parte gli ultimi «untori del culturame antimassonico», nella narrazione magaldiana – massonico-progressista, avversa al lungo dominio della supermassoneria neo-aristocratica – all’indomani dei Mondiali di calcio (e del vertice di Helsinki) c’è posto solo per un cauto ma tenace ottimismo nella riscossa democratica di un mondo globalizzato in modo autoritario. Lo si può vedere, sostiene il presidente del Movimento Roosevelt, a partire dalla cruciale trincea italiana. Al netto delle pretattiche, dice Magaldi, vedrete che arriveranno cambiamenti sostanziali: «E’ vero, in molti sono allarmati perché il ministro Tria insiste troppo sul contenimento del debito pubblico, sul rigore dei conti e sulla rassicurazione dei mercati. Ma si tratta di non fare il gioco degli strumentalizzatori, che a suo tempo hanno infierito su Savona per cercare di impedire la nascita del governo “gialloverde”. Quando però arriveranno misure importanti – pronostica Magaldi – allora sarà chiaro quale paradigma economico si adotterà, rispetto all’Europa e alle voci di spesa. Il povero Tria? E’ stato chiamato per un ruolo in copione che è quello del rassicuratore, ma poi le decisioni non saranno nel senso della continuità. Tant’è che proprio alcune esternazioni di Savona fanno capire qual è la vera sceneggiatura», con un’Italia non più prona ai diktat di Bruxelles.Idem sul capitolo vaccini: non brilla per chiarezza, Giulia Grillo, che infatti non ha sconfessato la legge Lorenzin. «E’ però un passo avanti notevolissimo l’aver eliminato l’odiosa costrizione in stile Gestapo che privava i bambini non vaccinati del diritto all’istruzione». Insomma, si respira un’altra aria, pur in un terreno minato da troppi dogmi – che non la scienza non dovrebbero aver nulla a che fare. Può anche funzionare il concetto dell’immunità di gregge (più vaccinati, meno possibilità di contrarre malattie) ma occorrerebbe un’indagine scientifica molto seria su quanti e quali vaccini vadano somministrati, e se l’eccesso di vaccini non produca effetti controproducenti, come nel caso dei vaccini militari cui il Movimento Roosevelt ha dedicato un convegno a Torino con il vicepresidente della commissione difesa. Non possono mancare libertà e confronto critico, aggiunge Magaldi: «Bisogna denunciare ad alta voce, anzitutto sul piano metodologico, che in Italia – durante il clima plumbeo del governo Gentiloni – chiunque della comunuità scientifica osasse discutere l’idea che andassero propinati 12 vaccini veniva escluso, ghettizzato, calunniato e demonizzato (e parlo di medici anche di grande spessore). Chi osava contrapporsi a quel clima veniva emarginato, se non sanzionato. Sono cose da paese del quarto mondo».Libertà scientifica: chi sostiene la bontà dell’attuale sistema vaccinale, insiste Magaldi, abbia il coraggio e l’onestà di confrontarsi con chi è scettico. «E c’è un problema di mancata sperimentazione: di troppi vaccini non si conoscono gli effetti. Sono tanti gli interrogativi, e solo nell’orizzonte del dubbio (in cui dovrebbe essere connaturata la scienza) il problema si può risolvere». Invece, scontiamo «l’indottrinamento disdicevole da parte di divulgatori come Piero Angela, secondo cui la scienza non è democratica e ha sempre ragione». Per Magaldi, sono «vistosi casi di insipienza storica e ignoranza profonda sulla genesi del metodo scientifico, fondato proprio sul dubbio: la scienza moderna, da cui nasce la nostra tecnologia, è fondata sulla messa in discussione del principio di autorità – che appartiene invece al mondo pre-moderno». Una cosa è vera solo perché lo dicono i detentori di quel sapere? Concezione antica: «Nella comunità scientifica moderna ci devono essere posizioni dissonanti: nessuna ipotesi può essere vera a prescindere». Il nostro paese, aggiunge Magaldi, «è ostaggio anche di cattivi divulgatori di un’idea della scienza che è inconsistente e contraria ai principi della contemporaneità». Ma attenzione: neppure questo “muro” dogmatico resisterà per sempre. Verrà il giorno in cui avremo finalmente «un confronto pacato», che riconosca il ruolo storico di alcuni vaccini per la nostra salute ma, al tempo stesso, valuti – seriamente – l’opportunità e la sicurezza di altri vaccini, nient’affatto scontate.«L’affermazione della democrazia – ricorda Magaldi – è coeva dell’affermazione della scienza moderna: è essenziale la libertà nel valutare le opzioni terapeutiche». Vale per tutto: se si applica il “filtro” della democrazia anche al contesto scientifico, finiscono per crollare miti e verità di fede. Lo stesso principio funziona ovunque si guardi, persino nella polveriera del Medio Oriente: «Credo che verrà il tempo per una pacifica soluzione del conflitto israelo-palestinese», auspica Magaldi, osservando la scena con lucidità: «In fondo l’estremismo di Hamas e quello di Netanyahu si sostengono a vicenda, sono due facce della stessa medaglia: si reggono sull’ostilità reciproca e quindi hanno bisogno l’uno dell’altro. Non a caso ad essere assassinato fu Yitzhak Rabin, il massone progressista che voleva davvero la pace e quindi uno Stato palestinese». Se la ride, Magaldi, pendando agli amici che il 15 luglio davanti al televisore hanno trepidato per la Croazia per avversione nei confronti di Macron. Il capo dell’Eliseo? «Si è reso odioso: è un cicisbeo politico, continuatore delle politiche di Hollande e rappresentante di questo establishment puzzolente dell’attuale Disunione Europea. Con rara ipocrisia e faccia di bronzo ha detto parole inammissibili nei confronti del governo italiano e dell’Italia, nel corso di questa crisi sui migranti». Ma Macron non è la Francia, così come Bush non era l’America: «Guardiamo con amore a questi paesi – chiosa Magaldi – perché tantissimi francesi (come tantissimi statunitensi) insieme a noi cittadini del mondo – italiani, europei, cinesi, giapponesi – dovranno costruire un pianeta più equo, che abbia come faro la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: diritti non solo civili ma, finalmente, anche economici e sociali».Neppure la vittoria ai mondiali di calcio salverà il povero Macron? «Non scherziamo: nella finale di Mosca non ha vinto Macron, ma la Francia del 14 luglio: per questo ho festeggiato, cantando la Marsigliese». Gioele Magaldi, ovvero: l’ottimismo della volontà, persino in salsa calcistica. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Era il 1964 e alla Casa Bianca sedeva Lyndon Johnson, fautore della Great Society di ispirazione kennediana, aperta alle minoranze e improntata all’estensione dei diritti. Poi è scesa la grande notte del neoliberismo, che ha deturpato il “nuovo mondo” che sarebbe potuto fiorire dopo il crollo dell’Urss, fino a proporre gli orrori di Bush e la nuova guerra fredda di Obama contro Putin. Ma ora le cose – di nuovo – stanno per cambiare, a quanto pare, su tutti i fronti: basta vedere il feeling che avvicina, a Helsinki, il presidente russo (fresco di Mondiali) e il collega americano Trump, reduce dalla storica pace con la Corea del Nord. Gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” che mette in piazza le malefatte dell’oligarchia supermassonica reazionaria, il progressista Magaldi esulta per il trionfo dei “bleus” allo stadio moscovita, nonostante gli italiani tifassero Croazia. E spiega: «A Parigi come a Washington c’è un humus, un’ideologia che ha dato al mondo democrazia, diritti e libertà, incluso il diritto alla felicità. Sono valori che trasformeranno il pianeta, rendendolo migliore e più giusto».
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L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna
Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…L’economista è temuto per le proprie posizioni economiche, posizioni che non sono “euroscettiche”, come riferito erroneamente dalla combriccola dell’Ancien Régime (cui dobbiamo dire grazie per 40 anni di corruzione, macelleria sociale, parassitismo ed alto tradimento), bensì pro-italiani. E’ uomo di potere, certo, non è una novità politica; ma ben vengano figure di questo livello, rimaste indipendenti di fronte alle lusinghe del sistema finanziario internazionale (che ha in mano la nostra informazione), personalità che possano “dare del tu” e ricevere rispetto da Merkel e Macron. Come scrissi nel saggio che presentai alla Camera nel 2016 (collaborando con l’ex deputato 5S Massimiliano Bernini e con la deputata Ciprini), la stampa da “cane da guardia della democrazia” si è trasformata nel “dobermann del potere” (e forse non è casuale che il dobermann sia una razza tedesca). I media tuttavia stanno sottovalutando un fattore: non sempre i manipolatori delle emozioni umane vincono la partita. Sono certo che Lega e 5S abbiano accusato un contraccolpo in termini di consenso, in questi giorni; eppure allo stesso tempo spero che ai cittadini interessi altro: una ingente riduzione della pressione fiscale anche alla luce della tipologia di paese in cui viviamo(!); l’espulsione di tutti coloro, non profughi, che sono giunti e vogliono giungere in Italia senza un permesso di soggiorno, senza un contratto di lavoro “in tasca”; una reale flexicurity (flessibilità nei contratti unita a diritti sociali universali come il salario orario e il Reddito Minimo Garantito di Cittadinanza); il collocamento di una bella pietra tombale su corruzione, parassitismo e rendite speculativo-finanziarie, un salasso per il nostro paese.Pd e Silvio Berlusconi (Responsabili sì, ma del declino italiano!) non concederebbero mai riforme degne di questo nome; molto meglio per loro un paese di cittadini in difficoltà, perciò in svendita. Il “governo del cambiamento”, ricordo a lor signori, non ha mai parlato di “uscita dall’euro” (quanto mai opportuna) bensì di trattativa nell’interesse del nostro popolo, di rispetto della centralità della Costituzione: ciò significa centralità del nostro benessere. Gli altri paesi trattano e ottengono; all’Italia è vietato farlo perché chi ha preceduto il “governo del cambiamento” ha abituato i “partner” dell’Eurozona (in realtà competitors che non regalano niente) a una totale sottomissione, in cambio di quelle prebende personali che piovono dalla macchina finanziaria ad essi connessa. Il tutto mentre il cittadino è privato anche della dignità col combinato disposto “tasse, disoccupazione e assenza di diritti sociali universali”. L’ Articolo 1 è l’articolo fondamentale della Costituzione italiana; nel momento in cui venga dimostrato che qualche accordo internazionale generi perdita di posti lavoro (su cui siamo fondati), o/e macelleria sociale, è automaticamente anticostituzionale, si pone fuori dallo Stato di diritto e va ridiscusso finché non risulti coerente con la Carta, finché non si dimostri conveniente per gli interessi nazionali.Chi governa ha quindi l’obbligo istituzionale (non ha scelta) di aprire un tavolo con le altre nazioni; eppure questa prospettiva è ciò che soggetti multinazionali ed esteri non vogliono accada. L’articolo 1 recita che “la sovranità appartiene al popolo”, quindi essa non può emigrare e si esercita con il voto democratico, ergo non è possibile imporre “un Cottarelli” nel momento in cui la maggioranza del paese (5S e Lega) indichi un altro nome. La verità celata ai cittadini è che l’Italia, rispetto al proprio Pil, ha un livello di debito estero (peraltro generato proprio dalla moneta unica, a causa del rapporto-truffa di cui abbiamo GIA’ DETTO QUI già detto qui) più o meno pari a quello tedesco (vedi il “Sole 24 Ore”): per il resto è indebitata verso se stessa!!! Questo, unitamente alla solidità delle partite correnti, dovrebbe essere il criterio cui dovrebbero riferirsi (quando parlano di noi o di qualsiasi nazione al mondo) Fmi, Ue, Ue-M e i grandi giornalisti italiani e stranieri. Il famoso aumento dell’Iva, tanto desiderato dai parassiti cui dedico questo articolo, non serve nemmeno per idea a rendere sostenibili i conti pubblici, ma semmai a peggiorarli; genera un meccanismo (noto a tutti nell’ambiente economico) che, a cascata, trasferisce risorse dall’Italia a quelle banche private tedesche che devono essere salvate; e con esse emigra anche l’occupazione.Le cosiddette sinistre (italiane ed europee), i radicali, il noto possessore di grosse SpA e tutti i quotidiani (nessuno escluso, e domandatevi perché!) hanno dimostrato di essere pronti ad anteporre a milioni di cittadini i loro interessi privatistici (quando non addirittura aziendali) pur di portarci in un mondo globalista il quale, in nome di una finanza ordoliberista e di promesse fantasiose, renderebbe gli esseri umani pari a numerini privi di spinta individuale e creativa (privati della libertà). Concludo con una critica. In questa fase, se si vuole bene al proprio paese, di fronte a questo macello mediatico si ha l’onesto obbligo di rimanere compatti e non ci si presta alla strumentalizzazione, non ci si riposiziona politicamente (conosco i miei polli e ho sempre disprezzato l’opportunismo fino a non partecipare più alla politica attiva) anche se farlo, un domani, a qualcuno, potrebbe fare comodo. Soprattutto quando si ha ben chiaro che i nemici del popolo italiano non sono i leghisti ma ben altri…(Marco Giannini, “L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna”, pubblicato su “Libreidee” il 24 maggio 2018. Già attivista del Movimento 5 Stelle, Giannini è autore del saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione”, sottotitolo “Corso di sopravvivenza per chi non sa niente di economia”, edito da Andromeda nel 2015, presentato anche alla Camera. Nel gennaio 2017 Giannini si è distanziato dal movimento fondato da Grillo dopo la tentata adesione del M5S al gruppo ultra-europeista dell’Alde in seno al Parlamento Europeo).Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…
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Attacco alla medicina naturale, criminalizzata come devianza
In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad una vera e propria guerra tra la medicina naturale, o naturopatia, e la medicina tradizionale. Una guerra senza esclusione di colpi, che vede da una parte indagati o radiati medici non in linea con le linee del sistema (pensiamo al recente caso di Stefano Montanari, o a quello di Paolo Rege Gianas), dall’altra comportamenti e dichiarazione assurde (come quella di Nadia Toffa, che ha dichiarato di essere guarita in pochi mesi da un tumore grazie alla chemioterapia, e che – improvvisatasi esperta di medicina – ha fatto un invito pubblico a curarsi solo con radio e chemio affermando siano le sole cure possibili). E’ di queste ore la notizia dell’arresto di Mario Pianesi, considerato il guru della macrobiotica in Italia (fondatore di un vero e proprio impero macrobiotico, con circa 100 ristoranti che dipendono dalla sua associazione), accusato di associazione a delinquere finalizzato alla riduzione in schiavitù e evasione fiscale. Non scenderò nei contenuti dell’inchiesta, perché non conosco i particolari della vicenda (anche se, per la notorietà internazionale dell’indagato, che era ricevuto in privato dal Papa, era invitato a eventi del Rotary locale, e aveva riconoscimenti internazionali un po’ ovunque – aveva anche ricevuto una laurea honoris causa dall’università della Mongolia – propenderei per uno scontro tra poteri a livelli piuttosto alti).Mi limiterò a vagliare le dichiarazioni dei quotidiani, per far vedere come, dietro a questa vicenda, si cela comunque anche – perlomeno da parte della stampa – un attacco alla medicina naturale. Iniziando all’Ansa, che ha dato la notizia stamattina: “Smantellata la setta macrobiotica”. Come foto compariva una riunione di persone col cappuccio, dandosi ad intendere che macrobiotica e sette esoteriche o sataniche siano un fenomeno assimilabile. Nell’articolo si citavano le diete ristrettissime denominate Mapi 1, 2, 3, 4 e 5 che venivano imposte forzatamente agli affiliati. Altri quotidiani hanno citato queste terribili diete come una tortura inflitta alle “vittime”. In realtà tali diete restrittive partono da una normalissima dieta depurativa monoalimento, per finire con una dieta (la Mapi 5) composta da cereali, legumi, frutta, verdura, carne, pesce e dolci, con eliminazione di zuccheri semplici e alcuni alimenti. In sostanza, poco di diverso da quanto proposto da qualsiasi linea guida nutrizionale corretta. Tanto è vero che la bontà di queste linee guida alimentari è stata certificata da riviste internazionali del settore medico e da nutrizionisti esperti.Poche ore dopo la foto della setta sull’Ansa è scomparsa, ed è stata rimpiazzata dalla foto di una ragazza anoressica, e i contenuti dell’articolo sono diventati più razionali (l’articolo infatti si incentra sui contenuti dell’inchiesta e sono sparite le assurdità dietetiche). Questa dieta, affermano praticamente tutti i quotidiani, prometteva miracoli per curare malattie. Scrive ad esempio “Il Messaggero”: «Le indagini della polizia hanno accertato che il rigido stile di vita imposto dal maestro, attraverso le diete Ma.Pi, (dal nome del maestro) in numero di 5 (gradualmente sempre più ristrette e severe) e le lunghe “conferenze” da lui tenute, durante le quali si parlava per ore della forza salvifica della sua dottrina alimentare, erano volte a plasmare un asservimento totale delle vittime». Questa frase, delle diete sempre più ristrette e severe, è stata ripresa un po’ da tutti i quotidiani. A parte il fatto che le diete, come abbiamo detto, non sono “sempre più restrittive e severe”, ma sono via via sempre più permissive, avremmo insomma una setta che asservisce le vittime a base di dolci, carne, pesce, legumi cereali e frutta. Cioè a base di una dieta completa. Questo è quello che si evince leggendo i giornali.In altre parole: abbiamo una persona indagata per una serie di fatti che non sappiamo se abbia commesso o no; ma i giornali puntano i titoli, e anche i contenuti dei vari articoli, sui pericoli della macrobiotica. Un po’ come se, indagati Berlusoni e Dell’Utri di associazione mafiosa, all’epoca proprietario del Milan, della Standa, i giornali avessero deciso di incentrare la notizia sui pericoli dei supermercati e sulla inutilità del gioco del calcio, scrivendo “indagati Dell’Utri e Berlusconi, guru dei supermercati e del gioco del calcio, fenomeno demenziale in cui 22 giovanotti in mutande si disputano una palla, e vengono pagati miliardi per questa assurdità. I due guru cercavano di abbindolare la gente facendoli entrare nei loro supermercati, praticando sconti sui prodotti, e facevano un pacco di soldi con questo gioco inutile, che non serve a nulla e anzi, provoca pure danni (basti vedere le vittime fatte dagli ultrà delle varie squadre italiane)”.Per un contrappasso curioso, nello stesso giorno, sempre l’Ansa declamava le meravigliose proprietà di una nuovissima dieta (ovviamente proveniente dall’America), tra i cui principi fondanti troviamo: 1) mangiare solo gli alimenti che ci piacciono; 2) mangiare al massimo tre volte al giorno; 3) saltare un pasto se si va a cena fuori. Insomma, una marea di banalità che se applicate alla lettera, potrebbero fare innumerevoli danni perché potrebbero portare una persona a mangiare solo carne qualora fosse l’unico alimento che gli piace, e non fornisce alcune indicazione sui vari componenti della dieta. In conclusione: il problema non è se le accuse siano vere o false, perchè di quello si occuperà la magistratura. Il problema è che una persona viene indagata per un reato preciso, ma il problema diventano non i reati in sé, ma la dieta macrobiotica. E l’impressione generale è che – dal punto di vista giornalistico – la vicenda sia strumentalizzata per attaccare tutto il sistema della medicina naturale, e che la vicenda debba essere inquadrata nel più generale contesto della guerra tra medicina naturale preventiva e medicina classica allopatica.(Paolo Franceschetti, “Attacco alla medicina naturale”, dal blog “Petali di Loto” del 14 marzo 2018).In questi ultimi tempi stiamo assistendo ad una vera e propria guerra tra la medicina naturale, o naturopatia, e la medicina tradizionale. Una guerra senza esclusione di colpi, che vede da una parte indagati o radiati medici non in linea con le linee del sistema (pensiamo al recente caso di Stefano Montanari, o a quello di Paolo Rege Gianas), dall’altra comportamenti e dichiarazione assurde (come quella di Nadia Toffa, che ha dichiarato di essere guarita in pochi mesi da un tumore grazie alla chemioterapia, e che – improvvisatasi esperta di medicina – ha fatto un invito pubblico a curarsi solo con radio e chemio affermando siano le sole cure possibili). E’ di queste ore la notizia dell’arresto di Mario Pianesi, considerato il guru della macrobiotica in Italia (fondatore di un vero e proprio impero macrobiotico, con circa 100 ristoranti che dipendono dalla sua associazione), accusato di associazione a delinquere finalizzato alla riduzione in schiavitù e evasione fiscale. Non scenderò nei contenuti dell’inchiesta, perché non conosco i particolari della vicenda (anche se, per la notorietà internazionale dell’indagato, che era ricevuto in privato dal Papa, era invitato a eventi del Rotary locale, e aveva riconoscimenti internazionali un po’ ovunque – aveva anche ricevuto una laurea honoris causa dall’università della Mongolia – propenderei per uno scontro tra poteri a livelli piuttosto alti).
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Marmaglia grillista, manganello antifascista: e il potere ride
Marmaglia: quantità di gente rumorosa e turbolenta, tale da suscitare fastidio e disprezzo. Non c’è bisogno di consultare il vocabolario Treccani per scoprire cosa intendesse dire, Massimo Giannini, quando ha usato l’espressione “marmaglia grillista” (“Repubblica”, 18 febbraio) per qualificare gli italiani che guardano ai 5 Stelle. Fastidio e disprezzo per la “marmaglia” – cioè l’avversario, il nemico, il negro, l’ebreo, il comunista, il fascista – sono il pane quotidiano del neo-squadrismo dilagante. Un militante di “Potere al Popolo” accoltellato a Perugia, un attivista di Forza Nuova aggredito a Palermo. “Staniamo Di Stefano”, annuncia il fantomatico collettivo “Torino Antifascista”, annunciando un agguato dimostrativo al leader di CasaPound. Sulle barricate anche la fake-giustiziera Boldrini, che propone addirittura di abolirla per legge, la “marmaglia”, disciogliendo i gruppetti che inneggiano al ventennio che fu. Fermi tutti, per favore: «No ad antifascismi di maniera che adottino metodologie bastonatorie tipiche proprio della cultura fascio-comunista: violenta, illiberale e antidemocratica», scrive Gioele Magaldi sul blog del Movimento Roosevelt. E se proprio qualcuno vuole andare a caccia di “fascisti”, avverte un comunista doc come Marco Rizzo, lasci perdere i ragazzini dell’estrema destra: l’unico vero fascismo che conti, oggi, è quello dell’oligarchia finanziaria, il super-potere che nessun Giannini e nessuna Boldrini oseranno mai impensierire.«L’escalation di violenza va fermata», afferma il cossuttiano Rizzo, ora segretario del Partito Comunista. «Il potere è in crisi e quindi ha bisogno di riproporre una stagione simile a quella degli anni ’70, dove un’intera generazione di giovani è stata sacrificata. Da militante del ’77 – racconta – conosco molto bene le dinamiche che si possono scatenare e che il potere ha tutto l’interesse a incentivare, strumentalizzandole a proprio favore». In quegli anni, aggiunge Rizzo, le provocazioni e la logica degli “opposti estremismi” «servirono a fare il gioco del potere e a invocare la repressione: i giovani si scontravano, e alla fine vincevano i padroni». Oggi, dice, «il fascismo si combatte riprendendo le lotte tra i lavoratori, portando le parole d’ordine della solidarietà e dell’uguaglianza nei quartieri e nelle periferie, rifiutando la guerra tra poveri e dando una reale alternativa di lotta alle classi popolari, e non certo con l’antifascismo di facciata di chi ha scelto le banche e l’Unione Europea». Già dalla fine degli anni ’60, ricorda Magaldi, la “strategia della tensione” (lotta politica violenta, fino al terrorismo rosso e nero) «fu eterodiretta da quei “padroni del vapore sovranazionali” i quali avevano interesse ad alimentare un clima politico violento in Italia per propri scopi subdoli e inconfessabili». Scopi «del tutto lontani da quei pretesti pseudo-ideologici con cui veniva sobillata la lotta armata “neo-fascista” o delle cosiddette Brigate Rosse».In tempi come questi, «in cui la democrazia viene ridotta a mero formalismo rituale e svuotata di sostanza per interesse di élites oligarchiche», secondo Magaldi «l’eventuale ritorno della lotta politica violenta non può che giovare ai propugnatori degli “inciuci permanenti” e dei “governi di neo-solidarietà nazionale”, i quali servono soltanto ad anestetizzare proposte politiche alternative a quelle determinate dalla teologia dogmatica neoliberista e neoaristocratica». Dunque: rispetto e tolleranza, innanzitutto. «Non si fa antifascismo con la bastonatura di presunti fascisti. Ed è anche ora che chi si proclami antifascista si dichiari anche anticomunista, se vuole essere credibile in quanto autentico democratico e libertario: infatti, i regimi comunisti storicamente realizzatisi nel tempo sono stati altrettanto dispotici, totalitari, autoritari e liberticidi di quelli fascisti o fascistoidi». Violenza chiama violenza, avverte Magaldi: il che è tanto comodo, a chi vuole impedirci di riconquistare «democrazia sostanziale, libertà, giustizia, mobilità sociale e prosperità diffusa». Infatti: l’Italia è a pezzi, senza più una politica e con il bilancio appaltato a Bruxelles, ma per la Boldrini il pericolo sono le “fake news”. Oppure, citando Giannini, “l’accozzaglia forzaleghista”, che minaccia il paese al pari della “marmaglia grillista”. Il manganello è solo cartaceo, ma sprezzante. Un’idea infernale, come l’inferiorità biologica del nemico, nel ‘900 riempì fosse comuni e forni crematori.Marmaglia: quantità di gente rumorosa e turbolenta, tale da suscitare fastidio e disprezzo. Non c’è bisogno di consultare il vocabolario Treccani per scoprire cosa intendesse dire, Massimo Giannini, quando ha usato l’espressione “marmaglia grillista” (“Repubblica”, 18 febbraio) per qualificare gli italiani che guardano ai 5 Stelle. Fastidio e disprezzo per la “marmaglia” – cioè l’avversario, il nemico, il negro, l’ebreo, il comunista, il fascista – sono il pane quotidiano del neo-squadrismo dilagante. Un militante di “Potere al Popolo” accoltellato a Perugia, un attivista di Forza Nuova aggredito a Palermo. “Staniamo Di Stefano”, annuncia il fantomatico collettivo “Torino Antifascista”, annunciando un agguato dimostrativo al leader di CasaPound. Sulle barricate anche la fake-giustiziera Boldrini, che propone addirittura di abolirla per legge, la “marmaglia”, disciogliendo i gruppetti che inneggiano al ventennio che fu. Fermi tutti, per favore: «No ad antifascismi di maniera che adottino metodologie bastonatorie tipiche proprio della cultura fascio-comunista: violenta, illiberale e antidemocratica», scrive Gioele Magaldi sul blog del Movimento Roosevelt. E se proprio qualcuno vuole andare a caccia di “fascisti”, avverte un comunista doc come Marco Rizzo, lasci perdere i ragazzini dell’estrema destra: l’unico vero fascismo che conti, oggi, è quello dell’oligarchia finanziaria, il super-potere che nessun Giannini e nessuna Boldrini oseranno mai impensierire.
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Logge e potere: perché l’Espresso non intervista Scalfari?
Cari Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, perché non raccontate i vostri rapporti con la massoneria? Gianfranco Carpeoro replica così all’ultimo servizio de “L’Espresso”, titolato “La massoneria torna a far paura: non identificabili tremila affiliati”. La presunta notizia? «Dopo il caso P2 le obbedienze avevano promesso trasparenza, invece regna l’opacità assoluta – scrive Gianfranco Turano – come dimostrano gli elenchi visionati dalla commissione parlamentare sulle logge calabresi e siciliane». Ribatte Carpeoro, in web-streaming su YouTube: «Io proporrei a Turano e al direttore dell’“Espresso” di chiedere a Scalfari e a De Benedetti di informare i lettori sui rapporti che quella casa editrice ha avuto con la massoneria. Rapporti molteplici, complicati, e peraltro intrattenuti con la parte meno commendevole della massoneria». Ovvero: «Chiederei pubblicamente a Scalfari e De Benedetti di spiegare e raccontare i rapporti che hanno avuto, per esempio, con quel massone (fior di personaggio) che si chiama Flavio Carboni. Prima di parlare genericamente di massoneria, comincino a parlare della loro connessione con la massoneria: guardino a casa loro, questi signori». Sintetizza Gioele Magaldi: «Non c’è bisogno di essere massoni, in Italia, per essere corrotti. Ma prendersela con i “peones” della massoneria, come fa “L’Espresso”, serve a occultare i veri terminali italiani della vera massoneria di potere, che è sovranazionale, e su cui la stampa (compreso “L’Espresso”) continua a tacere».Autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela la geografia delle Ur-Lodges nel back-office del potere mondiale, Magaldi prende nota: la sua denuncia, clamorosa, resta tuttora sepolta dal silenzio dei grandi media. «Nessuna reazione, nemmeno di fronte a precise interrogazioni parlamentari». Di massoneria si parla spesso a vanvera, per fini strumentali e magari elettoralistici come ha fatto Di Maio, garantendo l’assenza di massoni tra i candidati 5 Stelle. Lo smentisce Catello Vitiello, detto Lello, candidato dai grillini in Campania e iniziato alla loggia “La Sfinge”, del Grande Oriente d’Italia: notizia del “Mattino”, rilanciata dal “Giornale”. Di Maio? «Spara sulla massoneria, dopo aver bussato (inutilmente) alle porte dei peggiori circoli supermassonici reazionari di Washington», dice Magaldi, che a “La Gabbia”, trasmissione televisiva de “La7” condotta da Paragone, ha dichiarato l’appartenenza massonica di Pietro Grasso e Laura Boldrini. Ora “L’Espresso” rilancia la sua piccola crociata pre-elettorale contro le logge meridionali del Grande Oriente? Quella del reportage di Turano, «poco serio, sensazionalista e mistificatorio», a Magaldi sembra «un’operazione di bassissimo livello, che va a pescare nella diatriba miserevole sollevata dalla commissione parlamentare antimafia presieduta da due tangheri con pulsioni liberticide e antidemocratiche come Rosy Bindi e Claudio Fava».La Bindi («non ricandidata, per fortuna») ha condotto una sorta di crociata personale contro il Goi, mentre Fava è giunto a proporre una legge per chiudere ai massoni le porte della politica. «La massoneria è stata resa illegale solo dai regimi fascisti e comunisti (con l’eccezione di Cuba) e con la perversione che questi regimi erano composti da massoni, i quali mettevano fuorilegge le massonerie liberali e democratiche e si costituivano in massoneria segreta di governo, con piglio dispotico», ricorda Magaldi, a “Colors Radio”. Quella presieduta dalla Bindi? «E’ la peggior commissione antimafia della storia: non avendo di meglio da fare, ha preso di petto la massoneria regionale ma non i terminali italiani della massoneria che conta, nel bene e nel male (soprattutto nel male), collegata ai circuiti massonici neo-aristocratici che hanno fatto un golpe silenzioso insediando Mario Monti con la regia di Draghi e Napolitano». Personaggi che «hanno operato e operano tuttora a maleficio del popolo italiano», ma nessuna commissione parlamentare se n’è occupata. La Bindi invece ha preso di mira «comunioni massoniche in stato di decadenza, prive di incisività sul piano sociale, meta-politico, civico e culturale».Eppure, proprio dalle Ur-Lodges reazionarie sono venute «le ideologie neoliberiste e neo-aristocratiche che hanno pervaso la globalizzazione, la stessa Europa “matrigna” e anche la pessima governance dell’Italia negli ultimi decenni, la Seconda Repubblica, in modo accelerato con la devastazione sociale ed economica avviata nel 2011». Per questo, aggiunge Magaldi, «suona scandaloso che sedicenti giornalisti come Turano vadano a fare servizi apparentemente sontuosi, scandalistici e di grande richiamo, mettendo il dito su dei “peones” della massoneria e tacendo del tutto sulle domande che un vero giornalismo dovrebbe porsi: ovvero, chi è davvero inserito nelle leve del potere più importante?». Silenzi, omissioni, ipocrisie. «C’è chi sa benissimo che i momenti più alti della storia dell’Italia contemporanea sono dovuti all’opera meritoria di alcuni massoni. Ma tace per interesse, magari appartenendo a circuiti massonici neo-aristocratici». E poi, aggiunge Magaldi, «c’è una pletora di ignoranti, insipienti esecutori collocati in vari strati del mondo mediatico, politico, istituzionale e sociale, i quali si beano di questa loro pseudo-conoscenza: per costoro, “massoneria” sarebbe qualunque gruppo che, in modo indebito, opera per fini segreti e inconfessabili a favore dei propri aderenti».Che c’entra, la massoneria, con a gestione opaca del potere? «In Italia non serve essere massoni per esser stati corrotti e corruttori e aver mal gestito il denaro pubblico». Ci sono mille correnti e provenienze: culturali, spirituali, religiose, filosofiche e sapienziali. «Chi si distingue nel bene e chi nel male, a prescindere dal retroterra da cui proviene». Quanto alla massoneria, insiste Magaldi, «se si vuol parlare davvero di legami col potere bisogna alzare lo sguardo verso il cielo delle superlogge sovranazionali. Dopodiché, anche lì, si tratta di capire chi ha fatto cosa, e perché». Solo che non avviene: nessuno li alza, gli occhi al “cielo”. «Quindi siamo in una narrazione assolutamente irrisoria, fuorviante e, credo, anche strumentale: serve, è utile ai manovratori, ai padroni del vapore, che il sospetto, l’eventuale avversione rispetto alle logge, venga scaricata verso gruppi massonici che sono innocui sotto ogni punto di vista». E a chi si riempie la bocca con la difesa della Costituzione, Magaldi ricorda che il presidente della “Commissione dei 75” incaricata di redigere il testo costituzionale era Meuccio Ruini, notorio massone, il cui capo di gabinetto era Federico Caffè, eminente economista: il maggior keynesiano italiano (e del resto era massone lo stesso Keynes). «Se i padri della patria e della Costituzione del ‘48 (Ruini e non solo) erano massoni, non ho capito qual è il problema», conclude Magaldi. «Dopodiché vi sono le mele marce, e io nel mio libro ne ho indicate tante». I giornali come “L’Espresso”, però, hanno evitato accuratamente di raccontarlo ai lettori: perché?Cari Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti, perché non raccontate i vostri rapporti con la massoneria? Gianfranco Carpeoro replica così all’ultimo servizio de “L’Espresso”, titolato “La massoneria torna a far paura: non identificabili tremila affiliati”. La presunta notizia? «Dopo il caso P2 le obbedienze avevano promesso trasparenza, invece regna l’opacità assoluta – scrive Gianfranco Turano – come dimostrano gli elenchi visionati dalla commissione parlamentare sulle logge calabresi e siciliane». Ribatte il massone Carpeoro, in web-streaming su YouTube: «Io proporrei a Turano e al direttore dell’“Espresso” di chiedere a Scalfari e a De Benedetti di informare i lettori sui rapporti che quella casa editrice ha avuto con la massoneria. Rapporti molteplici, complicati, e peraltro intrattenuti con la parte meno commendevole della massoneria». Ovvero: «Chiederei pubblicamente a Scalfari e De Benedetti di spiegare e raccontare i rapporti che hanno avuto, per esempio, con quel massone (fior di personaggio) che si chiama Flavio Carboni. Prima di parlare genericamente di massoneria, comincino a parlare della loro connessione con la massoneria: guardino a casa loro, questi signori». Sintetizza Gioele Magaldi: «Non c’è bisogno di essere massoni, in Italia, per essere corrotti. Ma prendersela con i “peones” della massoneria, come fa “L’Espresso”, serve a occultare i terminali italiani della vera massoneria di potere, che è sovranazionale, e su cui la stampa (compreso “L’Espresso”) continua a tacere».
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Cremaschi: neofascismo figlio del liberismo, molti i complici
«Il killer nazifascista di Macerata ha ottenuto un successo travolgente», sostiene Giorgio Cremaschi: «Il dibattito ufficiale minimizza la gravità del suo crimine, ignora le sue vittime e si concentra tutto sul “disagio sociale” provocato dai migranti». Il ministro Minniti e tutti gli esponenti del governo «non hanno mai usato la parola razzismo, né tantomeno la parola fascismo, per la tentata strage di Macerata, e lo stesso hanno fatto i mass media». Terrorismo fascista e razzista in Italia? «Quando mai. Il problema sono i migranti, dicono tutti, rinfacciandosi l’un l’altro di non saperlo affrontare. Traini ha già vinto», scrive Cremaschi su “Micromega”. Salvini e CasaPound affermano che in Italia non c’è nessun rischio fascista e che chi usa questa parola lo fa solo per ragioni strumentali? «Non è una novità, dal 1945 i fascisti si sono sempre mascherati in vario modo, spesso reagendo sdegnosamente a chi ricordava loro chi realmente fossero. Negli anni ‘70 mettevano le bombe e mai le rivendicavano. Ci pensava lo Stato a coprirli e ad indirizzare altrove l’opinione pubblica. L’uccisione nella questura di Milano dell’anarchico Pinelli, assieme a Valpreda accusato innocente della bomba fascista di Piazza Fontana, aprì la via ad una lunga trama di stragi, insabbiamenti e depistaggi di Stato».Secondo Cremaschi, candidato a Napoli per “Potere al popolo”, in Italia l’establihment «ha sempre fatto leva sui fascisti». Ovvero: «Li ha fatti crescere e usati quando voleva diventare più autoritario, li ha colpiti quando voleva mostrarsi più democratico». E i mass media, che indirizzano l’opinione pubblica verso i migranti quando invece «viene sfasciato lo Stato sociale e dilagano disoccupazione e povertà»? Raccontano che ci sono italiani che non trovano lavoro perché glielo hanno “rubato” i migranti, «mentre tanti sono in mezzo a una strada perché le multinazionali chiudono e migrano indisturbate a saccheggiare altrove». La demografia è impietosa: «La popolazione residente sta calando, perché sono più gli italiani che emigrano perché non trovano un lavoro decente, rispetto a coloro che vengono qui e che diventano schiavi sfruttati, da italiani naturalmente». Si dovrebbero combattere la disoccupazione, il degrado e lo sfruttamento del lavoro, «ma i razzisti parlano di sostituzione etnica, addossando agli schiavi la colpa della schiavitù». Il recente neofascismo strisciante? Frutto del «liberismo capitalista». E non è una novità: «Dopo la crisi del 1929 i governi democratici tedeschi adottarono la politica dell’austerità e del rigore di bilancio e un insignificante gruppuscolo fascista sbeffeggiato da tutti conquistò il potere».Dopo la guerra, continua Cremaschi, il welfare fu edificato come compromesso tra le classi e come garanzia di democrazia. La nostra Costituzione? «E’ antifascista perché promuove lo Stato sociale contro la ferocia del mercato, ed è per i diritti sociali e del lavoro perché è antifascista». E’ ancora così, nei fatti? Non più: «Decenni di politiche di smantellamento di quei diritti, nel nome dell’Europa e della globalizzazione, hanno divelto le basi materiali dell’antifascismo e fatto risorgere i mostri». È per questo, scrive Cremaschi, che il mondo Pd non usa la parola “fascismo”, ma si limita – in modo generico e ipocrita – a condannare “l’odio”. «Meglio condannare moralisticamente un sentimento, che dover riconoscere i frutti marci della propria politica». E il Movimento 5 Stelle, «che pure non è responsabile delle politiche economiche di questi anni», ora adotta lo stesso linguaggio del Pd, «evidentemente pensando che nessun partito che voglia governare, possa usare parole sconvenienti come fascismo e razzismo».Certo, ammette Cremaschi, i gruppuscoli fascisti non prenderanno mai il potere. «Quando ci provarono nel 1970 con Junio Valerio Borghese, i loro protettori della Nato li convinsero a fermarsi e ad uscire dai ministeri dove erano entrati». Secondo l’ex sindacalista Fiom, «i fascisti oggi non devono prendere il potere, ma aiutare il potere a fascistizzarsi: cosa che sta facendo benissimo, basti pensare alle leggi di polizia di Minniti». Per continuare con le politiche liberiste di devastazione sociale, il potere (italiano e Ue) deve «imporre un sistema sempre più autoritario e intollerante». Cioè: «Se gli sfrattati si organizzano, lottano, magari contrastano la polizia che li vuole sbattere fuori di casa, allora questa è inaccettabile violenza degli antagonisti e dei centri sociali. Invece se un fascista spara nel mucchio ai neri, questo è disagio sociale». Oppure: «Se i poveri si ribellano vengono repressi, perché per il palazzo i poveri devono solo odiarsi tra loro». D’altra parte, il 10% diviene sempre più ricco impoverendo il restante 90%: «Come farebbe a comandare e a distogliere da sé l’indignazione popolare, se non volgendola verso i migranti oggi, domani verso chissà chi? A questo servono i fascisti». Non facciamoci illusioni, il guasto ormai è profondo: «Anni di politiche liberiste e di diseguaglianza sociale, la resa della sinistra di governo al mercato, hanno diffuso una mentalità reazionaria di massa».«Il killer nazifascista di Macerata ha ottenuto un successo travolgente», sostiene Giorgio Cremaschi: «Il dibattito ufficiale minimizza la gravità del suo crimine, ignora le sue vittime e si concentra tutto sul “disagio sociale” provocato dai migranti». Il ministro Minniti e tutti gli esponenti del governo «non hanno mai usato la parola razzismo, né tantomeno la parola fascismo, per la tentata strage di Macerata, e lo stesso hanno fatto i mass media». Terrorismo fascista e razzista in Italia? «Quando mai. Il problema sono i migranti, dicono tutti, rinfacciandosi l’un l’altro di non saperlo affrontare. Traini ha già vinto», scrive Cremaschi su “Micromega”. Salvini e CasaPound affermano che in Italia non c’è nessun rischio fascista e che chi usa questa parola lo fa solo per ragioni strumentali? «Non è una novità, dal 1945 i fascisti si sono sempre mascherati in vario modo, spesso reagendo sdegnosamente a chi ricordava loro chi realmente fossero. Negli anni ‘70 mettevano le bombe e mai le rivendicavano. Ci pensava lo Stato a coprirli e ad indirizzare altrove l’opinione pubblica. L’uccisione nella questura di Milano dell’anarchico Pinelli, assieme a Valpreda accusato innocente della bomba fascista di Piazza Fontana, aprì la via ad una lunga trama di stragi, insabbiamenti e depistaggi di Stato».
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I Protocolli dei Savi di Sion: mistero indicibile, profezie vere
L’archetipo della lettura complottista: i “Protocolli dei Savi di Sion”. Un libro maledetto su cui molto è stato scritto e molto resta ancora da scrivere. Pubblicati per la prima volta nel 1905, i “Protocolli” furono accolti dall’opinione pubblica internazionale in modo ambivalente. Da un lato si fa notare che tutte le profezie in essi contenute si sono puntualmente avverate; e ciò dimostrerebbe la veridicità della congiura ebraica e massonica. Dall’altro si punta il dito sul fatto che quella congiura è in realtà il frutto della fantasia di Maurice Joly, che nel 1864 pubblicò un pamphlet, di cui i “Protocolli” sono un plagio evidente; e ciò dimostrerebbe la non-autenticità dell’opera. A mio avviso un’analisi serena e obiettiva del libro dovrebbe incentrarsi su questa inspiegabile contraddizione: come può un documento palesemente falso affermare fatti veri e verificabili? Poiché dei “Protocolli dei Savi di Sion” si fece immediatamente un uso politico, questo interrogativo fu messo da parte e i termini del discorso furono spostati dal problema non-autenticità/veridicità verso una strada sdrucciolevole: quello della verità trascendente. In Germania, dove la congiura ebraico-massonica fu ritenuta reale, i “Protocolli” furono usati dai nazionalsocialisti come una “licenza per un genocidio”, per usare le parole dell’israelita inglese Norman Cohn.In Russia, dove gli ebrei costituivano il 90% del governo bolscevico, bastava il solo possesso del libro per condannare il possessore alla fucilazione immediata, senza processo. Tra i due estremi si collocano i paesi cosiddetti democratici. In Inghilterra e negli Stati Uniti fin dal lontano 1920 la stampa sionista si batté per propagandare la tesi del complotto antisemita, usando l’argomento della non autenticità. In Svizzera si tenne un processo che dimostrò una verità processuale: ossia che ciò che non è autentico non può essere definito vero in aula di tribunale e quindi è una calunnia. Anche la sentenza fu però oggetto di speculazioni politiche, perché la verità processuale contraddiceva la verità dei fatti storici. A questo punto la parola dovrebbe passare proprio agli storici, ma pure costoro si sono lasciati manipolare dalla politica: poiché la storia si fa sui documenti e quelli in questione non sono autentici, gli storici hanno battuto la via a senso unico di indagare chi e perché compose i falsi “Protocolli”. Ancora una volta restava inevasa la questione della veridicità: come facevano questi malvagi calunniatori e falsari a predire con sbalorditiva esattezza tutti gli avvenimenti più importanti del Ventesimo secolo? Possedevano forse una sfera di cristallo?Ammettiamo per un attimo che qualcuno, conosciuto da tutti come un bugiardo, vi dica che possedete due braccia e due gambe: egli non ha forse detto, almeno per una volta, la verità? O la verità ha forse cessato di essere tale in bocca a un bugiardo (o presunto tale)? Crederete dunque di avere sei braccia come il dio Shiva solo perché tutti vogliono convincervi che colui che vi ha detto il contrario è un bugiardo? Ho posto queste domande retoriche per spiegare al lettore la molla che mi ha spinto a compiere ricerche più approfondite: quanto segue è il risultato dei miei studi. Per quanto è dato sapere, i Protocolli furono pubblicati per la prima volta in Russia da Sergey Nilus nel 1905 in appendice al libro “Il piccolo nel grande”. In realtà singole parti dei “Protocolli” iniziarono a circolare in forma privata già a partire dal 1897: l’anno del Primo Congresso Sionista a Basilea. In un primo momento Nilus affermò che i “Protocolli” erano il verbale delle riunioni segrete del congresso. Quando gli fu fatto notare che il congresso si tenne a porte aperte e che non tutti gli ebrei vi avevano partecipato, egli cadde nel tranello e cambiò versione. Nilus, insomma, mentiva e ciò bastò agli storici per parlare di un complotto politico. A nessuno venne in mente un’altra ipotesi: che Nilus, semplicemente, non conoscesse l’origine di quei documenti e che li avesse considerati autentici in virtù della loro veridicità.I due termini, come ho dimostrato, non hanno lo stesso significato; ma procediamo oltre. I primi protocolli furono pubblicati in forma non integrale su un giornale russo a partire dal 1903. Essi si basavano, come detto, su documenti che iniziarono a circolare privatamente dal 1897 e che provenivano dalla Francia. A Parigi operava in quel momento una sezione della polizia segreta zarista, la Okhrana, diretta dal noto antisemita Pyotr Ivanovich Rachkovsky. Una delle spie zariste a Parigi era Matvei Vasilyevich Golovinski, amico del figlio di Joly, che copiò (con minime differenze) interi passi del “Dialogo all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu” confezionando così i “Protocolli dei Savi di Sion”. Secondo gli storici il capo dell’Okhrana Rachkovsky e il ministro degli esteri, conte De Witte, si sarebbero serviti dei falsi documenti per contrastare la diffusione di idee liberali, anarchiche, socialiste e nichiliste. I “Protocolli”, quindi, avrebbero proposto un’interpretazione artificiosa delle dinamiche storiche: avrebbero semplificato i fatti fino a distorcerli, facendo leva su pregiudizi anti-semiti e anti-massonici che erano largamente diffusi nella società europea.Storici e giornalisti si sono fermati qui, paghi di aver dimostrato la tesi del complotto antisemita. Io invece non mi ritengo soddisfatto, dal momento che nessuno parla mai di Maurice Joly, il vero ispiratore – suo malgrado – dei “Protocolli”. Questo silenzio è quantomeno sospetto. I “Dialoghi all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu” non contengono alcuna accusa contro gli ebrei. Si tratta invece di un pamphlet satirico contro Napoleone III. L’opera mette a raffronto due modi di agire in politica: quello del diritto, identificato con Montesquieu, e quello del potere e cioè il tradimento, l’inganno, la corruzione e la violenza. Erano questi i sistemi raccomandati da Machiavelli al principe ideale, che per Maurice Joly era proprio Napoleone. L’autore dei “Dialoghi” era un socialista utopico e un massone affiliato alla loggia La Clémente Amitié: non sorprende perciò la sua avversione per i circoli cattolici e nazionalisti che sostenevano l’imperatore. Completiamo questa sommaria biografia ricordando che il principale finanziatore del giornale di Joly, Le Palais, era Crémiuex. Di trent’anni più vecchio, questo scaltro uomo politico israelita fu per lui un vero e proprio mentore.Adolphe Isaac Crémieux fu il fondatore dell’Alleanza Israelitica Universale, una organizzazione politica e culturale che sintetizza i principi massonici della Rivoluzione Francese con l’ebraismo. Cremiuex fu inizialmente un seguace dell’imperatore. La sua ambizione si spingeva fino a sognare di diventare primo ministro ed era sostenuta dai generosi finanziamenti del barone De Rothschild. Quando però Napoleone III si orientò sui servizi di un altro banchiere ebreo, questo importante uomo politico divenne un oppositore e tale rimase fino alla caduta della monarchia. Infatti nel 1871 troviamo proprio lui al fianco del barone De Rothschild a trattare la pace con il cancelliere Bismarck dopo la guerra franco-prussiana, che era costata il trono all’imperatore. Crémieux fu anche gran maestro del Rito Scozzese e membro dell’Ordine di Memphis e Mizraim, due Riti del Grand Orient de France: la massoneria più anticlericale d’Europa. A testimonianza del suo odio per i gentili citerò un aneddoto. In occasione dell’omicidio rituale di padre Tommaso a Damasco, un episodio che nel 1848 fece inorridire i salotti della borghesia europea, Crémieux usò tutta la sua influenza per ottenere la liberazione dell’assassino (ebreo) del missionario.Ora la faccenda appare molto diversa da come ci è stata raccontata: sebbene i “Protocolli dei Savi di Sion” siano un falso, la loro fonte principale, che è il “Dialogo all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu”, fu realmente composta in ambito ebraico, socialista e massonico. Proprio per questo il filo conduttore dei “Protocolli” è tipicamente massonico: il sovvertimento della società cristiana per affermare un nuovo ordine sociale – ordo ab chao è il motto dei massoni. Inoltre lo stesso mondo ebraico a cui alludono i “Protocolli” ha le sembianze di un ordine segreto gerarchicamente organizzato, con a capo un gruppo di iniziati: i Savi di Sion. Infine i “Protocolli”, ricopiando i “Dialoghi”, rilanciano l’archetipo della congiura segreta contro l’umanità, che era proprio delle leggende nere che circolavano sui gesuiti negli ambienti anticlericali. Forse non è azzardo ipotizzare che Golovinski, inventando la congiura giudeo-massonica, tentasse di dare un nome agli interessi che Joly serviva, sfiorando la verità senza riuscire a catturarla in tutte le sue infinite sfaccettature.E’ importante comprendere che tutti i protagonisti di questa vicenda sono individui opachi e difficilmente etichettabili, come spesso si incontrano nel mondo dello spionaggio. Per esempio Rachkovsky, il famigerato antisemita a capo dell’Okhrana, era stato in precedenza un agitatore studentesco e aveva persino diretto un giornale ebraico: “L’Ebreo russo”. Non meno sorprendente è sapere che egli favorì la carriera, in seno alla polizia segreta zarista, di un terrorista ebreo di nome Abraham Hackelman. Che dire poi del suo agente Golovinski, che passò al servizio dei bolscevichi dopo la Rivoluzione del 1917? Forse è meglio usare cautela prima di attribuire intenzioni politiche a soggetti che sono mossi dall’avidità, dalla sete di potere e dall’amore per intrigo piuttosto che dalle ideologie. Per queste ragioni non mi sento di affermare con certezza che i “Protocolli dei Savi di Sion” siano stati creati con l’unico scopo di fomentare l’antisemitismo: chi può dirlo con certezza?Curiosamente Rachkovsky e il conte De Witte risposero alle accuse di essere gli istigatori dei “Protocolli”, attribuendone la paternità al grande illuminato Gérard Encausse detto Papus, il fondatore dell’Ordine Martinista. Infatti costui, già prima della pubblicazione dei “Protocolli”, aveva scritto di una congiura segreta che costringeva i governi delle nazioni a fare le guerre e a dettava i termini dei trattati di pace per il profitto del “sindacato della finanza” e cioè dell’oligarchia finanziaria internazionale. La congiura, a suo dire, mirava a favorire la fortuna di pochi uomini: i promotori della congiura. Perché mai Papus lanciò un’accusa tanto ardita? Perché egli aveva conosciuto lo zar Nicola II e si era guadagnato la sua fiducia. Per conservarla e per sfruttarla a vantaggio degli interessi che serviva, Papus inviò alla corte di San Pietroburgo il suo maestro Nizier Anthelme Philippe, alias Maître Philippe da Lione. Quest’ultimo usò i poteri taumaturgici di cui si diceva investito per proteggere la famiglia imperiale e iniziò lo zar al martinismo. Secondo gli storici dell’esoterismo, Maître Philippe mise in piedi le logge martiniste in Russia, nelle quali attirò ricchi aristocratici e potenti burocrati.A capo della massoneria martinista russa si pose Nicola II in persona. Le accuse di Rachkovsky e del conte De Witte (un cugino della Blavatsky) contro Papus si devono quindi contestualizzare in una faida interna alla corte di San Pietroburgo, che si concluse con l’allontanamento di Maître Philippe e l’ingresso in scena del mistico Rasputin. Se le rivelazioni di Papus arrivarono all’orecchio dello zar, la sua reazione potrebbe aver spinto l’Okhrana ad agire, utilizzando il testo di Joly per fini che a questo punto non sono affatto chiari. Accenno appena al fatto che nel 1905 (o poco prima) la polizia segreta zarista aveva stretto un’alleanza inconfessabile con la Grand Lodge de France per portare avanti un progetto politico che resta tuttora avvolto nel mistero. Questa, però, è una storia che ci porterebbe molto lontano: meglio fermarsi qui, per il momento. Con questo articolo credo di aver svelato l’identità di coloro che si nascondono dietro l’espressione “Savi di Sion”: gli alti dignitari della massoneria del Rito di Memphis e Mizraim e dell’Alleanza Israelitica Universale, patrocinate dal denaro dei Rothschild. L’esistenza di questo centro di potere occulto rimase celato dietro l’ipotesi di una generica congiura dell’intera razza ebraica: in altre parole i “Protocolli dei Savi di Sion” fabbricarono una copertura perfetta per i veri congiurati.Se ciò sia stato intenzionale o meno non posso affermarlo con certezza. Quando però l’industriale israelita Walter Rathenau rivelò alla stampa l’esistenza di un complotto di «trecento persone che si conoscono tra loro» e si sono autonominate padrone dell’Europa, il vaso di Pandora fu finalmente scoperchiato. Rathenau divenne nel 1922 ministro degli esteri della Repubblica di Weimar e a quel punto si trovò nella posizione di rivelare importanti retroscena della congiura – quella vera, intendo – ai governi europei. Bisognava richiudere il vaso di Pandora prima che fosse troppo tardi: quattro mesi dopo la sua nomina, Rathenau fu ucciso da terroristi di estrema destra. Così nessuno più si domandò chi fossero i membri del “Comitato dei Trecento”: il mondo pianse invece l’ennesima vittima dell’antisemitismo agitato dal libro maledetto, i “Protocolli dei Savi di Sion”. Riassumendo: 1) i “Protocolli” non sono documenti autentici, ma il loro contenuto è in gran parte vero e verificabile; infatti 2) la fonte principale a cui attingono i “Protocolli” è un pamphlet scritto in ambito massonico ed ebraico; e infine 3) l’idea di una generica congiura ebraica e massonica (o viceversa di un complotto antisemita) ha finora occultato l’esistenza di una reale congiura, che da oltre un secolo viene condotta dal casato dei Rothschild e dai suoi agenti.(Enrico Montermini, “I Protocolli dei Savi di Sion: un segreto indicibile!, dal blog di Montermini del 6 novembre 2017).L’archetipo della lettura complottista: i “Protocolli dei Savi di Sion”. Un libro maledetto su cui molto è stato scritto e molto resta ancora da scrivere. Pubblicati per la prima volta nel 1905, i “Protocolli” furono accolti dall’opinione pubblica internazionale in modo ambivalente. Da un lato si fa notare che tutte le profezie in essi contenute si sono puntualmente avverate; e ciò dimostrerebbe la veridicità della congiura ebraica e massonica. Dall’altro si punta il dito sul fatto che quella congiura è in realtà il frutto della fantasia di Maurice Joly, che nel 1864 pubblicò un pamphlet, di cui i “Protocolli” sono un plagio evidente; e ciò dimostrerebbe la non-autenticità dell’opera. A mio avviso un’analisi serena e obiettiva del libro dovrebbe incentrarsi su questa inspiegabile contraddizione: come può un documento palesemente falso affermare fatti veri e verificabili? Poiché dei “Protocolli dei Savi di Sion” si fece immediatamente un uso politico, questo interrogativo fu messo da parte e i termini del discorso furono spostati dal problema non-autenticità/veridicità verso una strada sdrucciolevole: quello della verità trascendente. In Germania, dove la congiura ebraico-massonica fu ritenuta reale, i “Protocolli” furono usati dai nazionalsocialisti come una “licenza per un genocidio”, per usare le parole dell’israelita inglese Norman Cohn.
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Crisi e terrore, ma il Nuovo Ordine Mondiale lo farà la Cina
Il nuovo ordine mondiale? Lo farà la Cina. «Non è solo il maggior creditore degli Usa, ma nel breve tempo di un decennio si è contraddistinta per l’assalto alle roccaforti del capitalismo statunitense e per una nuova forma di colonizzazione africana». Il destino della Cina sembra quindi sfuggire allo storico braccio di ferro di Washington e Mosca: «Nell’espansionismo cinese c’è infatti l’impronta di una nuova classe dirigente, tecnocratica e pragmatica, silenziosa e lungimirante». La Cina diventerà egemone perché, oltre alla capacità di azione, ha sufficienti risorse interne per conquistare il potere globale. A tutto ciò si aggiunge che i cinesi hanno la volontà e la capacità «di controllare i flussi di investimenti con cui raggiungere i propri obiettivi». La studiosa torinese Enrica Perucchietti, autrice di saggi come “L’altra faccia di Obama”, “Utero in affitto” e “False flag, sotto falsa bandiera”, oggi segnala un dossier del Club di Roma: “2052. Scenari globali per i prossimi quarant’anni”. Quaranta ricercatori coordinati da Jorgen Randers provano a delineare il futuro globale: la Cina sarà il leader mondiale entro trent’anni. Diverrà «la forza trainante del pianeta», superando in tal mondo i due blocchi storici che competono per la supremazia globale, Usa e Russia.«Il destino profetizzato dai consulenti del Club di Roma è stato previsto anche da altri ricercatori, che hanno puntato in particolare sulla forza economica e finanziaria della Cina che negli ultimi anni si sta accaparrando le risorse naturali, dall’energia ai minerali, dalle foreste alle derrate agricole, insidiando così le zone d’influenza che appartenevano all’Occidente», afferma Enrica Perucchietti in un’intervista su “Letture.org” in occasione dell’uscita dell’edizione aggiornata dal saggio “Governo globale, la storia segreta del nuovo ordine mondiale” (Arianna), scritto insime a Gianluca Marletta. «Credo che nonostante gli sforzi dell’imperialismo mondialista di portare avanti i propri progetti, nel giro di qualche anno lo scettro passerà di mano e probabilmente il centro del potere si sposterà in Cina», ribadisce la Perucchietti, pur ammettendo che le variabili imprevedibili sono comunque molte, «così come sono da prendere in considerazione delle anomalie che si sono registrate come l’elezione Trump e la Brexit, che sono state evidentemente sottostimate». Tuttavia, come segnala lo stesso Paolo Barnard, colpisce l’arma segreta di Pechino: il suo “capitalismo di Stato” con moneta sovrana mette il governo al riparo dallo strapotere della finanza mondialista non allineata agli oligarchi del partito unico.La riflessione sul futuro “cinese” del mondo conclude un’analisi che la giornalista affronta partendo dallo studio del Nwo, inizialmente liquidato come fiaba cospirazionista. «Oggi la sensazione che sia in atto un progetto di mondialismo (seguente alla globalizzazione delle merci) è comunemente accettato: pensiamo per esempio a Henry Kissinger che ha dato un’opera dal titolo altisonante come “World Order”». Sempre più politici, ministri, capi di Stato e pontefici, aggiunge Perucchietti, negli ultimi decenni hanno parlato pubblicamente dell’esigenza di costituire un “nuovo ordine mondiale”. Lei e Marletta, nel libro, ricostruiscono la storia (documentata) di questo progetto, e le tappe che arrivano fino a noi. «Al di là delle confusioni generate dalla cultura web, lungi dall’essere il delirio di una manciata di paranoici, il nuovo ordine mondiale è al contrario un argomento serissimo, che merita di essere indagato». L’elezione di Trump? «Ha illuso alcuni di poter condurre a una battuta d’arresto del progetto mondialista, ma nei mesi abbiamo assistito a una “normalizzazione” del neo-presidente e l’anacronistico ritorno alla guerra fredda, che ha portato anche alla comparsa di un nuovo nemico sullo scacchiere geopolitico, la Corea del Nord».Se Pyongyang è solo l’ultimo apparente “nemico pubblico” da gettare in pasto alla società per distrarla dalla crisi e «compattarla rispetto a una emergenza esterna», visto che ormai «la Russia non poteva più rispecchiare quel ruolo, dato che la figura di Putin desta sempre maggior consenso o comunque meno diffidenza», posto che un conflitto contro la Corea del Nord «sarebbe non solo inutile, ma svantaggioso e pericoloso», dato che «non apporterebbe nemmeno benefici da un punto di vista geopolitico», vale la pena inquadrare anche questo capitolo («solo teatrale», anche secondo Gioele Magaldi) come parte dello stesso copione mondialista che sta tenendo in scacco il pianeta da ormai moltissimo tempo. Per comprendere che cosa sia il nuovo ordine mondiale, secondo Enrica Perucchietti, è necessario ricostruire le tappe storiche che hanno portato, attraverso i secoli, allo sviluppo dell’ideologia globalista, riscoprendone le radici e i presupposti filosofici, spirituali e teologici. «L’ideologia del Nwo, infatti, attinge la sua linfa vitale da un preciso contesto storico, identificabile con il mondo protestante dei secoli XVII e XVIII. È a partire dall’Inghilterra protestante che l’idea di una Nuova Era di “trasformazione del mondo”, di un progetto prima utopistico e poi politico di “rinnovamento” dell’umanità trova adesione, sostegno e suoi primi “profeti”».Un progetto, rileva la giornalista, che è nato inizialmente come contraltare all’universalismo della nemica Chiesa cattolica e dell’Impero Asburgico e fusosi, successivamente, con analoghe correnti fiorite nello stesso periodo in Nord Europa. L’ideologia mondialista ha recepito e rielaborato nei secoli anche altri tipi di influssi: sull’originario substrato protestante-anglosassone, infatti, si innestano successivamente almeno altre due correnti politico-spirituali: l’ideologia universalistica di matrice massonica (su cui si innestano alcune derive occultistiche) e un certo neo-messianismo di matrice sionista. «Queste correnti così diverse tra loro troveranno una convergenza fondata sull’elitismo di chi (gli Usa in primis) si sente in diritto e in dovere di promuovere anche con la forza il proprio imperialismo e assoggettare il resto del mondo ai propri interessi». L’autrice respinge la tesi del Grande Complotto Universale: è storicamente indimostrabile e serve solo a screditare chi indaga seriamente sul mondialismo. Però, «se è impossibile affermare l’esistenza di una “continuità programmatica” nello sviluppo del Nwo, è legittimo tuttavia parlare di un’evidente continuità ideale che lega, attraverso i decenni e persino i secoli, una serie di “forze” e “poteri” in una complicità di interessi e di azioni».Non esiste un Grande Complotto unico, monolitico? «Esiste però una dottrina di base e una “confluenza di interessi” che spingono verso la costituzione del mondialismo, così come esistono i suoi profeti e “architetti” che ne hanno scritto e parlato anche pubblicamente». Ovvero: «Dalla rete inestricabile dei poteri occulti, delle logge e delle sette, dei potentati economici e dei gruppi di pressione impegnati da tempo a promuovere il progetto del nuovo ordine mondiale, emergono con una frequenza non casuale, nomi, realtà e concreti gruppi di potere che nel nostro “Governo Globale” definivamo il “volto visibile del Nwo” di cui trattiamo ampiamente nella prima parte del saggio». Il progetto mondialista? «Nasce in ambito anglosassone ed è quindi naturale che esso abbia avuto, nella potenza degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, il perno della sua potenza (a cui si è aggiunto, a partire dal secondo dopoguerra, il fattore geopolitico costituito dallo Stato di Israele). Quando parliamo del potere di queste nazioni, tuttavia, ci riferiamo a certe strutture di potere che rimangono invariate nel tempo». Nel suo saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, Magaldi le chiama Ur-Lodges, superlogge: sarebbero la chiave segreta del back-office del potere mondiale, ormai esteso anche alla Cina nel disegno condiviso della globalizzazione autoritaria.Fatte salve le differenze che contraddistinguono le diverse correnti, osserva Perucchietti, esistono alcune costanti fondamentali alla base del progetto mondialista, e alcuni interessi specifici: per esempio, l’aspirazione a costituire una res-pubblica universale e sovranazionale controllata più o meno direttamente da un’autoselezionata élite. «Quindi la creazione di un governo elitario, di pochi». Inoltre, si registra «la diffusione o imposizione di un pensiero omologato, tendente a dissolvere le identità e le particolarità culturali, politiche e religiose in una sorta di pensiero unico globale». Il progetto di costituzione di un mondo nuovo, infatti, richiede anche «un uomo nuovo, che sia omologato e omologabile, facilmente controllabile», magari anche attraverso l’ideologia gender, di cui la Perucchietti ha parlato in libri come “La fabbrica della manipolazione” e “Unisex”. A cascata, pesano «la conseguente lotta contro le “identità forti” difficilmente omologabili alla cultura mondialista e l’abbattimento dei valori tradizionali». Non solo: ci sono anche «censura e psicoreato, ossia il controllo della comunicazione, dei mass media ma anche delle menti e dell’espressione dei cittadini, di cui la recente battaglia contro le “fake news” è un lampante esempio».E’ all’opera una strategia d’azione che privilegia «l’utilizzo strumentale della politica (una sorta di vera e propria criptopolitica basata su ricatti e complotti per lo più sotterranei)», di cui – come vetta dell’iceberg – abbiamo vaghe notizie, attraverso sigle come la Trilaterale o il Bilderberg, cenacoli «i cui membri si riuniscono a porte chiuse per discutere del destino dell’umanità». Alcuni aspetti ideologici restano imprescindibili, «come il neomalthusianesimo che considera l’eccesso delle nascite nelle classi povere come un problema per la qualità di vita». E infatti «gli architetti del Nwo sono ossessionati dal contenimento/riduzione della popolazione». Nell’immaginario collettivo, il Nwo «ha finito per identificarsi con il potere dei colossi bancari e delle multinazionali che ne sono, per certi versi, l’espressione più visibile». E non è tutto: c’è anche «una visione prometeica e luciferina che convoglia nel Transumanesimo e nelle sue applicazioni cibernetiche, virtuali e tecnologiche: l’idea di fondo è che l’uomo può farsi Dio e abbattere la natura, arrivando a derive post-umane finora impensabili». Nel frattempo, le masse occidentali (e mediorientali, manipolate anch’esse) possono “godersi” l’orrore del terrorismo, una macchina infernale che genera paura, «e la paura è un potente strumento di controllo».Riflette Enrica Perucchietti: «Manipolando le persone in fase di shock, sull’ondata emotiva degli eventi, è possibile introdurre misure liberticide fino a quel momento impensabili, lasciando credere ai cittadini che i provvedimenti scelti siano per il loro bene e la loro sicurezza». Terrorismo ed estremismo «vengono sfruttati abilmente, evocati quotidianamente, politicizzati per poterne sfruttare l’ondata d’urto emotiva». Citando Orwell, la sensazione è che la “guerra al terrore” sia stata concepita come perenne per «poter mantenere intatta la struttura della società» e introdurre uno Stato di polizia. «La guerra non deve cioè aver fine, ma deve servire per poter legittimare misure estreme». Per questo, aggiunge l’analista, «non si può distruggere Al-Qaeda senza pensare che spunti un altro pericolo, Isis o altra organizzazione terroristica che sia». E il terrore «doveva finire per divampare anche in Europa», perché «si stava affievolendo la tolleranza del popolo ad accettare sacrifici per “esportare” la democrazia in paesi lontani». Sicché, «l’unico modo per poterlo spingere a continuare a oliare la macchina da guerra era far assaggiare all’Occidente quel genere di “paura” che noi italiani conosciamo bene: gli anni di piombo».Gli artefici del mondialismo, conclude Perucchietti, «hanno sfruttato con cura occasioni tragiche e non si sono fatti problemi a inscenare od ordire attentati, o comunque a strumentalizzarli per creare i presupposti per poi poter raccogliere e sfruttare delle opportunità calcolate con cura». In questo contesto «rientrano anche le cosiddette “false flag”», ovvero le operazioni “sotto falsa bandiera” come quelle che hanno funestato la Francia con sinistra, cronometrica precisione. Lo rileva Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, secondo cui – nella Francia che ha imposto il silenzio alle indagini su Charlie Hebdo (segreto militare, dopo la scoperta del possibile ruolo dell’intelligence nell’armamento del commando), l’opaco neo-terrorismo ha colpito Nizza il 14 luglio, giorno “sacro” per i massoni progressisti anti-oligarchici, e Parigi il 13 novembre (Bataclan), nell’anniversario di una giornata infausta per i Templari perseguitati nel ‘300, a cui evidentemente i mandanti dell’Isis, mondialisti e atlantici, vorrebbero richiamarsi, firmando il loro sanguinoso delirio. Dove finiremo, di questo passo? A Pechino, risponde Enrica Perucchietti: sarà probabilmente a Cina a mandare in fumo i giochi “illuminati” dell’élite nera, insediando sul trono del pianeta – diversamente mondializzato, ma sempre senza democrazia – da una futura élite “gialla”.Il nuovo ordine mondiale? Lo farà la Cina. «Non è solo il maggior creditore degli Usa, ma nel breve tempo di un decennio si è contraddistinta per l’assalto alle roccaforti del capitalismo statunitense e per una nuova forma di colonizzazione africana». Il destino della Cina sembra quindi sfuggire allo storico braccio di ferro di Washington e Mosca: «Nell’espansionismo cinese c’è infatti l’impronta di una nuova classe dirigente, tecnocratica e pragmatica, silenziosa e lungimirante». La Cina diventerà egemone perché, oltre alla capacità di azione, ha sufficienti risorse interne per conquistare il potere globale. A tutto ciò si aggiunge che i cinesi hanno la volontà e la capacità «di controllare i flussi di investimenti con cui raggiungere i propri obiettivi». La studiosa torinese Enrica Perucchietti, autrice di saggi come “L’altra faccia di Obama”, “Utero in affitto” e “False flag, sotto falsa bandiera”, oggi segnala un dossier del Club di Roma: “2052. Scenari globali per i prossimi quarant’anni”. Quaranta ricercatori coordinati da Jorgen Randers provano a delineare il futuro globale: la Cina sarà il leader mondiale entro trent’anni. Diverrà «la forza trainante del pianeta», superando in tal mondo i due blocchi storici che competono per la supremazia globale, Usa e Russia.
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L’Asia, l’argento e la Miramax cannibalizzata da Al Jazeera
Povera Asia Argento, tormentata dall’orco. E povero anche l’orco, di certo non l’unico a Hollywood, “sacrificato” insieme alla sua Miramax: prima costretto a cantare nel coro, e ora anche bruciato in piazza. «Forse sarebbe pure il caso di non dire nulla, di non immergersi in questa triste storia», premette il blog “Maestro di Dietrologia”: «Sicuramente non sapremo mai cosa accadde con precisione in quel periodo e le esatte dinamiche scaturite da quella frequentazione pericolosa», chiarito che in ogni caso «presunte violenze, ricatti sessuali e abusi di potere non sono accettabili a prescindere, in quanto crimini, soprattutto se commessi da chi detiene in quel momento il potere del cerchio magico». Asia Argento? «Ha sbagliato a denunciarlo solo oggi», anche se due anni dopo il fattaccio aveva girato “Scarlet Diva”, «film che raccontava esplicitamente quella storia». Questo però «non giustifica assolutamente la violenza, l’abuso, il ricatto sessuale», nemmeno se la vittima (o la “presunta complice”) non si fosse ribellata subito per paura, sudditanza, esigenze di carriera. Ma poi, «siamo sicuri che sia così facile esporsi a 20 anni contro un “filantropo” del genere, colluso con la politica e i poteri forti?».Per contro, tanta ipocrisia impedisce ai censori di Asia Argento di vedere che a “crocifiggere” lo stesso orco, con una «palese campagna diffamatoria», è stato il “New York Times”, «utilizzato da apparati e sovrastrutture». Beninteso, aggiunge “Maestro di Dietrologia”: il caso Asia Argento e la “guerra” a Weinstein restano due questioni separate. Sono state «volutamente mischiate per offuscare altri fatti e strumentalizzare violenze e abusi per abbattere un potente e sostituirlo». In altre parole, il blog ritene il produttore colpevole, nei confronti della Argento, ma anche un capro espiatorio. Tradotto: «Sicuramente un vecchio porco, che ha fatto ogni nefandezza: non certo una bella persona – ma anche vittima, oltreché carnefice». Cioè: «Carnefice con le sue attrici, ma vittima dello stesso sistema che in parte ha dominato, in una guerra fratricida con il fratello Bob per la cessione delle quote di maggioranza della Miramax, dopo essere stato comprato dalla Disney negli anni ‘90». Tutto il polverone anti-Weinstein, con decine di attrici mobilitate? Probabilmente è anche «una campagna propagandistica moralizzatrice, in parte gestita dalla destra repubblicana, ma anche trasversale agli schieramenti politici».Quella a cui assistiamo è «una caccia alle streghe montata ad hoc, che attraverso l’effetto-domino vuole sbarazzarsi di un concorrente diventato scomodo». La verità? «Il sistema deve aggiornarsi: il programma Weinstein-Miramax va disinstallato a favore del “nuovo che avanza”». Oggi la Miramax è la punta di diamante dell’“Al Jazeera Media Network”, attraverso il satellite BeIn Media Group, del Qatar, «vicino ad ambienti massonico-conservatori in joint-venture con apparati di sistema occidentali», scrive “Maestro di Dietrologia”, ricordando che invece, agli esordi (fine anni ‘70) la Miramax «rappresentava simbolicamente la speranza di aziende indipendenti su un mercato a senso unico e iper-globalizzato». Poi questi produttori si sono trasformati, diventando ex-alternativi «cooptati, fin dai primi successi, dal sistema». E’ stata la morte del mercato “indie”, meno stereotipato rispetto a quello mainstream: in seguito degradatosi in «clone e caricatura del cinema che aveva osato cambiare», dopo aver dato inizialmente «un respiro meno commerciale e banale alle sue produzioni». Sicché, in fondo, «quello che è successo ad Asia e ad altre attrici, è successo in qualche modo anche a lui».Ovvero: lo stesso Weinstein «si è “dovuto” prostituire alle major, alle multinazionali più grandi che lo hanno inglobato e poi spolpato». Sono colossi che oggi, in base alla feroce legge del contrappasso, lo scaricano: «Perché personaggio non più utile al sistema, perché la proprietà di certi mondi deve passare in altre mani, perché la guerra ai vertici non ha mai fine». Aggiunge “Maestro di Dietrologia”: «E’ pure surreale pensare che solo lui, Weinstein, abbia passato gli ultimi 30 anni a stuprare attrici, mentre tutti gli altri erano mosche bianche: lui l’unico orco tra silenti orchi, tutti zitti per ovvio vantaggio personale, in un mondo veramente di merda, dove il migliore ha la rogna». Asia Argento? Ha frequentato anche lei «un mondo con la rogna, non avendone necessità impellente», dato che il padre, Dario Argento, è famoso e rispettato negli Usa. Ma, appunto, alzi la mano chi non sapeva. Esempio: «Tarantino, che deve la sua popolarità a Weinstein, cosa dice in proposito?».Povera Asia Argento, tormentata dall’orco. E povero anche l’orco, di certo non l’unico a Hollywood, “sacrificato” insieme alla sua Miramax: prima costretto a cantare nel coro, e ora anche bruciato in piazza. «Forse sarebbe pure il caso di non dire nulla, di non immergersi in questa triste storia», premette il blog “Maestro di Dietrologia”: «Sicuramente non sapremo mai cosa accadde con precisione in quel periodo e le esatte dinamiche scaturite da quella frequentazione pericolosa», chiarito che in ogni caso «presunte violenze, ricatti sessuali e abusi di potere non sono accettabili a prescindere, in quanto crimini, soprattutto se commessi da chi detiene in quel momento il potere del cerchio magico». Asia Argento? «Ha sbagliato a denunciarlo solo oggi», anche se due anni dopo il fattaccio aveva girato “Scarlet Diva”, «film che raccontava esplicitamente quella storia». Questo però «non giustifica assolutamente la violenza, l’abuso, il ricatto sessuale», nemmeno se la vittima (o la “presunta complice”) non si fosse ribellata subito per paura, sudditanza, esigenze di carriera. Ma poi, «siamo sicuri che sia così facile esporsi a 20 anni contro un “filantropo” del genere, colluso con la politica e i poteri forti?».
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Veneto e Lombardia: liberi da Roma ma schiavi di Bruxelles
Super-autonomia di Veneto e Lombardia? Già, ma autonomia da cosa? Si sono dimenticati, Zaia e Maroni, di essere “sudditi” dell’Unione Europea? Non vendano facili illusioni, i governatori leghisti del Nord-Est, che oggi cantano vittoria per l’esito dei referendum consultivi indetti per chiedere lo statuto autonomo per le due Regioni: l’Italia non è più un paese sovrano, a prescindere dai margini regionali di autogoverno relativo. «Vogliamo tenerci il 90% delle tasse», annuncia Luca Zaia, forte del quasi-plebiscito appena incassato da quasi sei veneti di dieci. Minore l’affluenza in Lombardia, appena sopra il 38%, ma Maroni considera comunque un successo l’aver portato alle urne tre milioni di lombardi, lasciando capire che il governo Gentiloni sarebbe pronto a concessioni inedite. «Ma siamo sicuri che sia una cosa seria?». Se lo domanda Gioele Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt, convinto di assistere a una sorta di recita che rischia di assomigliare a una farsa, proprio mentre «accadono cose surreali in Catalogna», dove il confronto tra Barcellona e Madrid appare «ben più gravido di conseguenze immediate», in una situazione nella quale «non si capisce chi abbia sbagliato di più, e chi soffi sul fuoco di chi».La sfida spagnola, dichiara Magaldi a “Colors Radio”, «è una vicenda talmente grossa che va riletta alla luce degli smottamenti più che sospetti che in tutta Europa si stanno verificando, in questo momento davvero cruciale». Di fronte a ciò, l’autonomismo del Lombardo-Veneto appare «stucchevole, strumentalizzabile». E poi: «Qual è la sua dimensione reale? Quali saranno le effettive conseguenze del voto?». Di una cosa, Magaldi è sicuro: «Stiamo perdendo il senso del reale, perché non è certo di più autonomie e statuti speciali che l’Italia ha bisogno». Un tempo, ammette Magaldi, «lo Stato centrale aveva competenze esorbitanti». Ma ora la situazione è completamente cambiata: «Lo Stato ha perso sovranità esattamente come l’ha persa il popolo, non solo in Italia ma in tutta l’Unione Europea: non si capisce più dove sia, oggi, la sovranità». E quindi, sostiene, anziché rifugiarsi nella dimensione regionalistica (e vale anche per Barcellona, probabilmente) sarebbe il caso di affrontare di petto l’intero problema della sciagurata governance europea: quindi non conta tanto «chi ha le prerogative per gestire», quanto «se lo fa nell’interesse della sovranità del popolo» oppure, come avviene ora, «per interessi che con il popolo hanno poco a che vedere».E chi dovrebbe aprirla, la vertenza vera – quella con Bruxelles? La politica, ovviamente: e qui arrivano le dolenti note. Rosatellum alla mano, l’immediato futuro non prospetta nient’altro che personaggi come Minniti o Gentiloni, ovvero «un qualche pesce lesso che vada bene sia per il centrodestra e che per il centrosinistra, verso l’ennesimo governo di bassissimo profilo». Renzi? Non l’ha ancora capito, ma si è auto-affondato: «E’ stato un grande bluff, ha capovolto l’iniziale simpatia in antipatia, che oggi diventa risentimento». Ha venduto una sorta di rivoluzione, ma poi ha partorito solo il Jobs Act, «che ha mostrato la faccia dura della precarizzazione del lavoro», e infine ha abortito una pessima riforma costituzionale. «Nel frattempo l’Italia continua a essere in discesa libera, con una burocrazia sempre asfissiante, una tassazione inverosimile e invereconda. E una disoccupazione crescente». Bilancio nero: «Non vedere questo è la follia di Renzi, e questa follia lo perderà, la discesa sarà rovinosa: non ha più alcuna chance di tornare a Palazzo Chigi».Intorno, comunque, il nulla, tra Salvini che serra i ranghi tornando sotto l’ala dell’inclassificabile Berlusconi, e i 5 Stelle che «non ci hanno ancora spiegato come vorrebbero davvero governare l’Italia». I “cespugli” attorno al Pd? Peggio che andar di notte: «Renzi, quantomeno, non ha sulle spalle le responsabilità di D’Alema, che ha governato male, né quelle di Bersani, incapace di farsi regista di un’alleanza coi 5 Stelle e, prima ancora, colpevole di aver supportato il governo Monti». Magaldi è tra i promotori di un nuovo progetto politico ancora in divenire (il Pdp, Partito Democratico Progressista) ma prende atto del fatto che, in Italia, sembra mancare il lessico fondamentale per voltare davvero pagina. Esempio: fa notizia che rinunci a candidarsi un uomo come Piercamillo Davigo, magistrato della Cassazione e già segretario dell’Anm, bandiera della lotta anti-corruzione dai tempi del pool milanese di Mani Pulite. «Non credo che la corruzione – che i magistrati come lui fanno bene a perseguire – sia il peggiore dei problemi italiani», precisa Magaldi, che aggiunge: «Sulla grande retorica della corruzione è stata distrutta una classe politica che era molto migliore di quella che l’ha sostituita».Nei giorni scorsi, la polemica su Tangentopoli ha vissuto l’ennesima fiammata nello scontro tra il filosofo Diego Fusaro e Antonio Di Pietro: il primo accusa il secondo di esser stato lo strumento di un “golpe bianco” per abbattere la Prima Repubblica, mentre per il leader dell’Italia dei Valori «il problema erano i politici ladri, non i magistrati». Politici che, secondo un altro esponente del Movimento Roosevelt, Gianfranco Carpeoro, andavano comunque tolti di mezzo, ma non certo per ragioni morali: «A decapitare la Prima Repubblica non fu un colpo di Stato, ma un complotto internazionale». Il movente? Si voleva un’Italia completamente indifesa rispetto al progetto oligarchico dell’euro e dell’Unione Europea. Magaldi concorda: «Rispetto a questa traballante e pessima Seconda Repubblica, sarà sempre meglio una classe politica diversa, magari con sacche di corruzione, ma con un progetto chiaro». L’Italia era una potenza industriale tra le prime al mondo, con indicatori tutti in crescita. Poi, negli ultimi 25 anni, il declino. Atto d’inizio: la «macelleria politica fatta da Tangentopoli, con un risultato fallimentare: oggi abbiamo un’altra Repubblica, ugualmente corrotta, ma – a differenza della prima – senza più un progetto sovrano per il paese». E ora, data per persa l’Italia, c’è chi pensa davvero di rifugiarsi tra Brescia e Verona?Super-autonomia di Veneto e Lombardia? Già, ma autonomia da cosa? Si sono dimenticati, Zaia e Maroni, di essere “sudditi” dell’Unione Europea? Non vendano facili illusioni, i governatori leghisti del Nord-Est, che oggi cantano vittoria per l’esito dei referendum consultivi indetti per chiedere lo statuto autonomo per le due Regioni: l’Italia non è più un paese sovrano, a prescindere dai margini regionali di autogoverno relativo. «Vogliamo tenerci il 90% delle tasse», annuncia Luca Zaia, forte del quasi-plebiscito appena incassato da quasi sei veneti di dieci. Minore l’affluenza in Lombardia, appena sopra il 38%, ma Maroni considera comunque un successo l’aver portato alle urne tre milioni di lombardi, lasciando capire che il governo Gentiloni sarebbe pronto a concessioni inedite. «Ma siamo sicuri che sia una cosa seria?». Se lo domanda Gioele Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt, convinto di assistere a una sorta di recita che rischia di assomigliare a una farsa, proprio mentre «accadono cose surreali in Catalogna», dove il confronto tra Barcellona e Madrid appare «ben più gravido di conseguenze immediate», in una situazione nella quale «non si capisce chi abbia sbagliato di più, e chi soffi sul fuoco di chi».
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La legge anti-vegana e il cibo-spazzatura di troppi minori
Vegetariani clandestini: chi preferisce il cibo sano a quello cancerogeno dovrà cominciare a nascondersi? Nel mirino i gentori, quelli più informati, che infatti nutrono i propri figli con molta frutta e verdura, cereali e legumi, evitando zuccheri, farine raffinate e bibite gassate, oltre naturalmente alla carne, indicata anche dall’Oms come fonte di rischio-tumore. Paolo Franceschetti punta il dito contro una recentissima proposta di legge in materia di regime alimentare, subito bollata come “legge anti-vegana” perché rende penalmente perseguibile quel genitore che “impone o adotta nei confronti di un minore degli anni 16”, sottoposto alla sua responsabilità, “una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita sana ed equilibrata del minore stesso”. A parte il fatto che in teoria «è vegana anche una dieta composta di sola Coca Cola e patatine fritte» e che in genere «il “bambino che mangia di tutto” ingurgita anche Coca Cola, panini da McDonald’s, latte e biscotti a colazione, pizze magari surgelate», bisogna sapere che «nessun genitore conosce la tabella degli alimenti», selezionando la baby-dieta. «Al contrario: i bambini mangiano di tutto, sì, ma anche una quantità di schifezze industriali senza precedenti nella storia dell’umanità», col pieno consenso «del 99% dei genitori al mondo».Per Franceschetti, a lungo avvocato, la legge in realtà è «figlia di quella diffusa sottocultura giuridica – o mania, se preferiamo – di voler legiferare anche nelle materie più impensate, per pretendere di regolare anche ciò che non è possibile regolare (come alcune leggi americane che regolano quale tipo di rapporto sessuale è ammesso tra coniugi)». L’allora ministro della salute Girolamo Sirchia, ad esempio, voleva proporre di “dimezzare le porzioni dei ristoranti” e “imporre lattine di bibite solo da 250 ml” per combattere l’obesità.Tutto inutile, naturalmente. Ora, il testo della nuova disposizione «non colpisce i “vegani”; colpisce in realtà chiunque adotta una dieta carente di alcuni elementi essenziali rendendo potenzialmente criminali il 90% dei genitori italiani». In sostanza, continua Franceschetti, «la legge va a punire anche i genitori onnivori; anzi, soprattutto quelli», non certo i genitori vegani, molto ben informati sugli equilibri nutrizionali. La dieta di un bambino onnivoro medio, invece, «è fatta da colazione con latte e biscotti, primo secondo e contorno, a pranzo e cena, e spesso pure dolci e merendine a metà giornata».In altre parole, «la dieta di un bambino vegano sarà pure carente di ferro, zinco e vitamina B12 come dicono alcuni nutrizionisti male informati, ma la dieta di un bambino onnivoro medio è carente di quasi tutto e in compenso abbondante di zuccheri raffinati e grassi, molti dei quali addirittura idrogenati», sintetizza Franceschetti. «La legge, quindi, lungi dal colpire i genitori vegani, potenzialmente può innescare lotte e denunce per i genitori che portano i propri figli troppo spesso al McDonald’s, o per quelli che per merenda gli danno sempre e comunque (non frutta, o alimenti sani ma) merendine, biscotti, gelati, panini industriali». E quando verrà riscontrata una carenza, «chi potrà mai stabilire che tale carenza sia dovuta all’alimentazione, e non invece ad una predisposizione del bambino a mal assimilare certe sostanze?». Da parte dei genitori vegani, aggiunge Franceschetti, basterà dire: “Mio figlio fa una dieta varia e sana, mangia molta frutta, molta verdura, legumi, cereali, cercando di tenere basso il numero di zuccheri raffinati e di grassi idrogenati”. «In questo modo si chiuderà la polemica, nessuno avrà nulla da ridire, e si eviterà di impattare contro un sistema ancora troppo ignorante per poter capire l’importanza della dieta ai fini della crescita».Tutt’al più, qualche onnivoro agguerrito e smaliziato, sentendo questo elenco, farà la fatidica domanda: “E la carne? La carne è importante per il ferro”. Al che, il genitore vegano potrà rispondere: “Certo che la mangia, cerco di limitarla e di dargli solo carne di allevamenti scelti, non quella comprata al supermercato piena di estrogeni e nutrita con alimenti innaturali, per questo evito che mangi carne alla mensa scolastica”. «E l’onnivoro demente sarà ridotto al silenzio». Il problema sono i termini, ribadisce il giurista. «Vegano è termine che si presta a distorsioni e strumentalizzazione, anche grazie a molti attivisti vegani il cui fondamentalismo e la cui ottusità ha contribuito a danneggiare il veganismo vero e consapevole più di qualsiasi altra cosa; meglio utilizzare il termine “dieta sana e naturale” termine contro cui nessuno potrà obiettare nulla, specie gli onnivori che, nel 90% dei casi non hanno una dieta né sana né naturale».Vegetariani clandestini: chi preferisce il cibo sano a quello cancerogeno dovrà cominciare a nascondersi? Nel mirino i gentori, quelli più informati, che infatti nutrono i propri figli con molta frutta e verdura, cereali e legumi, evitando zuccheri, farine raffinate e bibite gassate, oltre naturalmente alla carne, indicata anche dall’Oms come fonte di rischio-tumore. Paolo Franceschetti punta il dito contro una recentissima proposta di legge in materia di regime alimentare, subito bollata come “legge anti-vegana” perché rende penalmente perseguibile quel genitore che “impone o adotta nei confronti di un minore degli anni 16”, sottoposto alla sua responsabilità, “una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita sana ed equilibrata del minore stesso”. A parte il fatto che in teoria «è vegana anche una dieta composta di sola Coca Cola e patatine fritte» e che in genere «il “bambino che mangia di tutto” ingurgita anche Coca Cola, panini da McDonald’s, latte e biscotti a colazione, pizze magari surgelate», bisogna sapere che «nessun genitore conosce la tabella degli alimenti», selezionando la baby-dieta. «Al contrario: i bambini mangiano di tutto, sì, ma anche una quantità di schifezze industriali senza precedenti nella storia dell’umanità», col pieno consenso «del 99% dei genitori al mondo».