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Niente inno di Mameli, Napolitano atterrito dalle proteste
Resterà la visita delle proteste, dei cori ingiuriosi, delle contestazioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non dimenticherà molto facilmente l’accoglienza che una parte della Sardegna gli ha riservato nella sua due giorni nell’isola. I giornali nazionali se ne sono accorti, ed è una notizia. Perché il tabù è stato violato. La figura del Capo dello Stato finora era sempre rimasta immune da contestazioni, oppure erano state ben celate dalla potentissima macchina del Quirinale. Stavolta no, stavolta non è stato possibile. E che Napolitano temesse le contestazioni lo si capisce facilmente analizzando, a mente fredda, tre episodi avvenuti nel corso della sua giornata cagliaritana. Uno più inverosimile dell’altro.
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Torino-Lione, sorpresa: la Savoia non ci crede più
La Torino-Lione non è più un tabù: il progetto ha smesso di essere “intoccabile”, perlomeno in Francia, dove ambientalisti e partiti ormai contestano apertamente la super-linea ferroviaria contro cui si batte strenuamente la valle di Susa, ritenendola un salasso finanziario devastante per l’ambiente e soprattutto inutile, come confermato dai 400 docenti universitari che hanno sottoscritto l’appello rivolto a Mario Monti, promosso da Luca Mercalli e Sergio Ulgiati. Ora il “fronte critico” si allarga alla Savoia, dove ormai si oppongono al progetto sia le maggiori associazioni ecologiste, sia l’Ump, il partito di Sarkozy. Sigle come Fapna e Fne, cartelli ecologisti fino a ieri favorevoli al progetto, hanno cambiato idea: colpa delle «rilevanti carenze» del dossier, su temi come sostenibilità ambientale e redditività di una infrastruttura faraonica, destinata all’improbabile trasporto merci Italia-Francia, ormai in declino.
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No-Tav, diritti in gioco: si scrive val Susa, si legge Italia
E’ necessaria l’alta velocità? Risposta: no. Motivo: la Tav «danneggia l’ambiente, ci sono altre soluzioni alternative». E’ un coro, quello del sondaggio realizzato dal magazine online “Torino Oggi”, instant-poll al quale hanno rapidamente aderito quasi duemila lettori. Il 75% non ha dubbi: la Torino-Lione è un’avventura finanziaria senza senso e un disastro ambientale annunciato, oltre che una tortura per la valle di Susa, che sabato 25 febbraio “risponde” con una manifestazione popolare che si annuncia imponente, con pullman da tutta Italia e adesioni autorevoli, dall’Arci ad Emergency. Antipasto della marcia Bussoleno-Susa, il corteo di Milano che il 18 febbraio ha raccolto oltre tremila persone, invocando “libertà per i No-Tav” arrestati a fine gennaio per resistenza e presunte “lesioni” inferte ai poliziotti. Manette scattate oltre 7 mesi dopo gli scontri del 3 luglio 2011 a Chiomonte.
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Se perdi il lavoro sono guai: flexecurity, una favola danese
Per la riforma del lavoro, il premier Mario Monti è stato molto chiaro: «Ci muoveremo con moderazione verso modelli che esistono con successo in Nord Europa a partire dalla Danimarca, che è la più celebrata in termini di “flexsecurity” (mix tra flessibilità e sicurezza), anche se non diventeremo necessariamente danesi». Quindi, tutti a Copenhagen a studiare questo modello di successo. Peccato che, negli ultimi anni, sia notevolmente peggiorato e non garantisca più i migliori lavoratori: se perdi il lavoro, hai meno tempo per trovarne un altro – e ormai ti tocca accettare un impiego qualsiasi. A dirlo è un italiano che in Danimarca c’è da più di 40 anni, Bruno Amoroso, economista e professore emerito della storica università di Roskilde, a 35 chilometri dalla capitale danese.
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Pallante: se fossi laureato in economia e non in lettere
Dopo avere letto il post “La decrescita totalitaria”, di Stefano Feltri, ho immaginato di essere un “economista”, ed ho fatto un paio di considerazioni. Ad esempio, se fossi laureato in economia e non in lettere, mi domanderei: chi ha governato l’economia e la finanza nei decenni passati, chi la sta governando, chi ha la responsabilità della crisi che sta sconvolgendo i paesi industrializzati, chi è incapace di trovare le misure di politica economica adeguate per uscirne: i laureati in economia o i laureati in lettere?
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Europei, sveglia: referendum, per fermare il massacro
La Grecia brucia, ma è solo il primo incendio: quello che sta accadendo in Grecia è soltanto il prologo di quello che sta per avvenire nel resto d’Europa. Anzi, mi auguro che avvenga nel resto d’Europa, perché stanno direttamente attaccando il patto sociale su cui 400 milioni di persone hanno vissuto negli ultimi 70 anni. Stanno letteralmente demolendo l’intera struttura economico-sociale alla quale tutti noi siamo non solo abituati, ma a cui abbiamo anche diritto perché le nostre Costituzioni ce lo garantiscono. Quindi, alla Grecia è toccato per prima, ma credo che la Grecia stia dando un segnale di grande resistenza: il popolo greco non accetta le decisioni dei propri rappresentanti. Situazione molto simile a quella italiana, dove i rappresentanti del popolo non rappresentano più il popolo.
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Theodorakis: la Grecia ha aperto la porta al suo assassino
Esiste un complotto internazionale che ha l’obiettivo di cancellare il mio paese. E’ iniziato nel 1975 opponendosi alla civiltà neo-greca, è continuato con la distorsione sistematica della nostra storia contemporanea e della nostra identità culturale e adesso sta cercando di cancellarci anche materialmente con la mancanza di lavoro, la fame e la miseria. Se il popolo greco non prende la situazione in mano per ostacolarlo, il pericolo della sparizione della Grecia è reale. Io lo colloco entro i prossimi 10 anni. Di noi, resterà solo la memoria della nostra civiltà e delle nostre battaglie per la libertà.
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Bastardi, avidi e bugiardi: ecco a voi i signori del petrolio
Cosa succede se un’industria ha troppo potere? Semplice: si bypassano le regole e si controlla l’informazione per soffocare il dissenso. Nel frattempo il clima cambia e la gente muore. Influenze politiche, ricatti, corruzione: è ciò che “Bastardi avidi e bugiardi”, la video-inchiesta del regista americano Craig Rosebraugh si propone di scardinare. Dagli Usa a Tuvalu, dal Perù all’Uganda, fino ad arrivare in Europa, è decisamente inquietante il ritratto tracciato dal documentario, prodotto dall’attrice Daryl Hannah (“Kill Bill”), già arrestata in passato per il suo attivismo ambientalista. “Greedy Lying Bastards”, scrive Andrea Bertaglio sul “Fatto Quotidiano”, può essere visto come la risposta al film pro-petrolio “SpOILed”, presentato negli Usa lo scorso anno e finanziato da personaggi legati al business dei combustibili fossili.
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Meno e meglio: la madre della crisi è proprio la crescita
Sommando il debito pubblico ai debiti delle famiglie e delle imprese, in tutti i paesi industrializzati l’indebitamento complessivo supera il 200 per cento del prodotto interno lordo. Perché? A partire da questa domanda cruciale, che tuttavia nessuno ha mai posto, si sviluppano i contributi all’analisi della crisi in corso e le proposte per ridurne le conseguenze devastanti, riuniti nel volume collettivo “Crisi economica, debiti pubblici e decrescita felice”, pubblicato dalle Edizioni per la decrescita felice, a giorni in libreria. L’indebitamento complessivo dei paesi industrializzati, rispondono gli autori del volume, è necessario per assorbire la produzione crescente di merci che altrimenti rimarrebbero invendute.
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Pietà per l’orso: una nuova religione che salvi noi cannibali
Quando Berlusconi è caduto, sotto il Quirinale suonava l’orchestra della Resistenza Musicale Permanente, uno dei tanti movimenti antiberlusconiani, il cui coro ha cantato l’Alleluia di Händel. Poi Monti è stato accolto col consenso quasi generale della popolazione, senza che si conoscesse il suo programma: lui, del resto, era il salvatore. «L’accoglienza che gli è stata fatta – scrive il poeta Carlo Bordini – mi ha fatto pensare all’accoglienza che fece Roma a Hitler nel 1938», riservando «un entusiasmo delirante» al messia del nazismo. Ammettiamolo: il mondo è a pezzi. La soluzione? Semplice: abolire la proprietà privata. Mission impossibile, naturalmente, per colpa del socialismo storico: l’orrore scatenato dal totalitarismo sovietico ha frenato ogni possibile evoluzione libertaria, lasciando campo libero alla ferocia schiavistica del capitalismo.
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Tutti davanti a Sanremo? Volta la carta, e viene la guerra
Confesso: non ho visto e non sto vedendo Sanremo. Lo so che è una grave colpa, perché milioni di italiani – uno share pazzesco – stanno vedendo Sanremo. Addirittura sono state cancellate trasmissioni cruciali come “Ballarò”, come “Servizio pubblico”. Tutta l’Italia è ferma per guardare Sanremo, e io non lo vedo. Grave limite, anche se scopro che su “Repubblica”, sull’onda di Bocca, Curzio Maltese definisce Celentano un gran cretino, un cretino di talento. Non credo che sia proprio così, esattamente. Come cantante, Celentano mi è sempre piaciuto molto. E penso che faccia molto bene a parlare di guerra – unico, nella televisione italiana. Poi, come ne parla è importante fino a un certo punto: l’essenziale è che se ne parli, visto che è l’unico che lo fa sul serio, in questo panorama desolante.
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Eternit: le vedove di Casale, i nostri cavalieri del lavoro
E’ passato un giorno dalla sentenza di Torino che ha segnato la vittoria di tutti noi contro i crimini sulla salute commessi in nome del profitto a tutti i costi ed è importante continuare a parlarne. I 16 anni di carcere (non pochi, davvero) comminati ai due proprietari (stranieri e, almeno uno, per l’età, fuori del rischio galera) della Eternit sono il punto di partenza di una serie di riflessioni che ci devono accompagnare nei mesi a venire. La prima è d’obbligo rivolta a Raffaele Guariniello. Chi è abbastanza agé da ricordarlo “bucare” le difese inviolate della Fiat anni ’70, in piene ferie, alla ricerca (purtroppo fruttuosa) delle schedature sui dipendenti, e lo ha seguito nel percorso da lui costruito per una giustizia dei consumatori (cibi o vino avariati), dei tifosi onesti (doping) e dei lavoratori lasciati senza sicurezza (Thyssen), non può che complimentarsi per la sua determinazione e per il suo rigore.