Archivio del Tag ‘Debora Billi’
-
Debito e banche pubbliche: la Germania ci rovina barando
La Germania sta barando: ci impone lo spietato regime di austerity e il taglio della spesa pubblica, mentre – sottobanco – usa nientemeno che il proprio debito pubblico (quello che ci impedisce di utilizzare) per lucrare sulla nostra crisi, aggravandola e pilotandola attraverso il mercato finanziario dei titoli di Stato. Lo afferma Pietro Cambi attraverso “Crisis”, il blog di Debora Billi. La “virtuosa” Germania, sostiene Cambi, ricorre proprio alla vituperata finanza pubblica per ricattare l’Italia e gli altri “Piigs”, grazie ad un semplice artificio bancario: se lo adottasse anche l’Italia, potrebbe abbattere di colpo gli interessi sul debito e tagliare lo spread dell’80%. Basterebbe tornare alla sovranità monetaria, sottraendosi alla tagliola dell’euro? Berlino, sostiene Cambi, lo sta già facendo: alla faccia delle pretese privatizzazioni, che a noi vengono imposte, è tuttora largamente pubblico il capitale delle maggiori banche tedesche.
-
Menem e Monti, l’uomo che si ispirava ai criminali falliti
Da tempo ho in animo di proporre, alla stampa, una moratoria sui professori di economia delle università private. Non capisco infatti come mai nelle interviste e nelle ospitate in Tv esistano solo docenti della Cattolica, della Bocconi e della Luiss. Non ci sono in Italia università pubbliche? Come mai a dettare l’agenda economica del paese vengono convocati solo docenti del privato, mentre ai professori degli atenei pubblici si è da anni messo il bavaglio? Forse perché, tra loro, in pochi abbracciano il credo suicida liberista che invece è altrove abbondantemente finanziato? Chissà. In Rete, oggi, sta girando un’interessante intervista de “La Stampa” al professor Mario Monti, risalente al 1994. Intervista in cui la lungimiranza del Nostro si mostrava ancora in tutto il suo splendore: nel rivolgersi al neoeletto Berlusconi, gli suggeriva di tradire le promesse elettorali ispirandosi alle politiche economiche liberiste di un leader esemplare, Carlos Menem, presidente dell’Argentina allora già da 5 anni.
-
Incredibile, Bruxelles arruola euro-Troll per disinformarci
Beh, che dire, preparatevi: tra qualche mese, ogni volta che qualcuno su Internet, Facebook o Twitter si azzarderà a menzionare certe parole chiave, vedrà l‘assalto dei troll pronti ad azzannarlo. Scrivere “uscire dall’euro”, “Mes”, “Fiscal Compact”, “ritorno alla lira” o altre parole ad alto rischio di critica attirerà subito gli esperti del caso, quelli bravissimi a sfottere, deridere, insinuare, insomma a buttare tutto in caciara. Troll professionisti. L’ha scoperto il “Telegraph”, che racconta come l’Unione Europea si stia preparando alle elezioni del prossimo anno cercando di preservare se stessa e le proprie istituzioni investendo qualche milione di euro allo scopo. Così l’articolo: «Particolare attenzione sarà prestata ai Paesi che hanno sperimentato un aumento dell’euroscetticismo», dice un documento confidenziale dello scorso anno.
-
Depotenziare Grillo: ce l’hanno fatta, in meno di due mesi
Se si prova a guardare l’incredibile evoluzione politica del nostro paese nell’ultimo mese e mezzo, come se si stesse affacciati ad una finestra a grande distanza, si coglie un andamento che lascia presumere un disegno. Troppo complottista? Semplicemente, è implausibile che una simile rapidissima concatenazione di eventi possa essere casuale vista la posta in gioco. Vediamo. A metà novembre, il panorama politico che si andava delineando era il seguente: presenti sulla scena due sole forze, il Pd e il “Movimento 5 Stelle”. Il Pdl era infatti crollato a percentuali ad una cifra con l’annuncio del ritiro di Berlusconi (24 ottobre) e le liti interne, l’Idv dissolta in pochi giorni dopo la puntata di “Report” (28 ottobre), la Lega travolta dagli scandali. Il “M5S” invece, sull’onda dell’inaspettato successo in Sicilia, a metà novembre superava il 20% dei consensi diventando il secondo partito della nazione e l’unica opposizione a Pd-Monti nel paese.
-
Buco Mps, e lo spread dorme? Si sveglierà dopo il voto
Noi cittadini “qualsiasi”, per nulla esperti di esoteriche questioni finanziarie, avevamo capito così: se l’Italia va male, se la Borsa scende, se ci ritroviamo inguaiati col debito pubblico, se le nostre banche sono “sull’orlo del baratro”, allora lo spread sale. Avevamo capito che lo spread era il campanellino, pronto a suonare per avvisarci che bisognava mettere mano al portafoglio e tamponare qualche buco. Sale lo spread? “Riforme strutturali”, tagli, tasse, governi nazi, ecc. Adesso, però, il Monte dei Paschi rivela un buco miliardario («Ma quali 14 miliardi?», tuonava Profumo a Grillo; infatti sono 17), bisogna accorrere a salvamento coi soliti prestiti oppure nazionalizzare – che è poi la stessa cosa ma senza dirlo, perché per la dottrina religiosa vigente è peccato mortale –, si trema per i 23 miliardi di debito pubblico che Mps comprò col famigerato prestito all’1% della Bce, eppure malgrado tutto ciò lo spread dormicchia a 250.
-
Debora Billi: fascisti siete voi, finta sinistra italiana
No, basta. Basta davvero. Non mi importa di quel che dice Grillo, ma sono davvero stufa di leggere le indignazioni social di chi piagnucola sull’attacco ai santini. Va bene, compagni, vi do una brutta notizia: non siamo più nel 1975. E’ finita. La sinistra italiana non esiste più, e quelli che voi chiamate “valori” sono parole vuote usate solo per prendervi per i fondelli. Orrore e scandalo? Scandalizzatevi pure. Vogliamo parlare di antifascismo, compagni? Eccomi: sono la prima a volerlo fare. Facciamo un piccolo test, pronti? Bene: guardate la Grecia. Guardatela bene. Leggete tutto quel che si dice della Grecia. Dei loro debiti, dei loro evasori, delle loro corruzioni, dei loro sprechi. E dopo, date un giudizio. Se pensate che se la sono cercata, che “hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità”, che “è giusto che i debiti si paghino”, allora siete fascisti. Anche se votate per la finta sinistra italiana, complice di questo delirio, e vi sentite tanto “di sinistra” siete irrimediabilmente fascisti.
-
Consumo di suolo: ne abbiamo solo per altri 60 anni
Sembra incredibile. L’umanità ha coltivato la terra per migliaia di anni, e non c’è nulla che ci appaia più “infinito” della risorsa suolo coltivabile. Invece non è così: sembra che ne abbiamo solo per altri 60 anni, continuando con la tendenza in atto. E non sono catastrofisti svitati o decrescitisti allarmisti a dirlo, ma nientedimeno che il World Economic Forum. Trovate tutto qui sul “Time”, ecco una traduzione: «Un calcolo a spanne dell’attuale tendenza di degrado dei suoli suggerisce che abbiamo circa 60 anni di terra coltivabile rimasta. Il 40% delle terre agricole del mondo sono classificate come degradate o molto degradate – quest’ultima definizione significa che il 70% dello strato superficiale, quello che consente alle piante di crescere, è ormai andato».
-
Addio lavoro: sta semplicemente finendo, in tutto il mondo
“Lavorerai con sudore, partorirai con dolore”. «Chissà se la maledizione biblica vedeva un collegamento tra le due cose», si domanda Debora Billi, dando un’occhiata agli ultimi dati – non certo entusiasmanti – che provengono direttamente dal ministero statunitense del lavoro: se il mese di novembre registra una boccata d’ossigeno, basta «guardare i dati da una distanza un po’ meno vicina che ieri mattina» per scoprire che i numeri sono quelli di «un crollo senza possibilità di scuse». Occupazione addio: «Che sia per l’aumento della popolazione, o per la crisi economico-finanziaria, la situazione del lavoro è tragica per tutto il pianeta». A partire, ovviamente, dall’Italia: «Le notizie recenti riportano come la disoccupazione stia crescendo a livelli record, e che il 2013 sarà se possibile anche peggio».
-
Pallante: facciamo decrescere gli sprechi, non il lavoro
Decrescita non significa diminuzione: se fosse diminuzione, non si uscirebbe dalla logica quantitativa della crescita. Il concetto di decrescita implica l’introduzione di criteri di valutazione qualitativi. Cioè: molte cose che consumiamo, le sprechiamo. Abbiamo delle case che, per essere riscaldate, per ogni metro quadrato consumano mediamente 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano all’anno, quando in Germania non danno la licenza di abitabilità a case che ne consumino più di 7, e le case migliori ne consumano 1,5. Il problema è che dobbiamo introdurre elementi di valutazione: non tutte le merci che fanno crescere il prodotto interno lordo sono beni, sono utili. E allora, se partiamo da questa premessa, sviluppiamo delle tecnologie in grado di ridurre gli sprechi.
-
Grecia, anzi Cina: nel ghetto d’Europa, pagati 2 euro l’ora
I greci dovranno cavarsela con 350 euro al mese: «Se non è “cinesizzazione” questa, non saprei come altro definirla», dice l’analista indipendente Debora Billi: con le nuove misure di austerity appena varate ad Atene si sta realizzando il progetto, targato Germania, che mira appunto a “cinesizzare” la Grecia, facendo dell’intero paese una di quelle “zone economiche speciali” di cui ha raccontato Naomi Klein. «Si tratta di aree dove i paesi industrializzati possono far produrre le proprie merci a costo quasi zero, grazie alla schiavizzazione di chi lavora». Un po’ come fa la Fiat in Serbia, dove un operaio le costa sei volte meno che in Italia. Nel caso-Grecia, viene retrocesso di colpo un intero sistema sociale: «Nel recente ultimo “pacchetto di austerity” riservato agli schiavi greci – scrive Debora Billi nel suo blog – si prevede un salario minimo di 589 euro lordi», cioè 350 euro netti per arrivare a fine mese. «A questo si unisce la il ritorno della malaria, la gente che non ha di che scaldarsi, gli ospedali senza medicine».
-
Chi teme i giovani insegna loro a servire, non a pensare
Più che a pensare, ci insegnano a obbedire. Eppure, «se una cultura perde la capacità di pensiero ed espressione, se realmente mette a tacere le voci dissidenti, se si rinchiude in quello che Sigmund Freud chiamava “ricordi di copertura”, un miscuglio rassicurante di fatti e finzione, allora quella cultura muore», sostiene Chris Hedges. Una cultura senza più pensiero finisce per capitolare, perché «si arrende il suo meccanismo interno di blocco delle auto-illusioni», e quindi questa non-cultura «dichiara guerra alla bellezza e alla verità, abolisce il sacro, trasforma l’educazione in un corso di formazione professionale. Ci rende ciechi: e questo è ciò che è avvenuto». Siamo sicuri, si domanda Debora Billi, che sia un investimento sano «continuare a prendere per il culo chi vuol fare il violinista, lo scrittore, lo storico, il regista?». Domanda che sorge obbligatoria, dopo l’ultima «disgustosa uscita» di Elsa Fornero, ovvero la nostra “Maria Antonietta”, «che invita i giovani a non essere choosy e a mangiarsi le brioches».
-
L’Angola, ex colonia, ora si compra il Portogallo in mutande
Ricordo – di nuovo – un vecchio racconto di fantascienza, uno dei tanti: si chiamava “L’inverno senza fine”, di John Christopher, lo stesso autore di “Morte dell’Erba”. Roba catastrofista. Nel racconto, una nuova glaciazione ricopriva l’emisfero boreale e gli europei, ridotti alla fame, emigravano in massa in Africa nelle ex-colonie, dove finivano a fare le domestiche e i camerieri. La fantascienza catastrofica prima o poi trova sempre il modo di avverarsi, ed ecco che un po’ la stessa cosa sta succedendo tra l’europeo Portogallo e l’arretratissima Angola. Secondo l’osservatorio per le migrazioni, sono già 100 mila i giovani portoghesi che hanno fatto le valigie, sono fuggiti dal loro Paese che affonda e si sono diretti a cercare lavoro in Africa nella ex-colonia.