Archivio del Tag ‘governo del cambiamento’
-
Barnard: dimettetevi, per salvare il cambiamento promesso
Non vi lasciano lavorare? E allora dimettetevi: solo così, dopo nuove elezioni, potrete finalmente varare il “governo del cambiamento”, quello vero, che risolleverà l’Italia, sottraendola alla morsa di Bruxelles. E’ scettico, Paolo Barnard, sulla faticosa guerra di trincea nella quale sembrano invischiati Lega e 5 Stelle, letteralmente imbrigliati da un establishment ben deciso a impedire qualsiasi rottura dei vincoli Ue, ben sapendo che proprio il rifiuto del rigore di bilancio è indispensabile per finanziare Flat Tax e reddito di cittadinanza. «Doveva essere il “governo del cambiamento”, e già dopo soli due mesi è diventato il “governo del meglio di niente”», scrive Barnard nel suo blog. «E’ esattamente dal governo Amato del 1992, passando per Prodi, D’Alema, Berlusconi, i ‘tecnici’ e Renzi – aggiunge – che ci fanno vivere i #governidelmegliodiniente, cioè i soliti esecutivi impiccati ad aule parlamentari da mercato-delle-vacche, e dove gli elettori vincenti si contentano della logica “Ok, ma è sempre meglio che avere gli altri”. E sono esecutivi che mai nulla di concreto hanno dato all’Italia, infatti qualcuno provi a citare una sola riforma in positivo degli ultimi 26 anni che sia ricordata nella cultura politica, nel welfare, nel lavoro e nei portafogli italiani come uno spartiacque. Zero, solo una e tragicamente in negativo: la perdita della moneta sovrana lira con l’adesione all’euro».
-
Mattarella, blitz contro Salvini sui migranti. Cade il governo?
Comuque vada a finire, l’ennesimo braccio di ferro tra Salvini e l’establishment non farà che aumentare il peso politico dell’attuale ministro dell’interno, ostacolato ancora una volta dal presidente della Repubblica, lo stesso Sergio Mattarella che aveva sbarrato le porte del ministero dell’economia a Paolo Savona, sostenuto proprio dal leader leghista. Ora il capo dello Stato ha imposto lo sbarco a Trapani dei migranti a lungo trattenuti a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera, alcuni dei quali – secondo l’accusa – colpevoli di aver minacciato l’equipaggio del rimorchiatore che li aveva tratti in salvo al largo della Libia, ma che stava per riportarli sul litorale nordafricano. Sull’argine al flusso incontrollato di migranti, Salvini ha scommesso tutto: è l’arma vincente che smschera l’ipocrisia tecnocratica dell’Ue, che obbliga l’Italia a sostenere da sola i costi dell’accoglienza nel Mediterraneo, imbrigliandola però nella stretta finanziaria del pareggio di bilancio. Una camicia di forza che impedisce al governo gialloverde di attuare le sue promesse elettorali: reddito di cittadinanza, Flat Tax, riforma della legge Fornero sulle pensioni. «Governeremo trent’anni», aveva appena annunciato Salvini a Pontida. Ma ora, dopo l’ultimo schiaffo di Mattarella, c’è chi scommette che l’esecutivo presieduto da Conte potrebbe cadere nel giro di pochi giorni.Le eventuali dimissioni del “governo del cambiamento”, che farebbero felici tutti i nemici dell’Italia – da Parigi a Berlino, da Bruxelles a Francoforte – sarebbero ovviamente una tragedia per l’opposizione post-renziana, ormai tenuta in vita solo dal tifo anti-Salvini orchestrato dai media mainstream e da eterne comparse come Laura Boldrini a Roberto Saviano. L’attacco concentrico contro la Lega, vero perno dell’ipotesi sovranista europea sorretta a distanza dalla presidenza Trump, ha assunto tratti spettacolari: ai puntuali sgambetti di Mattarella si somma l’iniziale attacco della finanza neoliberista franco-tedesca sotto forma di spread, seguito dalla clamorosa gita turistica di Macron, invitato a Roma da Papa Bergoglio come super-ospite, dopo che il presidente francese, uomo Rothschild ed esponente della supermassoneria reazionaria, si era esercitato a insultare l’Italia e gli italiani. Macron, che dà lezioni all’Italia sui diritti umani, ha ordinato il pestaggio dei migranti al confine di Ventimiglia e fatto intervenire la gendarmeria transalpina a Bardonecchia, violando gli accordi di frontiera tra i due paesi.Dulcis in fundo, il macigno che la magistratura ha caricato sulle spalle di Salvini, costretto a rispondere – in solido – di 49 milioni “fantasma”, teoricamente scomparsi dalle casse del partito durante la gestione Bossi e ora messi in conto alla Lega salviniana, con provvedimento esecutivo, senza neppure attendere il secondo grado di giudizio. Una sentenza, quella sui presunti fondi scomparsi, che equivale a privare la Lega della possibilità di fare politica, esercitando il mandato democratico ottenuto dagli elettori il 4 marzo. Variegate forze – dalla Bce alla Banca d’Italia, dall’Ubi (l’unione della banche italiane) fino a Confindustria – stanno combattendo all’arma bianca contro la possibilità che il governo gialloverde possa durare. Pericolosi, ovviamente, i distinguo di alcuni grillini di peso: il ministro della difesa Elisabetta Trenta contesta a Salvini le modalità del blocco dei porti, mentre il presidente della Camera, Roberto Fico, invoca il valore dell’accoglienza “senza se e senza ma”, bocciando di fatto la politica del governo sull’immigrazione.Nelle ultime settimane, intanto, emerge finalmente l’altra verità sul traffico di migranti promosso dalle Ong sostenute dalla rete Open Society di George Soros: non si tratterebbe di un “esodo della disperazione”, ma di un trasferimento di massa programmato. Decine di migliaia di africani (non i più poveri, solo quelli che possono permettersi di pagare i trafficanti) verrebbero incoraggiati a lasciare i loro paesi con il miraggio di un welfare assistenziale generoso, in Italia e nel resto d’Europa. Naturalmente il problema-Africa è devastante, nelle sue proporzioni: Salvini lo utilizza ruvidamente in chiave anti-Ue, mentre i “vedovi” della sinistra di potere lo cavalcano, disperatamente, solo in funzione anti-Salvini. Spuntando – con l’aiuto del Quirinale – l’arma principale dell’Italia contro i diktat di Bruxelles, la corda potrebbe spezzarsi: Salvini sa che la maggioranza degli italiani è con lui, nuove elezioni potrebbero trasformarsi in plebliscito. Resta però da capire come la vede il convitato di pietra del governo Conte: cioè Donald Trump, che sembra puntare proprio sul governo gialloverde per “smontare” l’euro-orrore capitanato dalla Germania merkelizzata.Comuque vada a finire, l’ennesimo braccio di ferro tra Salvini e l’establishment non farà che aumentare il peso politico dell’attuale ministro dell’interno, ostacolato ancora una volta dal presidente della Repubblica, lo stesso Sergio Mattarella che aveva sbarrato le porte del ministero dell’economia a Paolo Savona, sostenuto proprio dal leader leghista. Ora il capo dello Stato ha imposto lo sbarco a Trapani dei migranti a lungo trattenuti a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera, alcuni dei quali – secondo l’accusa – colpevoli di aver minacciato l’equipaggio del rimorchiatore che li aveva tratti in salvo al largo della Libia, ma che stava per riportarli sul litorale nordafricano. Sull’argine al flusso incontrollato di migranti, Salvini ha scommesso tutto: è l’arma vincente che smschera l’ipocrisia tecnocratica dell’Ue, che obbliga l’Italia a sostenere da sola i costi dell’accoglienza nel Mediterraneo, imbrigliandola però nella stretta finanziaria del pareggio di bilancio. Una camicia di forza che impedisce al governo gialloverde di attuare le sue promesse elettorali: reddito di cittadinanza, Flat Tax, riforma della legge Fornero sulle pensioni. «Governeremo trent’anni», aveva appena annunciato Salvini a Pontida. Ma ora, dopo l’ultimo schiaffo di Mattarella, c’è chi scommette che l’esecutivo presieduto da Conte potrebbe cadere nel giro di pochi giorni.
-
Nella Terza Repubblica non c’è posto per i finti progressisti
Fine della farsa: siamo nella Terza Repubblica, dove le parole di ieri – per lo più false – non valgono più. Per Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si apre sotto i migliori auspici una nuova stagione, il ritorno alla democrazia, dopo la Notte della (Seconda) Repubblica fondata sull’equivoco di slogan europeisti snocciolati per mascherare l’inganno di politiche a senso unico – austerity, tagli, privatizzazioni, guerra al deficit – progettate dall’oligarchia finanziaria ai danni dei popoli europei. Ne è la prova il terremoto politico in corso in Italia, che sta gettando nel panico sia i rottami del Pd che i suoi padrini, italiani e non. «Sono forze politiche, economiche, meta-politiche e massoniche europee e internazionali quelle che guardano con paura e avversione a questo governo Conte, che potrebbe avviare un cambiamento epocale, non solo nei rapporti Italia-Europa ma proprio nella rivisitazione politica, economica, sociale di questa Disunione Europea», sostiene Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio”. «Proprio per questo, accanto a Lega e 5 Stelle, conviene pensare ad altri soggetti politici del tutto nuovi, utili per la Terza Repubblica. Ed è con questo spirito – annuncia – che a Roma, il 14 luglio, faremo la prima tavola rotonda sul “partito che serve all’Italia”».Premessa: massimo rispetto dell’asse gialloverde. Salvini? «Lo giudico uno dei politici più interessanti, oggi, per l’Italia e per l’Europa, e continuerò a difenderlo da ogni accusa pretestuosa di razzismo, xenofobia e atteggiamenti fascistoidi: ogni volta che viene attaccato, puntualmente, basta andare oltre i titoli e i lanci sensazionalistici di agenzia per scoprire che ha detto cose spesso condivisibili e comunque pacate, sobrie e ragionevoli». Magaldi parla (anche) a nome dei circuiti massonici progressisti che sostengono il “governo del cambiamento”. Sia chiaro, avverte: «Non faremo sconti, né a Salvini né a Di Maio né al governo Conte, rispetto a quello che ci aspettiamo da loro. Su certi temi, se vi fossero scivoloni di natura illiberale o non democratica saremo i primi a denunciarli». Ma intanto, aggiunge, Salvini è stato soprattutto «oggetto di campagne di odio e disinformazione, da parte di chi vorrebbe che tutto restasse così com’è». La Lega come vettore di cambiamento, che – da Pontida – propone addirittura trent’anni di governo in tandem con i 5 Stelle? «Sono felice del reciproco riconoscimento tra questi due partiti, che l’elettorato ha premiato», dichiara Magaldi. «La Lega si è completamente rinnovata proprio grazie a Salvini e ad altri giovani dirigenti, e anche i 5 Stelle sono in corso di progressiva maturazione».L’elettorato semmai ha bastonato il centrodestra, ridimensionando Forza Italia, e ha sanzionato anche le forze del sedicente centrosinistra, cioè «gli epigoni della Seconda Repubblica, bocciati dagli elettori che hanno invece espresso una fiducia chiarissima alla Lega e ai 5 Stelle». Futuro gialloverde? Ottima prospettiva: «Sarebbe molto utile se Lega e 5 Stelle si presentassero insieme, in future competizioni elettorali», ipotizza Magaldi, impegnato con il Movimento Roosevelt a «supportare e consolidare un futuro asse tra leghisti e pentastellati». E non è tutto: bisogna anche «offrire una occasione di partecipazione politica a quei soggetti, cittadini, gruppi sociali e associazioni che non si riconoscono nella Lega e nei 5 Stelle ma neppure più nel centrodestra e nel centrosinistra, e quindi cercano un nuovo veicolo politico nel quale vedere rappresentata la loro sovranità». Da qui l’assise romana del 14 luglio, anniversario della Presa della Bastiglia, con politologi e sociologi, storici e giuristi: «E’ un modo per festeggiare la democrazia: prima l’idea, poi l’utopia e infine la realtà della democrazia, quella democrazia che noi vogliamo difendere da chi l’ha calpestata, vilipesa e svuotata di sostanza», dice Magaldi. «Lega, 5 Stelle e governo Conte, del resto, nascono proprio per ridare democrazia sostanziale ai cittadini – e quindi diritti, prospettive economiche».Salvini a Pontida annuncia la volontà di negoziare in Europa condizioni economiche che siano a vantaggio dei popoli, mentre Di Maio presenta finalmente iniziative di sviluppo dell’economia. Magaldi non teme di usare parole altisonanti: «Forse è l’avvio di una rivoluzione, la nascita della Terza Repubblica in Italia e l’alba di una nuova Europa», checché ne pensino i reduci del renzismo. A proposito: che dire dell’ex ministro Carlo Calenda e dei suoi ripensamenti “salviniani” sulla politica per i migranti, in linea con il blocco dei porti che avrebbe voluto attuare lo stesso Minniti? Su Calenda, Magaldi è scettico: «E’ un personaggio che potrebbe fare l’interprete di un film, “Renzi 2 – la vendetta”». In fondo, Calenda «è un Renzi aggiornato alla situazione attuale, sgangherata, dove in tanti dicono di voler andare oltre il Pd». Tutte chiacchiere: l’ex ministro già montiano «appartiene allo stesso establishment che ha mal gestito politica ed economia italiana». E poi, cosa propone Calenda? «Non riconosco particolare spessore né a lui né ad altri candidati a ereditare quel che resta di quella forza politica», afferma Magaldi. «Anziché sottoscrivere queste ammissioni di colpa fuori tempo massimo, Calenda e soci dovrebbero dirci cosa vogliono fare, nel presente e nel futuro».Il problema del Pd, aggiunge Magaldi, non sta nella mancata chiusura dei porti, all’epoca di Minniti. Il vero guaio è che «ha preteso di essere l’erede di una tradizione progressista, laddove invece – da molti anni – si è fatto interprete del conservatorismo e della reazione neoliberista più becera, nonostante le aspettative anche di quei ceti popolari che un tempo hanno votato partiti sedicenti progressisti, di cui il Pd è erede». Proposte concrete? Non pervenute. A dire il vero «Nicola Zingaretti qualcosina l’ha detta, ma è anche molto bravo ad arrivare a cose fatte: ai tempi in cui il Pd veniva gestito in una certa direzione, non ricordo uno Zingaretti che si fosse messo a fare un’opposizione dura e pura alla traiettoria renziana. Adesso, certo, arrivano tutti e si accreditano come rinnovatori». Magaldi li esorta a riflettere su un punto chiave: «La scena politica della Terza Repubblica sarà di coloro i quali smetteranno di fingersi quello che non sono, e cercheranno di rappresentare le istanze della sovranità popolare». Istanze che ovviamente «sono molto diverse da quelle linee-guida di governo della politica e dell’economia che hanno caratterizzato la Seconda Repubblica, cioè gli ultimi 25 anni». Per intenderci: «Chi si fa paladino dei diritti civili ha trascurato del tutto quelli sociali ed economici. Avrà la capacità di capire che tutti i diritti vanno saldati insieme? Solo allora ci sarà una speranza, anche per quell’area politica, di rigenerarsi». E dunque porte aperte, nel “partito che serve all’Italia”, anche «ai dirigenti del Pd in crisi di coscienza e di identità, oltre che a tutti gli elettori che sono in crisi di appartenenza e di fiducia».Fine della farsa: siamo nella Terza Repubblica, dove le parole di ieri – per lo più false – non valgono più. Per Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si apre sotto i migliori auspici una nuova stagione, il ritorno alla democrazia, dopo la Notte della (Seconda) Repubblica fondata sull’equivoco di slogan europeisti snocciolati per mascherare l’inganno di politiche a senso unico – austerity, tagli, privatizzazioni, guerra al deficit – progettate dall’oligarchia finanziaria ai danni dei popoli europei. Ne è la prova il terremoto politico in corso in Italia, che sta gettando nel panico sia i rottami del Pd che i suoi padrini, italiani e non. «Sono forze politiche, economiche, meta-politiche e massoniche europee e internazionali quelle che guardano con paura e avversione a questo governo Conte, che potrebbe avviare un cambiamento epocale, non solo nei rapporti Italia-Europa ma proprio nella rivisitazione politica, economica, sociale di questa Disunione Europea», sostiene Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio”. «Proprio per questo, accanto a Lega e 5 Stelle, conviene pensare ad altri soggetti politici del tutto nuovi, utili per la Terza Repubblica. Ed è con questo spirito – annuncia – che a Roma, il 14 luglio, faremo la prima tavola rotonda sul “partito che serve all’Italia”».
-
Golpe europeo contro la libertà del web, l’Italia si opponga
Il diavolo non è poi brutto come lo si dipinge? In compenso, l’Unione Europea è peggio: come un monarca dispotico, ordina che sia imbavagliato il bambino che si è permesso di gridare che “il re è nudo”. Così, esercitando un arbitrio che ha la forza grottesca di un sopruso arcaico, Bruxelles prova a spegnere le antenne del popolo, quelle che i cittadini-elettori hanno ascoltato per poi decidere da chi farsi governare. E’ pensabile, una Brexit senza il web? E’ immaginabile una vittoria di Trump senza i social media? E una sconfitta di Renzi senza Facebook? Un governo “gialloverde” senza la Rete? No, appunto. Ed è per questo che il potere centrale del nuovo Sacro Romano Impero – con i suoi complici principali, i grandi media – sta preparando la spallata finale alla libertà di Internet: il divieto di far circolare idee, parole e immagini – tramite link, come finora si è fatto – sotto minaccia di violazione del copyright. Un bavaglio medievale, universale, bloccando alla fonte ogni notizia tramite filtri sulle piattaforme di distribuzione, cominciando da Google e Facebook. In pratica: la fine del web come l’abbiamo conosciuto, fondato sulla libera circolazione (immediata) di segnalazioni, opinioni, fatti e analisi, contenuti normalmente oscurati da giornali e televisioni.Un gesto orwelliano, da tirannide asiatica d’altri tempi: è il 2018, eppure l’Unione Europea è questa. Non riconosce cittadini, vuole soltanto sudditi. E ha una paura maledetta che i sudditi si ribellino, ridiventando cittadini. Il killer prescelto per l’operazione è ovviamente tedesco e risponde al nome di Günther Oettinger, il simpaticone che – all’indomani del voto italiano del 4 marzo – spiegò che sarebbero stati “i mercati”, o meglio i signori occulti dello spread, a insegnare agli italiani come votare nel modo giusto, evitando cioè di rinnovare la loro fiducia a gentaglia come Salvini e Di Maio. Come sempre, Bruxelles cerca di ammantarsi di una parvenza di legalità: la Commissione Europea, organismo non-eletto e forte di poteri paragonabili a quelli delle “giunte militari” di sudamericana memoria, stavolta utilizza la foglia di fico del Parlamento Europeo (eletto, ma senza potere) per ricevere l’ipotetica legittimità politica dell’abuso, che verrebbe incoraggiato con il voto di Strasburgo il 4 luglio. Da qui il conto alla rovescia della petizione lanciata da Claudio Messora su “ByoBlu” e ripresa da “Change.org”, che in pochi giorni ha raccolto quasi mezzo milione di firme, in Italia, per tentare di convincere gli europarlamentari a non votare il piano Oettinger, in base al quale non sarebbe più possibile far circolare, su blog e social, i testi, le idee e le immagini che in questi anni hanno fatto informazione.L’intento è evidente: “spegnere” le fonti che hanno sopperito al colpevole silenzio dei grandi media, sostituendo in modo prezioso la non-informazione di giornali e televisioni, canali mainstream reticenti e omertosi, largamente difettosi quando non direttamente mafiosi, docili strumenti nelle mani di editori collusi con il potere centrale che trama contro le democrazie per svuotarle e depredarle. Senza informazione non c’è democrazia, ed è normale quindi che l’oligarchia si premuri innanzitutto di imbavagliare la libertà di espressione. Prima hanno ridotto i giornali a carta straccia, e le televisioni a salotti tragicomicamente impermeabili a qualsiasi verità. E ora, dato che il pubblico ha aggirato i grandi media rivolgendosi al web – in Italia il 50% dei cittadini dichiara di informarsi ormai solo sulla Rete – ecco il supremo bavaglio a Internet, con l’espediente della tutela del copyright. Con l’alibi della (giusta) sanzione contro gli abusi, si mette il bavaglio alla prima fonte di notizie per 30 milioni di persone, nel nostro paese. Difficile credere che un simile attentato alla libertà possa essere accettato come costituzionale, in Italia.Beninteso: è più che legittima la tutela del copyright, ove si impedisca di eseguire dei pedestri copia-e-incolla non autorizzati. Ma il legislatore Ue va ben oltre: impedirà addirittura che, su blog e social, vengano caricate segnalazioni ipertestuali: in pratica, sarebbe la fine dei link, cioè dell’anima stessa di Internet. Vietato riportare frasi, estratti, dichiarazioni. Vietato certificare le fonti di provenienza. Vietato veicolare – mediante collegamento diretto – i contenuti più interessanti. In altre parole: la fine del web, la morte della libertà d’opinione. Il sovrano europeo pensa di fermare, letteralmente, l’orologio della storia: vuol far diventare lento e disfunzionale ciò che oggi è veloce, immediato. Una pazzia anacronistica, come quella di chi schierasse i carri armati nelle strade. L’essenza stessa del web è la rapidità, la circolazione di notizie in tempo reale: e il web è diventato il più potente vettore economico del nostro tempo. Ostacolarlo significa arrecare un danno di portata incalcolabile alla dinamica economica del terzo millennio, riportando l’Europa al medioevo anche sul piano civile, oltre che economico e politico.Non è strano che a organizzare il golpe sia l’Unione Europea, che i suoi carri armati (finanziari) li ha già spediti ovunque, a fare strage di democrazia. Resta da vedere come reagiranno le anime morte del Parlamento Europeo il 4 luglio, sotto la pressione dell’opinione pubblica. E soprattutto: c’è da capire come risponderà, al golpe, il governo italiano. Salvini “esiste” soprattutto su Twitter, i 5 Stelle sono nati dalla Rete. Il cielo stellato è stato inquadrato dal cannocchiale di Galileo, che adesso l’ultima reincarnazione del cardinale Bellarmino – il fantoccio Oettinger e i suoi mandanti – sta per fare a pezzi. Questa Ue si comporta come una dittatura di colonnelli: nasce morta e condannata dalla storia. E’ destinata alla sconfitta, ma a che prezzo? Quanto durerebbe, il blackout, prima del ripristrino della democrazia? Quanti altri danni produrrebbero, nel frattempo, i golpisti del web? Nessun aiuto, intanto, da giornali e televisioni: gli operatori ufficiali dell’informazione, ancora una volta, tacciono. Non una parola, da loro, sulla più importante notizia – la peggiore – che abbia investito il pubblico italiano. Tacciono, giornali e televisioni, sul golpe in atto. Sperano, probabilmente, che il colpo di Stato riesca. Si comportano come fossero complici dei golpisti. Se c’è un’occasione per dimostrare che il “governo del cambiamento” non è solo un modo di dire, è questa: se c’è un “no” che l’Italia deve pronunciare, forte e chiaro, è proprio questo, contro il golpe che vorrebbe spegnere il web.(Su Change.org la petizione contro il bavaglio al web che l’Ue vorrebbe imporre).Il diavolo non è poi brutto come lo si dipinge? In compenso, l’Unione Europea è peggio: come un monarca dispotico, ordina che sia imbavagliato il bambino che si è permesso di gridare che “il re è nudo”. Così, esercitando un arbitrio che ha la forza grottesca di un sopruso arcaico, Bruxelles prova a spegnere le antenne del popolo, quelle che i cittadini-elettori hanno ascoltato per poi decidere da chi farsi governare. E’ pensabile, una Brexit senza il web? E’ immaginabile una vittoria di Trump senza i social media? E una sconfitta di Renzi senza Facebook? Un governo “gialloverde” senza la Rete? No, appunto. Ed è per questo che il potere centrale del nuovo Sacro Romano Impero – con i suoi complici principali, i grandi media – sta preparando la spallata finale alla libertà di Internet: il divieto di far circolare idee, parole e immagini – tramite link, come finora si è fatto – sotto minaccia di violazione del copyright. Un bavaglio medievale, universale, bloccando alla fonte ogni notizia tramite filtri sulle piattaforme di distribuzione, cominciando da Google e Facebook. In pratica: la fine del web come l’abbiamo conosciuto, fondato sulla libera circolazione (immediata) di segnalazioni, opinioni, fatti e analisi, contenuti normalmente oscurati da giornali e televisioni.
-
L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna
Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…L’economista è temuto per le proprie posizioni economiche, posizioni che non sono “euroscettiche”, come riferito erroneamente dalla combriccola dell’Ancien Régime (cui dobbiamo dire grazie per 40 anni di corruzione, macelleria sociale, parassitismo ed alto tradimento), bensì pro-italiani. E’ uomo di potere, certo, non è una novità politica; ma ben vengano figure di questo livello, rimaste indipendenti di fronte alle lusinghe del sistema finanziario internazionale (che ha in mano la nostra informazione), personalità che possano “dare del tu” e ricevere rispetto da Merkel e Macron. Come scrissi nel saggio che presentai alla Camera nel 2016 (collaborando con l’ex deputato 5S Massimiliano Bernini e con la deputata Ciprini), la stampa da “cane da guardia della democrazia” si è trasformata nel “dobermann del potere” (e forse non è casuale che il dobermann sia una razza tedesca). I media tuttavia stanno sottovalutando un fattore: non sempre i manipolatori delle emozioni umane vincono la partita. Sono certo che Lega e 5S abbiano accusato un contraccolpo in termini di consenso, in questi giorni; eppure allo stesso tempo spero che ai cittadini interessi altro: una ingente riduzione della pressione fiscale anche alla luce della tipologia di paese in cui viviamo(!); l’espulsione di tutti coloro, non profughi, che sono giunti e vogliono giungere in Italia senza un permesso di soggiorno, senza un contratto di lavoro “in tasca”; una reale flexicurity (flessibilità nei contratti unita a diritti sociali universali come il salario orario e il Reddito Minimo Garantito di Cittadinanza); il collocamento di una bella pietra tombale su corruzione, parassitismo e rendite speculativo-finanziarie, un salasso per il nostro paese.Pd e Silvio Berlusconi (Responsabili sì, ma del declino italiano!) non concederebbero mai riforme degne di questo nome; molto meglio per loro un paese di cittadini in difficoltà, perciò in svendita. Il “governo del cambiamento”, ricordo a lor signori, non ha mai parlato di “uscita dall’euro” (quanto mai opportuna) bensì di trattativa nell’interesse del nostro popolo, di rispetto della centralità della Costituzione: ciò significa centralità del nostro benessere. Gli altri paesi trattano e ottengono; all’Italia è vietato farlo perché chi ha preceduto il “governo del cambiamento” ha abituato i “partner” dell’Eurozona (in realtà competitors che non regalano niente) a una totale sottomissione, in cambio di quelle prebende personali che piovono dalla macchina finanziaria ad essi connessa. Il tutto mentre il cittadino è privato anche della dignità col combinato disposto “tasse, disoccupazione e assenza di diritti sociali universali”. L’ Articolo 1 è l’articolo fondamentale della Costituzione italiana; nel momento in cui venga dimostrato che qualche accordo internazionale generi perdita di posti lavoro (su cui siamo fondati), o/e macelleria sociale, è automaticamente anticostituzionale, si pone fuori dallo Stato di diritto e va ridiscusso finché non risulti coerente con la Carta, finché non si dimostri conveniente per gli interessi nazionali.Chi governa ha quindi l’obbligo istituzionale (non ha scelta) di aprire un tavolo con le altre nazioni; eppure questa prospettiva è ciò che soggetti multinazionali ed esteri non vogliono accada. L’articolo 1 recita che “la sovranità appartiene al popolo”, quindi essa non può emigrare e si esercita con il voto democratico, ergo non è possibile imporre “un Cottarelli” nel momento in cui la maggioranza del paese (5S e Lega) indichi un altro nome. La verità celata ai cittadini è che l’Italia, rispetto al proprio Pil, ha un livello di debito estero (peraltro generato proprio dalla moneta unica, a causa del rapporto-truffa di cui abbiamo GIA’ DETTO QUI già detto qui) più o meno pari a quello tedesco (vedi il “Sole 24 Ore”): per il resto è indebitata verso se stessa!!! Questo, unitamente alla solidità delle partite correnti, dovrebbe essere il criterio cui dovrebbero riferirsi (quando parlano di noi o di qualsiasi nazione al mondo) Fmi, Ue, Ue-M e i grandi giornalisti italiani e stranieri. Il famoso aumento dell’Iva, tanto desiderato dai parassiti cui dedico questo articolo, non serve nemmeno per idea a rendere sostenibili i conti pubblici, ma semmai a peggiorarli; genera un meccanismo (noto a tutti nell’ambiente economico) che, a cascata, trasferisce risorse dall’Italia a quelle banche private tedesche che devono essere salvate; e con esse emigra anche l’occupazione.Le cosiddette sinistre (italiane ed europee), i radicali, il noto possessore di grosse SpA e tutti i quotidiani (nessuno escluso, e domandatevi perché!) hanno dimostrato di essere pronti ad anteporre a milioni di cittadini i loro interessi privatistici (quando non addirittura aziendali) pur di portarci in un mondo globalista il quale, in nome di una finanza ordoliberista e di promesse fantasiose, renderebbe gli esseri umani pari a numerini privi di spinta individuale e creativa (privati della libertà). Concludo con una critica. In questa fase, se si vuole bene al proprio paese, di fronte a questo macello mediatico si ha l’onesto obbligo di rimanere compatti e non ci si presta alla strumentalizzazione, non ci si riposiziona politicamente (conosco i miei polli e ho sempre disprezzato l’opportunismo fino a non partecipare più alla politica attiva) anche se farlo, un domani, a qualcuno, potrebbe fare comodo. Soprattutto quando si ha ben chiaro che i nemici del popolo italiano non sono i leghisti ma ben altri…(Marco Giannini, “L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna”, pubblicato su “Libreidee” il 24 maggio 2018. Già attivista del Movimento 5 Stelle, Giannini è autore del saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione”, sottotitolo “Corso di sopravvivenza per chi non sa niente di economia”, edito da Andromeda nel 2015, presentato anche alla Camera. Nel gennaio 2017 Giannini si è distanziato dal movimento fondato da Grillo dopo la tentata adesione del M5S al gruppo ultra-europeista dell’Alde in seno al Parlamento Europeo).Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…