Archivio del Tag ‘terrorismo sanitario’
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Magaldi: liberi tutti, oppure avremo 10 anni di lockdown
«Chi oggi vorrebbe l’ennesimo lockdown, che è una falsa soluzione, usa il pretesto del Covid per assestare l’ultimo colpo alla nostra libertà: è l’ennesima battaglia, nella lunga guerra scatenata contro la democrazia dagli anni ‘60, a partire dagli omicidi dei Kennedy e di Martin Luther King». Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, è allarmato dalla possibile, nuova stretta anti-Covid. «Il lockdown è una falsa soluzione, ora lo dicono anche gli scienziati, in studi come quelli appena pubblicati sulla rivista “Science”». Un avvertimento che, tanto per cambiare, è stato sottovalutato dai media: «Oltre a non poter estinguere il virus – sottolinea Magaldi – il distanziamento è deleterio: impedisce infatti al nostro organismo di sviluppare i necessari anticorpi». La soluzione? «Semplice: fare esattamente il contrario di quanto si è fatto finora. E cioè: contagiarci tutti, dopo aver messo in sicurezza (isolandoli o vaccinandoli) i soggetti fragili, malati e anziani. Solo così si raggiunge l’immunità di gregge, cioè la soluzione definitiva al problema».
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Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro Speranza
Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.Si chiama coazione a ripetere: è qualcosa che presuppone, se si è in buona fede, una specie di cortocircuito cognitivo, intellettuale. E’ in buona fede, l’infelice Speranza? Sembrerebbe di sì, visto che ha speso l’estate 2020 a scrivere un libro auto-celebrativo, anziché degnarsi almeno di rispondere ai (tanti) medici italiani che gli si erano rivolti, nei mesi precedenti, per segnalargli terapie efficaci – in fase precoce – nel frattempo sperimentate con successo. Farmaci in grado di “spegnere” l’incendio Covid nei primi giorni, quando il paziente è ancora a casa. La cura quindi non prevede il ricovero: dunque, nessuno stress emergenziale su una struttura ospedaliera resa fragile da decenni di tagli scellerati. Clamoroso il caso dei 30 specialisti italiani che già ad aprile scrissero inutilmente a Speranza per avvisarlo dell’efficacia dei cortisonici: il pupillo di Bersani non si curò nemmeno di rispondere “grazie, leggerò”. Due mesi dopo, i sanitari inglesi raggiunsero le stesse conclusioni: i cortisonici funzionano. E in quel caso il governo di Londra li ascoltò, eccome. Così, riscossero persino il plauso – non scontato – dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.Sono questi gli Oscar, i Nobel che Roberto Speranza ha collezionato, dopo un anno trascorso al ministero della sanità: basterebbero a suggerirgli di rassegnare dignitosamente le dimissioni. Per un presumibile scrupolo morale, nei mesi scorsi fece ritirare dalle librerie il suo libro “Perché guariremo”, immaginabile summa clinico-politica su come uscire indenni dalle pandemie, dall’alto dello scranno ministeriale di un paese che vanta centomila vittime e il record europeo di danni socio-economici da Covid. Alcuni medici in prima linea, come quelli di associazioni come “Ippocrate”, si sono rassegnati a curare i pazienti in modo gratuito e volontaristico, vista la latitanza delle istituzioni sanitarie. E oggi ribadiscono: è essenziale intervenire subito, evitando di abbandonare i pazienti per giorni nelle loro case, perché il Covid può evolvere velocemente facendo danni spesso irreparabili. Lo si è visto negli ospedali: i migliori rianimatori non sono sempre riusciti a utilizzare l’elevato potenziale delle terapie intensive per salvare soggetti, anziani e non solo, ricoverati in condizioni ormai gravemente compromesse.Fare presto: questa, dicono i sanitari, è la chiave vincente. Non per far sparire il Covid dalla circolazione: nessuno maneggia la bacchetta magica. Si tratta però di statistica: avremmo evitato almeno il 60% dei ricoveri. Cifre mostruose: se confermate, basterebbero a cancellare il grande terrore alimentato per un anno intero da cattivi politici e cattivi giornalisti, sempre disattenti di fronte alle notizie positive provenienti dal mondo medico, a sua volta mandato troppo spesso allo sbaraglio, senza mezzi adeguati, di fronte all’invasione dei pronto soccorso. A sottolineare l’importanza decisiva della tempestività è anche un luminare come Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano: ha messo a punto una sorta di protocollo che garantisce di ridurre radicalmente il problema, con la semplice somministrazione domiciliare – purché precoce – di normali farmaci antinfiammatori. La grande notizia è che il nuovo governo, guidato da Mario Draghi, sembra intenzionato a percorrere finalmente la strada giusta, cioè questa: predisporre un protocollo nazionale basato sulle cure precoci da prescrivere a casa. Obiettivo garantito: tagliare di netto la pressione sugli ospedali e trasformare il Covid in quello che è, cioè una malattia il più delle volte regolarmente curabile, se affrontata per tempo.Non è più di moda, la canzone funebre intonata ininterrottamente, per un anno, dagli spaventapasseri di Giuseppe Conte, impegnati a recitare ogni sera la medesima litania tombale destinata ai telespettatori ipnotizzati dalla paura. I medici che hanno imparato a guarire dal Covid ammettono che un anno fa l’esecutivo può esser stato colto di sorpresa, ma aggiungono che – se si fosse fatto tesoro delle scoperte maturate sul campo, in poche settimane – oggi conteremmo decine di migliaia di vittime in meno. Il Sars-Cov-2 è un virus mutante e altamente contagioso: si spera che, nell’immediato, i vaccini “genici” in circolazione possano almeno frenarlo, consentendo di allentare la stretta sociale e rianimare l’economia, di cui interi settori (come il turismo, la cultura, la ristorazione) sono letteralmente allo stremo. Allo scopo, lo stesso Draghi ha appena licenziato uno degli uomini-simbolo del disastro italiano, Domenico Arcuri, ricorrendo addirittura a un militare, il generale Figliuolo, per rimediare almeno alla catastrofica inefficienza del piano vaccinale di Conte, allineando cioè acquisizioni di scorte e somministrazioni celeri.Se ora Draghi recluterà Remuzzi (o qualcuno della sua scuola), in attesa di poter quantificare alla distanza l’effettiva efficacia della copertura vaccinale, si presume che accadrà questo: nel frattempo, i pazienti Covid saranno finalmente curati subito, e la maggior parte di loro guarirà in pochi giorni restando a casa. A quel punto, riascoltare Roberto Speranza nell’edizione marzo 2021 (rassegnarsi al lockdown, ancora) sarà come rivedere un film dell’orrore, pieno di farneticazioni minacciose e inconcludenti come le ciance inutilmente spese, per un anno intero, al capezzale dell’Italia, trasformata in malato terminale. “Così guariremo” sarebbe il titolo (corretto) del libro che Speranza non ha saputo scrivere: guariremo – non è più un mistero, ormai – con i farmaci giusti prescritti nelle prime ore, restando a casa e mettendo fine all’incubo. E magari tornando anche in montagna a sciare: ma solo tra un anno, visto lo scherzetto che il Ministro della Paura ha combinato alle aziende del turismo invernale, bloccate a poche ore dalla riapertura promessa. L’arcano, semmai, riguarda il luogo segreto al quale Roberto Speranza attinge per trovare il coraggio di ripresentarsi in televisione, oggi, a ripetere che non c’è niente da fare, che dobbiamo continuare a soffrire. Senza speranza, appunto.(Giorgio Cattaneo, “Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro senza speranza”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 marzo 2021).Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.
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Magaldi: è finita la pacchia, per i terroristi del lockdown
«La pacchia dell’emergenza è finita: sia per i media sensazionalisti che per i “terroristi del lockdown”, che nei giorni scorsi avevano inutilmente invocato il ritorno delle chiusure totali». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, segue con apprezzamento le prime mosse del governo Draghi. «E’ ingiusto imputare al nuovo premier un’eccessiva prudenza, perché bisogna tenere conto della disastrosa situazione ereditata: per un anno, i pazienti affetti da Covid sono stati curati solo all’ospedale, cioè molto spesso quand’era ormai troppo tardi». Magaldi segnala la svolta in arrivo, cioè «la scelta del primo ministro di avvalersi di un super-consulente destinato a capovolgere la filosofia sanitaria, imponendo cure precoci, domiciliari, a base di antinfiammatori». Nei giorni scorsi era circolato il nome di Giuseppe Remuzzi, presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano, autore di un “protocollo” terapeutico basato su farmaci in grado di “spegnere” finalmente il Covid ai primi sintomi, da casa, senza ricorrere all’ospedale. «Il nome non lo indico», dice Magaldi, evitando di citare Remuzzi, «ma ribadisco: la linea espressa sarà quella, a prescindere dalla persona che poi sarà chiamata a interpretarla».Per Magaldi, quella della filosofia-Remuzzi (raccomandata per la verità da molti medici, finora ignorati dal ministero della salute) sarebbe una vera e propria rivoluzione, in grado di far letteralmente crollare il numero dei ricoveri e quindi la stessa percezione del disastro pandemico, ridimensionando sensibilmente il significato del balletto giornaliero e settimanale di «numeri giocati al lotto, spesso poco significativi e mai davvero verificati». Magaldi spiega che il metodo “soft” adottato da Mario Draghi implica alcune flessibilità di natura tattica. «Avremmo avuto una marcia più spedita con un governo squisitamente tecnico, intenzionato a imporsi. Si è scelta invece la via della mediazione parlamentare, anche per permettere ai partiti di rimediare ai loro errori: per un anno non hanno fatto assolutamente nulla di utile e di sensato, contro il Covid, lasciando che la situazione esplodesse». E dato il precario quadro politico-parlamentare, «è ovvia una certa cautela da parte del premier, che giustamente punta anche sui vaccini, nella speranza che contribuiscano a dissolvere la paura che in questi mesi è stata gonfiata oltre misura dalla disinformazione martellante».Intanto però Magaldi registra svariati indizi eloquenti: «La figura di Arcuri è già stata ridimensionata». E così quella di Speranza, che di fatto verrebbe clamorosamente scavalcato da Remuzzi, o comunque dallo stratega incaricato di “domare” una buona volta il Covid. «Del resto, il modestissimo Speranza si limita a fare da portavoce dei vari Ricciardi e Crisanti, i profeti dell’emergenza infinita: volevano il ritorno del lockdown e non l’hanno ottenuto, nonostante paesi importanti come la Germania oggi siano sostanzialmente in lockdown». Lo stesso infettivologo Massimo Galli, altro arcigno catastrofista oggi pronto a terrorizzare la popolazione evocando in modo allarmistico le “varianti” del virus, «è stato seccamente smentito dal suo stesso ospedale, il Sacco di Milano: e questo non sarebbe mai accaduto, prima. La novità è che, con Draghi, è “cambiata l’aria”». In altre parole: «E’ vero che il governo continua a subire pressioni, soprattutto internazionali, per richiudere il paese. Ma è altrettanto vero che, sia pure con inevitabile lentezza, Draghi sta operando per cambiare paradigma, rispetto all’approccio con cui affrontare il Covid».In tanti si lamentano della permanenza (molesta) della “filiera della paura”, incarnata da Roberto Speranza al ministero della sanità? Magaldi invita a guardare il bicchiere mezzo pieno: «Speranza e Ricciardi sono stati sconfitti: nessun lockdown-bis. Peccato sia rimasto il coprifuoco, ma sparirà anche quello. Spiace che Draghi ricorra ai Dpcm, come Conte? Ragionate: il Dpcm è uno strumento solo amministrativo ed emergenziale, che non ha forza di legge: pertanto è più facile da impugnare, perché sia rigettato, se contiene qualche aspetto inaccettabile». Sui vaccini, Magaldi resta laicamente prudente: «Rappresentano una scommessa, e c’è da augurarsi che siano efficaci e sicuri. Ne vedremo gli effetti nei prossimi mesi, sapendo però – ribadisce il presidente “rooseveltiano” – che la vera carta del governo Draghi, superate le ultime settimane di emergenza stagionale, consisterà proprio nelle cure territoriali non ospedaliere: guarire i pazienti a casa, in modo sistematico (senza più intasare gli ospedali di casi ormai gravi) metterà la parola fine alla stagione del “terrorismo sanitario” targato Covid». Fine del tunnel? «Stiamo ai fatti: le indicazioni finora pervenute incoraggiano un certo ottimismo. E’ lecito aspettarsi che, da maggio, potremo tutti riprendere una vita più normale, senza più lasciarci terrorizzare dal Covid».«La pacchia dell’emergenza è finita: sia per i media sensazionalisti che per i “terroristi del lockdown”, che nei giorni scorsi avevano inutilmente invocato il ritorno delle chiusure totali». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, segue con apprezzamento le prime mosse del governo Draghi. «E’ ingiusto imputare al nuovo premier un’eccessiva prudenza, perché bisogna tenere conto della disastrosa situazione ereditata: per un anno, i pazienti affetti da Covid sono stati curati solo all’ospedale, cioè molto spesso quand’era ormai troppo tardi». Magaldi segnala la svolta in arrivo, cioè «la scelta del primo ministro di avvalersi di un super-consulente destinato a capovolgere la filosofia sanitaria, imponendo cure precoci, domiciliari, a base di antinfiammatori». Nei giorni scorsi era circolato il nome di Giuseppe Remuzzi, presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano, autore di un “protocollo” terapeutico basato su farmaci in grado di “spegnere” finalmente il Covid ai primi sintomi, da casa, senza ricorrere all’ospedale. «Il nome non lo indico», dice Magaldi, evitando di citare Remuzzi, «ma ribadisco: la linea espressa sarà quella, a prescindere dalla persona che poi sarà chiamata a interpretarla».
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Italia riaperta in due mesi, o Draghi si scordi il Quirinale
«Se per il Primo Maggio l’Italia non sarà stata riaperta, Mario Draghi potrà scordarsi di essere eletto al Quirinale nel 2022». Parole dure, quelle che il presidente del Movimento Roosevelt rivolge al nuovo capo del governo, invitandolo a sbarazzarsi in tempi brevi dei “fanatici” delle restrizioni-Covid. «Se non altro – rivela Gioele Magaldi – in questi giorni abbiamo ottenuto una prima vittoria: al termine di un aspro confronto dietro le quinte, è stata infatti scongiurata l’adozione di un nuovo lockdown. La chiusura genaralizzata era invocata a gran voce dalla potente fazione che, per bocca di personaggi come Walter Ricciardi, preme per richiudere nuovamente in casa gli italiani». Notoriamente, Magaldi è di avviso opposto: «Occorre rimuovere le restrizioni, a cominciare dal coprifuoco, e in definitiva riaprire il paese: i ristoranti devono poter tornare a lavorare anche a cena. Viceversa l’economia collasserà, e Mario Draghi il Quirinale lo vedrà solo col binocolo».Per Magaldi, non c’è più tempo da perdere: «Ulteriori limitazioni alla libertà di movimento comporterebbero il crollo irreversibile dell’economia, inficiando in tal modo la stessa missione di Draghi, che vorrebbe risollevare l’Italia». La situazione si è ormai fatta drammatica: «Si spera molto nei 209 miliardi del Recovery Fund, come se fossero chissà quale manna. Ma in realtà, nel 2020, il governo Conte ha già speso qualcosa come 160 miliardi, sprecandone buona parte in “debito cattivo”». Sotto la lente dei magistrati ora c’è l’operato del super-commissario Domenico Arcuri. «Sarà travolto dagli scandali che stanno montando, e che sono evidenti», dice Gianfranco Carpeoro, altro dirigente del Movimento Roosevelt, lasciando intendere che Draghi non vorrà certo lasciarsene coinvolgere: sostituirà Arcuri, o comunque non gli rinnoverà il mandato, che scade a fine marzo. Sempre secondo Carpeoro, Draghi «sarà costretto a rimuovere anche il ministro Speranza».Magari il cambio della guardia al ministero della sanità non si verificherà subito, dovendo trovare il modo di non irritare Leu, ma a quanto pare si tratta di una scelta inevitabile: Speranza dovrà comunque essere “licenziato”, «specie dopo quello che ha combinato alle imprese degli impianti sciistici: le ha illuse di poter aprire, le ha incoraggiate a sostenere grandi spese per l’apertura in sicurezza e poi, all’ultimo minuto, le ha beffate». Per Carpeoro, la situazione è critica: «Non avendo investito da subito in trattamenti terapeutici, siamo arrivati a una specie di imbuto, di cul de sac, lasciando ai soli vaccini la possibilità di farci uscire dall’emergenza. Ormai – dice – dipende tutto dai vaccini, perché la scelta di questa società è stata quella di affidarsi esclusivamente alle vaccinazioni. C’erano alternative? Andavano percorse per tempo, ma non è stato fatto. Al paese, anzi, sono stati inflitti danni devastanti. Oggi – ribadisce Carpeoro – non ci restano che i vaccini: speriamo che siano efficaci, e che siano sufficienti per immunizzare la popolazione».La pensa così anche Magaldi, che esprime rammarico per la sconsiderata gestione italiana dell’emergenza sanitaria: «Evitando di curare tempestivamente i malati, innanzitutto nelle loro case, si è registrato l’assalto agli ospedali da parte di pazienti ormai gravi». Una gravissima negligenza, che ha finito con l’esasperare l’allarme pandemico, anche gonfiando i numeri, su cui si è speculato grazie alla complicità dei media che hanno alimentato il “terrorismo sanitario” dell’ultimo anno. «Si ritiene che l’unica soluzione oggi possa essere rappresentata dai vaccini? Benissimo: e allora si proceda celermente con le vaccinazioni, per raggiungere nel più breve tempo possibile l’immunità di gregge, per la quale gli esperti sostengono che basterebbe vaccinare il 60-70% della popolazione». Insiste Magaldi: «Quello che non è accettabile è che l’attesa si protragga: non è tollerabile che le restrizioni si prolunghino fino a maggio, perché a quel punto l’economia italiana collasserebbe in modo definitivo».Autore del bestseller “Massoni”, Magaldi è un esponente italiano del network massonico progressista, che ha salutato con favore il tentativo di Draghi. Al nuovo governo, il leader “rooseveltiano” formula però una richiesta precisa: mettere fine allo stato d’emergenza entro il 1° maggio. «Il giorno della Festa dei Lavoratori, e nel nome di chi ormai il lavoro l’ha perso – annuncia – il Movimento Rooselt terrà un’assemblea nazionale, a Roma, che culminerà con un raduno a piazza Campo dei Fiori, attorno alle ore 23, speriamo per festeggiare il ritorno alla libertà e la fine delle misure incostituzionali che hanno devastato il paese senza neppure riuscire ad arginare il Covid».Lo stesso Movimento Roosevelt è reduce da una prima uscita notturna, proprio a Campo dei Fiori, lo scorso 17 febbraio, per protestare contro i reiterati lockdown e chiedere innanzitutto la riapertura serale di bar e ristoranti. «Siamo stati oggetto di una gravissima disinformazione a mezzo stampa, che ha stravolto il senso della nostra iniziativa: si è addirittura accusato il Movimento Roosevelt di essere “negazionista”». Magaldi evoca i reati di diffamazione e falso ideologico. «Abbiamo scoperto – aggiunge – che i giornali sono stati indotti in errore da un comunicato dell’ufficio stampa della Questura di Roma: diamo tempo a tutti (media e istituzioni) di rettificare e offrire le loro scuse. In caso contrario, però, denunceremo in sede giudiziaria le testate coinvolte e anche la Questura». Il governo Draghi? Ben venga, ribadisce Magaldi: sulla carta, potrà davvero rianimare il sistema-paese. Ma ad una precisa condizione: che metta fine, entro due mesi, all’orrore dei lockdown, del coprifuoco e delle inutili restrizioni che stanno letteralmente uccidendo l’Italia.«Se per il Primo Maggio l’Italia non sarà stata riaperta, Mario Draghi potrà scordarsi di essere eletto al Quirinale nel 2022». Parole dure, quelle che il presidente del Movimento Roosevelt rivolge al nuovo capo del governo, invitandolo a sbarazzarsi in tempi brevi dei “fanatici” delle restrizioni-Covid. «Se non altro – rivela Gioele Magaldi – in questi giorni abbiamo ottenuto una prima vittoria: al termine di un aspro confronto dietro le quinte, è stata infatti scongiurata l’adozione di un nuovo lockdown. La chiusura genaralizzata era invocata a gran voce dalla potente fazione che, per bocca di personaggi come Walter Ricciardi, preme per richiudere nuovamente in casa gli italiani». Notoriamente, Magaldi è di avviso opposto: «Occorre rimuovere le restrizioni, a cominciare dal coprifuoco, e in definitiva riaprire il paese: i ristoranti devono poter tornare a lavorare anche a cena. Viceversa l’economia collasserà, e Mario Draghi il Quirinale lo vedrà solo col binocolo».
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Il Virus del Terrore e il sottile alchimista Mario Draghi
Il Virus del Terrore ha le settimane contate? E’ quello che si augurano tutti: sia la maggioranza dei cittadini, ipnotizzati per un anno dalla sovragestione del panico, sia la vasta minoranza vigile che non ha smesso di porsi domande, ascoltando i medici indipendenti (quelli che al Covid hanno preso le misure a partire dall’aprile 2020, con farmaci in grado di disinnescarne l’evoluzione peggiore). Generalmente, dalle catastrofi si può uscire in due modi: con un Processo di Norimberga che metta alla sbarra i protagonisti delle scelte più sciagurate, oppure optando per un risanamento silenzioso e pragmatico, che faccia a meno della vendetta politica e affidi semmai alla storia il giudizio sugli errori commessi. Evidente la natura della scelta adottata da Mario Draghi: amnistiare i partiti che hanno partecipato al disastro direttamente, dai banchi del governo Conte, o anche indirettamente, attraverso Regioni che non si sono mai discostate dal delirio fobico-mediatico nazionale, basato sui numeri “impazziti” della pandemia e su una imbarazzante impreparazione del sistema sanitario, colonizzato da Big Pharma (a partire dalla ricerca scientifica) e falcidiato da decenni di tagli selvaggi e sconsiderati.A scagliare la pietra dello scandalo sono i sanitari estranei al circo televisivo del mainstream: medici in prima linea negli ospedali e, prima ancora, impegnati sul territorio nei loro ambulatori. La loro denuncia si basa ormai anche su evidenze statistiche: è rarissimo che possa incorrere in seri pericoli chi viene curato a casa in modo tempestivo, ai primi sintomi, ricorrendo a farmaci appropriati (di uso comune, collaudati, sicuri). La strage – dicono i sanitari, come quelli riuniti in modo volontaristico in associazioni come “Ippocrate” – sarebbe stata determinata proprio dalla rinuncia alle cure tempestive, domiciliari: gli ospedali, incluse le terapie intensive, sarebbero stati intasati da malati abbandonati a se stessi per giorni, lasciati a casa senza terapie, dando tempo al Covid di sviluppare le conseguenze più gravi. Questo, dicono, spiegherebbe anche l’elevata percentuale di insuccessi, nei centri ospedalieri, troppo spesso costretti ad assistere pazienti ormai gravemente compromessi.Devastante, in questo, l’assenza dello Stato: si commenta da sola la scelta, da parte di molti medici, di condividere un loro efficace protocollo terapeutico, da utilizzare per trattare i pazienti: l’invito, se si vuole guarire, è a saltare i passaggi ordinari (medico di famiglia, pronto soccorso) rivolgendosi direttamente a loro, i medici che sanno come guarire dal Covid. Medici – altro aspetto increscioso – che prestano la propria opera in modo gratuito, assistendo pazienti a cui il sistema sanitario, troppe volte, non offre risposte efficaci, cioè appropriate e tempestive. Di sfuggita, lo stesso Draghi ne ha accennato nel suo discorso al Senato, quando ha sottolineato l’assoluta necessità di riabilitare innanzitutto la medicina territoriale, lasciando agli ospedali solo i casi più gravi. Non una parola, in questo senso, si era sentita in tutto il 2020, quando l’unica preoccupazione di Conte e dei suoi tecnici sembrava quella di terrorizzare la popolazione, rinchiusa in casa a colpi di Dpcm, mentre il ministro della sanità – anziché mettersi al lavoro per proteggere gli italiani in vista dell’autunno – perdeva l’estate a scrivere un libro surreale sui suoi “successi”, che poi non ha neppure osato distribuire nelle librerie.Ogni Norimberga – la spada simbolica della giustizia – necessita di un esercito nettamente vincitore. Non è il nostro caso: nessuno, dei partiti italiani, può dirsi innocente. Tutti hanno ceduto alla tentazione della paura, collaborando in vario modo (sia pure con gradazioni diverse) alla Legge del Terrore, che – con Conte – ha messo l’Italia sul binario morto della depressione: sanitaria, sociale, economica e psicologica. A essere defunto è il peggior governo possibile, non contrastato da un’opposizione degna (capace cioè di avanzare proposte radicalmente alternative, anche sulla gestione della pandemia). E’ per questo, probabilmente, che tutti i partiti neo-governativi – nessuno escluso – oggi sono ricoverati in terapia intensiva, nello strano ospedale del dottor Draghi, sperando che l’illustre clinico li possa miracolare. Cosa che, evidentemente, non succederà: almeno, non nei termini auspicati dalle attuali, incolori dirigenze, tutte largamente impresentabili. La fedina in discussione non è penale, ma politica: non hanno saputo leggere il mondo, e tradurre i bisogni in risposte.Tra gli ousider, poi, non manca chi paventa – con Draghi – l’avvento di una sorta di sottomissione definitiva, post-democratica, all’insegna del cosiddetto post-umanesimo vaticinato dalle élite di Davos, quelle del Grande Reset: una riconversione globale (ecologistica ma anti-sociale), capace di rendere permanente la mutazione anche antropologica della società che l’irruzione del virus ha indotto, distanziando le persone e costringendole a un auto-isolamento infinito: a scuola, al lavoro, in ognuno dei luoghi in cui fino a ieri si esprimeva liberamente la socialità. Un incubo distopico, figlio – ancora e sempre – della paura: in questo, il coronavirus (presentato come minaccia invincibile) ha rimpiazzato ottimamente le fobie di ieri, scatenate con le crisi finanziarie e con il ricorso al terrorismo. Il virus è un nemico ancora più subdolo: può sempre colpire chiunque, ovunque. Per soccombere, basta fingere di non sapere che le cure esistono (e funzionano), rendendo quindi sostanzialmente superflua la stessa vaccinazione, presentata invece come unica possibile salvezza.Sembra la storiella dell’alleanza clandestina tra il vetraio e il monello con la fionda, se poi si scopre che i profeti della vaccinazione universale sono i medesimi soggetti che hanno a lungo maneggiato i virus, nei loro laboratori. L’enormità degli accadimenti del 2020 – lo scontro epocale con la Cina, la manipolazione delle presidenziali negli Usa – è stata in qualche modo preparata anche da fenomeni mediatici come la bolla-Greta, sostenuta da precisi settori della grande finanza mondiale per deformare la realtà e convincere miliardi di persone che le alterazioni del clima (sempre avvenute, e oggi gravi) dipendano dall’attività antropica. I creatori di Greta sono gli stessi protagonisti dell’inquinamento terrestre, che oggi hanno imposto la loro agenda “green” basata su suggestive interpretazioni (industriali, finanziarie) della pretesa riconversione ecologica del sistema, partendo dalla colpevolizzazione del singolo, mortificato nelle sue capacità di consumo anche “grazie” agli effetti devastanti della sovragestione terroristica della crisi epidemica, con la brutale imposizione degli inutili, disastrosi lockdown.E’ soverchiante, la narrazione (disonesta) che è stata imposta dal pensiero unico, nella sua dimensione inevitabilmente mondiale, sorretta dal grande potere onnipervasivo che nei decenni precedenti – anche a suon di ricatti e guerre – ha attuato una rivoluzione violenta, imposta dall’alto, come la globalizzazione finanziaria, sottomettendo interi popoli attraverso il regime dell’emissione monetaria “privatizzata”, che trasforma il debito in schiavitù. Sono bastate le mediocri fanterie giornalistiche, nei singoli paesi, a sbaragliare i cosiddetti sovranismi politici, intimiditi e neutralizzati con pochissima fatica, mentre si lascia volentieri al complottismo chiassoso il ruolo di opposizione solo virtuale, cioè verbosa e sostanzialmente innocua, nell’immensa deriva di società un tempo vitali e democratiche, oggi narcotizzate dalla digitalizzazione che trasforma l’individuo in uno spettatore apatico, ormai indifferente persino alle più feroci limitazioni della libertà personale.La verità è che nessun soggetto politico, in questi anni, ha saputo organizzare una risposta all’altezza dei pericoli, dopo aver elaborato un’analisi dei problemi. Ogni denuncia è rimasta circoscritta nel perimetro ristretto di sparuti gruppuscoli, di fronte alla storica diserzione di intellettuali, artisti e pensatori. Gli stessi partiti si sono ridotti a comitati elettorali, affidati a piccoli leader acefali e, di conseguenza, pronti a eseguire semplicemente direttive calate dall’alto, in un pianeta in cui tutti i grandi agglomerati – Big Tech, Big Money – sono riconducibili al controllo esercitato da una manciata di persone, sempre le stesse, che siedono a turno nei consigli di amministrazione dei tre maggiori fondi d’investimento (State Street, Vanguard e BlackRock) che dominano banche e multinazionali in ogni angolo della Terra.E’ questo, il pianeta in cui si muovono determinate élite che hanno cominciato in vario modo a mostrarsi dissonanti, rispetto alla narrazione corrente: per esempio, quelle che nel 2016 sostennero l’eretico tentativo di Donald Trump: proteggere la comunità nazionale dagli effetti più deteriori del globalismo. Già dopo le proteste di Occupy Wall Street, alcune voci autorevoli – Premi Nobel come Paul Krugman – iniziarono a denunciare il carattere calamitoso del capitalismo finanziarizzato. Oggi, con l’alibi del Covid e grazie a Christine Lagarde, la Bce si è trasformata in una vera banca centrale, teoricamente pronta a sostenere l’economia in misura virtualmente illimitata. In questo percorso fatto di autorevolissime voci di dissenso si è fatta notare quella di Mario Draghi: ieri spietato architetto dell’austerity, e oggi profeta di una possibile conversione post-keynesiana dell’economia, sia pure tenendo conto (inevitabilmente) delle disastrose condizioni di partenza, quelle di un pianeta che si è lasciato ipnotizzare dagli stregoni del virus, dopo aver tolto la parola persino al presidente degli Stati Uniti, mettendolo al bando, per mano di poteri oligarchci che pretendono di plasmare le vostre vite al punto da imporre un’unica verità, la loro.Non essendo ancora stata smantellata la democrazia formale, ed essendo lo Stato (o quel che ne rimane) l’unità-base su cui si articola l’esercizio del potere, pare evidente la necessità di calarsi nella dimensione politica, parlamentare e governativa, se si vuole agire direttamente nella materia, per provare a trasformarla. La fisionomia del governo Draghi – affollato di zombie e superstiti grotteschi – sembra dimostrare la volontà di intraprendere un procedimento tipicamente alchemico, partendo cioè dalla “nigredo” della putrefazione, la decadenza fisiologica di partiti-fantasma, nel tentativo di trasmutarne l’essenza attraverso un percorso virtuoso che possa portare un giorno all’oro filosofale, dopo una dolorosa e incessante revisione delle proprie devastanti manchevolezze. Se il sistema unico mondiale prescrive i vaccini per fermare il Covid, è scontato che Draghi si concentri nell’immediato proprio su quelli (garantendo però che vengano finalmente somministrati in tempi velocissimi), ma è fondamentale che non si fermi alla sola campagna vaccinale, sia pure depurata dalle impressionanti cialtronerie della gestione Conte.Nel neonato esecutivo sembra di poter ravvisare una notevole specularità, pratica e simbolica: al “nuovo” Mario Draghi, distanziatosi da un passato prestigioso ma funestato da immani, colpevoli tragedie (le privatizzazioni, l’euro-rigore finanziario) corrisponde, a vista, una pletora di parlamentari e di partiti che, in quasi trent’anni, non hanno saputo far altro che piegarsi ai diktat del potere sovranazionale ultra-privatizzatore, e che da oggi possono cogliere la prima vera occasione per emendare se stessi, verso una rigenerazione culturale e democratica da cui non si può prescindere, se si vuole uscire dall’autismo neoliberista del “non ci sono alternative”, pur in un mondo dominato dall’istinto totalitario di forze potentemente distruttrici, mimetiche e manipolatrici, veri e propri lupi travestiti da agnelli. In piccolo, sarà dirimente la stessa “prova del Covid”: rassicurati gli atterriti (e placata la bulimia di Big Pharma), dopo l’overdose vaccinale non ci saranno più alibi. Riuscirà il governo a resuscitare la sanità, mettendo i medici in condizione di intervenire tempestivamente, contro il Covid e qualsiasi altra minaccia? E soprattutto: riuscirà il sottile alchimista Mario Draghi a inaugurare una diplomazia della lungimiranza, che permetta all’Italia di distinguersi e tornare nella storia, come protagonista di una politica non-orwelliana, in questo fatidico millennio aperto da menzogne sanguinose, come quelle esplose insieme alle Torri Gemelle?Il Virus del Terrore ha le settimane contate? E’ quello che si augurano tutti: sia la maggioranza dei cittadini, ipnotizzati per un anno dalla sovragestione del panico, sia la vasta minoranza vigile che non ha smesso di porsi domande, ascoltando i medici indipendenti (quelli che al Covid hanno preso le misure a partire dall’aprile 2020, con farmaci in grado di disinnescarne l’evoluzione peggiore). Generalmente, dalle catastrofi si può uscire in due modi: con un Processo di Norimberga che metta alla sbarra i protagonisti delle scelte più sciagurate, oppure optando per un risanamento silenzioso e pragmatico, che faccia a meno della vendetta politica e affidi semmai alla storia il giudizio sugli errori commessi. Evidente la natura della scelta adottata da Mario Draghi: amnistiare i partiti che hanno partecipato al disastro direttamente, dai banchi del governo Conte, o anche indirettamente, attraverso Regioni che non si sono mai discostate dal delirio fobico-mediatico nazionale, basato sui numeri “impazziti” della pandemia e su una imbarazzante impreparazione del sistema sanitario, colonizzato da Big Pharma (a partire dalla ricerca scientifica) e falcidiato da decenni di tagli selvaggi e sconsiderati.
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Sono senza Speranza. Magaldi: nasce la Grande Opera
Qualcuno spieghi a quella nullità di Roberto Speranza che non è più il ministro della salute del governo Conte. Avanti così, e potrebbe non esserlo più nemmeno del governo Draghi: al premier non ha dato manco il tempo di presentare il suo programma alle Camere e incassare la fiducia. Tra i piedi gli ha subito gettato una mina, la non-apertura dello sci (a tradimento, senza preavviso), facendo imbestialire tutti, aziende e lavoratori, inclusi i politici: dai leghisti al presidente della conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, Pd. «E’ talmente piccino, Speranza, da non aver capito la ratio del suggerimento che ha ricevuto: mettere in difficoltà Mario Draghi, i cui nemici (tanti) non vedono l’ora di vederlo annaspare, avendo compreso le sue vere intenzioni». Che sono formidabili: salvare l’Italia, facendo fare a tutti (tecnici e politici) «il contrario di quello che avevano fatto fino a ieri, quando servivano interessi stranieri o cedevano ai dikat di Bruxelles». E attenti: insieme a Speranza rischiano il posto lo stesso Walter Ricciardi, il commissario Domenico Arcuri e i grigi burocrati del Cts, tutti profeti del lockdown e delle zone rosse.L’avviso è circolare, ribadisce Gioele Magaldi: la parola d’ordine è cambiata. Non più chiudere, ma riaprire. Smettere di gridare, incarcerando gli italiani e colando a picco l’economia, e cominciare a contrastare davvero il maledetto virus (che Conte ha utilizzato per un anno, in modo cinico, per restare in sella a tutti i costi). Poi cos’è successo? Quel birbante incorreggibile di Renzi non ha resistito alla tentazione di sgambettare “Giuseppi” per antipatia personale, e magari per allungare le grinfie sul bottino del Recovery? Questa è la versione per bambini, a cui persino i media hanno finto di credere. Poi c’è l’altra spiegazione, quella credibile: si sono attivate le alte sfere. Obiettivo: mettere fine al peggio, una volta per tutte, e non solo archiviando il piccolo regno del terrore e della depressione orchestrato dai manovratori di Conte, al servizio di poteri imperiali anti-italiani, anche cinesi, mercantili e neo-feudali.La caduta dell’ex “avvocato del popolo” era solo il primo passo, innescato dalla ribellione tattica renziana, d’intesa con gli ispiratori massonico-progressisti. La strategia ha a che fare con l’orizzonte storico: la fine dell’austeriy come religione, il tramonto del neoliberismo come dogma. E dunque: l’Italia come piattaforma, mondiale, del cambio di paradigma. Se non si afferra questo, ribadisce il leader “rooseveltiano” del Grande Oriente Democratico, non si capisce il senso di quanto sta avvenendo: l’ex principe europeo del rigore, Mario Draghi, si appresta a guidare un esperimento rivoluzionario, post-keynesiano, fondato sul ritorno alla sovranità democratica, lontano dai ricatti della finanza-canaglia (di cui proprio l’ex capo della Bce è stato uno dei massimi esponenti, dopo aver brutalmente privatizzato l’Italia). Sfoderando il lessico dell’alchimia, Magaldi definisce “grande opera” la raffinata impresa massonica in corso: trasmutare il piombo (di ieri e di oggi) nell’oro di domani, dando modo a chiunque di trasfomare se stesso.Il primo a farlo è stato proprio Mario Draghi, passato dalle superlogge reazionarie a quelle progressiste, per emendarsi da trent’anni di abusi ed entrare nella storia come salvatore, intanto dell’Italia ma poi anche della stessa prospettiva europea, cui imporre una governance finalmente democratica e ispirata alla giustizia sociale. Non se ne parla, ufficialmente? Ovvio: il sistema mainstream non ha “visto” nemmeno la sovragestione autoritaria della pandemia, mentre il complottismo non sa discernere tra il Draghi del Britannia e quello di Palazzo Chigi. Nessuno ha notato le svolte epocali già compiute: nel 2019 l’evocazione della ultra-progressista Mmt (teoria economica che predica il deficit illimitato, a costo zero) per demolire il ricatto dello spread, e nel 2020 – in piena pandemia – l’appello sul “Financial Times” per uscire dalla crisi come si fa in tempo di guerra, cioè inondando l’economia di aiuti strategici a fondo perduto, non destinati a trasformarsi in debito. Sta succedendo qualcosa, lassù: il vertice del mondo (che è massonico) sta vivendo l’inizio di una “guerra intestina” destinata a cambiare volto al futuro del pianeta.Entrambe le fazioni della grande piramide sono decise a sfruttare il Covid, come occasione epocale: da una parte gli oligarchi, gli strateghi del terrore sanitario utilizzato per ridurre la libertà, e dall’altra i democratici, determinati a riformare in senso liberal-socialista il capitalismo finanziario globalizzato, ripristinando democrazia e diritti. L’Italia è il “forno alchemico” in cui la trasformazione dovrebbe avvenire: lo è persino lo stranissimo governo Draghi, coi suoi tecnici (fino a ieri neoliberisti) e i suoi politici non esattamente impeccabili, con tutti gli inevitabili compromessi del caso. Gli esempi non mancano. Di Maio agli esteri? Resterà irrilevante, dice Magaldi: la politica estera (oggi affidata a Eni, Enel e Leonardo) se la intesterà Draghi. Ma la conferma di Di Maio, «ansioso di entrare nel nuovo governo, e tra i più pronti a silurare Conte», era il solo modo per ottenere il supporto dei grillini, oggi lacerati e quasi disperati («a cominciare dai peones, che si sono preclusi il ritorno in Parlamento votando il demenziale taglio dei parlamentari»).Magaldi non è ingeneroso, coi 5 Stelle: è vero, sono crollati per colpa della loro stessa inconsistenza disastrosa, «ma almeno hanno riaperto i giochi infrangendo l’ipocrisia della finta contrapposizione “tribale” tra centrodestra e centrosinistra, incarnata da governi in realtà sempre allineati alla logica del rigore». Inevitabile poi che Draghi prendesse a bordo il Pd, storico custode del potere eurocratico. Ma, di nuovo: «Franceschini resterà alla cultura, cedendo però il turismo – oggi più che mai strategico – al leghista Garavaglia. E alla difesa resterà l’altrettanto ininfluente Guerini: era trumpiano con Trump, ora è bideniano con Biden». Forza Italia? «Berlusconi avrebbe voluto altri ministri. Invece nella squadra sono entrati quelli che per primi si erano mossi nella direzione di un governo Draghi, come Mara Carfagna. La Gelmini? Agli affari regionali farà meno danni di Boccia. Quanto a Brunetta, che a molti è indigesto anche per via di certe sue uscite discutibili, va detto che si tratta di una persona capace: e un mastino come lui sarà utile, per frenare appetiti indebiti in tempi di vacche grasse, davanti ai miliardi del Recovery».Le parole del presidente del Movimento Roosevelt sembrano provenire direttamente dalla cabina di regia, massonico-progressista, dell’esperimento guidato da Super-Mario. «Un esecutivo squisitamente tecnico, benché fatto di eccellenze e orientato in modo opposto rispetto al governo Monti, non sarebbe servito alla causa: che è anche la rigenerazione democratica della politica. Per questo è stata evitata una “maggioranza Ursula”, che avrebbe escluso la Lega e mancato il vero obiettivo: l’unità nazionale, con l’impegno – di ciascuna forza politica – a rivedere radicalmente il proprio orizzonte, archiviando slogan inutili e contrapposizioni di cartapesta fondate sull’ipocrisia, dai tempi in cui destra e sinistra obbedivano agli stessi ispiratori, operando le medesime scelte anti-popolari». Tutti a scuola da Draghi? In un certo senso, è così. «Vale anche per i tecnici ultra-liberisti fino a ieri, come Colao: prepariamoci a vederli all’opera in una direzione radicalmente diversa, rispetto a quella finora seguita».Logico che le leve di comando siano saldamente nelle mani del premier e dei Draghi-boys come i fedelissimi Roberto Garofoli e Daniele Franco, pronti a seguire il loro “capitano” in questa nuova avventura post-keynesiana. «Tra parentesi: con Franco, per la prima volta dopo tanti anni, avremo all’economia un super-ministro che non rema contro l’Italia, come invece avevano regolarmente fatto tutti i titolari di quel dicastero strategico, incluso il Padoan che frenava puntualmente ogni tentativo, da parte di Renzi, di ritagliarsi qualche spazio autonomo di spesa». Questa è la posta in gioco: in prima battuta tamponare il disastro-Covid amplificato dal catastrofico Conte, e introdurre una vera risposta sanitaria (magari curando i pazienti a casa, in modo tempestivo, come finora non è stato fatto: ancora non esiste un protocollo terapeutico nazionale adeguato, e così si finisce all’ospedale ormai in gravi condizioni).Nel frattempo, c’è da redigere finalmente un Recovery Plan che sappia rilanciare il sistema-paese. «Si parla di 209 miliardi: cifra che sarebbe servita già prima del Covid, per rimediare ai guasti. Figurarsi adesso, con la devastazione provocata dai lockdown». Numeri spietati: il Pil in picchiata, 160 miliardi perduti nel 2020, quasi un milione di disoccupati e oltre 400.000 aziende chiuse. Questo sì, è un Grande Reset: in pericolo è la sopravvivenza dell’Italia come sistema sociale. E come si è arrivati così in basso? Semplice: rinunciando alla politica. Fallito il tentativo gialloverde nato nel 2018, l’anno seguente si è abborracciato il Conte-bis solo per fermare Salvini. Il governo sarebbe caduto quasi subito, essendo diviso su tutto (non ultimo il tema-giustizia, ora affidato a Marta Cartabia «che certamente starà ben lontana dalle pulsioni “manettare” incarnate dal grillino Bonafede»). Chi ha salvato Conte? Ovvio: il Covid. Senza l’emergenza, “Giuseppi” sarebbe politicamente defunto almeno un anno fa.Magaldi gli imputa colpe gravissime: pur di restare a Palazzo Chigi, a colpi di Dpcm ha calpestato la Costituzione e rovinato la vita agli italiani, senza nemmeno riuscire a migliorare la situazione sanitaria. Punta di lancia di questa non-politica, appaltata ai burocrati del Cts, il prode Roberto Speranza (l’omino che non ha ancora capito che non è più Conte, il primo ministro). A proposito: era proprio necessario, tenersi il tragicomico Speranza? Gioele Magaldi ne parla come di un caso umano: «La sua conferma è stata un fatto di carità, cristiana e massonica». Risvolto politico: «Si è data a tutti i partiti l’opportunità di partecipare alle larghe intese, e Leu ha riproposto Speranza: si presumeva che avesse capito di dover cambiare completamente rotta, invece di insistere in modo ottuso e pericoloso con l’inutile strage economica dei lockdown».Inferisce Magaldi: «Era considerata innocua, la riconferma di Speranza, visto il suo carattere politicamente servile: è uno che lega l’asino dove vuole il padrone». Ora è avvisato: «Gli si metta la museruola, proibendogli di dire altre stupidaggini, o sarà accompagnato alla porta insieme a Walter Ricciardi (che fa solo terrorismo psicologico) e allo stesso Arcuri, che ci deve qualche spiegazione su come ha speso tutti quei soldi per le forniture, come quelle delle mascherine». Insomma, cartellino giallo: ultimo avviso. «Fuor di metafora: nessuno era contento di Speranza: né Draghi, né gli uomini di Draghi, né i principali fautori politici del governo Draghi. E quindi stia in campana, Speranza: è stato lasciato al suo posto solo per non umiliare Leu. Ma che succede se il suo partitino (destinato all’estinzione) ora si permette anche il lusso di spaccarsi, sulla fiducia a Draghi?».Per Magaldi, «hanno fatto il loro tempo anche i tecnici del Cts, confusionari e spesso incoerenti». In sintesi: «Dategli qualche settimana di tempo, e sarà Mario Draghi a prendere le misure a tutti questi cialtroni, che non hanno finora combinato nulla di buono, limitandosi a terrorizzare gli italiani». Magaldi cita Paolo Becchi e Giovanni Zibordi: dati alla mano, rilevano che il computo dei decessi a gennaio 2021 è inferiore alla media degli anni precedenti: «Ma non dovevamo avere più morti, a causa del Covid?». Non solo: «Lo stesso Matteo Bassetti, noto infettivologo, ha riconosciuto che tra i morti per Covid sono stati conteggiati anche pazienti morti d’infarto o per altre patologie». Accusa esplicita: «Qui abbiamo dato i numeri al lotto, continuiamo a farlo anche oggi, e questi si permettono di continuare a terrorizzare un paese in ginocchio, che invece deve rialzarsi, reiterando minacce di nuovi lockdown? Ma stiamo scherzando?».Tanto per ribadire il concetto, mercoledì 17 febbraio il Movimento Roosevelt schiererà la sua Milizia Rooseveltiana a Roma in pieno centro, violando il coprifuoco: un sit-in che promette di far parlare di sé, simbolicamente convocato in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, eroe ribelle, martire della libertà di pensiero e di azione. E l’adunata notturna (ore 22.45, l’inizio) sarà il culmine di un’intera giornata di disobbedienza civile: «Prima ci sarà un’assemblea del Movimento Roosevelt, che di per sé costituirà un primo assembramento, e poi proseguiremo con una bella cena, in un ristorante che dovrebbe restare chiuso, in virtù delle misure illegittime del governo Conte. Norme che al muovo esecutivo chiediamo di eliminare di corsa, in quanto incostituzionali, inutili sul piano sanitario e disastrose per l’economia».Gioele Magaldi non ha dubbi: archiviata la tragica pantomima del Covid, per un anno affidata alle maschere televisive di Conte, Ricciardi e Speranza, ora c’è da rimettere in piedi l’Italia. Come? Ripartendo dalla politica, quella vera: letteralmente svuotata dagli anni ‘90, con l’avvento del neoliberismo post-democratico che ha prodotto le finte alternanze, per mascherare la legge unica del “pilota automatico”, al di sopra delle elezioni. Che a guidare l’operazione-verità sia lo stesso inventore di quel famigerato dirigismo finanziario, rende il senso della missione: capovolgere tutto, allineando Salvini e Zingaretti, Grillo e Renzi. Tema: smettere di dividersi sulle stupidaggini, e ripensare il futuro del post-Covid, che poi è il presente. Un’altra Italia, una vera Europa. Un orizzonte finalmente aperto sul terzo millennio, seppellito il capitolo infame della paura (dello spread, del terrorismo, dei virus). Non c’è alternativa, disse la Thatcher. Ebbene, Mario Draghi è qui a provare che non è vero: tutti hanno sempre una seconda possibilità. E il tempo di dimostrarlo è adesso.Qualcuno spieghi a quella nullità di Roberto Speranza che non è più il ministro della salute del governo Conte. Avanti così, e potrebbe non esserlo più nemmeno del governo Draghi: al premier non ha dato manco il tempo di presentare il suo programma alle Camere e incassare la fiducia. Tra i piedi gli ha subito gettato una mina, la non-apertura dello sci (a tradimento, senza preavviso), facendo imbestialire tutti, aziende e lavoratori, inclusi i politici: dai leghisti al presidente della conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, Pd. «E’ talmente piccino, Speranza, da non aver capito la ratio del suggerimento che ha ricevuto: mettere in difficoltà Mario Draghi, i cui nemici (tanti) non vedono l’ora di vederlo annaspare, avendo compreso le sue vere intenzioni». Che sono formidabili: salvare l’Italia, facendo fare a tutti (tecnici e politici) «il contrario di quello che avevano fatto fino a ieri, quando servivano interessi stranieri o cedevano ai dikat di Bruxelles». E attenti: insieme a Speranza rischiano il posto lo stesso Walter Ricciardi, il commissario Domenico Arcuri e i grigi burocrati del Cts, tutti profeti del lockdown e delle zone rosse.
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Eversione incompleta: niente impeachment a Trump
Battuto col favore delle tenebre dall’oceano di voti postali riconteggiati dai computer Dominion: schede arrivate anche fuori tempo massimo e grazie a regole elettorali cambiate all’ultimo minuto, in barba alla Costituzione di alcuni Stati-chiave. Ora lo ammettono, su “Time”, i manovratori a lungo rimasti nell’ombra come Mike Podhorzer, dirigente sindacale Afl-Cio. Potenti “illusionisti”, finanziati con mezzi larghissimi: rivendicano di aver congegnato una vasta “operazione” per escludere Donald Trump e insediare alla Casa Bianca l’esile Joe Biden, eletto in anticipo dagli stessi media che avevano tolto il diritto di parola al presidente degli Stati Uniti, per la prima volta nella storia. Il partito repubblicano, complice della manovra, sa che Trump – poi massacrato per lo sgangherato assalto a Capitol Hill, largamente infiltrato – potrebbe scalare il Gop o addirittura svuotarlo, cambiando per sempre il tradizionale bipolarismo americano, avendo con sé almeno 75 milioni di elettori che si sentono defraudati da un voto percepito come non trasparente.I repubblicani però non hanno osato tradire Trump al punto da sostenere l’impeachment promosso dai baroni finto-progressisti come Nancy Pelosi. Così il Senato ha respinto l’ultima congiura contro l’uomo che, intanto, in Florida ha aperto l’Ufficio dell’Ex Presidente, non avendo mai ammesso la regolarità del risultato attribuito a Biden. Così ora The Donald festeggia: «La mia avventura politica è appena iniziata», avverte. Se fosse passato l’impeachment, il secondo che ha dovuto subire (caso unico, nella storia), non avrebbe potuto ricandidarsi nel 2024. Secondo tutti i sondaggi, la maggioranza degli americani è convinta che il risultato delle presidenziali sia stato tutt’altro che nitido: lo ammette anche una percentuale di elettori “dem”, ostili a Trump e insofferenti di fronte alla sua retorica. Nessuno infatti dimentica le immagini della campagna elettorale: folle straripanti ai comizi di Trump. Deserti invece i raduni del fantasmatico Biden, che peraltro – stando ai conteggi, stranamente sospesi nella notte – avrebbe poi colto un quasi-plebiscito, surclassando addirittura la popstar Obama.Al netto dei molti errori che Trump ha commesso nell’ultimo anno, resta in bocca il sapore amaro di una frode concepita da un Deep State eversivo, deciso a cancellare la libertà democratica sequestrando le elezioni. Trump ha sicuramente sottovalutato l’emergenza-Covid, lasciando che la sua gestione securitaria e psico-terroristica restasse nelle mani di personaggi come Anthony Fauci, sommo sacerdote di Big Pharma, alleato dei più acerrimi nemici di Trump, dall’iper-vaccinista Bill Gates a George Soros, grande vecchio della manipolazione politically correct. Prima ancora, Trump si era mostrato troppo timido di fronte agli abusi razzisti della polizia (che hanno armato la speculazione neofascista di Antifa, poi trasformatasi in violentissima strategia della tensione, con morti e feriti nelle strade). Accanto a sé, Trump ha tollerato la presenza dei gruppuscoli del suprematismo bianco, che hanno allarmato i moderati, così come gli appelli dell’ultra-tradizionalista monsignor Viganò (accorati, ma “medievali” nel loro millenarismo manicheo e reazionario) gli hanno alienato il voto dei cattolici progressisti.C’è chi valuta Donald Trump come uno dei migliori presidenti della storia statunitense, se si guarda al bilancio del suo quadriennio: ha azzerato la disoccupazione ricorrendo al deficit e tagliando le tasse, ha fatto letteralmente volare l’economia, ha risollevato lavoratori e classe media con misure quasi “socialiste”, di stampo keynesiano. Altro dato statistico, clamoroso: non ha avviato nessuna nuova guerra (vero record, per un presidente americano). Nonostante cio – o forse, proprio per questo – è stato letteralmente fatto a pezzi dal sistema mediatico, dominato dalla finanza che controlla Big Tech. Un ostracismo indegno di una democrazia, culminato con la censura spudoratamente imposta da televisioni e social media. Il grande merito di Trump, al di là della sua ruvida oratoria nazional-populista, sta nell’aver reso manifesto – e dalla Casa Bianca, addirittura – il male oscuro che minaccia il pianeta, ora anche manipolando l’epidemia di Wuhan nel modo indicato dagli oligarchi che a Davos hanno disegnato il loro ideale Great Reset, basato sulla retrocessione del cittadino al rango di suddito, senza più libertà.Si sottolinea, tra i meriti storici di Trump, quello di aver imposto l’alt alla dilagante egemonia dell’impero mercantile cinese, sdoganato dal gruppo di Kissinger già negli anni Settanta come possibile modello alternativo all’Occidente: massima efficienza economica, ma senza diritti democratici. Oggi, la sovragestione dell’amministrazione Biden conferma in modo bipartisan la politica strategica di Trump: non è più pensabile lasciare libertà di azione al regime di Pechino, l’unico che ha tratto enormi vantaggi (anche economici) dalla crisi pandemica, orchestrata da un’Oms filo-cinese. Per contro, il team che utilizza Biden come “presidente eletto” sta già esasperando le tensioni con la Russia, anche manovrando l’ex quasi-neonazista Navalny, secondo il collaudato modello-Ucraina, quello della “rivoluzione colorata” che ha arricchito la famiglia Biden con operazioni di estremo squallore, a cominciare dall’impero petrolifero Burisma affidato all’inquietante Hunter Biden.In un mondo letteralmente sfigurato dall’opaca gestione di un virus dall’origine misteriosa, al quale si pretende di rispondere solo con campagne vaccinali a tappeto (basate non su veri vaccini, ma su vettori genetici sperimentali e poco rassicuranti), ci si domanda quale ruolo potrà assumere, il grande perseguitato Donald Trump, a cui – si scopre – guardano con grandi aspettative ingenti masse di popolazione, non solo statunitensi. Con modalità forse anche ingenue, ci si attende una sorta di rigenerazione generale del pianeta, su base democratica, mettendo fine allo strapotere della menzogna mediatica che ha pervertito la realtà in stile orwelliano. Lascerà il segno, il fatto che a “picconare” il sistema sia stato il presidente degli Stati Uniti, trattato come un criminale dalle facce di bronzo che, quand’erano al governo, fingevano di non vedere le imprese mediorientali dell’Isis. Già, perché – come sa bene chi osserva le cronache – con l’avvento di Trump, il terrorismo “islamico” si era praticamente estinto, anche in Europa.L’apoteosi è stata raggiunta con la monumentale frode elettorale delle presidenziali 2020: centinaia di migliaia di schede-fantasma avrebbero costruito il “successo” di Biden, tale da certificare la fine della giustizia e della democrazia elettorale negli Stati Uniti. Scandalosi anche i dinieghi della Corte Suprema, che non ha mai accettato di pronunciarsi nel merito delle contestazioni: i ricorsi sono stati tutti respinti solo sulla base di rilievi procedurali. Per seppellire lo scandalo “occorreva” un contro-choc, come appunto l’assalto al Parlamento, utilizzato per tentare di cancellare Trump dall’anagrafe politica americana. L’operazione però è fallita, nonostante il tentativo – vagamente totalitario – di negare a Trump e ai suoi supporter anche il diritto alla rabbia, per la frode subita. Tutto il resto, naturalmente, rimane sul tappeto: se il gruppo che utilizza Biden come “presidente eletto” continuerà a cancellare i caposaldi dell’azione di Trump, a cominciare dalla politica fiscale, l’America dei dimenticati (maggioritaria, a quanto pare) tornerà prestissimo a far sentire la sua voce.Battuto col favore delle tenebre dall’oceano di voti postali riconteggiati dai computer Dominion: schede arrivate anche fuori tempo massimo e grazie a regole elettorali cambiate all’ultimo minuto, in barba alla Costituzione di alcuni Stati-chiave. Ora lo ammettono, su “Time”, i manovratori a lungo rimasti nell’ombra come Mike Podhorzer, dirigente sindacale Afl-Cio. Potenti “illusionisti”, finanziati con mezzi larghissimi: rivendicano di aver congegnato una vasta “operazione” per escludere Donald Trump e insediare alla Casa Bianca l’esile Joe Biden, “eletto” in anticipo dagli stessi media che avevano tolto il diritto di parola al presidente degli Stati Uniti, per la prima volta nella storia. Il partito repubblicano, complice della manovra, sa che Trump – poi massacrato per lo sgangherato assalto a Capitol Hill, largamente infiltrato – potrebbe scalare il Gop o addirittura svuotarlo, cambiando per sempre il tradizionale bipolarismo americano, avendo con sé almeno 75 milioni di elettori che si sentono defraudati da un voto percepito come non trasparente.
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Draghi sulle macerie della bancarotta politica italiana
La riapparizione dello spettrale Roberto Speranza, confermato ministro del Covid, getta nello sconforto chiunque avesse sperato in un taglio netto e anche estetico, da parte del commissario Draghi, all’intera narrazione funereo-farlocca del grande terrore, alla quale l’inconsistente “Giuseppi” aveva appeso la sua stessa sopravvivenza politica, sequestrando l’Italia per un anno intero grazie a un’interpretazione molto “smart” della stessa Carta costituzionale. Sarà il governo del presidente della Repubblica, si affrettarono a precisare gli aedi ufficiali della verità, quelli che ormai truccano da notizie le opinioni e le trasformano in dogmi di fede. Sono loro, i declamatori cartacei e televisivi, ad aver finto di vedere uno statista, nel 2020 a Palazzo Chigi. E sono gli stessi che, nel giro di 48 ore, hanno licenziato senza rimpianti il grande statista per prostrarsi ai piedi del nuovo principe, un realtà antico, percependolo come il vero uomo del destino, cioè del grande potere finanziario che manovra l’Ue, appositamente creata come strumento di dominio tecnocratico, post-democratico, ispirato da una divinità ineffabile come quella per cui lavorano i pochissimi che si giocano il mondo a dadi, tollerando quel che resta della politica elettiva.Fa impressione, lo spietato falò delle vanità messo in scena dal nuovo esecutivo che allinea Zingaretti e Salvini, Bersani e Berlusconi, con la regia di Matteo Renzi e gli applausi di Beppe Grillo. Vent’anni di politica italiana ridotta a zero, o meglio: disvelata per quello che era veramente, al netto di qualche isolato soprassalto di dignità, velocemente naufragato tra i marosi del massimalismo, fino al grottesco. In virtù della catastrofe sanitaria e quindi socio-economica, sfilano in silenzio gli eroi di ieri, che ormai sembrano fatti di cartone, anche se in teoria hanno ancora un ruolo: come ministri o referenti di ministri, parlamentari e titolari di botteghe partitiche, e probabilmente già impegnati come grandi elettori del prossimo capo dello Stato, incidentalmente e transitoriamente chiamato a tenere in piedi quello che, fino a poco fa, era ancora il paese del Papeete e delle Sardine, del tragicomico “uno vale uno”, del Cavalier Banana e degli odiati “comunisti”, notoriamente vivi solo nelle fiction prodotte ad Arcore. Il paese dei sovranismi senza sovranità, della sinistra senza sinistra: il reame che ha accettato (senza eccezioni) di essere recluso per un anno, viaggiando a fari spenti, dopo aver barattato la perdita della libertà in cambio della promessa, non mantenuta, della sicurezza sanitaria.Il “governo di alto profilo” evocato da Mattarella mette in mostra, per intero, da quali macerie sia evidentemente inevitabile ripartire, se si vuole mettere mano – per la prima volta, dopo decenni – a un doppio sfacelo: da una parte l’imposizione imperiale del grande potere finanziario globalizzato, e dall’altra la piena collaborazione dell’establishment nazionale, che ha appaltato le storiche inefficienze italiche agli ultimi eredi di parrocchie scolorite, un tempo popolate da veri politici. Bandiere che da tempo non rappresentavano più niente, ma che hanno preferito sventolare a lungo, le une contro le altre, piuttosto che ammettere la dura realtà di una condizione umiliante, subordinata a poteri sovrastanti, non più temperata in alcun modo dalla politica pura, quella che coltiva idee che poi diventano ideologie, quindi progetti per il futuro. Veniamo da trent’anni di diktat emanati dall’alto, declinati però – a piano terra – solo attraverso gossip, sondaggi, salotti televisivi e pletorici proclami strillati sui social. Tempo sospeso, dunque. Cambierà verso, ora, la cima del grattacielo? Nel caso, non occorre nessuna particolare chiaroveggenza per intuire che, almeno in prima battuta, nemmeno stavolta toccheranno palla, gli imbarazzanti agitatori delle vecchie bandiere (ora anche vistosamente imbarazzati, se non altro, visto il grigio spettacolo della loro completa bancarotta).(Giorgio Cattaneo, “Draghi e le macerie della bancarotta politica italiana”, dal blog del Movimento Roosevelt del 13 febbraio 2021).La riapparizione dello spettrale Roberto Speranza, confermato ministro del Covid, getta nello sconforto chiunque avesse confidato in un taglio netto e anche estetico, da parte del commissario Draghi, all’intera narrazione funereo-farlocca del grande terrore, alla quale l’inconsistente “Giuseppi” aveva appeso la sua stessa sopravvivenza politica, sequestrando l’Italia per un anno intero grazie a un’interpretazione molto “smart” della stessa Carta costituzionale. Sarà il governo del presidente della Repubblica, si affrettarono a precisare gli aedi ufficiali della verità, quelli che ormai truccano da notizie le opinioni e le trasformano in dogmi di fede. Sono loro, i declamatori cartacei e televisivi, ad aver finto di vedere uno statista, nel 2020 a Palazzo Chigi. E sono gli stessi che, nel giro di 48 ore, hanno licenziato senza rimpianti il grande statista per prostrarsi ai piedi del nuovo principe, un realtà antico, percependolo come il vero uomo del destino, cioè del grande potere finanziario che manovra l’Ue, appositamente creata come strumento di dominio tecnocratico, post-democratico, ispirato da una divinità ineffabile come quella per cui lavorano i pochissimi che si giocano il mondo a dadi, tollerando quel che resta della politica elettiva.
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Post antisemita: Torino, s’indigna l’impero delle bugie
Non una riga sulle grandi manovre della dinastia Agnelli-Elkann, ma fiumi di inchiostro per lo scivolone “antisemita” di una consigliera comunale di Torino, che veicola incautamente un post nel quale si associa l’antica spazzatura nazi-razzista alla (sacrosanta) denuncia della mega-concentrazione editoriale nelle mani del sempre più potente gruppo Gedi. Succede nell’Italia del 2021, reduce da un anno di lavaggio del cervello – teoria e pratica del terrorismo sanitario, grazie alla banda Conte – in cui, a parte il totalitarismo informativo sul virus, la casata torinese ha compiuto atti epocali, nel silenzio generale: la storica cessione dell’ex Fiat ai francesi e la trattativa per sbolognare anche Iveco (ai cinesi), dopo aver incassato i miliardi ottenuti da “Giuseppi” col pretesto della crisi pandemica, in realtà utilizzati da Exor per confluire in Stellantis. Da notare, soprattutto, la clamorosa requisizione del gruppo “Espresso”, a cominciare da “Repubblica”, senza il minimo accenno di allarme da parte della politica, o dallo stesso Ordine dei Giornalisti con le sue articolazioni sindacali, un tempo vigili di fronte alla creazione di trust dominanti come quello berlusconiano.
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Magaldi: con Draghi, l’Italia cambia la storia europea
«L’Italia, l’Europa e persino il mondo attendono parole nuove: chi saprà interpretarle senza deludere sarà protagonista nella storia, a partire da questo momento». Una frase che sembra scolpita, quella che Gioele Magaldi utilizza per chiarire, in modo inequivocabile, il senso autenticamente post-keynesiano della rivoluzionaria missione di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Lui, l’ex principe del massimo rigore (Grecia docet) ora si appresta a capovolgere tutto: non solo il disastro nazionale firmato Conte-Casalino, con la collaborazione dei vari Arcuri, Ricciardi, Speranza e virologi televisivi di complemento. Non si tratta esclusivamente di sventare il collasso del sistema-paese e fare uscire l’Italia dall’incubo-Covid alla velocità della luce, archiviando la psicosi da coprifuoco. La partita è epocale: in gioco è la sopravvivenza degli italiani, con la loro libertà e la loro dignità. Una questione che coinvolge l’intero Occidente, finito sul precipizio dei lockdown forsennati. Se ne esce in un solo modo: trovando il coraggio di azzerare il debito, cioè lo strapotere abusivo e i diktat dell’élite che ha usato ogni mezzo, dalla finanza privatizzatrice alla crisi pandemica, per svuotare la democrazia.
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Il piano: noi, Mario Draghi e il grande cimitero dei sogni
E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.Non sono facili da ricordare, i nomi degli abitanti del piccolo acquario zoo-politico nazionale: si tratta di esemplari comuni di ittiofauna minore e destinata a estinguersi senza lasciare traccia, pur avendo ingombrato le televisioni con la loro non-politica regolarmente emergenziale, vuota e cieca, orientata solo dagli umori volatili dai sondaggetti settimanali. Un copione sempre più increscioso ma in voga da decenni, cioè sin da quando i sogni sparirono dalla politica e finirono, uno dopo l’altro, nel loro speciale cimitero. Il primo grande ospite del mausoleo, secondo Bob Dylan, si chiamava John Kennedy: se viene ucciso come un cane l’Imperatore del Mondo, significa che il piano è partito da molto in alto, e con l’intento di fare moltissima strada. Del resto, un killer lo si trova sempre. E il piano dispone di un intero armadio di passaporti: da quello del Cile, dove assassinare Salvador Allende, a quello della Svezia, il paese in cui freddare il primo ministro Olof Palme sorpreso sottobraccio alla moglie, all’uscita di un cinema, come un cavaliere senza scorta. Un leader a cui non piaceva, la piega che stavano prendendo gli eventi: troppe ingiustizie, troppe bugie.Il piano eliminò il grande sindacalista panafricano Thomas Sankara, profeta della sovranità economica grazie a cui il continente nero avrebbe smesso di essere preda di razziatori e terra di emigranti. Nel cimitero lo seguì l’eroe di guerra Yitzhak Rabin, trasformatosi in campione della pace per spegnere un incendio durato mezzo secolo, usato come alibi da tutti gli incendiari, sotto qualsiasi bandiera. Il piano si era messo a correre, quando Bill Clinton aveva liberato da ogni vincolo la finanza speculativa, cancellando il Glass-Steagall Act con il quale Roosevelt aveva separato le banche d’affari dal credito ordinario. L’appetito degli arconti si fece smisurato: sfrattarono Gorbaciov e fecero un sol boccone della Russia, ma ancora non bastava. C’erano due torri, gemelle, da buttare giù: soffiò così forte, il Re dei Venti, da abbatterne anche una terza, neppure sfiorata da alcun aereo. Bastò a lordare di guerra mezzo mondo, inventando terrorismi tragicamente sanguinosi e pronti a fare strage persino nel cuore dell’Europa, il continente nel frattempo sottomesso con il più antico degli stratagemmi, il monopolio privato del denaro un tempo pubblico.In realtà, il germe primitivo del piano potrebbe essere antichissimo, stando alle memorie del plenipotenziario vaticano Giacomo Rumor, raccolte dal figlio Paolo nel saggio “L’altra Europa”: un’unica filiera scelta per esercitare un potere pressoché dinastico, ereditato addirittura 12.000 anni fa nella terra dei Sumeri, dai misteriosi rifondatori del pianeta. E architettato per dominare – attraverso regni, imperi e religioni, fino alla politica moderna – l’intera umanità post-diluviana, quella che ieri ascoltava il verbo di Greta Thunberg e oggi ha appena finito di assistere allo spettacolo madornale dell’elezione notturna di Joe Biden, dopo aver sentito raccontare che la peste del millennio sarebbe stata trasmessa all’uomo da un maledetto pipistrello. Non si scherza, coi signori del piano: una delle tombe più famose, nel cimitero dei sogni, è quella di Ernesto Che Guevara. E’ a due passi da quella di un altro comunista, Patrice Lumumba, fatto assassinare dal mercenario Moise Ciombé. Si può morire da idealisti, ma la mano del killer non risparmia nemmeno chi ha creduto di proteggersi ricorrendo anche al più spietato cinismo: ne sa qualcosa Muhammar Gheddafi.Poco importa che gli ordini vengano da Ur o da Washington, da Tel Aviv o da Betlemme, da Teheran o da Pechino: dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai, che il piano non ha patria. Vuole il mondo, e non da oggi. Lo vuole a qualsiasi costo: ieri facendo morire anche i bambini, in Grecia, rimasti senza medicine, e ora costringendo miliardi di individui a vivere nel terrore, faccia a terra, rinunciando per sempre alla loro relativa libertà. Quando accade qualcosa di mostruoso, il monitor va regolarmente fuori fuoco: lo racconta in modo impareggiabile Dino Buzzati, evocando un nemico incombente – i tartari – che in realtà non si vedono mai. Dove siamo finiti, se siamo arrivati al punto in cui è vietato pensare? Dove siamo, se – per decreto – è vietato anche respirare? Non avrai altro orizzonte che il mio vaccino, dice l’intruso che si è impadronito del pianeta con l’aiuto dei consueti avventurieri, a loro agio tra Wuhan e Parigi, New York e Riad. Dove siamo, se i cosiddetti social media tolgono la parola al presidente degli Stati Uniti, nell’agghiacciante indifferenza di giornali, televisioni e magistrati?Qui, siamo: nel cimitero dei sogni. Che però non è deserto, come potrebbe sembrare. C’è chi passeggia, in piena notte, tra quelle sepolture. Cammina e medita: sa che il piano non è una fantasia, purtroppo, ma non è neppure l’unico. Non c’è mai un solo piano, ce ne sono svariati. E non è detto neppure che i grandi decisori siano così unanimi, nell’attuare quello che appare il disegno dominante, coi suoi risvolti francamente tenebrosi. La storia – scrisse Montale – non è poi la devastante ruspa che si dice: lascia sottopassaggi, cripte, nascondigli. E’ bene non dimenticarlo mai, specie quando il cielo è così minaccioso da far temere il peggio, in mezzo alla desolazione di una dismisura che sembra irreparabile, letteralmente inaffrontabile come una misteriosa malattia, una peste terminale da fine della storia. Qualcuno può farlo deragliare, il piano, senza però che lo si sappia in giro: provvederanno i soliti storyteller, a piccole dosi, a somministrare caramelle ai bambini, il bacio della buonanotte. Si tratta anche di non turbarla troppo, la pace mortale dell’acquario: tutti quei pesci devono continuare a poter fingere di esistere.Smisero, i loro nonni – come ricorda Paolo Barnard – quando i grandi azionisti del piano scomodarono l’avvocato d’affari Lewis Powell, perché approntasse un vademecum. Istruzioni precise, su come intrappolare i sognatori in entrambi i modi, cioè stroncando brutalmente gli irriducibili e comprando tutti gli altri, uno alla volta. Nel mappamondo, la piccola Italia restava un osso duro: c’era da demolire l’Iri, il maggiore aggregato industriale dell’intera Europa, motore (pubblico) del ruggente boom privato. C’era da lavorare molto, per fabbricare una prigione scintillante, senza democrazia, i cui ospiti – italiani e francesi, tedeschi e inglesi – ricominciassero a guardarsi in cagnesco, facendosi le scarpe. C’erano narrazioni favolose, da inventare: sommi tecnocrati, filibustieri e capitani coraggiosi, tutta una classe politica da mandare al macero, o in esilio in Tunisia. C’erano eroi di latta, da lanciare in pista, a dire a tutti: rassegnatevi, d’ora in avanti avrete sempre di meno. E giù applausi scroscianti, anche se poi – incidentalmente – il tritolo disintegrava i giudici antimafia.Quando il fiato si è fatto pesante, sono arrivati infine i saltimbanchi a recitare le loro parodie, le piccole rivoluzioni da operetta. Gli hanno lasciato la scena, per qualche tempo, gli uomini del piano. Ma, al segnale convenuto, hanno ripreso il controllo e accelerato, spingendosi ben oltre l’immaginabile: segregazione obbligatoria e coprifuoco, come in guerra, grazie allo zelo di opportune marionette. Nessuna terapia: il copione prescrive la paura, come medicina unica. E il risultato – l’obbedienza – deve aver sbalordito gli stessi strateghi dell’azzardo: al punto da incoraggiarli a non avere più freni, osando l’inosabile, nel progettare il nuovo inferno per le pecore. Deve saperlo, chi cammina fra le tombe: non sarà facile trovare le parole per cambiare il piano. Serviranno trucchi, l’artificio creativo dell’affabulazione. Non c’è altro linguaggio, alla portata dell’acquario: bisognerà giocare con le stesse antiche frottole, riconvertendole in qualcosa di spendibile, titoli e slogan per l’eventuale nuova era, dando tempo ai frastornati e ai creduloni. Armarsi di pazienza è l’unico sistema, per chi davvero vuol provare a fare uscire i sogni dal loro cimitero.(Giorgio Cattaneo, 5 febbraio 2021)E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.
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Negazionisti al potere: oscurano le terapie anti-Covid
“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.Il nostro primo nemico sono i media, ha detto Donald Trump nel suo ultimo discorso alla Casa Bianca. Quello di Trump resta un nome divisivo: in tanti considerano ancora una specie di rozzo outsider, un quasi-mascalzone, il presidente sconfitto dal voto postale arrivato fuori tempo massimo, e “aggiustato” col favore delle tenebre dal sistema digitale Dominion. Vent’anni fa, la stessa canzone la cantava un solista come Giulietto Chiesa: da tempo, i grandi media ci raccontano il contrario della verità. Un altro analista controcorrente, Marcello Pamio, ricorda che oggi sono soltanto 4, i grandi gruppi cui fanno capo tutti gli editori e i broadcaster televisivi. Un reporter indipendente del calibro di Franco Fracassi insiste su un punto: un unico gruppo ristrettissimo, composto dalle stesse persone, siede nei consigli di amministrazione delle tre entità finanziarie (BlackRock, Vanguard e State Street) che controllano il pianeta: industria, finanza, grandi banche, multinazionali. Big Tech e Big Web, Big Pharma e Big Money, incluso Big Media.Fin che si scherza, disquisisendo di calcio o di politica, passi; ma che succede, se qualcuno decide che una sindrome influenzale deve fermare il mondo intero? Chi sarebbe così ingenuo da credere che i grandi media potrebbero, anche volendo, uscire dal coro del nuovo credo religioso, che impone la Bibbia dell’Emergenza come unica modalità possibile per affrontare il coronavirus? E’ questo, probabilmente, il “dono” più prezioso del Covid: l’aver messo in luce la gravità del problema, quello vero. E cioè: la costante, tenace, orwelliana sparizione della realtà, in favore di una rappresentazione del tutto virtuale della situazione. Con due soli titoli nella stessa pagina, “La Stampa” mostra i sintomi dello stesso male: la falsa narrazione dell’Europa e la falsa narrazione della “pandemia”. Nel mirino di Massimo Giannini, la “pazza” crisi di governo italiana, innescata da Matteo Renzi e giudicata rovinosamente inopportuna. Com’era iniziata? Contestando il Recovery Plan, cioè il presunto aiuto europeo.Renzi lo ha criticato sia nel merito (una misera bozza, senza idee), sia nel metodo: in prima battuta, Giuseppe Conte avrebbe affidato anche quello, come tutto il resto, a un pugno di tecnici di sua esclusiva fiducia, scavalcando governo e Parlamento, ministri e partiti. Sarebbero in ballo oltre 200 miliardi di euro, si racconta. Ma è vero? Non proprio, precisano esperti come Davide Gionco: arriverebbero al massimo 50 miliardi a fondo perduto, il resto sarebbero solo prestiti da restituire. E cioè: lo Stato italiano, sottoposto all’Ue e all’Eurozona, deve ricorrere a elemosine esterne, non potendo più generare da sé le necessarie risorse, come aveva sempre fatto, da quando ha accettato di sottostare al regime di Bruxelles, il cui paternalismo “patrigno” è smaccato: finora l’Italia ha largamente finanziato l’Unione Europea, più di quanto l’Ue abbia finanziato l’Italia (lo stesso Gionco calcola che il saldo è a nostro sfavore, per un ammontare di oltre 112 miliardi di euro).Non solo: gli aiuti del Recovery Plan – pure “concessi” in un momento in cui, col pretesto del Covid – il feudalesimo imperiale ha elargito una deroga alla spietata austerity del Patto di Stabilità – non sarebbero affatto “gratis”: in cambio, infatti, si chiede all’Italia di adottare le famigerate “riforme strutturali”, inclusa quella delle pensioni, già tentate dall’indimenticabile ticket rappresentato da Mario Monti ed Elsa Fornero. Né c’era da illudersi che lo stesso Matteo Renzi, l’uomo del Jobs Act, trovasse nulla da eccepire, su questo. Figurarsi Massimo Giannini, aureo cantore della Bella Europa, quella che – per definizione – ha sempre ragione, nel maltrattare l’Italia. E chi è Giannini? Quali speciali meriti può vantare, l’ex vicedirettore di “Repubblica” ora passato a dirigere il giornale della famiglia Elkann, che – per inciso, nel silenzio generale – si è comprata anche “Repubblica” e l’intero gruppo “Espresso”, alla faccia del mitico pluralismo dell’editoria, per il quale – decenni or sono – fu scatenata la grande guerra contro Berlusconi?Il signore che spiega ai lettori che la crisi Renzi-Conte è “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona” è stipendiato dai signori di Torino che pagano le tasse all’estero, ma un anno fa hanno prontamente ottenuto quasi 7 miliardi di sussidi governativi, anche se la gran parte delle automobili Fiat sono fabbricate, a basso costo, lontano dall’Italia. Non solo: nel silenzio assordante di Landini e degli altri sindacalisti-eroi, Fiat-Fca ha praticamente ceduto il timone ai francesi di Psa, ipotecando di fatto l’archiviazione degli ultimi stabilimenti nazionali, con tutto il loro indotto. Non è finita: gli Elkann stanno cedendo (stavolta ai cinesi, i veri dominatori della crisi Covid) il florido segmento dei veicoli industriali, Iveco e New Holland. Quanto al coronavirus, sempre Fiat-Fca ha ottenuto oltre 100 milioni di euro per fabbricare mascherine. E’ dall’alto di questo pulpito, fatto di fulgida indipendenza e puro giornalismo, che Massimo Giannini ammaestra i lettori de “La Stampa”, spiegando loro che il collasso del Conte-bis – proprio ora, in piena “pandemia” e di fronte all’imperdibile “occasione storica” del Recovery – è davvero inammissibile: è davvero “l’opera buffa che l’Europa non ci perdona”.Poi c’è il fronte interno, quello strettamente sanitario: la religione dei lockdown, del coprifuoco, delle zone rosse. A cosa sono servite, queste misure incostituzionali? A niente, se è vero che – appena si allenta la morsa, nella stagione fredda – il coronavirus riprende a galoppare. Esistono, le terapie per neutralizzarlo? Sì, ma Giannini e colleghi – tutti quanti, o quasi – non ne parlano mai. Molti medici pare che non le conoscano neppure: ufficialmente, nessuno li ha ancora informati. Dopo un anno di ricoveri (e decine di migliaia di morti) il protocollo non è cambiato: lasciare i pazienti a casa, in attesa che si aggravino, somministrando solo l’inutile Tachipirina. Uno scandalo? Di più: una strage colposa. Secondo i sanitari recentemente interpellati da “Fuori dal coro”, su “Rete 4″, in una rara finestra-verità concessa dal mainstream media, si sarebbero potuti evitare anche 50.000 decessi, se solo fosse stato adottato in modo tempestivo e sistematico un protocollo nazionale, univoco, per curare i pazienti – da casa – ai primi sintomi. Con che farmaci? Quelli che notoriamente guariscono dal Covid: idrossiclorochina ed eparina.La notizia è gigantesca, oltraggiosa e schiacciante: ma viene regolarmente occultata. Uno dei medici che vantano il 100% di successi – uno dei tanti, il dottor Mariano Amici di Roma – è stato letteralmente massacrato da tale Corrado Formigli, su “La7″, con il contributo del viceministro Sileri e di una donna, l’influencer Selvaggia Lucarelli, non si capisce a quale titolo invitata in trasmissione per smentire medici. Come si permette, il dottor Amici, di dire che i suoi pazienti guariscono senza neppure essere ricoverati? Non sarebbe il caso di far intervenire l’Ordine dei Medici – propone l’inquietante Formigli – per punire in modo esemplare un dottore che si vanta di guarire i malati con dei semplici antinfiammatori? Analogo linciaggio a “Rai1″, nel salotto di Maria Venier, dove è stato letteralmente insolentito l’attore Kabir Bedi. La sua colpa? Aver ricordato che, se in un paese come l’India (arretrato e densamente popolato) la mortalità è un terzo di quella italiana, è per via delle misure di prevenzione saggiamente adottate: tante vitamine, anziché i disastrosi lockdown.Chiaro: se i giornalisti avessero fatto il loro dovere (informare il pubblico), oggi la maggioranza degli italiani saprebbe che a fare miracoli sono una dieta equilibrata, uno stile di vita salutare (moto all’aria aperta) e l’assunzione delle vitamine C e D3. Se si contrae il contagio, si resta spesso asintomatici e non infettivi. Se poi si innesca il Covid, esistono normali terapie per guarire in pochi giorni, a patto che le cure inizino subito. Se invece si attende, “friggendo nella febbre”, poi non resta che l’ospedale. Ma a quel punto, dicono i tanti medici italiani dell’associazione “Ippocrate”, potrebbe essere troppo tardi: perché il Covid, se trascurato, può innescare complicanze anche letali, specie negli anziani e nei soggetti già afflitti da gravi malattie. Queste sono le verità offerte dai medici in prima linea, e che politica e media continuano a rifiutare. Davvero la cattiva politica (supportata dal sistema media) avrebbe provocato 50.000 morti in più? Se così fosse, saremmo di fronte a una strage storica, che non potrebbe non essere sanzionata, un giorno, per via giudiziaria.Eppure, il minestrone medatico non accenna a migliorare. La tesi (falsa) secondo cui non esistono cure efficaci è l’arma con cui ancora si dispongono i lockdown, devastando l’economia e la società, inclusa la salute (fisica e psichica) degli italiani, obbedendo peraltro a un oscuro ordine di scuderia, emanato da una regia mondiale. Vi si opponeva Trump, ma è stato disarcionato. L’India viene ridicolizzata. L’altro avversario della Religione della Paura, il russo Putin, viene quotidiamente criminalizzato a reti unificate. Se non altro, gli eccessi sfrontati del nuovo regime (sanitario, politico e mediatico) mettono in luce la frode, sempre più evidente: se dico che non esistono cure, ho la scusa per tenere la gente in casa e per vendere l’unico prodotto che mi interessa piazzare, i vaccini, a prescindere dalla loro efficacia e dalla loro sicurezza. Se invece emerge che dal Covid si può guarire senza neppure finire all’ospedale, addio: non ha più senso niente. L’emergenza infinita, il distanziamento, il coprifuoco e le zone rosse, i vaccini: tutto diventa insensato, se so che posso curare i pazienti in una settimana, lasciandoli a casa.Dov’è il problema? Ce l’abbiamo di fronte, e ha tanti nomi: Giuseppe Conte e Massimo Giannini, Mara Venier, Selvaggia Lucarelli, Corrado Formigli e tutti gli altri, inclusi gli inguardabili virologi televisivi. Decine di migliaia di medici, in tutto il mondo, hanno aderito alla Dichiarazione di Great Barrington, promossa dai massimi epidemiologi – quelli veri – che hanno affrontato l’Ebola. Dicono: lockdown e distanziamento sono un rimedio peggiore del male, perché ritardano la soluzione. Che è semplice: fare in mondo che si contagino tutti, tranne gli anziani malati (quelli sì, da tenere in isolamento), dando modo al virus di mutare e adattarsi al nostro organismo, fino a diventare innocuo. Ci si può ammalare? Sì, certo: bisogna essere vigili. Ma le cure esistono: basta conoscerle (e farle conoscere, finalmente, senza più ostacolarle). I medici eroici come quelli di “Ippocrate” sopperiscono alla colpevole latitanza dello Stato: curano le persone gratis, a casa. Basta chiamarli, e arrivano. Il fatto che ancora oggi sembrino una rete clandestina la dice lunga, sulla “dittatura” che si è insediata, utilizzando il terrorismo sanitario.Riuscirà la catastrofe-Covid a far rinsavire chi ha perso il senno, e continua a vivere nella paura come se fossimo davanti alla peste bubbonica? L’ottuso accenderà il cervello e smetterà di chiamare “negazionista” chi diffida della versione ufficiale regolarmente propinata al popolo bue? Si deciderà a smettere di comprare i giornali come quello di Giannini, e a spegnere la televisione dei non-giornalisti alla Formigli? Farà finalmente lo sforzo di informarsi, ascoltando le voci delle migliaia di persone guarite (a casa) perché curate tempestivamente, coi farmaci giusti e dai medici giusti, quelli che i giornali e la televisione vorrebbero cancellare, esattamente come i dittatori cancellano le voci libere? Oppure crederà ancora che sia un problema, il cosiddetto “assembramento” dei reclusi che si godono l’ora d’aria? Crederà ancora al potere salvifico della mascherina indossata all’aperto?L’altro grande lascito del disastro-Covid è la divisione in due dell’umanità: da una parte gli ottenebrati, i pigri, gli egoisti impauriti; dall’altra i cittadini che hanno aperto gli occhi, scoprendo – tra l’altro – di non essere affatto in buona compagnia, in mezzo a pecore pericolsamente pronte a subire (e far subire) ogni vessazione, incluso il pass vaccinale come precondizione per lavorare e viaggiare, grazie all’alibi di una terribile malattia curabile da casa in pochi giorni. L’attraversamento del guado è appena cominciato: la Svizzera annuncia il primo referendum al mondo contro i lockdown, mentre la Germania appronta lager speciali per renitenti alle misure disposte dalla polizia sanitaria. Di fronte al dilagare di notizie imbarazzanti, come i contagi a valanga che esplodono nelle Rsa dove è stato somministrato il vaccino Pfizer, i media non si smentiscono: tacciono, oppure si dicono certi che non vi sia correlazione, tra l’arrivo del vaccino e quello del Covid, in case per anziani dove fino al giorno prima il contagio non esisteva.L’Italia brilla: è il peggior paese al mondo, di fronte al coronavirus, mettendo insieme i suoi record (numero di vittime e disastro economico). Nessuno, sul pianeta, ha fatto peggio di noi. Merito di Giuseppe Conte e del suo commissario, Domenico Arcuri, che per i padiglioni vaccinali nelle piazze ha scelto quelli da 459.000 euro, scartando padiglioni (analoghi) che costavano solo 70.000 euro. Indagare Arcuri? Ci sta pensando la Corte dei Conti, che ha aperto 7 procedimenti sulle spese pazze del commissario. Che però se la ride: il decreto “Cura Italia”, varato da Conte, all’articolo 122, comma 8, prevede lo “scudo penale per il commissario”, perché “ha dovuto agire in emergenza”. E il paese di Conte, di Renzi e di Arcuri oggi si strugge per i rischi dell’affollamento al Festival di Sanremo. Organizzarlo senza il pubblico? «Volendo anche senza i cantanti, per il bene della musica», chiosa Sgarbi con una battuta, in un mondo dove tutto è diventato clandestino: le notizie, drenate dall’inaudito Ministero della Verità istituito da “Giuseppi”, e le stesse terapie che riducono il Covid, se curato senza indugi, a una normalissima malattia da cui uscire indenni in una manciata di giorni. Ma guai a dirlo: se lo si ammette, il business dell’emergenza è finito.“L’opera buffa che l’Europa non ci perdona”, titola Massimo Giannini il 31 gennaio sulla “Stampa”, che l’indomani – con una foto che mostra finalmente gente a spasso per strada (sia pure imbavagliata nelle mascherine) – rilancia l’allarme di Agostino Miozzo, coordinatore del Cts: “Niente assembramenti, o la curva riparte”. Due titoli che, da soli, riassumono il mondo parallelo in cui vivono i grandi media, massimi portavoce della nuova religione basata su due dogmi fasulli eppure intoccabili. Il primo: l’Unione Europea e l’Europa sono la stessa cosa, per cui l’Europa (cioè l’Unione Europea) ha sempre ragione, e l’Italia sempre torto. Il secondo: l’epidemia di coronavirus è realmente apocalittica e inarrestabile, non esistono terapie efficaci per guarire dal Covid; la diffusione dei contagi è un male, l’unico rimedio è la clausura, e la colpa del disastro è da imputare soprattutto ai cittadini. Questo il ragionamento offerto: se gli italiani rimettono il naso fuori di casa, e i contagi riprendono a crescere, l’unica soluzione è richiudere tutto – a oltranza, anche per sempre – mentre il paese nel frattempo crolla. L’altra notizia è che questo mare di falsità continui a circolare, dopo un anno di libertà negate e democrazia sospesa.