Archivio del Tag ‘truffa’
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L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna
Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…L’economista è temuto per le proprie posizioni economiche, posizioni che non sono “euroscettiche”, come riferito erroneamente dalla combriccola dell’Ancien Régime (cui dobbiamo dire grazie per 40 anni di corruzione, macelleria sociale, parassitismo ed alto tradimento), bensì pro-italiani. E’ uomo di potere, certo, non è una novità politica; ma ben vengano figure di questo livello, rimaste indipendenti di fronte alle lusinghe del sistema finanziario internazionale (che ha in mano la nostra informazione), personalità che possano “dare del tu” e ricevere rispetto da Merkel e Macron. Come scrissi nel saggio che presentai alla Camera nel 2016 (collaborando con l’ex deputato 5S Massimiliano Bernini e con la deputata Ciprini), la stampa da “cane da guardia della democrazia” si è trasformata nel “dobermann del potere” (e forse non è casuale che il dobermann sia una razza tedesca). I media tuttavia stanno sottovalutando un fattore: non sempre i manipolatori delle emozioni umane vincono la partita. Sono certo che Lega e 5S abbiano accusato un contraccolpo in termini di consenso, in questi giorni; eppure allo stesso tempo spero che ai cittadini interessi altro: una ingente riduzione della pressione fiscale anche alla luce della tipologia di paese in cui viviamo(!); l’espulsione di tutti coloro, non profughi, che sono giunti e vogliono giungere in Italia senza un permesso di soggiorno, senza un contratto di lavoro “in tasca”; una reale flexicurity (flessibilità nei contratti unita a diritti sociali universali come il salario orario e il Reddito Minimo Garantito di Cittadinanza); il collocamento di una bella pietra tombale su corruzione, parassitismo e rendite speculativo-finanziarie, un salasso per il nostro paese.Pd e Silvio Berlusconi (Responsabili sì, ma del declino italiano!) non concederebbero mai riforme degne di questo nome; molto meglio per loro un paese di cittadini in difficoltà, perciò in svendita. Il “governo del cambiamento”, ricordo a lor signori, non ha mai parlato di “uscita dall’euro” (quanto mai opportuna) bensì di trattativa nell’interesse del nostro popolo, di rispetto della centralità della Costituzione: ciò significa centralità del nostro benessere. Gli altri paesi trattano e ottengono; all’Italia è vietato farlo perché chi ha preceduto il “governo del cambiamento” ha abituato i “partner” dell’Eurozona (in realtà competitors che non regalano niente) a una totale sottomissione, in cambio di quelle prebende personali che piovono dalla macchina finanziaria ad essi connessa. Il tutto mentre il cittadino è privato anche della dignità col combinato disposto “tasse, disoccupazione e assenza di diritti sociali universali”. L’ Articolo 1 è l’articolo fondamentale della Costituzione italiana; nel momento in cui venga dimostrato che qualche accordo internazionale generi perdita di posti lavoro (su cui siamo fondati), o/e macelleria sociale, è automaticamente anticostituzionale, si pone fuori dallo Stato di diritto e va ridiscusso finché non risulti coerente con la Carta, finché non si dimostri conveniente per gli interessi nazionali.Chi governa ha quindi l’obbligo istituzionale (non ha scelta) di aprire un tavolo con le altre nazioni; eppure questa prospettiva è ciò che soggetti multinazionali ed esteri non vogliono accada. L’articolo 1 recita che “la sovranità appartiene al popolo”, quindi essa non può emigrare e si esercita con il voto democratico, ergo non è possibile imporre “un Cottarelli” nel momento in cui la maggioranza del paese (5S e Lega) indichi un altro nome. La verità celata ai cittadini è che l’Italia, rispetto al proprio Pil, ha un livello di debito estero (peraltro generato proprio dalla moneta unica, a causa del rapporto-truffa di cui abbiamo GIA’ DETTO QUI già detto qui) più o meno pari a quello tedesco (vedi il “Sole 24 Ore”): per il resto è indebitata verso se stessa!!! Questo, unitamente alla solidità delle partite correnti, dovrebbe essere il criterio cui dovrebbero riferirsi (quando parlano di noi o di qualsiasi nazione al mondo) Fmi, Ue, Ue-M e i grandi giornalisti italiani e stranieri. Il famoso aumento dell’Iva, tanto desiderato dai parassiti cui dedico questo articolo, non serve nemmeno per idea a rendere sostenibili i conti pubblici, ma semmai a peggiorarli; genera un meccanismo (noto a tutti nell’ambiente economico) che, a cascata, trasferisce risorse dall’Italia a quelle banche private tedesche che devono essere salvate; e con esse emigra anche l’occupazione.Le cosiddette sinistre (italiane ed europee), i radicali, il noto possessore di grosse SpA e tutti i quotidiani (nessuno escluso, e domandatevi perché!) hanno dimostrato di essere pronti ad anteporre a milioni di cittadini i loro interessi privatistici (quando non addirittura aziendali) pur di portarci in un mondo globalista il quale, in nome di una finanza ordoliberista e di promesse fantasiose, renderebbe gli esseri umani pari a numerini privi di spinta individuale e creativa (privati della libertà). Concludo con una critica. In questa fase, se si vuole bene al proprio paese, di fronte a questo macello mediatico si ha l’onesto obbligo di rimanere compatti e non ci si presta alla strumentalizzazione, non ci si riposiziona politicamente (conosco i miei polli e ho sempre disprezzato l’opportunismo fino a non partecipare più alla politica attiva) anche se farlo, un domani, a qualcuno, potrebbe fare comodo. Soprattutto quando si ha ben chiaro che i nemici del popolo italiano non sono i leghisti ma ben altri…(Marco Giannini, “L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna”, pubblicato su “Libreidee” il 24 maggio 2018. Già attivista del Movimento 5 Stelle, Giannini è autore del saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione”, sottotitolo “Corso di sopravvivenza per chi non sa niente di economia”, edito da Andromeda nel 2015, presentato anche alla Camera. Nel gennaio 2017 Giannini si è distanziato dal movimento fondato da Grillo dopo la tentata adesione del M5S al gruppo ultra-europeista dell’Alde in seno al Parlamento Europeo).Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…
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Morte di David Rossi, Fracassi: colpa di Draghi il crollo Mps
Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.Il primo a puntare il dito contro il presidente della Bce è stato Gioele Magaldi, leader del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che svela il ruolo di 36 Ur-Lodges nel “back office” del massimo potere mondiale. Superlogge sovranazionali potentissime, come le 5 organizzazioni di stampo neo-aristocratico alle quali, secondo Magaldi, è affiliato Draghi: sono la “Edmund Burke”, la “Pan-Europa”, la “Der Ring”, nonché due autentiche colonne del mondo supermassonico di segno reazionario, la “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e la “Three Eyes”, il club di Kissinger, Rockefeller e Brzesinski. «Quando era governatore di Bankitalia – sostiene Magaldi – Draghi avrebbe dovuto vigilare sulla spericolata acquisizione di Antonveneta da parte della banca senese. Ma non lo fece, così come Anna Maria Tarantola, all’epoca alta funzionaria della Banca d’Italia». La vicenda Mps-Antonveneta è nota: il “Sole 24 Ore” la definisce «la più grande rivalutazione della storia». Il prezzo di Antonveneta, riassume il quotidiano di Confindustria, nel 2007 schizzò in pochi mesi dai 6,6 miliardi pagati dal Banco Santander per comprare l’istituto ai 9,3 (più oneri vari che hanno fatto salire il prezzo definitivo a 10,3 miliardi circa) tirati fuori da Mps.Oltre 10 miliardi, dunque, ai quali «vanno aggiunti almeno altri 7,9 miliardi di debiti di Antonveneta, che l’istituto senese si è accollato». In soli 11 mesi – dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009 – il Monte dei Paschi «ha effettuato bonifici per oltre 17 miliardi». Soldi che, scrive il “Sole”, «sono finiti ad Amsterdam, Londra e Madrid». Oggi, Franco Fracassi la definisce «la più grande operazione bancaria della storia», avendo coinvolto anche gli olandesi di Abn-Amro, gli inglesi e la Banca Mondiale. «Draghi – insiste Fracassi, a “Border Nights” – ha avuto un ruolo di primo piano, nel disastro del Monte dei Paschi, perché non ha permesso controllo ma, a mio giudizio, ha premuto per la cosa: è stato lui a spingere il Monte dei Paschi nel baratro, perché la banca senese era un tassello fondamentale di questa operazione – che Draghi ha voluto a tutti i costi, e che ha portato alla grande crisi economica, quella che sta devastando tutta l’Europa da ormai dieci anni». Questa crisi, aggiunge Fracassi, è figlia del crack di alcune delle più grandi banche d’Europa, «frutto di un’operazione voluta da Draghi in un momento in cui non bisognava farla, e soprattutto non in maniera così scellerata, come se si avesse voluto gettare l’Europa nel baratro».Perché è successo? «Non credo che Draghi non sapesse che cosa sarebbe potuto accadere», dice sempre Fracassi a “Border Nights”. «Non credo l’abbia fatto per leggerezza. E’ una persona molto intelligente, che sa il fatto suo. E so anche che Draghi è uno dei campioni del neoliberismo: è colui che, quando stava in Goldman Sachs, ha gettato nel baratro la Grecia». Conoscendo l’ideologia neoliberista e le strategie normalmente adottate dall’élite finanziaria euro-atlantica, aggiunge Fracassi, «presumo che ci sia stata la volontà di gettare l’Europa nella crisi». Draghi? «In questo ha avuto un ruolo di primo piano, e il Monte dei Paschi è stata la chiave di volta: quantomeno, quindi – conclude – Draghi ha delle responsabilità morali, per questa vicenda», su cui ora incombe anche il giallo della morte di David Rossi. E quello strano video, che Fracassi attribuisce alla Cia? Proprio la fonte di quelle immagini terribili «dà la dimensione della cosa», aggiunge il giornalista. «E’ un filmato che non dovrebbe esistere, e che teoricamente non dovrebbe avere nulla a che vedere con loro: cosa può importare, alla Cia, di un italiano che si suicida?». Vai a sapere. Sempre Fracassi, a “ByoBlu”, ha rivelato che «il Montepaschi è una delle banche che in questi ultimi 7 anni hanno garantito l’acquisto e la vendita di armi a tutte le parti in conflitto in Siria».Nel libro scritto con Lannutti, Fracassi cerca di capire «chi siano gli assassini di quella che è stata la banca più grande d’Europa». Si parla di armi, di politica, di criminalità organizzata. «Anche il mondo sommerso del crimine, alla fine, passa dalle banche: non è che esiste la Criminal Bank e poi le banche pulite, le banche son banche», dice ancora Fracassi a “Border Nights”. «Tranne forse rari casi virtuosi, la maggior parte delle banche fa queste cose. Il problema è: a che livello, quanto consapevolmente, e quanta ingerenza hanno, questi aspetti, nella gestione complessiva della banca». La crisi di Mps sembra consonante con le recenti notizie sull’assorbimento delle Bcc, le banche di credito cooperativo, raggruppate – per volere della Bce – sono l’ombrello di un unico grande soggetto finanziario, che si teme sarà fatalmente meno attento all’economia dei territori e invece più aperto (come il Montepaschi dopo la fatale svolta) al mercato finanziario internazionale dei titoli tossici. «Il fallimento del Montepaschi, dovuto alla responsabilità quantomeno morale di Mario Draghi – aggiunge Fracassi – ha portato uno sconquasso in tutto il sistema economico e creditizio europeo. E quindi anche nelle banche italiane, che a differenza di altre erano più fragili, trovandosi in una situazione di grande esposizione, per aver fatto fusioni con altre banche e investimenti in Borsa sbagliati, ma soprattutto per la quantità di crediti inesigibili».Di per sé, precisa il giornalista, i crediti inesigibili non fanno crollare una banca, se non molto raramente. «Se però il sistema salta, quei crediti inesigibili diventano insostenibili: durante una crisi econonica, chi ha preso soldi in prestito non riesce a restituirli. E’ una sorta di catena: più banche falliscono, e più rischiano di fallirne». Elementare: «Quando un sistema va in crisi, i più deboli sono i primi a soccombere». E mentre una grande banca ha i suoi paracadute, oltre a essere “too big to fail” (troppo grande per poter fallire), le banche piccole «non hanno quasi protezione, da parte della politica e del sistema finanziario: si appoggiano a piccole realtà locali, che possono entrare in crisi coinvolgendo le banche stesse». E’ la storia recente dell’Unione Europea, sintetizza Fracassi, a rendere esplicita la condanna (non giudiziaria, certo, ma storico-politica) dei super-tecnocrati alla Mario Draghi, onnipotenti registi di una crisi abilmente pilotata per organizzare uno smisurato trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto. Un fenomeno spaventosamente spettacolare, senza eguali nella storia moderna. Il sociologo Luciano Gallino lo chiamava “lotta di classe dei ricchi contro i poveri”. E in attesa che venga alla luce la verità definitiva sulla fine di David Rossi – esecutori e mandanti dell’eventuale omicidio – Franco Fracassi insiste: almeno moralmente, la colpa è di Draghi. Distruggere Mps faceva parte di un piano preciso, che l’ex governatore di Bankitalia, poi promosso alla Bce, non ha certo ostacolato.(Il libro: Elio Lannutti e Franco Fracassi, “Morte dei Paschi. Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena”, PaperFirst editore, 280 pagine, 12 euro).Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.
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Scie chimiche in tribunale, ma resta il silenzio sul fenomeno
Tu chiamalo, se vuoi, giornalismo. Nessuno sa o vuole spiegare come mai i cieli non sono più azzurri, ma a strisce bianche. Eppure la colpa è dei “complottisti”, non dei governi che tacciono sul fenomeno. Non fa eccezione la reporter Silvia Bencivelli, letteralmente bombardata da «un crescendo di insulti e minacce sui social (spesso a sfondo sessuale)», dopo un articolo scritto per “La Stampa” nel 2013, dal titolo: “Scie chimiche, la leggenda di una bufala”. Un assedio intimidatorio che, scrive ora su “Repubblica”, «mi ha costretto a vivere nella paura» da quando un “branco” di ostinati “cospirazionisti” l’ha presa di mira. Ora è stato condannato quello che Silvia Bencivelli definisce “il capobranco”: si tratta di Rosario Marcianò, del blog “Tanker Enemy”: otto mesi, per diffamazione a mezzo web. «La sentenza è di quelle storiche, capaci di creare un precedente», scrive Giorgia Marino sulla “Stampa”, che saluta «forse anche un cambio di rotta, in tempi in cui odio digitale ed esacerbata violenza verbale impediscono troppo spesso un pacato e civile dialogo online». Tutto nasce nel 2013, quando Bencivelli scrive un articolo che la stessa Marino definisce “di giornalismo scientifico”. «Dopo appena mezz’ora dalla pubblicazione online, sulla casella di posta elettronica della giornalista arriva una email di Marcianò: “Non ti vergogni?”. Da quel momento – scrive Giorgia Marino – comincia un vero e proprio mail-bombing da parte dei seguaci di Marcianò, a cui segue una valanga di messaggi aggressivi su Facebook, incitati dallo stesso guru delle scie chimiche».«Una bufera a cui non ero minimamente preparata», sostiene Silvia Bencivelli: «Io mi occupo di neutrini e balene, mai avrei pensato di poter suscitare un tale odio con un mio scritto». Si occupa di neutrini e balene, ma ha affrontato anche il tema delle scie chimiche. Come? Definendo il fenomeno “la leggenda di una bufala”. Sicurezza tolemaica, esibita già a partire dal sottotitolo: “Come una storia inventata da due truffatori americani nel 1997, per colpa dell’irrazionalità e dell’antiscienza, è diventata un articolo di fede”. Dunque quelle scie bianche sono rilasciate “dall’irrazionalità e dall’antiscienza”, non dagli aerei? Nell’articolo, la Bencivelli rievoca la storia di due statunitensi, Richard Finke e Larry Wayne Harris, che per reclamizzare la Lwh Consulting, società di consulenza contro gli attacchi terroristici, nel 1997 «cominciarono a spammare email in cui annunciavano l’imminenza di un attacco», con il batterio della peste bubbonica nebulizzato in atmosfera. A seguire, un “mailing” aggressivo sulla presunta irrorazione con sostanze tossiche mescolate al carburante degli aerei: «Le linee che riempiono i nostri cieli non sono scie di condensazione: vengono disperse e possono durare ore, rilasciando lentamente il flagello». La bufala cominciò così a volare, scrive Bencivelli, approdando sui media americani grazie al giornalista William Thomas, che ha lanciato “Skyder Alert”, il primo social network per appassionati di “chemtrails”: scaricato su smartphone, permette di inviare direttamente ai propri politici di riferimento le foto del cielo solcato da strisce bianche.«Sì, perché le principali prove dell’esistenza del fenomeno sono, al momento, fotografie del cielo», aggiunge Silvia Bencivelli nel suo articolo del 2013, citando “leggende” come quella degli “elicotteri neri” e “arei invisibili” che rilascerebbero veleni. Ma, a parte le dicerie sui vettori-fantasma, che dire delle scie che infestano lettaralmente il cielo da una quindicina d’anni? «Nella loro versione tradizionale», scrive la giornalista, «le scie chimiche vere e proprie sarebbero bianche e si riconoscerebbero dalle normali scie di condensazione degli aerei perché più spesse, più durature e genericamente insolite e sospette». Sarebbero? Certo: si usa il condizionale, di fronte alle scie bianche, come se chiunque non le potesse vedere. «Sarebbero anche recenti, cose degli ultimi vent’anni», aggiunge Bencivelli, «a dispetto di documenti fotografici risalenti alla guerra civile spagnola e alla seconda guerra mondiale che mostrano il cielo striato dalle tracce dei bombardieri». Qui bisogna ricorrere a Orwell: a meno di non metter mano a Photoshop, infatti – tra le foto scattate, a miliardi, sul pianeta Terra – è praticamente impossibile vedere (in tempo di pace) cieli striati di bianco, prima del Duemila. Oggi, viceversa, come chiunque può constatare – chiunque, ma non il giornalismo “scientifico” – non esiste più alcun orizzonte interamente blu, se non in giorni di forte vento: l’atmosfera è letteralmente coperta dalla griglia candida stesa in cielo ogni giorno dai “pittori” alati.Come da copione, in questi casi il mainstream si rivolge al Cicap, il think-tank fondato alla fine degli anni ‘80 su impulso di Piero Angela. L’iniziale Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, proprio nel 2013 ha cambiato pelle: il suo “controllo” si è concentrato sulle Affermazioni sulle Pseudoscienze. L’uomo Cicap immancabilmente citato da Silvia Bencivelli nel suo celebre articolo sulla “Stampa” è Simone Angioni, chimico dell’università di Pavia. Lo schema è ripetitivo: Angioni si limita a parlare delle innocue scie di condensazione, quelle che “seguono” l’aereo per pochi chilometri, dissolvendosi rapidamente. Un giornalista, “scientifico” o no, a questo punto dovrebbe fare domande. Per esempio: le scie sono aumentate? Da quando sono comparse le scie “persistenti”? Sono provocate dal carburante degli aerei o da mutate condizioni atmosferiche? C’è da preoccuparsi o possiamo stare tranquilli? In altre parole: cosa sono, tutte quelle scie che ormai velano il sole e che vent’anni da non c’erano? Ma niente: non se ne parla proprio, laddove si svela “la leggenda di una bufala”. Il chimico Angioni preferisce un altro tema: la descrizione delle dicerie comuni, a cura del “complottismo”, sulla composizione delle scie. «Per qualcuno, di recente – aggiunge il tecnico del Cicap – c’è anche il sospetto di un complotto internazionale per indurre modifiche climatiche con microparticelle metalliche o cose simili, che nasce dalla confusione con esperimenti veri, e pubblici, di modifica di microcondizioni climatiche».Esperimenti veri, e pubblici, di modifica di microcondizioni climatiche? Questa sì che è una notizia, ma a quanto pare è fuori dalla portata dal nostro giornalismo “scientifico”. Il report “owning the weather” diffuso dal generale Fabio Mini, già a capo della missione Nato in Kosovo, è rimasto per lo più confinato nel recinto “cospirazionista” del web, così come le tesi sulla geoingegneria esposte a Erice dallo scienziato americano Edward Teller, il primo a parlare di “aerosol” nei cieli. «Ma in sostanza, niente di dimostrato e niente, alla fine, di veramente spaventoso», si legge nell’articolo della Bencivelli sulle scie, rassicurante solo per i ciechi. «Solo una bufala che vola», insiste, nonostante le innumerevoli interrogazioni parlamentari sul tema e il riprovevole spazio concesso alle ipotetiche “chentrails” da trasmissioni come “Voyager” e da emittenti come “Radio Deejay”. Ma attenzione: «Non è un vero business», precisa il chimico Angioni, improvvisandosi esperto di comunicazione: «Piuttosto serve ad avere l’attenzione dei media e del pubblico, fino alla prima serata in tv», quando finalmente si parlerà di cose più serie. «Nonostante tutto, la bufala delle scie chimiche continua a viaggiare indisturbata». Perché? Secondo Angioni, per una ragione umanissima: «La convinzione di essere i salvatori del mondo è appagante, soprattutto se si può diventare eroi restando comodamente seduti alla propria scrivania».Al contrario, «rivedere le proprie convinzioni significa tornare alla dura realtà», sostiene il chimico del Cicap. «Così molti preferiscono rimanere nel mondo delle cospirazioni globali». Il mondo dei complotti: «Quello in cui le bufale volano, per esempio», chiosa Silvia Bencivelli, il cui caso – le minacce, ora sanzionate dalla magistratura – torna ad alimentare la campagna di stampa contro il web. Silenzio assoluto, invece, sulle fake news che i grandi media continuano a fabbricare: solo “Pandora Tv” ha raccontato la storia di Hassan Djab, 11 anni, trasformato – in cambio di un po’ di cibo – in “comparsa” per il video girato dagli Elmetti Bianchi per simulare le conseguenze del presunto attacco chimico a Douma, servito da pretesto per il bombardamento missilistico ordinato da Trump. Giornali e televisioni? Hanno parlato dei “gas di Assad”, poi hanno voltato pagina. «I Caschi Bianchi tentano di corrompere anche il mondo dello spettacolo», denuncia Roger Waters in un concerto a Barcellona, dopo che qualcuno aveva cercato di ingaggiare l’ex Pink Floyd per la “crociata” contro la Siria. E’ vero, sui social media circola molto odio, protetto dall’anonimato dei nickname. Le menzogne veicolate dalla grande stampa, invece, fanno volare i missili. Le scie chimiche? Sembrano una piccola palestra di deformazione della realtà. Non viene in mente, al Cicap, che per dissipare le più fervide fantasie “complottistiche” basterebbe un pizzico di verità? Chi si azzarderebbe ancora a romanzare ipotesi fantasiose, se finalmente un governo si decidesse a spiegare cosa sono, quelle scie bianche che tutti (tranne il giornalismo “scientifico”) vedono invadere il cielo, da una ventina d’anni?Tu chiamalo, se vuoi, giornalismo. Nessuno sa o vuole spiegare come mai i cieli non sono più azzurri, ma a strisce bianche. Eppure la colpa è dei “complottisti”, non dei governi che tacciono sul fenomeno. Non fa eccezione la reporter Silvia Bencivelli, letteralmente bombardata da «un crescendo di insulti e minacce sui social (spesso a sfondo sessuale)», dopo un articolo scritto per “La Stampa” nel 2013, dal titolo: “Scie chimiche, la leggenda di una bufala”. Un assedio intimidatorio che, scrive ora su “Repubblica”, «mi ha costretto a vivere nella paura» da quando un “branco” di ostinati “cospirazionisti” l’ha presa di mira. Ora è stato condannato (in primo grado) quello che la Bencivelli definisce “il capobranco”: si tratta di Rosario Marcianò, del blog “Tanker Enemy”: otto mesi, per diffamazione a mezzo web. «La sentenza è di quelle storiche, capaci di creare un precedente», si compiace Giorgia Marino sulla “Stampa”, che saluta «forse anche un cambio di rotta, in tempi in cui odio digitale ed esacerbata violenza verbale impediscono troppo spesso un pacato e civile dialogo online». Tutto nasce nel 2013, quando Bencivelli scrive un articolo che la stessa Marino definisce “di giornalismo scientifico”. «Dopo appena mezz’ora dalla pubblicazione online, sulla casella di posta elettronica della giornalista arriva una email di Marcianò: “Non ti vergogni?”. Da quel momento – scrive Giorgia Marino – comincia un vero e proprio mail-bombing da parte dei seguaci di Marcianò, a cui segue una valanga di messaggi aggressivi su Facebook, incitati dallo stesso guru delle scie chimiche».
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Giorgio Galli: magia, esoterismo e potere. La storia segreta
Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.La missione dello studioso: svelare retroscena occulti e, al tempo stesso, demifisticare – con l’occhio razionale dello storico – le tante mitologie connesse al presunto potere di grandi “maghi”, al fianco dei potenti della Terra. Nel mirino innnanzitutto il leader del nazismo. Un fenomeno al quale – tra Himmler e la società Thule – il professor Galli ha dedicato ben tre saggi. Il primo, “Hitler e il nazismo magico” (Rizzoli) risale al 2005. A seguire, “La svastica e le streghe”, una “intervista sul Terzo Reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente”, pubblicata da Hobby & Work nel 2009, quattro anni prima di “Hitler e la cultura occulta”, libro uscito nel 2013, pubblicato ancora da Bur-Rizzoli. Impossibile non notare il potere ipnotico che la retorica del dittatore esercitava su masse immense, durante le celebri adunate oceaniche del nazismo. Disponeva di tecniche occultistiche? «Intanto era nato a Braunau sull’Inn, paese che ha dato i natali a un numero di medium superiore alla norma: c’è chi ritiene che, in determinate zone della Terra, vi siano cariche magnetiche che conferiscano doti particolari, come quelle che caratterizzano i medium e i veggenti». Inoltre, aggiunge Galli, è noto che Hitler prese lezioni da Erik Jan Hanussen, famoso ipnotista austriaco che, «nei teatri, ipnotizzava gli spettatori, facendo creder loro che fossero reali fenomeni che erano solo immaginari».Lo stesso Hanussen, mago e illusionista, fu poi ucciso dai nazisti il 30 giugno del 1934 nella strage passata alla storia come la “notte dei lunghi coltelli”. Una buona occasione «per far sparire le tracce della formazione ipnotistica che Hitler aveva ricevuto». Ma una cosa è ammettere che Hitler credesse nell’occulto e si avvalesse di maghi come Hanussen, un’altra è pensare che il nazismo sia “esploso” in virtù della magia: «Mai, il nazismo, si sarebbe potuto affermare senza la sconfitta della Germania nel primo conflitto mondiale, senza la crisi del dopoguerra e senza la grande crisi del ‘29, tutti fenomeni che hanno determinato il destino del paese sino all’avvento del Terzo Reich». Quindi attenzione: «Io non sostengo che l’esoterismo sia la chiave interpretativa della storia», precisa Galli. «Dico che ne è una delle componenti (e non delle più importanti), che però è stata completamente trascurata». E’ chiaro che a partorire il nazismo è stata la crisi politica, sociale ed economica patita dalla Germania a partire dal 1914. «Le cause che gli storici hanno studiato permettono di capire la vicenda tedesca anche senza bisogno di studiare l’esoterismo. Però, appunto, c’è anche l’esoterismo: e ha avuto un ruolo importante nella formazione culturale di una parte dell’élite nazionalsocialista».La storia politica ed economica spiega tante cose, ribadisce Galli, ma «talvolta, in determinate circostanze, non spiega tutto». Secondo il gollista Maurice Schumann, gruppi esoterici presenti anche in Vaticano hanno influenzato la nascita della stessa Unione Europea: «E’ una componente sin qui trascurata, meno importante di altre, ma che va tenuta presente». Giorgio Galli ha scritto anche un’introduzione al recente saggio “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini mette in luce il rapporto (rimasto in ombra) tra il fascismo e l’esoterismo, dal ruolo di Giuseppe Cambareri – il mago di tanti ufficiali dell’esercito mussoliniano – all’intervento della massoneria anglosassone agli esordi delle camicie nere, fino al drammatico epilogo di piazzale Loreto, «macabro sacrificio rituale per celebrare simbolicamente la caduta dell’ultimo Cesare». Magia e dittature, ma non solo: «Lo stesso Churchill, che era massone – racconta Galli – si consultò moltissimo con l’ambiente esoterico, prima di decidere l’atteggiamento da assumere con Hitler». Furono alcuni esoteristi a confermargli che occorreva opporsi strenuamente al Terzo Reich: impossibile conviverci, perché avrebbe trasformato l’Europa nel peggiore degli incubi.Esoterismo? «E’ una cultura che ha solide radici nella storia dell’Occidente», spiega Giorgio Galli al pubblico di “Border Nights”. «Bisogna risalire agli astrologi caldei, ai profeti ebraici, fino a personaggi molto recenti come René Guénon e Julius Evola». Si intitola “Occidente misterioso” un saggio del 1987, edito da Rizzoli, in cui Galli indaga tra “baccanti, gnostici, streghe”, ovvero “i vinti della storia e la loro eredità”. «E’ una corrente di pensiero che ha solide radici e si ripresenta anche in periodi di grande avanzamento scientifico». Per dire: erano esoteristi Cartesio e Newton. «Si tratta di una cultura che ha profonde radici nello sforzo umano verso la conoscenza: radici così solide che, dal ‘500 in poi, ha potuto resistere al grande avvento della rivolzione scientifica». Quella dell’esoterismo «è un tipo di conoscenza che prevede approcci diversi da quelli scientifico-razionali». Metodo analogico, pensiero simbolico. Com’è che i politici entrano in contatto col mondo esoterico? «Esistono gruppi e associazioni che mantengono viva questa tendenza». Secondo la cultura esoterica, aggiunge il professore, «sulla Terra sono esistite civiltà molto remote, in genere scomparse per catastrofi naturali: l’esempio più noto sono i riferimenti che Platone fa ad Atlantide».Giorgio Galli segnala un libro come “L’altra Europa”, nel quale l’autore – Paolo Rumor (figlio di Mariano, pluri-minustro Dc) – documenta «la convinzione che siano esistite civiltà terrestri delle quali sono rimaste tracce, e in cui affonderebbe le sue radici la politica che poi ha portato all’Unione Europea». Intorno all’anno Mille, dice Galli, in alcuni ambienti «era maturata quella convinzione», riguardo all’ancestrale discenza da civiltà estinte. E quindi «ci sarebbe un rapporto tra antichi assetti sociali e il progetto dell’Ue, che in realtà è nato molto prima di quanto si ritenga». Se qualcuno ha in mente solo Jean Monnet, la Cee e l’Unione Europea si sbaglia: «Documenti di Mariano Rumor – afferma il professore – dimostrano che questo progetto sarebbe maturato molto più in là nel tempo, in ambienti legati alla cultura esoterica e alla convinzione dell’esistenza di antiche civiltà scomparse, che avrebbero lasciato tracce nella nostra cultura». Sicché, periodicamente, «emergono piccoli cenacoli, che credono di essere gli eredi di un antico sapere». Gli approcci sono diversi, aggiunge Galli: «Alcune società esoteriche sono orientate verso la conoscenza: per loro, l’esoterismo è uno strumento del sapere. In altri gruppi, invece, si ritiene che possa anche essere uno strumento per il potere».Non ha molti segreti, per Giorgio Galli, la contaminazione esoterica della politica: ne parlava già nel 1995 in “Cromwell e Afrodite” (Kaos), o in libri come “La politica e i maghi, da Richelieu a Clinton”, pubblicato da Rizzoli nello stesso anno. Galli ha firmato studi sulla massoneria, su Fatima, sulla new age, sulle Torri Gemelle. Titoli accattivanti: “La venerabile trama”, del 2007 (Lindau), racconta “la vera storia di Licio Gelli e della P2”. In “Stelle rosse” (Alacran, 2007), mette a nudo “astrologia neo-illuminista a uso della sinistra”. Titoli espliciti: “Politica ed esoterismo alle soglie del 2000”, scritto con Rudy Stauder e pubblicato da Rizzoli nel 1992, e “Esoterismo e politica” (Rubbettino, 2010). E’ del 2004 il saggio “La magia e il potere”, ovvero “l’esoterismo nella politica occidentale”, edito da Lindau. Ma cos’è la magia? Solo superstizione? «E’ un approccio culturale che si è manifestato in una fase della storia umana», spiega il professore a “Border Nights”, rispondendo alle domande di “Maestro di Dietrologia”. «Non credo che esista una magia con un reale potere», aggiunge. «Credo però che sia una convinzione diffusa». L’esoterismo, dice, è anche questo: «La convinzione che, facendo determinate operazioni, o con certe liturgie, si possano ottenere determinati risultati. La cultura esoterica è legata a questa convinzione, che però non è la mia».I maghi, aggiunge Giorgio Galli, sono i rappresentanti di questo tipo di cultura: talvolta entrano in contatto col potere e talvolta no. «La rivoluzione scientifica ha reso meno sistematici quei rapporti: quelli che vengono chiamati Magi, astrologi e veggenti facevano parte normalmente del personale vicino al potere – a Roma e in Grecia, poi nelle corti medievali. Fino al ‘500-600 questi rapporti erano organici e continui, in seguito sono diventati più rari o soltanto occasionali». E i famosi maghi consultati da capi di Stato? «In alcuni casi – risponde Galli – ci sono società segrete che trasmettono questo tipo di cultura. Alcune – tedesche, francesi, inglesi – sono elencate in “Hitler e il nazismo magico”. Probabilmente ne esistono ancora, anche se adesso la loro influenza mi pare molto minore di quanto non fosse all’inizio del secolo scorso». Magia e potere, ma soprattutto stelle, oroscopi, tarocchi. «Quello che so – aggiunge Galli – è che molti politici, anche di rilievo, consultano abituamente astrologi e cartomanti: sono un aspetto popolare e diffuso di culture che hanno origini esoteriche, ma è anche un campo che si presta moltissimo alle truffe e alle manipolazioni».Da Roma, ha contattato il professore un gruppo di tradizione esoterica che si definisce “Evoliani a 5 Stelle”, dal nome di Evola. «Sono degli esoteristi di cultura evoliana, che si esprimono positivamente attorno al Movimento 5 Stelle», precisa Galli. Non che l’esoterismo sia del tutto estraneo, ad alcuni aspetti del mondo grillino: «Lo stesso cortometraggio di Gianroberto Casaleggio, “Gaia”, esprime una cultura che qualche rapporto con quella esoterica potrebbe averlo: è collegata con la cultura delle grandi catastrofi, che poi alla fine danno un risultato positivo». Ma quello dei 5 Stelle è un populismo destinato a trasformarsi nella vera avanguardia tecnocratica del neoliberismo globalista? Giorgio Galli lo esclude in modo categorico. «I 5 Stelle secondo me sono ancora in una fase magmatica, in cui convivono componenti dell’anticapitalismo di sinistra e componenti dell’anticapitalismo di destra. Penso che siano in una fase di trasformazione – conclude il politologo – ma non credo affatto che possano diventare i nuovi strumenti del grande capitale: rimarranno sempre un movimento indirizzato a cambiamenti che, nella loro cultura, ritengono positivi. Che poi riescano nel loro intento è un altro problema, ma non credo che si mettano al servizio del potere capitalistico».Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.
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Reddito di cittadinanza: è il piano (infernale) degli oligarchi
Mark Zuckerberg non ha bisogno di presentazioni: mister Facebook vale 64 miliardi di dollari. Altro paperone-prodigio: il sudafricano Elon Musk, patron di Tesla e Space-X. Cos’hanno in comune, a parte i giacimenti aurei? La fede nel reddito di cittadinanza. La pensano così anche l’americano Richard Branson della Virgin e il canadese Stewart Butterfield, l’inventore della banca-immagini Flickr e di Slack, applicazioni per messaggerie. Uomini d’oro e potenti oligarchi, improvvisamente anche umanitari: si stanno battendo a favore del reddito di base garantito, osserva Chris Hedges, a lungo corrispondente estero del “New York Times”. «Sembra che siano dei progressisti e che esprimano queste loro proposte con parole che parlano di morale, prendendosi cura degli indigenti e dei meno fortunati». Ma dietro questa facciata, scrive Hedges, c’è una cruda consapevolezza: soprattutto la Silicon Valley «vede un mondo – quello che questi oligarchi hanno contribuito a creare – tanto iniquo che i consumatori di domani, che dovranno sopportare la precarietà del lavoro, salari sotto i minimi, l’automazione e la schiavitù di un debito che blocca tutto, non saranno in condizione di spendere abbastanza per comprare i prodotti e i servizi offerti dalle grandi corporations».
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La piovra del rating: ecco chi ha vinto (davvero) le elezioni
La questione cruciale elusa da tutti: l’Italia non ha più alcuna sovranità. Come stabilito all’estero nei piani alti del sistema di dominio, la colonia Italia ha votato con una legge truffaldina (incostituzionale) e ora si ritrova alcuni aspiranti inquilini di Palazzo Chigi senza arte né parte, razzisti e analfabeti funzionali che in economia si sono affidati ai soliti esperti allineati di regime. Così dalla padella del piddì si cadrà nella brace. Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali Stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody’s, Standard & Poors e Fitch. Il 19 ottobre 2006, due delle tre agenzie di rating internazionali che agiscono in regime di oligopolio, avevano deciso di declassare l’Italia, dando un voto negativo alla capacità dell’Italia di gestire la sua economia. Non era la prima volta che questo accadeva, anche in presenza di governi di differente orientamento politico e le motivazioni della “pagella” sono sempre di una ripetitività e di una banalità quasi disarmanti: i tagli nelle spese di bilancio non sono sufficienti e la “riforma delle pensioni” (leggi privatizzazione delle pensioni) va troppo a rilento.L’effetto immediato del voto negativo è un aumento dei tassi di interesse per “ricomprare” la fiducia dei sottoscrittori di obbligazioni e di altre forme di credito, per cui tutto il debito pubblico e privato di una nazione costa subito di più, con ricadute negative sul bilancio statale e con l’aggiunta di ulteriori tagli alla spesa sociale. Per le nazioni più deboli, queste decisioni provocano anche una caduta del valore di scambio della moneta, con effetti devastanti sulle importazioni (che costano di più), sulle esportazioni (che valgono di meno) del paese, sul suo bilancio statale e sui livelli di vita della popolazione; con la deregolamentazione dell’economia, soprattutto dall’inizio degli anni Novanta, queste agenzie sono diventate il “grande fratello” finanziario e hanno progressivamente accumulato un potere immenso, superiore a quello degli Stati e delle banche centrali, sia nella valutazione delle politiche dei governi che dell’andamento economico di qualsiasi entità privata, determinando le decisioni di tutti gli attori economici.All’inizio le agenzie offrivano, a pagamento, ai detentori di titoli di credito i loro giudizi sul comportamento dei debitori. Adesso persino i debitori pagano per avere un “voto” prima di emettere un’obbligazione o attingere a qualsiasi altra forma di credito. Senza il voto delle agenzie, economicamente non si esiste più. Per poter comprare o vendere, per prendere o dare a prestito, bisogna pagare il “pizzo” per ricevere la protezione o il semplice riconoscimento da parte di questi nuovi potentati. Ora le tre maggiori agenzie di rating sono delle entità private strutturate come società per azioni e quindi parte della logica di mercato e sottoposte al principio del massimo profitto possibile; inoltre le agenzie in questione hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei loro consigli direttivi, board of directors, nelle più grandi corporation internazionali e delle più grandi banche internazionali, pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle speculative e dell’attuale crisi finanziaria sistemica globale.La Standard & Poor’s (S&P) è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Companies, con sede centrale a New York, colosso delle comunicazioni, dell’editoria, delle costruzioni e presente in quasi tutti i settori economici. La multinazionale, proprietaria anche di “Business Week”, nel 2005 vantava un fatturato di 6 miliardi e un profitto di 844 milioni di dollari. Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, che è, tra le altre cose, contemporaneamente membro del Board of Directors della United Technology (multinazionale degli armamenti) e della ConocoPhillips (petrolio ed energia). È stato anche membro del “Transition Advisory Committe on Trade” del presidente George W. Bush, padre dell’ex capo della Casa Bianca. Tra i membri del Board of Directors della McGraw-Hill, che decidono quindi anche dell’attività della S&P, figurano: sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup Europa e uomo di punta della Henry Schroder Bank di Londra; Dougals N. Daft, presidente della Coca Cola Co.; Hilde Ochoa-Brillenmbourg, alto responsabile della Credit Union del Fmi-World Bank; James H. Ross, della British Petroleum; Edward B. Rust Jr., presidente dell’assicurazione State Farm Insurance Company (gigante del settore assicurativo, bancario e immobiliare, sotto scrutinio per le politiche troppo disinvolte dopo l’urgano Katrina), direttore della Helmyck & Payne, colosso del settore petrolifero e già membro del Transition Advisory Team Committee on Education della presidenza di George W. Bush (padre); Sidney Taurel, presidente della farmaceutica Eli Lilly (che in passato ha vantato tra i suoi dirigenti anche Kenneth Lay, condannato per la bancarotta della Enron) ex direttore dell’Ibm, già membro nel 2002 dell’Homeland Security Advisory Council.L’agenzia di rating Fitch di New York è sussidiaria della multinazionale dei servizi finanziari Fimalac, con sede centrale a Parigi. Nel 2005 la multinazionle americana delle comunicazioni Hearst Corporation ha rilevato il 20 per cento del pacchetto azionario. Il suo presidente è Marc Ladreit de Lacharriere, uomo della Renault e della Banque Suez. Tra i membri del Board of Directors figurano: David Dautresme della banca Lazard Freres; Philippe Lagayette della Jp Morgan & Cie; Bernard Mirat della Cholet-Dupont (finanza); Bernard Pierre della Fremapi (metalli preziosi). La Fimalac vanta anche un International Advisory Board per dare più lustro e potere alla multinazionale, che nel 2002 annoverava tra gli altri: Felix Rohatyn della Lazard Freres, l’uomo che ha recentemente smantellato l’industria americana dell’auto, Sholley della Ubs Warburg, Reimnits della Kommerz Bank, Peberan della Paribas, rappresentanti della Nestlè, della Bentelsmann e anche l’ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volker e l’italiano Lamberto Dini.L’agenzia di rating Moody’s è sussidiaria della Moody’s Corporation, con sede centrale a New York. Il presidente è Raymond W. McDaniel Jr. Tra i membri del Board of Directors figurano: Basil L. Anderson della Stables Inc. e della Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi); Robert Glauber della Ing Group (settore bancario e assicurativo con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze americano nel periodo 1989-92; Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e della Exxon Mobil (petrolio); Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare); John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della Kpmg (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che, insieme alla Freddie Mac, detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario immobiliare americano).Le suddette tre agenzie americane di rating non sono solamente l’espressione dell’intreccio dominante delle multinazionali, ma in particolar modo sono una struttura organizzata delle principali banche del pianeta che controllano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni e di tutti i settori dell’economia sia privata che pubblica. Le tre agenzie in questione non solo non sono qualificate nella pretesa di valutare la solidità economica e finanziaria degli Stati e delle imprese, ma sono parte integrante del problema sta portando il mondo economico verso il crack e la crisi sistemica con conseguenze devastanti per l’intera vita economica, sociale e politica del pianeta.(Gianni Lannes, “Grullini o grulloni?”, dal blog “Su la Testa” del 6 marzo 2018).La questione cruciale elusa da tutti: l’Italia non ha più alcuna sovranità. Come stabilito all’estero nei piani alti del sistema di dominio, la colonia Italia ha votato con una legge truffaldina (incostituzionale) e ora si ritrova alcuni aspiranti inquilini di Palazzo Chigi senza arte né parte, razzisti e analfabeti funzionali che in economia si sono affidati ai soliti esperti allineati di regime. Così dalla padella del piddì si cadrà nella brace. Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali Stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody’s, Standard & Poors e Fitch. Il 19 ottobre 2006, due delle tre agenzie di rating internazionali che agiscono in regime di oligopolio, avevano deciso di declassare l’Italia, dando un voto negativo alla capacità dell’Italia di gestire la sua economia. Non era la prima volta che questo accadeva, anche in presenza di governi di differente orientamento politico e le motivazioni della “pagella” sono sempre di una ripetitività e di una banalità quasi disarmanti: i tagli nelle spese di bilancio non sono sufficienti e la “riforma delle pensioni” (leggi privatizzazione delle pensioni) va troppo a rilento.
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I padroni del mondo brindano alla “rivoluzione” Lega-M5S
Vince la Rivoluzione in Italia… Ma nessuno al mondo li caga. Cioè? Fidatevi della mia parola, non ho tempo di fare migliaia di copia-incolla dalla stampa internazionale: per 6 anni ogni singolo giornale, Tv, sito finanziario del mondo – dal Giappone alla Korea del Sud, da Londra a Los Angeles a Francoforte a New York, dal Canada al Lussemburgo – quando hanno parlato del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord hanno usato con ripetitività ossessiva la seguente frase: «The populist, anti-euro and anti-Establishment Five Stars Movement and Northern League». I Mercati finanziari, mentre maneggiano trilioni di dollari all’anno, funzionano così: i monitor sono accesi 24 su 24, 365 su 365, e sono molto più sensibili di un rilevatore sismico. Se, ad esempio, alle 12:07 a New York arriva appena un sussurro che Macron è stato visto nel parcheggio di un Policlinico, l’Azienda Francia perde solo in quell’istante miliardi; se poi le agenzie battono la conferma di una visita medica importante per il Presidente, è il crollo per Parigi. Ok? Dopo 8 anni di ossessive speculazioni sul destino dell’Unione Europea in caso di un successo elettorale in Italia dei “the populist, anti-euro and anti-Establishment Five Stars Movement and Northern League” – ovvero di scenari apocalittici del sicuro schianto “alla 11 Settembre” del grattacielo della Bce a Grossmarkthalle, con copertine sull’“Economist” o sullo “Spiegel” della classica moneta euro frantumata – be’, siamo oggi proprio al successo elettorale in Italia dei “the populist, anti-euro and anti-Establishment Five Stars Movement and Northern League”. E non è successo un cazzo. Ops?Tokyo apre stamattina con un colpetto di tosse dovuto, ci annuncia “MarketWatch”, soprattutto alle minacce di Trump di porre dazi alle importazioni Usa di acciaio e alluminio. Il “Wall Street Journal” dedica all’Italia che vota un articolo dove si legge: «I risultati produrranno un gomitolo annodato… Al peggio ci sarà un fiato di volatilità, con un saltino di spread… Ma il risultato delle elezioni italiane è già stato messo in conto dai Mercati da tempo». Attenti a questo passaggio: “Ma il risultato delle elezioni italiane è già stato messo in conto dai Mercati da tempo”. Eccovi le due domande più lampanti che verrebbero in mente a un gufo svenuto: 1) Ma non sono anni che ci dicono in tutto il mondo che il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord sono gli eversivi d’Europa? 2) Ma non sono anni che in Italia Grillo e Salvini s’atteggiano allo Tsunami di Zeus che spazzerà via l’Establishment? Allora, perché l’Establishment – dove i soldi contano, dove ci stanno i Soros, Blankfein, Dimon, Rothschild, Fink e soci – ha già messo in conto il risultato delle elezioni italiane da tempo? Lo capite cosa vuol dire quel “da tempo”?Vuol dire che là dove i soldi contano, dove ci stanno i Soros, Blankfein, Dimon, Rothschild, Fink e soci, che vincesse Berlusconi, Renzi, Casapound, Bersani, Salvini, Di Maio o il Calciomercato, la Nutella o Briatore, non gliene poteva fregare di meno. E questo cosa significa caro il mio gufo svenuto? Significa che là dove i soldi contano, dove ci stanno i Soros, Blankfein, Dimon, Rothschild, Fink e soci, si sapeva per-fet-ta-men-te che di ‘eversivo’, di ‘nuovo’, di ‘dirompente’ il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord hanno un emerito cazzo. Di Maio aveva portato il Cv rassicura-Establishment alla Trilaterale e all’Ispi già nel 2016. Casaleggio, ancor prima, al meeting bancario internazionale Ambrosetti. Salvini della Lega Nord (partito-vecchia conoscenza della Cia nel 1992, con carte in Procura a Milano) si era fatto fotografare anche all’anagrafe siberiana con gli economisti Pippo&Baudo, che costituiscono per l’euro-Establishment la minaccia che un vigile urbano di San Lazzaro di Savena costituisce per un carrarmato Mi2 Abrams dell’esercito Usa.Scrivo colorito proprio per dare le esatte, deprimenti, proporzioni, e sono ahimè serissimo. Una scorribanda fra i maggiori Policy-Makers del mondo conferma tutto. Accenture: sonni placidi. McKinsey: sonni placidi. Il Gruppo Bruegel a Bruxelles: sonni placidi. All Bertelsmann Stiftung in Germania: sonni placidi. Open Europe e Business Europe, i due maggiori architetti dei Trattati Ue: sonni placidi (e vvvai Pippo&Baudo). Il Group of 30, con dentro il nostro Mario Draghi e i top fanatici dell’euro: sonni placidi (e vvvai Pippo&Baudo). Devo sul serio dire altro? Bravi Italians, avete votato, non cambia un cazzo, il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord sono una truffa, lo scrivo da anni. E l’Establishment visse felice e contento per tutta la vita, come autorevolmente evidenziato sopra (…o mi sbaglio? Non è che per caso quel ragazzetto stellato, magari si chiama di Mao?… e l’Establishment ha letto male il nome? Cool).(Paolo Barnard, “Vince l’anti-establishment, e l’establishment manco se ne accorge”, dal blog di Barnard del 5 marzo 2018).Vince la Rivoluzione in Italia… Ma nessuno al mondo li caga. Cioè? Fidatevi della mia parola, non ho tempo di fare migliaia di copia-incolla dalla stampa internazionale: per 6 anni ogni singolo giornale, Tv, sito finanziario del mondo – dal Giappone alla Korea del Sud, da Londra a Los Angeles a Francoforte a New York, dal Canada al Lussemburgo – quando hanno parlato del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord hanno usato con ripetitività ossessiva la seguente frase: «The populist, anti-euro and anti-Establishment Five Stars Movement and Northern League». I Mercati finanziari, mentre maneggiano trilioni di dollari all’anno, funzionano così: i monitor sono accesi 24 su 24, 365 su 365, e sono molto più sensibili di un rilevatore sismico. Se, ad esempio, alle 12:07 a New York arriva appena un sussurro che Macron è stato visto nel parcheggio di un Policlinico, l’Azienda Francia perde solo in quell’istante miliardi; se poi le agenzie battono la conferma di una visita medica importante per il Presidente, è il crollo per Parigi. Ok? Dopo 8 anni di ossessive speculazioni sul destino dell’Unione Europea in caso di un successo elettorale in Italia dei “the populist, anti-euro and anti-Establishment Five Stars Movement and Northern League” – ovvero di scenari apocalittici del sicuro schianto “alla 11 Settembre” del grattacielo della Bce a Grossmarkthalle, con copertine sull’“Economist” o sullo “Spiegel” della classica moneta euro frantumata – be’, siamo oggi proprio al successo elettorale in Italia dei “the populist, anti-euro and anti-Establishment Five Stars Movement and Northern League”. E non è successo un cazzo. Ops?
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Cliniche della morte: false diagnosi, per testimoni scomodi
Incidenti stradali, rapine finite male, pallottole vaganti. Oppure decessi archiviati sotto la voce “suicidio”. O ancora: infarti fulminei e complicazioni post-operatorie. Ovvero: “Come uccidere un uomo senza lasciare traccia”. Fino alla perversione più inimmaginabile: medici che uccidono su commissione, all’interno di “cliniche della morte”. Spesso, in questo modo, spariscono testimoni-chiave: poco prima di essere ascoltati dai Pm o prima dell’audizione a qualche commissione parlamentare d’inchiesta. «Il risultato di queste morti improvvise è sempre stata la mancata individuazione di mandanti e autori dei vari delitti o stragi», scrive Paolo Franceschetti. Non si tratta di fantasie: ne parla anche Paolo Muratori nella sua “Enciclopedia dello spionaggio”, pubblicata nel ‘93 dalle Edizioni Attualità del Parlamento (“Servizi segreti, spie, terroristi e dintorni”, prefazione di Flaminio Piccoli e postfazione di Alberto Fumi). «In alcuni casi i lettori sono sembrati un po’ scettici quando abbiamo avanzato dubbi su alcune morti, soprattutto quando il referto autoptico confermava magari l’infarto o il cancro», premette Franceschetti, avvocato per molti anni e docente di materie giuridiche. Già legale delle “Bestie di Satana” Franceschetti ha indagato su alcuni tra i più oscuri misteri italiani, dal Mostro di Firenze alla strage di Erba, dal giallo di Cogne a quello di Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, e quello di Yara Gambirasio. Delitti rituali?E’ la tesi sviluppata da Franceschetti, attraverso anni di riscontri e accurate analisi: «Spesso gli investigatori non prendono neppure in esame la pista esoterica, perché non ne conoscono il linguaggio». Ovvero: «Esistono circoli occultistici che attribuiscono un valore magico a determinati delitti, che infatti sono disseminati di indizi fortemente simbolici». Spesso, secondo Franceschetti, gli inquirenti vengono depistati «da qualcuno che sta al di sopra di loro, nelle istituzioni, e di fatto “copre” gli autori di certi delitti». Magari facendo anche sparire i testimoni? Nella sua enciclopedia, Muratori – allora presidente dell’Ircs, Istituto Ricerche Comunicazioni Sociali – spiega come si può uccidere una persona facendo credere che sia deceduta per cause naturali. «E’ appena il caso di sottolineare come i metodi elencati siano stati resi pubblici nel 1993 e quindi, con buona probabilità, già all’epoca superati da tecniche molto più sofisticate e ancora sconosciute (altrimenti non li avrebbero pubblicati)», premette Franceschetti, sul blog “Petali di Loto”. Esistono killer che non sparano e non spargono sangue: utilizzano la chimica. Per esempio l’acido cianidrico, comunemente detto acido prussico, usato nell’industria come innocuo disinfettante gassoso: «Sostanza letale ad effetto rapido e sicuro», viene usata «da agenti dei servizi segreti militari per assassinare i nemici».Poi c’è l’acido ossalico: impiegato nell’analisi chimica, come sbiancante nell’industria della stampa e nella produzione di tinture, detersivi, carta e gomma. «Anche questo usato come sostanza letale da agenti di certi servizi segreti militari per assassinare i nemici», scrive Muratori nel suo trattato enciclopedico. Non mancano le “cellule cancerogene vive”, somministrate «con iniezioni» da agenti di alcuni servizi militari per assassinare avversari e agenti nemici. «Il reperimento delle cellule cancerogene vive avviene, clandestinamente, nelle facoltà universitarie di medicina e in certi laboratori che le tengono di scorta per gli scienziati impegnati nella ricerca sulla cura del cancro», scrive Muratori. «Se una persona muore di cancro, come sospettare che sia stata uccisa?». E’ invece chiamata “cianuro” «un’arma di alluminio, con silenziatore, azionata da una pila da 1,5 volt: spara proiettili formati da piccole fiale, contenenti un veleno a base di cianuro che, dopo 5 minuti, non lascia alcuna traccia nell’organismo umano». E’ formata da tre cilindri, l’uno dentro l’altro: «Il primo cilindro contiene una molla e un pistone. La molla mossa da una leva spinge il pistone nel secondo cilindro. A quel momento la fialetta contenente il liquido si spezza ed il veleno è spruzzato verso il volto del nemico».La morte per “cianuro” sopravviene in pochi istanti. E quando il medico effettuarà l’autopsia, non potrà fare altro che constatare l’arresto del cuore: scontata la diagnosi, “crisi cardiaca”. Infine, il tallio: «Sostanza priva di sapore, ad effetto lento sul sistema nervoso, viene usata dalle spie per avvelenare gli agenti nemici e i traditori». Ma ancora non basta. Se queste tecniche sono state rese note nel 1993 e, quindi venivano probabilmente utilizzate nei decenni precedenti, c’è un’altra tecnica, ancora più incredibile: diagnosi infauste, ma false, per convincere la vittima di essere “condannata” da un tumore. Facile, poi, ucciderla, inserendo veleni nei liquidi chemioterapici. Una prassi allucinante, che Franceschetti ha scoperto negli atti della commissione parlamentare d’inchiesta su terrorismo e stragi, presieduta dal senatore Pci-Pds Giovanni Pellegrino. A parlare, nel 2000, non è un teste qualsiasi: si tratta dell’ex questore Arrigo Molinari, che poi sarà ucciso nella notte del 27 settembre 2005 con dieci coltellate infertegli nella sua casa di Andora (Savona). Molinari, ricorda “Repubblica”, era stato vicequestore vicario di Genova e questore di Nuoro. «Coinvolto nello scandalo della P2, era stato sospeso dal servizio e poi reintegrato. Affermava con orgoglio di aver fatto parte di Gladio».Arrigo Molinari si era anche occupato della strana morte di Luigi Tenco: commissario a Sanremo, quel giorno del ‘67 fu il primo a entrare nella stanza del cantante. «Su tutto quello che è accaduto nelle ore successive alla scoperta del suo cadavere – disse – non è stata ancora scritta tutta la verità». Da avvocato, aggiunge “Repubblica”, negli ultimi anni Molinari si era impegnato contro il fenomeno dell’anatocismo bancario: «In seguito a un suo esposto per conto di un cliente, la procura della Repubblica di Imperia aveva aperto un’inchiesta per usura aggravata indagando sei ex direttori della filiale di Imperia di un istituto di credito che si sono succeduti dal 1982 al 2000». La morte, scrive Franceschetti, lo ha colto «proprio pochi giorni prima della prima udienza della causa per signoraggio che aveva intentato contro la Banca d’Italia». Più volte nei mesi precedenti alla morte, Molinari aveva denunciato «tentativi, da parte di “sconosciuti”, di inseguimenti e pedinamenti nei suoi confronti e dei suoi familiari». In più, «fu soggetto di vari tentativi di sabotaggio da parte di non meglio identificati “individui” nei confronti della sua autovettura: cercarono di manomettere i freni». Un uomo nel mirino, dunque, quello assassinato in Liguria: una coltellata l’ha colpita al collo lateralmente, ricorda “Repubblica”, «come se si volesse sgozzarlo».Cinque anni prima, il 18 ottobre del 2000, Molinari risponde alle domande della commissione stragi, giunta alla sua 74esima seduta. E racconta: «Prima del 1978, a San Martino o nei pressi di San Martino, venne istituito un centro diagnostico (che adesso è presente in tutte le città d’Italia, in tutti gli ospedali), il cosiddetto Tac. Il primo di questi impianti ad essere installato in Italia. Ad installare questo impianto fu fittiziamente Rosati, che aveva la gestione di questa Tac. Ma in realtà la Tac era una struttura della P2 che doveva servire…». Pellegrino lo interrompe: «Mi scusi, avvocato Molinari: lei sta parlando della “tomografia assiale computerizzata”, cioè un modo di indagine radiografica. La P2 quindi importava per prima questo tipo di macchinario?». Molinari conferma: «Come la P2 frequentava la pellicceria di Pavia “Annabella”, gestiva anche questa struttura, perché doveva utilizzarla, non (come ha ritenuto la magistratura) per compiere truffe alla Regione, ma per avere uno strumento, e avere in mano tutti i medici di San Martino e d’Italia che dovevano servirsi di esso quando avevano dei malati da curare».Non è tutto: «Quando capitava qualche politico o qualcuno che volevano disturbare o molestare, o che sapevano che stava poco bene, effettuavano anche una diagnosi falsa, dicendo che aveva un tumore. I malati poi, magari, si recavano in Inghilterra e scoprivano che il tumore non esisteva. Per cui questa Tac era una struttura della P2, non di Rosati; lo si sapeva, lo sapevano praticamente tutti. La P2 doveva impadronirsi della presidenza della facoltà di medicina; al riguardo c’è una mia relazione». Secondo le dichiarazioni di Molinari, riassume Franceschetti, la Loggia P2, nel 1978, grazie alla complicità di medici “fratelli”, usava le strumentazioni ospedaliere «per diagnosticare falsi tumori a persone “scomode”». Dopo, «eliminarli doveva essere facile, avvelenandoli con iniezioni che venivano fatte passare per cura. Geniale». Ma la cosa più strana, per Franceschetti, è stata la reazione della commissione a una dichiarazione così atroce: nessuna. «Se scaricate l’audizione completa, che è disponibile sul web, potrete notare come la dichiarazione di Molinari non abbia fatto sobbalzare nessuno, e come la commissione abbia preferito proseguire con altro discorso. O erano molto distratti, o non hanno capito la gravità di quanto veniva affermato, o, probabilmente, la cosa era già nota».Certo, questa tecnica richiede tempo: quindi, se il personaggio scomodo deve essere eliminato velocemente, si può sempre ricorrere ai metodi “tradizionali” elencati nell’encliclopedia di Muratori. E la mente, aggiunge Franceschetti, non può che tornare al generale dei carabinieri Giorgio Manes, morto per “arresto cardiaco” pochi minuti prima di deporre davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sullo scandalo del Sifar – Piano Solo. O ancora al colonnello Umberto Bonaventura, dirigente del Sismi (controspionaggio, terrorismo internazionale e criminalità organizzata transnazionale), «un personaggio-chiave nel caso del dossier Mitrokhin: per primo aveva materialmente ricevuto il dossier, quindi più di altri poteva attestarne l’autenticità». Bonaventura? Morto anche lui “per infarto” «pochi giorni prima della sua audizione davanti alla commissione parlamentare chiamata ad indagare sul dossier». Franceschetti ricorda anche il colonnello Stefano Giovannone, «iscritto ai Cavalieri di Malta». Capocentro del Sismi a Beirut dal 1972 al 1981, poi «arrestato nel corso dell’indagine per il traffico di armi tra Olp e Br», è deceduto “per morte naturale” mentre era agli arresti domiciliari.Nella lista delle morti teoricamente sospette, Franceschetti include anche quella dell’ingegner Giorgio Mazzini, capo dei vigili del fuoco di Torino, morto nel palazzo di giustizia «dove si era recato per incontrare i magistrati che si occupavano del rogo alla ThyssenKrupp». Certo, ammette Franceschetti, i sistemi di eliminazione qui riportati sono vecchi di decenni: «Oggi la scienza e la tecnica hanno fatto passi da gigante in tutti i sensi: anche in quelli, purtroppo, deputati ad uccidere un uomo senza lasciare traccia». Come regolarsi? Coltivare il sospetto è più che lecito, sostiene il giurista: «Quando le morti sono troppo tempestive, qualche domanda in più ce la si deve poter porre, senza per forza essere immediatamente tacciati per dietrologi». Quanto alla magistratura, «farebbe bene ad indagare un po’ più a fondo, senza archiviare troppo velocemente una morte solo perché sul referto autoptico c’è scritto: “cause naturali”». Magari si tratta di testimoni che potrebbero svelare retroscena imbarazzanti, per il potere. Per questo, scrive Muratori nella sua enciclopedia, non restano mai senza lavoro quei killer invisibili, così abili nell’arte di non lasciare tracce.Incidenti stradali, rapine finite male, pallottole vaganti. Oppure decessi archiviati sotto la voce “suicidio”. O ancora: infarti fulminei e complicazioni post-operatorie. Ovvero: “Come uccidere un uomo senza lasciare traccia”. Fino alla perversione più inimmaginabile: medici che uccidono su commissione, all’interno di “cliniche della morte”. Spesso, in questo modo, spariscono testimoni-chiave: poco prima di essere ascoltati dai Pm o prima dell’audizione a qualche commissione parlamentare d’inchiesta. «Il risultato di queste morti improvvise è sempre stata la mancata individuazione di mandanti e autori dei vari delitti o stragi», scrive Solange Manfredi. Non si tratta di fantasie: ne parla anche Paolo Muratori nella sua “Enciclopedia dello spionaggio”, pubblicata nel ‘93 dalle Edizioni Attualità del Parlamento (“Servizi segreti, spie, terroristi e dintorni”, prefazione di Flaminio Piccoli e postfazione di Alberto Fumi). «In alcuni casi i lettori sono sembrati un po’ scettici quando abbiamo avanzato dubbi su alcune morti, soprattutto quando il referto autoptico confermava magari l’infarto o il cancro», premette Manfredi sul sito di Paolo Franceschetti, avvocato per molti anni e docente di materie giuridiche. Già legale delle “Bestie di Satana” Franceschetti ha indagato su alcuni tra i più oscuri misteri italiani, dal Mostro di Firenze alla strage di Erba, dal giallo di Cogne a quello di Avetrana, passando per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia, e quello di Yara Gambirasio. Delitti rituali?
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Giannuli: Potere al Popolo, per scuotere questi partiti morti
«Non per dare consigli a nessuno (non mi sembra di averne titolo) ma per chiarezza, faccio il mio “coming out” elettorale». Ovvero: “Potere al Popolo” alla Camera, «scommettendo che faccia il 3%», e i 5 Stelle al Senato «per dare ancora un segnale di disponibilità, sempre che raddrizzino il timone». Parola del professor Aldo Giannuli, storico dell’università di Milano, ascoltato politologo e attento osservatore “da sinistra” della scena italiana. «Come ho detto più volte – premette – il principale problema del momento è l’indecente offerta politica: è troppo al di sotto di quel che ci vorrebbe». Quindi, «più che per adesione», Giannuli voterà pensando agli effetti del suo voto «in questa specie di partita a carambola che sono diventate le consultazioni elettorali». Andando per esclusione: «Partiamo da quello che assolutamente non si può votare: centrodestra e centrosinistra sono solo avversari da battere». E per essere più precisi, «l’avversario peggiore e quello “di sinistra”, proprio per la truffa di un partito di destra che si presenta come “sinistra” e, in questo modo, riesce a fare quello che alla destra aperta non riusciva». E cioè: abolizione dell’articolo 18, Jobs Act, “buona scuola”: «Sono cose che Berlusconi avrebbe voluto fare ma non ci riuscì, per la reazione di sindacati e opposizione». Renzi invece ce l’ha fatta, «e per poco non è riuscito a stravolgere anche la Costituzione, non fosse stato per la rivolta popolare del 4 dicembre 2016».La destra berlusconiana, «anche se solo tatticamente» (per affondare Renzi) ha votato No al referendum, «mentre il Pd era l’eversore». Secondo Giannuli, «il nemico costituzionale è un nemico strategico assoluto». Dopo, non c’è più possibilità d’intesa: «Non glielo perdoneremo mai». Questo però non è chiaro a quella parte del Pd (neppure a tutta) che votò No e poi si è scissa, dando vita a “Liberi e Uguali”. Ok, ieri hanno ingaggiato la battaglia referendaria e oggi non hanno accettato di entrare in coalizione col Pd, ma l’hanno fatto «con un costante margine di ambiguità, per cui in Lazio entrano nella coalizione di Zingaretti e non escludono alleanze future». Il problema? Per Leu non è il Pd, ma Renzi: «Con un Pd senza Renzi si potrebbe ragionare», pensano. «E invece no: il Pd era una cosa sbagliata anche prima del fiorentino, un intruglio venefico fra neoliberismo e centralismo staliniano per il quale il gruppo dirigente fa opportunisticamente quel che vuole senza mai rendere conto a nessuno». D’altra parte, aggiunge Giannuli, il Pd appartiene a quella post-socialdemocrazia “terzista”, blairiana, «che si arrese al neoliberismo e che oggi sta pagando il conto, riducendosi a percentuali non rilevanti». La sua stagione è finita, e questo vale anche per il Pd. «Ma i nostri amici di Leu non sembrano capaci di imparare dall’esperienza, e insistono».Poi c’è stata «l’imbarazzante vicenda della caccia al “capo”», prima inseguendo «quel nulla politico che è Pisapia», per poi planare incredibilmente su Pietro Grasso, «un nome che non ha bisogno di commenti». Quindi, continua Giannuli, sono passati all’ancora più imbarazzante vicenda delle candidature, «in cui Leu si è dimostrata un ufficio di collocamento per parlamentari in cerca di rielezione, senza nessuna consultazione della base», con politici a fine carriera «paracadutati in collegi in cui non c’entravano nulla». Il programma di “Liberi e Uguali”? Lo svela una colorita espressione siciliana: “Nuddu, ammiscàtu a nenti” (nessuno, sommato a niente). «Insomma, iniziativa politica zero, idee zero, democrazia interna zero: invotabili». Giannuli, che vota a Milano, farà un’eccezione solo per Onorio Rosati, candidato con Leu alle regionali lombarde, «perché la Regione non è il Parlamento nazionale». Quanto ai 5 Stelle, dopo la manfrina elettoralistica del “né di destra, né di sinistra”, hanno fatto la scelta peggiore: la destra neoliberista. Il “reddito di cittadinanza”? «Una proposta tutta interna al neoliberismo». Lorenzo Fioramonti, il guru arruolato da Di Maio nonché suo mentore a Wall Street? «Nemico numero uno del Pil, economista di spiccata ispirazione neoliberista» (vorrebbe amputare del 40% il debito pubblico).«La solita solfa “né di destra né di sinistra” è un vecchio trucco per raccogliere voti da ambo le parti», ricorda Giannuli: «Per primi lo usarono i Fasci di Combattimento di Mussolini esattamente 99 anni fa». Furbetti e pilateschi, i 5 Stelle, su questo punto, «per non dire dell’annosa vicenda dei migranti». Quanto al modello organizzativo – apparato di funzionari o notabili parlamentari, oppure gruppi dirigenti regolarmente selezionati in modo collegiale e democratico – il Movimento 5 Stelle «ha scelto il peggiore: quello dell’uomo solo al comando, tanto simile a quello renziano». E l’ha fatto «con un colpo di mano statutario sbalorditivo», adottando «un regolamento subito applicato, senza neppure essere mai stato votato da nessuno». Il risultato, ferma restando la “pasticcioneria dell’ultima ora” tipica dei 5 Stelle, «è questa selezione di candidati su cui non spenderemo neppure mezza parola». Unico auspicio: forse non finirà così. «La base del movimento non è stata consultata e ha taciuto perché c’erano le elezioni, ma il 5 marzo magari avrà qualcosa da dire». Poi bisogna vedere come andrà Di Maio alle elezioni, cosa diranno Grillo e Di Battista, «e Dio non voglia che vengano fuori una decina di “responsabili”»). Comunque sia, per Giannuli, la base pentastellata resta pur sempre «un serbatoio di forze antisistema per nulla trascurabile».Poi ci sono le liste-contro, specie quelle di sinistra: l’unica che in base ai sondaggi sembra avere una chance (almeno di conquistare qualche seggio) è “Potere al Popolo”, messa insieme all’ultimo momento e tra mille difetti. «Però non c’è dubbio che una sua affermazione scombinerebbe molti giochi», sostiene Giannuli: «Tanto per cominciare, questo significherebbe che la domanda di una nuova rappresentanza politica si fa avanti e non è frenata», nonostante le tante “trappole” inventate dalla classe politica, tra sbarramenti e scatole cinesi: dalla valanga di firme da raccogliere in tempo record per ogni per circoscrizione, fino alla stessa «incomprensibile» legge elettorale, per cui «persino quelli di Forza Italia hanno rischiato». Non sta scritto da nessuna parte che il Parlamento debba essere monopolio dei tre poli maggiori, sottolinea Giannuli. E allora «allarghiamo il club e vediamo soprattutto quanti voti raccoglieranno le liste fuori coalizione».Queste elezioni, in fondo, sono solo il secondo round del crollo dell’infelicissima Seconda Repubblica. Il primo round è stato il referendum. Ne verrà un terzo tra un anno alle europee, poi forse un quarto alle regionali, sempre che prima non ci siano elezioni anticipate. Dunque, un voto necessariamente tattico: «Se “Potere al Popolo” prendesse ora il 3%, fra un anno parteciperebbe alle elezioni senza dover raccogliere le firme». Un bel punteruolo nella schiena di Leu e M5S: «Mica male, considerate le porcherie che hanno combinato questa volta». Capirebbero che «non possono dar da bere alla gente proprio tutto»? Inizieranno a correggere la rotta? «Ho visto dei sondaggi che danno “Potere al Popolo” al 2,4%», scrive Giannuli. «Certo, c’è la valanga degli indecisi che poi, quando rientra, non premia i piccoli partiti». Ma forse l’impresa non è impossibile: “Potere al Popolo” ha registrato una crescita costante fin dall’inizio, «quando nei sondaggi non compariva proprio». Lo spazio politico da riempire c’è tutto, chiosa Giannuli: «Diciamo che deve rastrellare 120-130.000 voti, per farcela». Poi dipende anche dall’astensionismo: in quanti voteranno? Quanti, invece, diserteranno le urne?«Non per dare consigli a nessuno (non mi sembra di averne titolo) ma per chiarezza, faccio il mio “coming out” elettorale». Ovvero: “Potere al Popolo” alla Camera, «scommettendo che faccia il 3%», e i 5 Stelle al Senato «per dare ancora un segnale di disponibilità, sempre che raddrizzino il timone». Parola del professor Aldo Giannuli, storico dell’università di Milano, ascoltato politologo e attento osservatore “da sinistra” della scena italiana. «Come ho detto più volte – premette – il principale problema del momento è l’indecente offerta politica: è troppo al di sotto di quel che ci vorrebbe». Quindi, «più che per adesione», Giannuli voterà pensando agli effetti del suo voto «in questa specie di partita a carambola che sono diventate le consultazioni elettorali». Andando per esclusione: «Partiamo da quello che assolutamente non si può votare: centrodestra e centrosinistra sono solo avversari da battere». E per essere più precisi, «l’avversario peggiore e quello “di sinistra”, proprio per la truffa di un partito di destra che si presenta come “sinistra” e, in questo modo, riesce a fare quello che alla destra aperta non riusciva». E cioè: abolizione dell’articolo 18, Jobs Act, “buona scuola”: «Sono cose che Berlusconi avrebbe voluto fare ma non ci riuscì, per la reazione di sindacati e opposizione». Renzi invece ce l’ha fatta, «e per poco non è riuscito a stravolgere anche la Costituzione, non fosse stato per la rivolta popolare del 4 dicembre 2016».
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Magaldi: come liberarci degli ipocriti che faranno l’inciucio
Per favore, basta ipocrisie: tutti giurano che non stringeranno alleanze e invece sono già pronti a farle, ben sapendo che nessuno vincerà. La soluzione? Un taglio netto alla palude della Seconda Repubblica, vassalla dei super-poteri neoliberisti di Bruxelles. Primo passo, il ritorno al sistema proporzionale puro: obiettivo, piena rappresentatività del Parlamento. Seconda mossa: presidente della Repubblica non più eletto dai partiti, ma direttamente dagli italiani. E’ il piano sul quale Gioele Magaldi (Movimento Roosevelt) intende impegnarsi per il dopo-elezioni, già contando sull’esito deludente della consultazione del 4 marzo, anticipato da una campagna elettorale imbarazzante in cui si alternano promesse “impossibili” e “liste della vergogna”, con candidati che vengono additati come semi-delinquenti. «No alle liste di proscrizione, innanzitutto: non esistono gli “impresentabili”, è la legge a stabilire chi può concorrere alle elezioni, e dopodiché decidono gli elettori chi è “presentabile” e chi no, votandolo o meno», dichiara Magaldi a “Colors Radio”. «Finiamola, con questo clima da caccia alle streghe, che ammorba la politica dopo aver travolto il mondo dello spettacolo, mettendo alla berlina e rovinando chiunque sia stato anche solo sospettato di abusi sessuali, magari riferiti a trent’anni fa».
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Centrodestra e Pd, lo squadrone dei candidati impresentabili
Chiuse le liste delle convocazioni dei partiti, dopo notti di lotte all’arma bianca nelle segrete stanze di Arcore e del Nazareno, in attesa di conoscere l’allenatore, ecco la formazione titolare con cui il centrodestra si schiera in campo. Con la fascia di capitano, candidato capolista al Senato in Campania, Luigi Cesaro, detto “Giggino a’ purpetta”, indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa: avrebbe fatto pressioni su una funzionaria del Comune di Marano, che si occupava dei controlli su opere costruite dall’impresa di Aniello e Raffaele Cesaro, suoi fratelli. Antonio Angelucci, premiato per la sua assidua presenza in Parlamento (99.59% di assenze) e per i risultati sul fronte giudiziario con una condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa per i contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani “Libero” e “Il Riformista”; oltre un indagine in corso in merito a un’inchiesta sugli appalti nella sanità della procura di Roma. Per lui il posto di capolista alla Camera nel Lazio.Ugo Cappellacci, capolista in Sardegna, ex governatore, per lui chiesta condanna per abuso d’ufficio nel processo scaturito nell’inchiesta sulla cosiddetta P3; condannato in secondo grado a restituire alla Regione Sardegna circa 220 mila euro. Condannato a due anni e mezzo di reclusione per il crac milionario della Sept Italia, società fallita nel 2010. Fresco di sentenza Michele Iorio, candidato al Senato in Molise, è stato condannato qualche giorno fa dalla corte d’appello di Campobasso a 6 mesi di reclusione per abuso d’ufficio e a un anno di interdizione dai pubblici uffici. In Puglia rispunta una vecchia conoscenza: Domenico Scilipoti. E’ stato condannato a versare 200 mila euro più spese legali per un vecchio debito non pagato. Ma è noto ai più per il suo triplo salto carpiato da Idv all’allora maggioranza, per salvare il governo Berlusconi nel 2010, dando addirittura vita a un neologismo: “scilipotismo”. In Sicilia continua la “dinastia Genovese”. Stavolta tocca a una donna di fiducia dell’ex deputato condannato Francantonio Genovese, Mariella Gullo. Anche lei raggiungerà quota 20mila come toccò prima al cognato e poi al nipote Luigi Genovese alle scorse regionali? Con lei, Urania Papatheu, candidata nel Catanese, con una condanna in primo grado per gli sperperi dell’ex Ente fiera di Messina.La nuove generazione delle Lega marca la sua presenza con Edoardo Rixi, assessore regionale in Liguria e imputato per le spese pazze in Regione Liguria: si sarebbe fatto rimborsare spese private con soldi pubblici. Facce nuove ma vecchi vizi. La Lega infatti candida anche tale Umberto Bossi, condannato a 2 anni e 3 mesi per aver usato i soldi del partito, quindi “provenienti dalle casse dello Stato” a fini privati. Sulla stessa onda, troviamo il redivivo Roberto Formigoni, condannato per corruzione a sei anni e imputato in altri processi: è candidato al Senato come capolista nella formazione del centrodestra ‘Noi con l’Italia’ in Lombardia. Nella stessa formazione, Raffaele Fitto alla Camera in Puglia, la Cassazione ha disposto che sarà un giudice civile a stabilire se, da presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto ha generato danno d’immagine all’ente, dopo che la corte d’appello di Bari l’aveva dichiarato prescritto ma lo condannava al risarcimento nei confronti della Regione.Il Pd, allenato da Renzi con Gentiloni pronto a sostituirlo a seconda dello scenario che si prospetterà, schiera invece in campo. Maria Elena Boschi, il capitano. Aveva promesso di lasciare la politica in caso di sconfitta al referendum e non l’ha fatto. Da ministro per le Riforme si è interessata della sorte di Banca Etruria, l’istituto bancario del padre. Ha sostenuto di averlo fatto per il territorio, infatti si candida a Bolzano nell’uninominale ed è stata piazzata in altri cinque collegi-paracadute: Cremona-Mantova, Lazio 3, Sicilia 1-02, Sicilia 2-03 e Sicilia 2-01. Tutto pur di non farle mollare la poltrona. In Campania c’è Piero De Luca, figlio del governatore della Campania, Vincenzo, capolista alla Camera ovviamente in Campania e candidato all’uninominale di Salerno, il “feudo” del padre. È imputato di bancarotta fraudolenta per il crac della società immobiliare “Ifil”, società satellite degli appalti del ‘sistema Salerno’ quando il padre era sindaco della città. Ma De Luca raddoppia, con la candidatura del suo ex capo staff, Franco Alfieri. Il “signore delle fritture” elogiato dal governatore campano perché sa fare le “clientele come Cristo comanda”, già condannato in appello a restituire 40.000 euro al Comune di Agropoli e imputato per omissione in atti d’ufficio e sottrazione di beni alla loro destinazione: avrebbe lasciato dei beni sequestrati alla camorra, e destinati al Comune di Agropoli, nella disponibilità dei vecchi proprietari. Per i pm non per dimenticanza, ma per ingraziarsi il “clan degli zingari”.In Campania c’è anche Umberto Del Basso De Caro, già sottosegretario ai Trasporti del governo Gentiloni, è indagato per tentata concussione e voto di scambio. In alcune conversazioni intercettate si evincerebbero, per l’accusa, le sue pressioni al dirigente generale di un ospedale per la rimozione o il trasferimento di alcuni funzionari “non graditi” alla moglie, dirigente amministrativo nello stesso nosocomio. In Abruzzo corre Luciano D’Alfonso, governatore in carica, indagato dalla procura de L’Aquila per corruzione, abuso d’ufficio e turbata libertà degli incanti per interventi di manutenzione di case popolari a Pescara e Penne. E’ stato scelto per meriti sul campo da Renzi come capolista del listino al Senato in Abruzzo. Nel Lazio schierati Claudio Mancini e Bruno Astorre, premiati per il rinvio a giudizio nell’inchiesta sui rimborsi e le spese di rappresentanza del gruppo Pd alla Pisana fra il 2010 e il 2012.Stesso criterio usato per le candidature nelle Marche, con Francesco Comi e Paolo Petrini, coinvolti nello scandalo sulle spese pazze in Regione, procedimento ancora aperto dopo che la Cassazione ha annullato il non luogo a procedere disposto dal gup. Anche in Calabria premiati Ferdinando Aiello, Brunello Censore e Antonio Scalzo per il processo disposto a loro carico nell’ambito dell’inchiesta “Rimborsopoli”. Scalzo, in più, ha visto di recente arrestato il suo capostruttura nell’operazione contro la ‘ndrangheta denominata “Stige”, in quanto accusato di concorso esterno alla potente cosca dei Farao-Marincola. Punta di diamante della formazione renziana, Luca Lotti, attuale ministro dello Sport, è indagato nella vicenda Consip, insieme a Renzi Senior e a gran parte del “giglio magico”, per favoreggiamento e rivelazione di segreto. E’ candidato in Toscana, nel collegio di Empoli 8.(“Lo squadrone di candidati impresentabili del centrodestra” e “Figli di e fritture di, gli impresentabili del Pd”, dal “Blog delle Stelle” del 3 febbraio 2018).Chiuse le liste delle convocazioni dei partiti, dopo notti di lotte all’arma bianca nelle segrete stanze di Arcore e del Nazareno, in attesa di conoscere l’allenatore, ecco la formazione titolare con cui il centrodestra si schiera in campo. Con la fascia di capitano, candidato capolista al Senato in Campania, Luigi Cesaro, detto “Giggino a’ purpetta”, indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa: avrebbe fatto pressioni su una funzionaria del Comune di Marano, che si occupava dei controlli su opere costruite dall’impresa di Aniello e Raffaele Cesaro, suoi fratelli. Antonio Angelucci, premiato per la sua assidua presenza in Parlamento (99.59% di assenze) e per i risultati sul fronte giudiziario con una condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa per i contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani “Libero” e “Il Riformista”; oltre un indagine in corso in merito a un’inchiesta sugli appalti nella sanità della procura di Roma. Per lui il posto di capolista alla Camera nel Lazio.
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Il segreto di Renaissance, misteriosi matematici miliardari
Renaissance Technologies, uno dei più prestigiosi hedge fund del mondo, ha guadagnato (e continua a farlo) montagne di soldi in Borsa grazie ad un algoritmo. La Renaissance è considerata la più grande macchina da soldi nella storia della finanza. Il segreto del successo del suo fondo, Medallion, risiederebbe in un codice di programmazione, «accompagnato da tanta omertà e da un serrato isolamento dei suoi impiegati dal mondo esterno», scrive “Money.it”. A nord di New York, in una cittadina isolata che prende il nome di East Setauket, la sede di Renaissance Technologies è completamente blindata e le telecamere sono ovunque. Dirigenti e dipendenti dell’hedge fund abitano tutti nei dintorni, in ville lussuose circondate da parchi così grandi da impedirne completamente la visione dalla strada. «Si tratta di una sorta di club privato: vivono tutti vicini e custodiscono insieme un segreto che li rende sempre più ricchi, giorno dopo giorno». La Renaissance è stata fondata negli anni ‘80 da James Simons, matematico di fama mondiale, già analista strategico della Nsa, cuore dell’intelligence Usa. «Fin dall’inizio, invece di preferire collaboratori che provenissero dal mondo della finanza, Simons ha optato per colleghi appartenenti al settore scientifico, tra cui 6/7 informatici che stavano lavorando al progetto Watsons, il programma di intelligenza artificiale di Ibm».Grazie alle conoscenze di matematici e informatici di alto livello, Renaissance Technologies è diventato un colosso finanziario senza uguali al mondo: fa molto meglio di personaggi come Ray Dalio e George Soros, con un patrimonio (nel 2015) di oltre 60 miliardi di dollari. L’importanza della Renaissance è confermata dalla giornalista Katherine Burton, di “Bloomberg”, tra le pochissime voci a far luce sulla realtà di questo hedge fund. Il funzionamento dei loro sistemi dipenderebbe da un algoritmo che sarebbe «tra i segreti meglio celati al mondo». Una setta esoterica di matematici pitagorici, hanno definito i misteriosi “uomini d’oro” della Renaissance: «Nessuno lascia quel posto di lavoro: per tenersi stretti i dipendenti è stato creato un fondo ad hoc a loro riservato». Da quando è nato, il fondo Medallion ha guadagnato in media il 40% l’anno. «Chi all’inizio ha investito 1.000 dollari, ora si ritrova in tasca circa 14 milioni». Il famoso “algoritmo misterioso” sfrutterebbe il “machine learning”, «una branca dell’intelligenza artificiale che affida ai computer la capacità di imparare da soli, senza il bisogno che siano programmati esplicitamente».Robert Mercer, che ha sostituito Simons alla guida del fondo, è un noto esponente dell’estrema destra americana. «Ha investito 11 milioni di dollari nel giornale online “Breitbart” ed è il fautore dell’applicazione del machine learning all’interno delle campagne elettorali», scrive “Money.it”. «Il banco di prova sono state le elezioni Usa nel 2016: non riusciamo ad immaginare quanti soldi abbia guadagnato Renaissance Technologies con l’“inaspettata” vittoria di Donald Trump». Senz’altro c’è di mezzo la fisica quantistica, il cui lontano antenato è probabilmente la proto-scienza alchemica, arte di cui era un maestro lo stesso Isaac Newton. Lo stesso nome, “Tecnologie del Rinascimento”, sembra amiccare al periodo di massima fioritura dell’esoterismo rosacrociano, ipotizza una ricercatrice indipendente come Lara Pavanetto. «La cosa che più di ogni altra sbalordisce, della Renaissance, è che non ne parla mai nessuno: è ricchissima e potentissima, ma sostanzialmente invisibile, inaccesibile ai media, lontanissima dal mondo dell’informazione finanziaria che invece, ogni giorno, dà conto delle imprese di Dalio, Soros e colleghi».Il fondo Medallion, scrive Pavanetto nel suo blog, è uno dei grandi misteri della finanza: secondo la leggenda, sarebbe nato da un investimento iniziale di appena 1000 dollari. «Gli investitori sono i dipendenti stessi della società, che gestisce altri tre fondi aperti a investitori istituzionali per un totale di 25 miliardi di dollari». La Renaissance Technologies è stata fondata dal matematico Jim Simons nel 1982. Simons è stato a capo del dipartimento di matematica dell’università di Stony Brook e professore anche al Mit e ad Harvard. Un’inchiesta di “Bloomberg” ha cercato di far luce su questa misteriosa entità, scoprendo che la società «è un avanzatissimo laboratorio di matematica, con computer, complesse basi statistiche e un esercito di laureati votati alla sistematica ricerca di anomalie sui vari mercati». Molti uomini della società “invisibile” sono acquartierati a sessanta miglia da Wall Street, vicino a Long Island. Palazzi da milioni di dollari, in un villaggio chiamato Old Field. «Gli abitanti del posto hanno però dato un altro nome a questo territorio: la Riviera del Rinascimento. Questo perché i più ricchi residenti della zona sono scienziati, e lavorano per Renaissance Technologies, con sede nella vicina East Setauket».Questi scienziati, per lo più matematici, «sono i creatori e sorveglianti del fondo più grande del mondo: Medallion», che ha circa 300 dipendenti, il 90% dei quali laureati in matematica. «Renaissance è la versione commerciale del Progetto Manhattan», spiega Andrew Lo, professore di finanza alla Sloan School of Management del Mit e presidente di AlphaSimplex, una società di “ricerca quantitativa”. Andrew Lo lavora per Jim Simons, per riunire tanti scienziati a caccia di profitti economici: «Questi matematici sono l’apice dell’investimento “Quant”. Nessun altro vi è nemmeno lontanamente vicino». Tutti hanno sentito parlare della Renaissance, ma quasi nessuno sa ciò che accade all’interno: «Ricordano i pitagorici, cioè una setta filosofica di matematici». Quasi nulla si sa di questo piccolo gruppo di scienziati, «il cui vasto patrimonio influenza sempre di più la politica degli Stati Uniti», scrive Pavanetto. Proprietari e dirigenti evitano le interviste. Il loro sembra un sistema unico al mondo, «per il genio e l’eccentricità della sua dirigenza». Esempio: «Peter Brown, uno dei boss, di solito dorme su un letto nel suo ufficio. Il suo omologo, Robert Mercer, raramente parla. I due sono laureati in matematica e teorici della famosa “teoria delle stringhe”».Il mistero dei misteri? «E’ il modo in cui Medallion è riuscito a garantire rendimenti annuali di quasi l’80 per cento in un anno, al lordo delle commissioni». La spiegazione? I computer di Renaissance “pensano”, oltre a fare calcoli. Gli uomini Renaissance hanno più dati e meglio organizzati. Dispongono di più indizi su cui basare le loro previsioni e vantano modelli migliori per l’allocazione del capitale. Prestano molta attenzione al costo dei vari trade e di come il trading si muova sui mercati. «Molti di questi scienziati sono partiti dalla Ibm nel lontano 1980, dove hanno usato l’analisi statistica per affrontare le sfide più scoraggianti all’epoca pionieristica dei computer». Tuttavia, aggiunge Pavanetto, non è chiaro come sia possibile che nessuna informazione sia mai trapelata, in un mondo come quello dell’alta finanza, dove molti modelli sono simili e i dipendenti migrano da un hedge fund all’altro, dalla Goldman Sachs alla Jp Morgan. Invece da Renaissence non se ne è andato mai nessuno, o se qualcuno l’ha fatto è rimasto muto come una tomba. Non c’è fuga di segreti perché, davvero, a guadagnarci sono solo i dipendenti?Se così fosse, secondo Lara Pavanetto si paleserebbe un mistero ancora più grande: «Il modello avrebbe forti dosi di componenti deterministiche e le ottimizzazioni stocastiche interverrebbero solo nella parte residuale di un ipotetico “decision tree”, il che violerebbe il principio della aleatorietà dei mercati». Come dire che alla Reinassence sarebbero in possesso della legge deterministica dei mercati. «Un cosa che somiglierebbe molto alla “pietra filosofale”, tenendo conto che tale modello sarebbe stato concepito in un’epoca in cui le capacita computazionali erano un’infinitesimo di quanto lo sono oggi». Pochi sanno che James Simons, il fondatore di Reinassence, all’inizio della sua carriera fu un crittografo, sottolinea Pavanetto. Simons lavorò per la difesa degli Stati Uniti prima di essere licenziato, apparentemente, per il suo dissenso (a mezzo stampa) sulla Guerra del Vietnam. «Fece i suoi soldi inizialmente tramite un investimento in Colombia, e poi con il fondo Limroy, un precursore del fondo Medallion. Ha sempre reclutato personale che non ha mai lavorato a Wall Street. I suoi investitori inizialmente furono gente come Jimmy Meyer, uno dei più vecchi amici di Simons, e Edmundo Esquenazi, uomo d’affari di origine ebraica che fondò società emblematiche come Pavco, Mexichem Resinas Colombia (ex Petco) e Propilco».Ma il nome di Simons, continua Pavanetto, sarebbe anche legato all’affare Madoff, la truffa dello schema Ponzi (il cui nome viene da quello di un immigrato italiano che, agli inizi del Novecento, per primo lo mise in atto su grande scala). Il gioco: promettere agli investitori alti guadagni ma in modo fraudolendo, cioè pagando coi soldi dei nuovi investitori gli interessi maturati dai vecchi investitori. «La truffa consisteva nel fatto che Madoff versava l’ammontare degli interessi pagandoli con il capitale dei nuovi clienti. Il sistema saltò nel momento in cui i rimborsi richiesti superarono i nuovi investimenti». Nell’ultimo periodo le richieste di disinvestimento avevano raggiunto i 7 miliardi di dollari, al punto che Madoff non fu più in grado di onorare la remunerazione degli interessi promessi. Attenzione: «La dimensione della truffa messa in piedi da Madoff è almeno tre volte più grande dell’ammanco causato dal crac Parmalat». Dopo averli ascoltati, la Sec (autorità di vigilanza finanziaria) ha poi deciso di non procedere contro molti “senior partners” della Reinassence come Paul Broder, Henry Laufer, Nat Simons (figlio di Jim), Jimmy Meyer e vari “portfolio managers” del Meritage Fund, “gemello” di RenTech, uno dei fondi Reinassence.«Ciò che sorprende di più – scrive Pavanetto – è che la Renaissance Technologies non ha mai fatto cenno alla Sec», anche se Jimmy Meyer era «uno dei più vecchi amici di Jim Simons». Altra stranezza, infine: le strane morti attorno al mondo Reinassance. Due dei quattro figli dello stesso Jim Simons perdono la vita prematuramente Paul Simons muore nel 1996 investito da un’auto e suo fratello Nicholas annega nel 2003 nelle acque di Bali. Tre anni dopo, nel 2006, Alexander Astashkevich, impiegato (russo) di RenTech, uccide se stesso e sua moglie. Nel 2014 viene trovato impiccato William Broeksmit, un dipendente della Deutsche Bank che gestiva le opzioni di paniere di RenTech oggetto dell’investigazione americana Irs. «Le e-mail di Broeskmits che spiegavano l’uso del commercio da parte di RenTech sono state fornite agli investigatori statunitensi prima della sua morte», scrive Pavanetto, che cita anche l’ultima delle “strane morti”, quella di Scott Christianson, avvocato e giornalista, deceduto il 14 maggio 2017 “cadendo dalla scala di casa” doppo aver pubblicato, con il collega Greg Gordon, «un’indagine approfondita sui legami tra il presidente Donald Trump e il magnate dell’hedge fund Medallion Robert Mercer».Renaissance Technologies, uno dei più prestigiosi hedge fund del mondo, ha guadagnato (e continua a farlo) montagne di soldi in Borsa grazie ad un algoritmo. La Renaissance è considerata la più grande macchina da soldi nella storia della finanza. Il segreto del successo del suo fondo, Medallion, risiederebbe in un codice di programmazione, «accompagnato da tanta omertà e da un serrato isolamento dei suoi impiegati dal mondo esterno», scrive “Money.it”. A nord di New York, in una cittadina isolata che prende il nome di East Setauket, la sede di Renaissance Technologies è completamente blindata e le telecamere sono ovunque. Dirigenti e dipendenti dell’hedge fund abitano tutti nei dintorni, in ville lussuose circondate da parchi così grandi da impedirne completamente la visione dalla strada. «Si tratta di una sorta di club privato: vivono tutti vicini e custodiscono insieme un segreto che li rende sempre più ricchi, giorno dopo giorno». La Renaissance è stata fondata negli anni ‘80 da James Simons, matematico di fama mondiale, già analista strategico della Nsa, cuore dell’intelligence Usa. «Fin dall’inizio, invece di preferire collaboratori che provenissero dal mondo della finanza, Simons ha optato per colleghi appartenenti al settore scientifico, tra cui 6/7 informatici che stavano lavorando al progetto Watsons, il programma di intelligenza artificiale di Ibm».