Archivio del Tag ‘Cecenia’
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Guerra al potere: Fratelli del Bosco, i ribelli della Taiga
Se Rambo diventa Robin Hood, se il reduce addestrato a combattere come una macchina da guerra si mette al comando di una banda di ragazzi e li guida contro la corruzione degli sceriffi, allora la situazione diventa pericolosa per qualunque governo. Lo è doppiamente se tutto questo accade nei boschi della Siberia, una miniera d’oro che rifornisce di legname pregiato i ricchi di tutto il pianeta, e i ribelli diventano così forti da trasformarsi in una sfida all’autorità di Putin: non più cronaca ma leggenda dell’Oriente estremo dove codici d’onore e tecnologia, corruzione e guerriglia si inseguono tra i fusti di alberi secolari.
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Lilin: vi regalo l’inferno che ho vissuto in Cecenia
«Non sono un eroe, e forse il mio dovere oggi è non fingere di esserlo stato». Nicolai Lilin, su “Repubblica”, spiega con sofferenza perché ha scritto “Caduta libera”, la sconvolgente confessione della sua esperienza di guerra, in Cecenia, dove ha combattuto per due anni come soldato di leva, tiratore scelto in un reparto speciale di paracadutisti: «Volevo far sentire l’orrore della guerra. Sei lì dentro al cento per cento, fai tutto quello che devi fare per sopravvivere e vai fino in fondo. E spesso, scendendo verso il fondo dell’anima, scopri che il fondo non c’è».
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Ombre sulle bombe di Mosca: chi ha armato i ceceni?
Gli attacchi kamikaze ceceni che hanno provocato 39 vittime nella metropolitana di Mosca il 29 marzo sono esplose all’indomani della firma, a Praga, del trattato “Start2” sul disarmo nucleare, definito «storico» dagli osservatori internazionali e siglato dai due presidenti, Barack Obama e Dmitrij Medvedev. Chi ha progettato l’assistenza dei terroristi ceceni in azione nella capitale russa, accusa Giulietto Chiesa, proviene «certamente» dagli stessi ambienti internazionali che l’11 Settembre, con l’attacco alle Torri, spinsero l’America (e il mondo) nel vicolo cieco della “guerra infinita”.
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Cecenia, la guerra spietata del soldato Lilin
Un libro spietato, che racconta una guerra spietata, senza prigionieri. Dopo il fortunato esordio col romanzo autobiografico “Educazione siberiana”, Nicolai Lilin trascina ora i suoi lettori nell’inferno della Cecenia, dove ha combattuto per due anni come soldato di leva, tiratore scelto in un reparto speciale di truppe d’assalto. Orrore e terrore, bombe e macelleria umana condotta senza testimoni scomodi, senza avere intorno giornalisti o telecamere. La guerra cecena come nessuno l’aveva mai raccontata: dall’interno, dal punto vista – micidiale come il mirino di un fucile di precisione – di chi l’ha sofferta giorno per giorno, infliggendo a sua volta sofferenze, prendendo la mira e sparando per uccidere.
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Nicolai Lilin da Barbareschi: mai detto di essere un criminale
«Non sono mai stato un criminale, non sono (più) un cecchino e non mi ritengo neppure uno scrittore: scrittori sono Tolstoj, Dostoevskij, Cechov, Bulgakov, Primo Levi». Così Nicolai Lilin in prima serata il 5 febbraio negli studi de La7, sotto i riflettori del rutilante circo televisivo di Luca Barbareschi, ha avuto modo di chiarire una volta per tutte la sua identità: «un ragazzo di 29 anni», reduce da un’adolescenza pericolosa vissuta in un ambiente dominato dalla criminalità sovietica, in Transnistria, e poi finito a fare la guerra in Cecenia. Ora è uno scrittore diretto e spontaneo, inevitabilmente autobiografico.
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Nicolai Lilin tatuatore in prima serata da Barbareschi su La7
Dopo la spigolosa performance alla “Chiambretti Night” il 26 gennaio, nella quale se l’è dovuta vedere col Pierino nazionale e il giornalista Paolo Bianchi del “Giornale”, che lo ha accusato apertamente di essersi inventato le storie di “Educazione siberiana” spacciandole per vere, Nicolai Lilin torna in televisione, stavolta in prima serata su La7, venerdì 5 febbraio, ospite di Luca Barbareschi e del suo nuovo programma “crossmediale”, che propone un approccio diretto e informale con ospiti decisamente straordinari, anche del calibro di Mike Tyson
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Cecenia e diritti, attivisti in pericolo in tutta la Russia
«I difensori dei diritti umani sono in pericolo di morte. Gli omicidi politici sono la norma, non l’eccezione». In un’intervista al sito del settimanale basco “Gara”, la responsabile per l’associazione russa per i diritti umani “Memorial”, Svetlana Gannushkina, denuncia la situazione di emergenza nel suo paese: «I metodi repressivi utilizzati in Cecenia si sono ormai estesi a tutta la Federazione Russa». “Memorial” ha lavorato in Cecenia fino all’omicidio di Natalia Estemirova, rimasta a Grozny malgrado l’uccisione a Mosca della giornalista Anna Politkovskaja.
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Rapito a Mosca un attivista dei diritti umani in Cecenia
Arbi Khachukayev, un attivista ceceno per i diritti umani, è stato prelevato a Mosca dalle forze di sicurezza del presidente Kadyrov e caricato su un aereo diretto a Grozny. La denuncia arriva da “Memorial”, un’organizzazione russa che a sua volta ha lavorato in Cecenia fino all’omicidio di Natalia Estemirova. Arbi Khachukayev era il direttore di Law, un’associazione fortemente critica nei confronti del presidente ceceno Ramzan Kadyrov, che ha più volte denunciato le violazioni dei diritti umani praticate dal regime sostenuto dal Cremlino.
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Gazprom Nation, il regime di Putin ha salvato la Russia
Il sistema Putin è quello che ha riportato Mosca protagonista sulla scena internazionale e dato una svolta decisa a un paese che sotto Eltsin era finito al collasso. È la reazione al sistema caotico, oligarchico e pseudo-democratico di Eltsin. La stragrande maggioranza dei russi lo condivide: perché ha portato ordine, stabilità e grandi miglioramenti. Nessuno dice che sia un sistema perfetto, ma Putin ha dato una nuova prospettiva al paese: ripristinando il ruolo dello Stato, il presidente-premier ha costretto i “robber barons”, gli oligarchi eltisiniani, ad occuparsi solo di affari e non di politica.
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Politica e mafia, Spinelli: sono anni che sappiamo tutto
Sono anni che ci domandiamo come tutto ciò sia potuto accadere: il senso della legge che si sfibra, lo Stato che suscita timore o disprezzo perché s’accomoda con l’illegalità e rinuncia al controllo del territorio, che non interviene prima delle catastrofi ma solo ai funerali. E la democrazia che si perverte, divenendo qualcosa di prevaricatore: come un diritto divino che si dà all’Unto delle urne. Il diritto a giocare con le leggi come il dittatore-Charlot gioca con il mappamondo: a considerare legittimo quello che è illegale, illegittimo quello che è legale, dunque a sovvertire categorie, istituzioni, leggi che nella Repubblica sono ferme, durevoli, non legate alla durata effimera delle maggioranze e legislature.
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Israele minaccia: ora la verità su Cecenia e Afghanistan
«Chi ha votato “sì” sappia che la prossima volta toccherà alla Nato in Afghanistan o ai russi in Cecenia». La frase è stata attribuita ad Eli Yishai, ministro dell’interno del governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, all’indomani del clamoroso “verdetto” di Ginevra con il quale il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha approvato, a larga maggioranza, il Rapporto Goldstone sui crimini di Israele nella Striscia di Gaza durante l’operazione Piombo Fuso.
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Gaza, crimini di guerra: l’Onu condanna Israele
Condanna a Israele, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Ginevra, con 25 voti a favore, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu denuncia il governo di Tel Aviv: uso sproporzionato della forza, violenze a Gerusalemme Est e disumana punizione collettiva inflitta ai palestinesi di Gaza. Dopo nove mesi, il 16 ottobre la comunità internazionale ha adottato il Rapporto Goldstone, emettendo la prima sentenza sui 22 giorni dell’operazione Piombo Fuso, scandita dal lancio di bombe al fosforo bianco che hanno trasformato Gaza in un inferno: «Una grave violazione del diritto umanitario internazionale».