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Zero sviluppo: politica e affari, la resa alla mafia
Pizzo, pizzi e pizzini. Rifiuti sotto cieli che sembrano davvero dipinti. I bronzi di Riace, la Reggia di Caserta, le colline di Sicilia. Ma è una bellezza che non acceca: la mafia si vede a occhio nudo. David Lane, corrispondente dell’“Economist”, in Italia da più di trent’anni, ha fatto il suo grand tour nella tana del lupo. “Terre profanate”, edito da Laterza, è una guida per nulla turistica al Mezzogiorno d’Italia. Da Gela a Teano, dove Garibaldi “consegnò” il Sud a Vittorio Emanuele nel 1865: viaggio nell’Italia che si è arresa alla mafia, in un intreccio politico-affaristico.
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Suicidi e uomini-bomba, l’inutile violenza del carcere
Il carcere reclama sacrifici umani, lo fa con inusitata violenza, senza andare troppo per il sottile, in fin dei conti parliamo di materiali difettati, di prodotti cancerogeni, di merce da smaltire in fretta senza fare rumore. Sul carcere non è consentito affermare un bel niente davanti al collasso della giustizia che dovrebbe sostenere il diritto all’equità e alla dignità di una pena da scontare non solamente come castigo fine a se stesso, bensì per ritornare a essere uomini che possono rientrare in seno alla collettività. Dall’inizio dell’anno uno, cinque, dieci, venti corpi avvelenati dall’incuria, con gli occhi spalancati e resi ciechi dal dolore della solitudine.
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Pakistan e Cia dietro il bombarolo di Times Square?
L’uomo arrestato in Pakistan in relazione al fallito attentato dell’autobomba di Times Square sarebbe membro di un’organizzazione terroristica «controllata» dall’intelligence angloamericana. Lo riferisce il “Los Angeles Times”: Sheik Mohammed Rehan, arrestato a Karachi, il 7 luglio 2009 aveva «presumibilmente» viaggiato su un pickup fino a Peshawar in compagnia di Shahzad, il presunto terrorista sorpreso a New York all’indomani del fallito attentato. I due, scrive il quotidiano Usa, rientrarono a Karachi il 22 luglio: «Non si sa perché sono andati a Peshawar né se lì abbiano incontrato qualcuno».
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Libertà di stampa, l’Italia all’ultimo posto in Europa
L’Italia scivola dal 44esimo al 49esimo posto per la libertà di stampa nel mondo, dopo Argentina, Spagna, Francia, Cile, Slovenia e Costa Rica, ma prima di Bulgaria, Brasile e Croazia. E’ quanto si evince dal rapporto annuale diffuso da “Reporter senza frontiere” (Rsf) nella giornata mondiale della libertà di stampa. «I giornalisti in Italia affrontano quotidianamente la peggiore condizione lavorativa di tutta l’Unione europea», denuncia Rsf. Secondo il rapporto, l’Italia è «l’unico paese al mondo nel quale il presidente del Consiglio controlla direttamente la quasi totalità delle reti televisive nazionali».
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Politica zero: contro la fabbrica degli stipendi inutili
Il mio obiettivo è la politica a costo zero. Quasi zero. Tendente allo zero. Il costo della politica è diventato il fine della politica. Si fa politica per i soldi, per preservare quelli minacciati dalla magistratura, per dare un impiego ben remunerato ai figli, per diventare se non ricco (un obiettivo raggiunto comunque da molti), almeno benestante. Più i costi della politica aumentano, più questi costi possono essere distribuiti, ripartiti a chi fa politica. Più Province, più soldi. Più Authority, più soldi. Stipendi creati dal nulla per organizzazioni che non servono a nulla. La politica a costo zero, quasi zero, tendente allo zero è possibile. Il MoVimento 5 Stelle ne è la prova.
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Bin Laden e Impregilo: Arabian Connection made in Italy
Impregilo, la società di costruzioni general contractor del Ponte sullo Stretto di Messina, concorrerà in Arabia Saudita alle gare per la realizzazione di impianti di dissalazione dal valore complessivo di 4 miliardi di dollari. E, secondo quanto dichiarato dal suo amministratore delegato Alberto Rubegni, lo farà in associazione con la controllata Fisia Italimpianti e con la Bemco, società del Saudi Binladin Group (Sbg), il colosso finanziario della famiglia bin Laden operante nei settori delle opere pubbliche, delle telecomunicazioni e dell’editoria.
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A Genova via mare, per fermare il naufragio-Italia
Siamo un gruppo di italiani/e che vivono a Barcellona. Insieme ad amici (non solo italiani) assistiamo seriamente preoccupati a ciò che avviene in Italia. Certo la crisi c’è anche qua, ma la sensazione è che la situazione nel nostro Paese sia particolare, soprattutto sul lato culturale, umano, relazionale. Il razzismo cresce, così come l’arroganza, la prepotenza, la repressione, il malaffare, il maschilismo, la diffusa cultura mafiosa, la mancanza di risposte per il mondo del lavoro, sempre più subalterno e sempre più precario.
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Crisi greca, predatori Usa: obiettivo, colpire l’Euro
Dietro l’attuale crisi del debito che ha colpito la Grecia (e che sta contagiando anche Portogallo, Spagna, Irlanda e, molti temono, anche l’Italia) non c’è solo la nota frode di bilancio commessa dai governanti ateniesi in combutta con le principali banche americane, in particolare la Goldman Sachs di Lloyd Blankfein e la Jp Morgan Chase di Jamie Dimon. Su tutto incombe infatti il sospetto, o meglio, la certezza di una spregiudicata operazione speculativa orchestrata dalla cupola finanziaria di Wall Street per lucrare sull’indebolimento dell’euro. Questo è lo scenario su cui sta timidamente indagando il dipartimento della Giustizia Usa.
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Revelli: come guarire l’Italia, ipnotizzata dalla Tv
Un popolo di schiavi, senza più regole e con istituzioni in via di estizione. Un deserto sociale, un linguaggio di plastica: il nostro, quello imposto dalla televisione. Il sociologo Marco Revelli invoca «un atto di secessione etica ed estetica prima ancora che politica», per bucare la bolla mediatica che ci avvvolge: serve «un gran rifiuto di questa logica del racconto e di questa tecnica del linguaggio», per cantare fuori dal coro, lontano dal «grande circo messo in piedi dal grande illusionista», Silvio Berlusconi, poi imitato da Veltroni e soci.
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Unità d’Italia a mano armata, a spese del Sud ricco
Da 150 anni ci raccontano la barzelletta del Sud liberato dai Savoia per portarvi libertà, giustizia e progresso. Errore: la crisi del sud è cominciata proprio con l’Unità d’Italia, imposta col sangue e governata con l’aiuto della mafia, dopo una brutale guerra di conquista: stragi e deportazioni, da cui la tragedia dell’emigrazione, prima sconosciuta. Impressionante la rapina delle risorse: il sud era più avanzato nel nord anche sul piano industriale. E più ricco: il regno borbonico era il più solvibile d’Europa, mentre quello piemontese il più indebitato. Anche per mettere le mani sul bottino, i Savoia si convinsero a unire l’Italia.
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Piazza Fontana: fermare l’Italia con bombe americane?
L’esplosivo della strage di piazza Fontana veniva dagli Usa e fu collocato nella sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura dai neofascisti di Ordine Nuovo, protetti dai servizi segreti italiani. In seguito, carabinieri di Padova (infiltrati dalla Loggia P2 di Licio Gelli?) “ripulirono” il deposito segreto di Venezia dove era stato custodito l’esplosivo americano, giunto in Italia attraverso la Germania, forse impiegato anche per la strage di piazza della Loggia a Brescia. E’ la possibile ricostruzione alla quale ha contribuito il generale Gianadelio Maletti, allora capo del Sid, l’intelligence militare italiana, ripercorrendo il drammatico scenario di quegli anni.
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Il carcere della paura: ingoia uomini e restituisce bambini
Del carcere si parla per levarci di torno un fastidio, per non rendere giustizia a chi è stato offeso né a chi l’offesa l’ha recata. Se ne parla per rendere nebulosa e poco chiara ogni analisi, un messaggio annichilente che impedisce di intervenire. Il detenuto non è un numero, invece la realtà che deborda da una prigione è riconducibile all’umiliazione che produce il delitto, ogni delitto nella sua inaccettabilità. Risocializzare, reinserire, non sono solamente termini e concetti trattamentali da seguire e svolgere; essi purtroppo stanno a sottolineare l’inadeguatezza al dettato costituzionale, per l’impossibilità di rendere fattivo l’intervento rieducativo; non usare questi strumenti e di contro incancrenire la convivenza, equivale a dichiarare fallito l’ideale della promozione umana.