Archivio del Tag ‘media’
-
Revelli: non crediate di piegare il popolo della val Susa
La gente della Val di Susa, domenica, ha fatto davvero un miracolo, nel senso etimologico del termine (dal latino mirari, come si dice di “cosa grande che meraviglia” o anche di “cosa grande e insperata”). Deludendo l’intero universo politico-mediatico che aveva spasmodicamente atteso l’incidente (e in buona misura l’aveva anche preparato) per mettere, una volta per tutte, una pietra sopra la Valle e la sua resistenza. Hanno costruito un capolavoro: un corteo di migliaia e migliaia di persone di ogni età e condizione, che si snoda per sentieri di montagna (credo che sia l’unica esperienza al mondo), tra castagneti e blocchi di polizia, aggirando barriere e tagliando reticolati in un ordine assoluto, senza un gesto o una parola fuori posto, senza l’aggressività e la volgarità che invadono il mondo politico, senza neanche un petardo acceso o una pietra lanciata.
-
Il generale Clark: Libia nel mirino da anni, e ora Siria e Iran
Circa dieci giorni dopo l’11 Settembre mi sono recato al Pentagono e ho visto il segretario alla Difesa, Rumsfeld, e il vicesegretario Wolfowitz. Sono sceso a salutare alcune persone dello Stato maggiore che lavoravano per me e uno dei miei generali mi chiamò dicendomi: «Venga, le devo parlare un minuto». E io: ma lei avrà da fare. Lui disse: «No, no. Abbiamo preso una decisione: attaccheremo l’Iraq». Io gli chiesi: ma perché? E lui: «Non lo so. Penso che non sappiamo cos’altro fare». Domandai: hanno trovato informazioni che collegano Saddam Hussein con Al-Qaeda? «No, non c’è niente di nuovo», disse, «hanno soltanto deciso di fare la guerra all’Iraq: penso che la ragione è che non si sa cosa fare riguardo al terrorismo, però abbiamo un buon esercito e possiamo rovesciare qualsiasi governo».
-
Val Susa, messaggio all’Italia: no al debito, tagliamo la Tav
La Torino-Lione sarebbe la grande opera dei record: la più costosa della storia italiana e, secondo i No-Tav, anche la più inutile: «Almeno 40 miliardi di euro buttati, per una linea ferroviaria che non servirà mai a nessuno». Qualche cifra: la ferrovia che la valle di Susa non vuole costerebbe 5.000 euro al centimetro. Per capirci: 4 centimetri di Tav sono un anno di pensione, 3 metri di binario una scuola materna, 500 metri un ospedale. Il 23 ottobre, nel giorno in cui Sarkozy e la Merkel ridono di Berlusconi in mondovisione mentre Van Rompuy annuncia che l’Italia avrà tre giorni di tempo per decidere di privatizzare i beni comuni e tagliare il welfare, dalla valle di Susa arriva un’indicazione opposta: l’unico taglio ammissibile è quello delle reti della “zona rossa”, l’area off limits destinata al futuro cantiere, gigantesco monumento allo spreco decretato dalla lobby finanziaria che sta piegando l’Europa, in spregio a tutti i suoi popoli.
-
Stato sociale sovrano, o vinceranno violenti e finanza
Rilevo nei “demolitori” di piazza san Giovanni una qualità superficiale e un limite di fondo. La qualità sta nella rapidità. L’onda di una rivolta distruttiva cresce in Europa ogni giorno, con accelerazioni improvvise. E’ interessante notare che, sul piano strettamente visivo, questi “riots”, queste azioni rivoltose, sembrano le uniche in grado di colpire alla stessa velocità dei famigerati mercati finanziari. In termini puramente simbolici, le fulminee azioni della guerriglia urbana danno cioè l’illusione di essere le uniche capaci di tener testa al ritmo forsennato della speculazione finanziaria, che abbatte i prezzi dei titoli, aumenta i tassi d’interesse e offre un alibi ai governi che colpiscono il welfare e il lavoro. Potremmo dire, insomma, che a un primo sguardo i “demolitori” sembrano i soli in grado di “colpire veloci” come gli speculatori.
-
Scontri di Roma: è indecente collegarli alla val Susa
E’indegno gestire l’informazione con interviste anonime secondo cui i violenti si sarebbero “addestrati” in Val di Susa. Il movimento No Tav è fatto di migliaia di cittadini consapevoli, e non può essere associato agli episodi di Roma. Di fronte ai fatti di sabato ho due atteggiamenti mentali un po’ sconnessi tra di loro e schizofrenici. Il primo, se guardo i fatti dal punto di vista di uno che si sente idealmente con gli indignados e che ha partecipato emotivamente anche a questa manifestazione, è di collera: sono infuriato con questi signori che combattono una loro guerra personale e usano per questo le manifestazioni di massa.
-
Servizio d’ordine, se 500 cretini zittiscono 500.000 italiani
Chi fossero non ha molta importanza, quei 500, o poco più, che hanno impedito al corteo dei 500 mila di giungere fino a piazza San Giovanni. Di estrema destra, di estrema sinistra, skinhead di ogni colore, giovani semplicemente arrabbiati, pasticcioni borderline con inclinazioni verso la “sindrome di Londra” (sfascio tutto e mi porto a casa l’ iPad), sfondatori di bancomat e di distributori di benzina, incendiari di auto con l’idea che è così che si combattono le multinazionali, provocatori che giocano le loro partite su “suggerimenti” di non sappiamo chi. Insomma tutti abitanti di quella gabbia di matti in cui si sta trasformando questa società malata.
-
America in rivolta contro i predoni impuniti di Wall Street
Se c’è un posto da dove cominciare la prossima rivoluzione, è Wall Street. Prima i potentati della finanza hanno cacciato l’America e il mondo intero nella più grave crisi dagli anni Venti, poi le stesse lobby bancarie hanno tenacemente ostacolato i progetti di grandi riforme, con discreto successo. Non c’è da stupirsi, scrive Federico Rampini, se proprio Wall Street è l’epicentro del minimovimento degli “indignados” americani, che alla terza settimana di lotta ha cominciato a estendersi verso la West Coast (Los Angeles, San Francisco), il Midwest (Chicago), il Nord (Boston, Canada) e perfino l’America profonda del Kansas. È presto per parlare di un ritorno del conflitto sociale, ma i sindacati sono scesi in campo con “Occupy Wall Street”; l’ultima volta lo fecero nel ’99 a Seattle contro il Wto.
-
Israele, Golia travestito da Davide: la finta pace sia con voi
Scrivo mentre la Assemblea dell’Onu discute il riconoscimento formale dello Stato Palestinese. Sarà un grande ed inedito passo avanti verso il soddisfacimento dei diritti di quel popolo, conculcati vilmente, cinicamente, dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè dai grandi e cinici padroni del mondo, per sessanta interminabili anni. Ma io guardo la cartina geografica e vedo come stanno le cose oggi. Vedo cos’era la Palestina nel 1946, cosa ne fu nel 1947, cosa ne restò nel 1967. E vedo adesso un puzzle di micro territori staccati gli uni dagli altri, un quinto, un decimo, forse meno, di quel territorio originario, fatto di misere nicchie isolate, impoverite, senz’acqua, senza diritti, vessate, martoriate.
-
Cremaschi: gli usurai d’Europa non avranno i nostri soldi
Sul “Corriere della Sera” qualche giorno fa è uscita una lettera terribile: è un attacco a tutto. Qualcuno ha detto che Draghi è un uomo di cultura, e che va rispettato; io trovo una bassezza da ragionere commercialista della val Brembana, in quel testo, in cui vedo tutto tranne che cultura. Quella lettera è di una violenza inaudita: due privati cittadini – perché questo sono, sostanzialmente, Trichet e Draghi – scrivono al presidente del Consiglio, con un tono di un’arroganza totale, dicendo: abbiamo visto che avete fatto delle cose, però dovreste fare questo, questo e questo. Quando è stata pubblicata quella lettera, in prima pagina, ho pensato: adesso, in Italia, finalmente si apre il dibattito politico; i grandi partiti, i grandi esponenti politici – quelli di destra, quelli di sinistra, quelli avanzati, quelli arretrati, quelli del cambiamento, quelli delle “narrazioni” – si mettono a narrare della lettera della Banca centrale europea. Silenzio totale.
-
Porno-show quotidiano sui media, mentre l’Italia sprofonda
Basta, per favore basta con le presunte zoccole, i presunti maneggioni, i presunti favori, le alcove, le fotografie con i tanga, le tette e i fondoschiena. Vogliamo toglierci l’ex presidente del Consiglio dai coglioni? E’ cosa buona e giusta, ma non c’è bisogno di trasformare l’Italia in una versione hard del Decamerone. Ogni giorno una nuova puntata a luci rosse. Per capire quale procura sta indagando (Lecce, Bari, Roma?), su quali escort, e dove si trova (ma soprattutto chi è) Lavitola, bisogna leggere il riassunto delle puntate precedenti. Altrimenti non è possibile capire nulla. Il premier ha indotto a mentire un testimone, si è scopato una minorenne, ha fatto la doccia dopo un amplesso, se ne è trombate otto in una volta? Pagine su pagine di intercettazioni e di ragazze mai condannate in tribunale, ma diventate puttane per diritto giornalistico. In caso di non colpevolezza, di mancanza di reato, qualcuno le risarcirà?
-
Mercalli: provate a dimostrare l’utilità della Tav, se ci riuscite
Nervosetti, vero? È bastato un minuto di considerazioni contro la grande opera voluta da Dio, il collegamento Tav Torino-Lione, che i sacerdoti del Pd e del Pdl sono esplosi nella loro condanna inquisitoria. Io sarei un istigatore dell’illegalità, parlo di un argomento del quale non è permesso parlare, userei i lauti guadagni che mi corrisponderebbe la televisione pubblica per fare propaganda No Tav. I feroci comunicati emessi da questi personaggi, che non vale la pena di nominare, sovrastano di svariati ordini di grandezza il mio minuto di “propaganda”. Ma io ho esordito che mi esprimevo come cittadino e giornalista. Quindi non c’è propaganda allorché si porta a conoscenza della collettività il fondato dubbio che questa grande opera sia inutile per la gestione dei trasporti, dannosa per l’ambiente alpino e temibile per le pubbliche disastrate finanze. Non è propaganda, bensì è l’essenza stessa del giornalismo e della democrazia.
-
The Corbett Report: video-barzelletta sull’11 Settembre
Il mattino dell’11 settembre 2001, diciannove uomini armati di taglierini, comandati da un uomo in dialisi che stava in una grotta dall’altra parte del mondo e usava un cellulare e un computer portatile, hanno condotto la più sofisticata opera di penetrazione dello spazio aereo più difeso al mondo immobilizzando passeggeri e piloti addestrati al combattimento su quattro aerei commerciali, prima di svolazzarsene fuori rotta per più di un’ora, senza mai venire molestati da un solo caccia della difesa. Questi 19 dirottatori, devoti religiosi fondamentalisti che amavano bere alcol, sniffare coca e vivere con spogliarelliste dai capelli rosa, sono riusciti a far crollare tre palazzi con due aerei mentre a Washington un pilota che non era in grado di guidare un Cessna monomotore faceva fare a un 757 una spirale discendente di 3.000 metri e 270 gradi e andava a colpire il Pentagono